Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
LA GENERAZIONE ATREJU VUOLE ROTTAMARE LA VECCHIA DIRIGENZA, MA ALLA FINE NON HANNO UN NOME SPENDIBILE PER FARE IL SINDACO DELLA CITTA’… ALLA MELONI NON FREGA NULLA DEL SINDACO, LE INTERESSA PIAZZARE IL COGNATO ALLA REGIONE LAZIO
Nella capitale sembra avverarsi il titolo del Manifesto: “Sono Giorgia e non so chi candidare”. A Roma, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni rischia di giocarsi tutto. Non solo perché la Capitale è sempre stata la “Betlemme della destra“, con le sue sezioni entrate nell’immaginario collettivo, ma anche perché è qui che nasce la classe dirigente che oggi è in FdI dopo aver fatto gavetta con il Movimento Sociale Italiano (Msi) dentro il Fronte della Gioventù, per poi passare in Alleanza nazionale (An), confluire nel Popolo delle Libertà (Pdl) e infine fondare Fratelli d’Italia dopo il rifiuto di Berlusconi di fare le primarie.
Questa classe dirigente è sempre stata contraria ad appaltare ai candidati civici, opzione considerata come un fallimento della politica. La scelta di puntare sui “civici‘, quindi, ha inevitabilmente sollevato mugugni anche alla luce del competitor fortemente politico del Partito Democratico (Pd), l’ex ministro Roberto Gualtieri.
Il profilo del candidato del centrodestra infatti si è fatto attendere proprio per vedere chi candidavano dalle parti del Nazareno. A un esponente civico del Pd si sarebbe risposto con un civico, a un politico con un politico, questo è stato sempre il “mantra” in ambito centrodestra quando venivano interpellati sui motivi dei ritardi.
L’attesa dunque sembrava ragionevole. Per questo quando Enrico Letta ha dato il via libera all’ex ministro dell’Economia tutti si attendevano dal centrodestra una controfferta altamente politicizzata. Soprattutto da FdI che tra le sue fila può contare parlamentari romani di lungo corso ed esperienza.
Nascono nella Capitale personaggi come Marco Marsilio, che oggi guida la Regione Abruzzo ma cresciuto politicamente a Roma nella sezione di Colle Oppio, dopo essere stato consigliere comunale, senatore oltre che braccio destro di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera.
Nasce a Roma, e in particolare nella provincia romana dove ha il suo elettorato, Francesco Lollobrigida, cognato di Giorgia Meloni e capogruppo alla Camera, con trascorsi alla Regione Lazio come assessore ai Trasporti della giunta guidata da Renata Polverini.
Nasce a Roma Fabrizio Ghera, attuale capogruppo di FdI alla Regione Lazio, recordman di preferenze nel Comune di Roma e assessore ai Lavori Pubblici della giunta del sindaco Gianni Alemanno.
Insomma sono tutti politici con importanti pacchetti di voti a livello territoriale ed esperienze amministrative pregresse. Per non parlare poi del pedigree tutto romano di Giorgia Meloni, che nasce politicamente a Roma.
Ma mentre per Giorgia Meloni l’orizzonte è quello di Palazzo Chigi, la sua classe dirigente sembra più impegnata a baloccarsi passando da una candidatura all’altra senza avere ben chiaro il da farsi.
Cosa sta accadendo nella classe dirigente romana?
Sta accadendo che Fratelli d’Italia vuole ristrutturare la propria immagine, con un bonus del 110 per cento in salsa politica della generazione Atreju, quella dei trentenni e quarantenni legati alla parabola meloniana rafforzatasi all’ombra del ministero della Gioventù, e rottamare la comunità militante che l’ha formata e che aveva puntato tutto su di lei per 20 anni.
A Roma, Fratelli d’Italia rinuncia ai suoi candidati più competitivi, come Rampelli – che si è sempre chiamato fuori dalla gara, ma sul quale puntava addirittura un suo storico antagonista come Francesco Storace.
