Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
NEL MIRINO DELLA CORTE APPALTI MILIONARI AFFIDATI DA ENTI PUBBLICI SENZA GARA
Il “candidato civico” di Giorgia Meloni, Enrico Michetti, è sotto indagine della Corte dei Conti del Lazio per alcuni appalti milionari affidati da enti pubblici senza gara. La Procura contabile è abbottonatissima, ma la notizia non depone a favore del cavallo che potrebbe correre per il centrodestra la partita del Campidoglio.
È anche uno smacco per il candidato-docente che all’Università di Cassino insegna proprio Diritto degli enti locali, e la cui cifra professionale è usata dalla Meloni a metro della distanza coi candidati più “politici” e come livella per gli eccessi istrionici da tribuno delle radio romane.
Ma per chi voteranno i romani? Per il professore, per l’avvocato, l’opinionista o l’imprenditore?
Il curriculum di Michetti è lungo ben 18 pagine, più di quello di Draghi. Dal 2017 è insignito del titolo di “benemerito Cavaliere della Repubblica”.
Come avvocato dal 1996 difende centinaia di amministratori locali laziali, dal Comune di Ariccia a Zagarolo. Ha difeso Marrazzo, la Regione Lazio, l’Atac e l’Asl dalle pretese della giustizia contabile che bussa ora alla sua porta: lo studio legale in via Giovanni Nicotera 29, a Roma.
Qui ha sede legale la “Fondazione Gazzetta Amministrativa”, centro nevralgico di una florida industria di servizi per la pubblica amministrazione (Pa) ma anche fonte di guai per alcuni enti che l’hanno alimentata e si ritrovano ora come Pinocchio tra i gendarmi: l’Anac da una parte, la Corte dei Conti dall’altra.
Abbiamo chiamato il quasi-candidato per saperne di più, non ha mai risposto.
Il Michetti-imprenditore potrebbe sembrare solo il “re” dei siti civetta della Pa, ma sarebbe riduttivo.
La sua creatura più nota è la Gazzetta amministrativa della Repubblica Italiana, una piattaforma online che per grafica e loghi evoca quella ufficiale edita dal Poligrafico dello Stato. Ma nulla c’entra, e neppure col sito giustiziamministrativa.it. La Gazzetta ha poi figliato “L’Accademia della Pa” per offrire corsi di alta formazione, da non confondere con la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) fondata nel 1957 per sfornare quadri e dirigenti sotto l’ombrello del governo.
“Mai sentita”, taglia corto la funzionaria che da 12 anni si occupa di formazione alla SNA. Sul sito di Michetti si cercano docenti “in vista dell’apertura delle sedi dell’Accademia in tutto il territorio nazionale”. Per loro, dicono dal call center, è previsto un rimborso spese. Nel 2013 Michetti lancia poi il sito Quotidiano della Pa, da lui diretto. Sembra un bollettino ufficiale del ministero, ma non lo è.
Torniamo alla Gazzetta, il cuore dell’impero: offre soluzioni di formazione, banche dati di norme, sentenze e notizie agli enti locali. Hanno aderito oltre 1.200 enti che – precisano dal call center – “non pagano per servizi commerciali, bensì versano una quota di sottoscrizione in favore della Fondazione”.
La quota minima è 100 euro l’anno ma c’è anche l’“adesione istituzionale” da 10mila. Tra gli aderenti-paganti ci sono piccoli e medi comuni, ma pure l’ Accademia di Brera. Le “quote” raccolte sono briciole di un business che sforna torte ben più grosse, anche grazie ad affidamenti senza gara.
Oltre un milione di euro solo dal Consiglio Regionale del Lazio, che nel 2008 spicca il volo con gli abbonamenti alla rivista giuridica per 33mila euro l’anno. Nel 2011 il Consiglio acquista 1500 accessi online al “sistema informativo e di supporto tecnico-giuridico” per i dipendenti: 675mila euro oltre Iva.
Nel 2012 compra anche la formazione per loro: 360mila euro.
Spese finite nel mirino dell’Anac: quegli affidamenti, secondo l’Anticorruzione, sono tutti diretti, senza gara pubblica e senza una preliminare ricerca comparativa di mercato e dunque illegittimi.
A fine 2018, li deferisce alla Procura della Corte dei Conti. Lo stesso fa con altri. Al fondo c’è un nodo tecnico-giuridico raffinato.
Se si telefona alla Gazzetta, il refrain è sempre lo stesso: “Siamo una Fondazione istituzionale partecipata da enti pubblici, non vendiamo servizi commerciali, ma forniamo soluzioni in convenzione con gli enti che aderiscono al progetto, sottoscrivendo le quote”. Per l’Anac però si tratta di comuni “forniture di servizi svolti a titolo oneroso”, acquistate perlopiù da un soggetto privato (Gazzetta Amministrativa Srl) e come tali “non possono sussistere i presupposti applicativi degli accordi tra pubbliche amministrazioni”. Come fosse un paravento per aggirare il codice degli appalti.
La Fondazione per tutto brilla, salvo la trasparenza. Dal 2013 offre ai comuni il servizio “Amministrazione Trasparente”. Pagando la quota di 100 euro possono caricare su un sito ospite bilanci, personale, bandi, spese etc. Ma la Fondazione si preoccupa poco dei propri: sul suo sito non c’è nulla di tutto questo, nonostante la stessa legge (art. 51) li imponga alle “Fondazioni e agli enti di diritto privato… con bilancio superiore ai 500mila euro la cui attività sia finanziata in modo maggioritario da pubbliche amministrazioni”.
Sarebbe questo il caso, ma la trasparenza si fa col sito degli altri.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
“GG”. NELLE CHAT ORMAI LO CHIAMANO COSÌ: “RISPONDE AL PREMIER, NON AL CAPITANO”
Sulle nomine nelle partecipate di Stato decide il premier Mario Draghi, dando ascolto solo ai suoi più stretti collaboratori Francesco Giavazzi, Roberto Garofoli e, in seconda battuta, a Daniele Franco e al dg del Tesoro Alessandro Rivera.
I partiti, come sul caso della nomina di Dario Scannapieco ai vertici di Cassa Depositi e Prestiti e di Luigi Ferraris alle Ferrovie, vengono informati solo a cose fatte. Con grande irritazione dei ministri che scoprono tutto dai giornali. Tranne uno: Giancarlo Giorgetti.
Il titolare dello Sviluppo Economico e vicesegretario della Lega è l’unico ministro a cui Draghi dà del tu – i due si conoscono da quando il giovane bossiano di Cazzago Brabbia (Varese) era presidente della commissione Bilancio e Draghi direttore generale del Tesoro – ed è l’uomo delle nomine nel Carroccio, almeno dai tempi del governo gialloverde quando, da potente sottosegretario a Palazzo Chigi, smistava i suoi fedelissimi nei ministeri e, appunto, nelle partecipate.
Se a questo si aggiunge la fitta rete di relazioni che Giorgetti nel tempo ha tessuto tra Vaticano, alti burocrati fino ai Servizi, non è difficile capire perché nelle ultime settimane il titolare del Mise sia stato invitato più volte a Palazzo Chigi per partecipare alla grande abbuffata delle nomine di Stato.
Giorgetti nei giorni scorsi ne ha parlato con Giavazzi, consigliere economico del premier, e con Garofoli, sottosegretario a Chigi, indicando anche le sue preferenze su alcune pedine chiave.
Tra queste la nomina di Scannapieco in Cdp, fortemente sponsorizzato dal consulente di Giorgetti al Mise Giovanni Tria che già lo voleva nel 2018 contro il volere del M5S che la spuntò con Fabrizio Palermo, ma anche la richiesta di rimuovere Alessandro Profumo da Leonardo (un dossier da cui per ora Draghi si tiene lontano perché Profumo non è in scadenza) e un nome per la Rai: dopo aver chiesto a Giorgetti un rapporto sullo stato dei conti della tv pubblica, il titolare del Mise avrebbe indicato al premier Raffaele Agrusti per prendere il posto di Fabrizio Salini come Ad.
Agrusti, ex manager di Generali e di Rai Way, potrebbe essere quel tecnico che sta cercando il premier, modello Luigi Gubitosi, per mettere in ordine i conti di viale Mazzini e non scontentare i partiti. Non è detto che la palla di Giorgetti vada in buca ma chi lo conosce bene ricorda che a febbraio era stato proprio lui a tifare per la nomina di Luigi Signorini a Dg di Bankitalia per sostituire il ministro Franco.
L’attivismo sulle nomine della testa d’uovo del Carroccio però ha fatto molto arrabbiare il leader della Lega Matteo Salvini. Era stato proprio lui a chiedere a Draghi di essere coinvolto nelle nomine e, in uno dei tanti momenti di scontro col suo numero due, gli aveva fatto sapere: “Decido io”. Non è andata così e adesso Salvini, informato solo a cose fatte, non nasconde coi suoi la sua irritazione.