Ma il punto di caduta di tutto questo qual è? Qual è la vera posta in gioco?
Lasciare ad altri la Capitale per ipotecare la Regione Lazio dove Lollobrigida vorrebbe tornare, spiegano a mezza bocca i più maliziosi. Ma questa volta da presidente.
Insomma, più passano i giorni più sembra avverarsi il titolo del Manifesto: “Sono Giorgia e non so chi candidare”, nel quale si racconta il “paradosso di destre che volano nei sondaggi ma non riescono a trovare candidati adatti alla corsa nelle principali città della contesa amministrativa” a causa della mancanza di una classe dirigente degna di questo nome.
E per la comunità che si forgiò tra gli anni ‘80 e ‘90 nel superamento del fascismo, facendo incursioni culturali molto più moderne e visionarie dell’attuale cantilena risorgimentale dei meloniani di stretta osservanza, la fregatura è arrivata.
(da TPI)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
IL PROF. ROSATI: “LO STATO HA ABBANDONATO I CONTROLLI E NON TUTELA GLI ITALIANI”
Evitare il blocco dell’impianto che avrebbe comportato la rinuncia a cospicui incassi (140.000 euro solo in questo mese): è questa l’incredibile motivazione alla base della decisione di inserire entrambi i forchettoni sui freni d’emergenza della funivia Stresa Mottarone e che ha impedito alla cabina di frenare la fatale domenica in cui il cavo trainante si è rotto, determinando la morte 14 persone e il ferimento di un bambino di 5 anni che si trova ancora ricoverato in ospedale.
Quella del Mottarone è solo la più recente di una lunga serie di tragedie verificatesi in Italia negli ultimi anni.
Un bollettino terrificante in cui figurano – tra gli episodi più scioccanti – il crollo del ponte Morandi (il 14 agosto 2018), il deragliamento di un treno a Pioltello ( il 25 gennaio 2015), il crollo di un ponte all’altezza di Camerano (tra Loreto e Ancona Sud), durante i lavori per la costruzione della terza corsia (il 9 marzo 2017), lo scontro tra treni a Corato, in Puglia (il 12 luglio 2016).
E ancora: la tragedia di Rigopiano, con le responsabilità ancora da accertare sulla costruzione di parte dell’edificio in una zona a rischio (il 18 gennaio 2017) e quella nella discoteca di Corinaldo, in cui morirono 5 ragazzi e una donna (l’8 dicembre 2018).
Fato? Casualità? Accidenti? Perché in Italia la lista non fa che allungarsi e cosa unisce tutti questi eventi? Cosa resta dopo il conto dei morti e le dichiarazioni di politici e istituzioni? Cosa ha spinto i gestori della funivia a preferire il rischio al fermo dell’impianto per le dovute azioni di manutenzione?
“Il fattore umano prevale quasi sempre su tutto: è un aspetto che in generale ho dovuto sempre rilevare purtroppo nelle attività di ingegneria forense di cui mi sono occupato tra cui il ponte Morandi”.
A parlare a TPI è Gianpaolo Rosati, ordinario di Tecnica delle Costruzioni al Politecnico di Milano, in passato consulente della Procura di Genova nell’indagine sul crollo del Ponte Morandi.
“È sempre il denaro a decidere, è lì che cambia l’atteggiamento delle persone. Non dobbiamo dimenticare – prosegue Rosati – che se lo Stato abbandona i cittadini abbandonando i controlli, non c’è più regola. È la catena del controllo che non deve spezzarsi”.
Ma possibile che succeda sempre tutto in Italia? Secondo l’esperto del politecnico di Milano, no: eventi simili accadono anche all’estero.
“Due anni fa c’è stato un crollo di un ponte in costruzione in Bolivia dove hanno perso la vita gli operai, si trattava di un ponte modernissimo. In Canada un sovrappasso che era evidentemente non manutenuto è crollato, in Germania c’è stato un crollo di una copertura a Berlino sotto il proprio peso, dopo 10 dall’inaugurazione, è un crollo di un ponte in Inghilterra. Va però detto che ora in effetti in Italia di questi episodi il conteggio sia troppo elevato”.
E allora perché da noi così di frequente?
La prima riflessione che fa il professor Rosati è di carattere tecnico: “Ci sono aspetti da valutare come l’età delle strutture e la manutenzione appunto. Non si può completamente paragonare un impianto a fune con un ponte, certo sono sempre infrastrutture della mobilità, hanno delle parti in comune perché come strutture inserite nell’ambiente reagiscono alle sollecitazioni ambientali, all’uso delle persone e dei mezzi, e quindi hanno tanto in comune. Ma in un sistema di funi, in cui ci sono aspetti di movimenti di carattere meccanico conta l’apparato di conoscenze che non sono “tarde” come quelle che si usano per i ponti. Nel ponte alcuni concetti sono stati introdotti purtroppo solo negli ultimi 20 anni. E solo negli ultimi 20 anni si è forzato sulla manutenzione. Nel campo delle macchine il concetto delle manutenzione era fissato già da 50-60 anni, per le automobili per esempio”.
“Detto questo, noi italiani però abbiamo un ampio parco di infrastrutture che sono datate, sono a fine vita. Fine vita che viene raggiunto anche in modo ottimale per alcune infrastrutture, per impianti che spesso vengono correttamente manutenuti. Però la vecchiaia non è solo di manutenzione, ma anche della concezione progettuale dell’oggetto e questo significa necessità di sostituire l’oggetto, demolirlo e rifarlo completamente. È questa la delicata scelta che ha un pesante risvolto economico”.
In Italia qual è lo stato delle cose, dobbiamo preoccuparsi specie in questa fase di crisi economica?
“Sono stati fatti degli studi, non ho un quadro preciso ma potremmo avere anche il 50% di strutture che comunque vanno riviste, alcune delle quali vanno anche pesantemente rifatte. Gli studi ci sono, non è un problema tecnico, abbiamo tutte le conoscenze necessarie, è sempre un problema deontologico”, prosegue Rosati. E qui arriviamo al nocciolo della questione.
“La problematica è di carattere etico, deontologico e morale. Esaminando i casi, in molte parti d’Italia, di fronte alla leva economica si fanno scelte che non sono morali. Anche la sicurezza sul lavoro è legata a questo ragionamento. E’ una questione della coscienza singola ma purtroppo anche della coscienza collettiva”.
L’esperto spiega che un cavo come quello della funivia del Mottarone può essere ispezionato fino al suo interno con grande accuratezza. “Si possono fare tac industriali, ossia tomografie, sofisticatissime, si arriva a un millesimo di millimetro di definizione, si vede se è ossidato, come si è rotto. Ma questa è la parte tecnica. Dal punto di vista delle conoscenze tecniche gli atenei italiani hanno posizioni invidiatissime, come prestigio, come ranking. Non è un problema di definire quali sono i passaggi per una corretta manutenzione. Ma di mentalità”.
“Se non cambiamo la mentalità non cambia molto. A voler essere duri e banali basta paragonare gli stipendi di un calciatore e quello di un ricercatore. Si preferisce mandare via una persona che potrebbe salvare delle persone. È chiaro che se io la persona la disincentivo perché quasi non la pago, trasformo i controlli in un puro atto di volontariato, è tutto lasciato alla coscienza singola. Questa è una miscela esplosiva”.
(da TPI)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
DA QUI L’ESIGENZA DELLA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
Secondo il magistrato “sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi alle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate, allontanandosi dai rispettivi domicili e rendendosi irreperibili”.
Ci sarebbe quindi il pericolo di fuga degli indagati alla base della decisione della Procura della Repubblica di Verbania di procedere al fermo di Luigi Nerini, titolare della società di gestione della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio direttore di esercizio e Gabriele Tadini, capo servizio. Lo si legge nel decreto di fermo.
Confermando le valutazioni espresse più volte in questi giorni dal procuratore capo di Verbania Olimpia Bossi, nel decreto di fermo dei tre indagati per il disastro della Funivia del Mottarone, che domenica è costato la vita a 14 persone, si sottolinea che “i fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita” dei passeggeri”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO SARA’ IL CANDIDATO SINDACO DI PD E M5S
Dopo un periodo di reticenze legate al bilancio della città, il centrosinistra ha trovato un nome per le amministrative d’autunno
Gaetano Manfredi annuncerà tra oggi e domani, 28 maggio, la propria candidatura a sindaco di Napoli per la coalizione di centrosinistra.
La decisione dell’ex ministro dell’Università ed ex rettore della Federico II è arrivata dopo alcune titubanze sulla situazione delle casse del Comune, controbilanciate poi dalle rassicurazioni giunte sia dal segretario del Pd Enrico Letta, sia dall’ex premier Giuseppe Conte.
Una candidatura che lo scorso 18 maggio aveva subito una battuta d’arresto dato il complicato stato finanziario, ai limiti del default, del capoluogo campano, e per cui Manfredi aveva chiesto, lo scorso 18 maggio, di avere rassicurazioni sui «5 miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili» che pesano sulle casse del Comune.
E le rassicurazioni sono arrivate, parallelamente al prefigurarsi della possibilità che nella prossima legge di bilancio possa apparire un testo sul modello «salva Roma» anche per Napoli, sciogliendo così le perplessità dell’ex ministro, e riuscendo altresì a far convergere Pd e M5s (quantomeno) su un nome per le elezioni del prossimo autunno.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
“NON CI SEDIAMO AL TAVOLO CON DEI TRASFORMISTI”
E’ saltato il vertice del Centrodestra tra i leader che si sarebbe dovuto tenere oggi a Roma alle ore 17 tra Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Antonio Tajani e i leader dei piccoli partiti della coalizione.
A decidere per il rinvio è stata una telefonata tra il segretario della Lega e la presidente di Fratelli d’Italia. Poco dopo le 15 fonti ufficiale della Lega confermano: “Il vertice di Centrodestra è rinviato per motivi organizzativi, anche con l’obiettivo di avere nuovi elementi sui potenziali candidati”.
Ufficialmente Salvini e Meloni hanno l’agenda piena di altri impegni politici, di fatto dietro lo stop ai leader c’è la nascita di Coraggio Italia, il nuovo gruppo che fa capo al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. à
I leader di Carroccio e FdI hanno convenuto che sarebbe stato “pericoloso” mettere proprio oggi intorno allo stesso tavolo Tajani, Forza Italia, e Toti. Il rischio sarebbe stato quello di una lite controproducente.
Non solo, sul fronte delle due principali città – Roma e Milano – comunque non c’è ancora l’accordo e quindi, quasi sicuramente, sarebbe stato l’ennesimo vertice interlocutorio. Meglio quindi, secondo Salvini e Meloni, rimandare a settimana prossima – probabilmente dopo la festa del 2 Giugno – in modo tale da avere qualche giorno in più per raggiungere l’intesa nella speranza che cali la tensione tra Forza Italia e il nuovo gruppo di ex azzurri.
Per quanto riguarda il caso Copasir, che vede su fronti opposti proprio Salvini e Meloni, fonti di entrambi i partiti spiegano che i due leader al momento hanno accantonato la questione, “fingono che non esista”, per chiudere prima l’accordo sulle Comunali. Coraggio Italia e rabbia FI permettendo.
(sa Affari Italiani)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
COMICHE VENEZIANE: TIZIANA PICCOLO CI RIPENSA
Un dietrofront che lascia interdetti all’interno di una destra che non sa più che pesci prendere.
Tiziana Piccolo, la deputata leghista che ieri aveva aderito a ‘Coraggio Italia’, il nuovo soggetto politico di Luigi Brugnaro, nonché tra i 24 componenti del gruppo alla Camera del sindaco di Venezia,ha deciso di rimanere nella Lega.
La decisione comunicata con una lettera al presidente della Camera Roberto Fico.
Ma la nascita di Coraggio Italia ha lasciato strascichi nel centrodestra, tanto che l’atteso vertice tra i leader per definire le candidature alle comunali è stato prima convocato e poi annullato.
Raccontano che Giovanni Toti abbia telefonato ieri a Matteo Salvini per annunciargli in anticipo la discesa in campo di Brugnaro con la costituzione di un gruppo parlamentare a Montecitorio.
Toti, secondo ambienti vicini al leader di ‘Cambiamo’, non avrebbe fatto nessun accenno con il leader della Lega all’arrivo della Piccolo, perché il governatore ligure non ne sapeva nulla. Piccolo, infatti, raccontano, sarebbe stata contattata e ‘portata’ in ‘Coraggio Italia’ dal corregionale sindaco di Venezia in persona.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
SINDACO, IMPRENDITORE, UNO YACHT E UNA GRANDE VILLA… VITA E OPERE DELL’ENNESIMO “CENTRISTA” CHE SI E’ FATTO UN PARTITO
Il centrodestra riparte dalle Repubbliche Marinare: abbracciati per la photo-opportunity ecco il governatore ligure Toti, il sindaco di Venezia Brugnaro, e il senatore Quagliariello, forte di un cugino ex sindaco di Amalfi.
Manca Pisa: inviterete Letta? “Per una cena di pesce… tutti insieme, pisani, livornesi…”.
Poi l’inquadratura si allarga – Biancofiore, Rossi, Romani, Napoli, Mugnai, Sibilia – e diventa una foto di classe: 23 deputati, 7 senatori più 3 “in cottura”.
Sorridenti e trepidanti. A Montecitorio nasce “Coraggio Italia”, la nuova casa dei moderati, liberali, riformisti, cattolici, europeisti, e chi più ne ha più ne metta.
La star è lui, il sindaco accolto dall’applauso, completo blu pavone e spilla con il simbolo veneziano. Il Secondo Doge dopo Zaia, il “piccolo Berlusconi”, l’uomo con il Sole in Tasca 25 anni dopo Silvio, il moderato che “batte i pugni sul tavolo” e soprattutto è riuscito in un’impresa prima fallita da tutti, compreso il premier uscente Conte (al prezzo di Palazzo Chigi): sfilare 12 deputati a Forza Italia.
E no, “non è un’ossessione sennò saremmo dal medico”, la fine di Fi “non ci interessa” e grazie Silvio “ma è un altro tempo, bisogna guardare avanti”.
Interviste? Ma no. Berlusconi vi ha fatto gli auguri o ha cercato di trattenervi? Questioni private, vade retro gossip. Il “sindaco del fare” – aggettivi ricorrenti: spiccio, sbrigativo, pragmatico – non ha tempo da perdere: “Parliamo con l’Italia che manda avanti il Paese: imprenditori, sindacalisti, amministratori locali. Partiamo dai territori. Dove andremo e chi comanda sono domande senza senso, bisogna chiedersi dove andrà il Paese”.
Per i prossimi due anni, pare di capire, avanti tranquillo con Draghi. Insomma, è una casa per gli apolidi, porte aperte, ma gli echi risuonano: “Non sarà un partito personale o comandato da qualcuno” mette in chiaro Toti. “Nessun generale e nessun soldato semplice. Tutti capitani coraggiosi” aggiunge il padovano Marco Marin, che pure è capogruppo alla Camera (e pare sia stato il king maker dell’operazione): campione olimpico di sciabola, era il coordinatore forzista che nel 2015 presentò a Berlusconi l’aspirante sindaco “senza tessere di partito” Brugnaro.
Tra i due B nacque un’amicizia, consolidata da due mandati in Laguna: i due hanno molto in comune, oltre l’iniziale del cognome. Brugnaro gestisce una holding dal fatturato multimilionario divisa in 23 società (coordinate da un trust per evitare conflitti di interesse), nata come azienda di commercio, evolutasi come agenzia interinale, ramificatasi poi nell’edilizia, immobiliare, manifatturiero.
Che funge anche da “vivaio” di staff, collaboratori e classe dirigente, come faceva Berlusconi ai tempi di Publitalia. Poi c’è il capitolo sport: nel 2006 ha rilevato la squadra di basket Reyer Venezia Mestre, portandola al successo in serie A.
60 anni, figlio di una maestra e di un operaio sindacalista a Marghera, Brugnaro è stato un liceale-lavoratore prima di laurearsi in architettura. Come il Cavaliere, ha avuto cinque figli da due mogli, ma tiene la vita privata lontana dai riflettori. Naviga in yacht. Vive in una grande villa a Mogliano Veneto dove festeggiò il compleanno con 700 invitati (trasversali) sulle note di “Vagabondo” suonato dai Nomadi.
Lo raccontano in buoni rapporti con Renzi e Calenda, di sicuro nell’ultimo anno politicamente inquieto. Rieletto sindaco nel 2020, ha lanciato (con successo) alle amministrative le liste fucsia embrione del “marchio” di “Coraggio Italia”: “Non è fucsia – giura – E’ un rosa duro, carico. Nasce dal fatto che in azienda ho l’87% di donne, hanno una marcia in più. E’ un colore inclusivo per tutti”.
A proposito, cosa ne pensa del ddl Zan? “Non è argomento di questa conferenza” taglia corto. Addio alle trascorse polemiche su gay-pride e unioni civili, persino con Elton John a cui intimò “fora gli schei”, dona risorse a Venezia.
Brugnaro è poliedrico, multiforme. “Il JR dell’entroterra lagunare” lo definì “Libero”. Il “Gentilini azzurro”, sindaco sceriffo senza bisogno di pistole: “Se uno urla Allah Akbar a San Marco ghe sparemo, gli spariamo” gelò il Meeting di Rimini.
A lui si deve il dress code per i vigili urbani (capelli corti e niente orecchini) e lo stop alla pausa caffè dei dipendenti comunali. “E’ ruvido quando serve – preconizzò Renato Brunetta, suo grande sponsor – Uno così servirebbe all’Italia”.
Si candidò a ospitare il vertice Trump-Putin, litigò con l’Unesco che criticava il degrado veneziano: “Siamo noi che portiamo valore a loro, non viceversa”. Ai suoi concittadini piace: con gli stivaloni a svuotare la piazza dall’Acqua Granda o con la polo turchese a fare il netturbino.
Adesso la ribalta è quella nazionale. “E’ un caterpillar ma dovrà imparare la malizia” sospira uno dei suoi. All’occorrenza, suppliscono i grandi classici: l’imposta di successione proposta da Letta? “Vi sembra normale che c’è chi liscia il pelo a discorsi sovietici e statalisti? Il Muro di Berlino è caduto trent’anni fa e non se ne sono accorti”. Guardare avanti, sì, ma senza recidere le radici reazionarie
(da Huffingtonpost)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
L’OPPOSITRICE SVETLANA TSIKHANOUSKAYA: “E’ DIVENTATO UNA MINACCIA PER LA SICUREZZA INTERNAZIONALE”
L’arresto dell’oppositore Roman Protasevich con il dirottamento dell’aereo diretto a Vilnius ha messo a nudo tutti i limiti di una democrazia dichiarata ma solo nelle parole, quella della Bielorussia di Aleksandr Lukashenko.
“Sta trasformando la Bielorussia nella Corea del Nord d’Europa: non trasparente, imprevedibile e pericolosa”. Lo ha dichiarato Svetlana Tsikhanouskaya, candidata dell’opposizione alle elezioni presidenziali del 2020 nel Paese, in collegamento con la commissione Afet del Parlamento Europeo, a Bruxelles.
Lukashenko ha passato il segno ed è diventato una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale”, sottolinea ancora Tsikhanouskaya, “Gli ultimi accadimenti hanno destato grande preoccupazione in tutto il mondo e forti reazioni dalle capitali e dalle organizzazioni internazionali”, ha aggiunto.
La Bielorussia, continua, “da nove mesi vive nell’illegalità più completa”, poiché dopo le elezioni dell’agosto 2020 Aleksandr Lukashenko “ha superato i confini dei comportamenti accettabili”.
“E siamo sinceri – spiega – la strategia attendista dell’Ue non funziona. L’approccio Ue di aumentare gradualmente la pressione sul regime di Lukashenko non funziona, perché ha solo aumentato la sua sensazione di impunità”, cosa che ha portato alla “repressione” di massa.
“Mi appello al Parlamento Europeo – continua Tsikhanouskaya – perché la reazione della comunità internazionale non sia limitata all’incidente di Ryanair: la risposta deve affrontare la situazione in Bielorussia”.
“Occorre mantenere – dice poi – la politica di non riconoscere Lukashenko, iniziare senza ritardi una conferenza politica di alto livello sulla situazione in Bielorussia, lanciare un piano di sostegno per la Bielorussia democratica: dovrebbe essere fatto congiuntamente dalla presidente Ursula von der Leyen e me, per mandare il chiaro messaggio ai bielorussi che l’Europa ha a cuore il destino del Paese”, conclude.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2021 Riccardo Fucile
CROLLA MISERAMENTE L’ALIBI DEL REGIME CRIMINALE DI MINSK CHE HA COMPIUTO UN ATTO DI PIRATERIA AEREA PER IMPRIGIONARE UN GIORNALISTA DISSIDENTE
La mail che avvisava di una presunta bomba a bordo del volo Ryanair – che per il governo bielorusso sarebbe all’origine del dirottamentto del volo Ryanair del dissdente Roman Protasevich – in realtà è arrivata dopo il dirottamento.
Lo rende noto Proton Technologies, un’azienda tecnologica svizzera che si occupa di sicurezza.
Le autorità bielorusse sostengono di aver dato l’ordine al volo Ryanair, partito da Atene e diretto a Vilnius, di atterrare a Minsk per una minaccia di bomba a bordo. All’arrivo in Bielorussia, il giornalista dissidente Roman Protasevich e la fidanzata russa Sofia Sapega, sono stati arrestati.
I bielorussi sostengono di essere intervenuti d’urgenza dopo aver ricevuto “una mail da Hamas” che minacciava di far “saltare in aria” il velivolo se l’Europa non avesse “cessato il suo appoggio verso Israele” nella guerra contro Gaza.
Hamas ha subito smentito. L’agenzia di stampa televisiva bielorussa ha riferito che la notifica dell’allarme bomba è arrivata dalla Svizzera e che proveniva da Hamas.
Alla pronta smentita sul contenuto della minaccia, se ne è aggiunta anche un’altra sulla tempistica: la mail riguardante la presunta allerta sarebbe stata inviata 24 minuti dopo l’ordine al pilota di atterrare in Bielorussia.
L’azienda tecnologica svizzera Proton non ha commentato la notizia. Ha confermato che “non abbiamo riscontrato alcuna prova sul fatto che i bielorussi dicano la verità. Sosterremo le autorità europee nelle indagini”.
I campionati europei di ciclismo su pista, in programma a Minsk il prossimo mese, oggi sono stati annullati: “Alla luce dell’attuale situazione internazionale, il consiglio di amministrazione ha deciso di annullare i Campionati europei di pista d’élite 2021 in programma a Minsk (Bielorussia) dal 23 al 27 giugno 2021”, ha annunciato l’Unione europea del ciclismo.
(da agenzie)
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