Giorgetti, “GG” come viene chiamato nelle chat leghiste quasi a non volerlo nominare, ormai viene considerato un corpo estraneo alla cerchia ristretta del segretario: “Risponde più a Draghi che a Salvini…” è la sentenza di un salviniano di ferro.
Tant’è che giovedì non è passata inosservata l’uscita di Giorgetti agli europarlamentari sulla collocazione del partito in Ue: “Io ho le mie idee, ma mi risulta che Salvini stia lavorando verso nuove prospettive”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
LA PIU’ VECCHIA RISALE AL 2014
Gabriele Tadini, caposervizio della funivia di Stresa-Mottarone, ha ammesso dinanzi al gip Donatella Banci Buonamici che i forchettoni della cabina, utilizzati per disattivare il sistema frenante, erano stati inseriti «abitualmente» nell’ultimo mese e mezzo.
Una confessione che sarebbe confermata anche da alcune testimonianze pubblicate online, come quella contenuta in un post che troviamo nel forum Alagna-freeride.com & Sommerschi.com.
La sera del 25 maggio l’utente ATV condivide alcuni video e foto in parte recuperate online e in parte scattate di persona, dove si vede la funivia carica di passeggeri e con i forchettoni inseriti.
Una foto del 2014, il modello di cabina è lo stesso che troviamo online in altre foto.
«Dopo ho passato in rassegna le mie foto. (non ho fatto solo il video) E vedi lì: 6.1.2014», scrive ATV nel forum facendo intendere che lo scatto della funivia risalga all’anno 2014. Nella foto, che ripropone mostrando il dettaglio dei forchettoni, notiamo che «la cabina è occupata da persone» e che «le staffe sono installate, anche se non dipinte di rosso».
Abbiamo imparato in questi giorni a riconoscere i famosi forchettoni, di colore rosso acceso.
Nelle foto del primo novembre 2016, pubblicate dall’utente ATV, notiamo che non erano colorati e venivano normalmente poste nel “cestino di manutenzione”.
Una delle foto più interessanti della gallery pubblicata nel forum sarebbe stata trovata online dall’utente ATV: nella immagine si vedono i forchettoni inseriti e a bordo della cabina diverse persone con le mascherine.
«Ci sono anche foto pubblicitarie su internet che mostrano cabine completamente occupate con staffe inserite», scrive ancora l’utente ATV per poi concludere così: «Quindi o fanno un sacco di manutenzione e dormono ancora o c’è un sistema dietro».
(da Open)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE IN INDIA E IN BRASILE
Il numero dei nuovi contagiati nel Regno Unito non era mai stato così alto negli ultimi due mesi: ieri se ne sono registrati infatti 4.182, per un totale di 20.765 negli ultimi sette giorni, con un aumento del 24 per cento in una settimana.
La crescita, dovuta alla cosiddetta variante indiana, fa ritenere che il Paese sia di fronte alla terza ondata e spinge alla cautela il governo sulla questione delle riaperture. L’esecutivo è criticato però per la lentezza con cui ha imposto la quarantena a chi tornava dall’India. Intanto anche le autorità britanniche, dopo quelle europee, hanno autorizzato l’uso del vaccino di Johnson & Johnson.
La variante vietnamita
È stata rilevata in Vietnam una nuova variante del coronavirus, altamente trasmissibile, cha ha causato una recente impennata di casi nel Paese asiatico. Lo ha dichiarato ai media il ministro della Salute, Nguyen Thanh Long.
Il sequenziamento genetico ha indicato come la nuova variante sia una via di mezzo tra quella indiana e quella inglese. Il governo di Hanoi dovrebbe fare presto un ulteriore annuncio per spiegare meglio le peculiarità di questo nuovo ceppo. Il Vietnam, che ha riportato solo circa 6.400 infezioni e 47 morti per Covid dall’inizio della pandemia, è considerato un esempio da seguire nella lotta alla diffusione del coronavirus.
Migliora la situazione in India
L’India ha riportato 173.790 nuove infezioni da coronavirus nelle ultime 24 ore, il suo aumento giornaliero più basso in 45 giorni, mentre i decessi sono aumentati di 3.617. Il conteggio delle infezioni della nazione asiatica a quota 27,7 milioni, con il bilancio delle vittime a 322.512, secondo i dati del ministero della salute.
Il caso Cile
Il Cile ha registrato oggi la seconda quota giornaliera piu’ alta di contagi da oronavirus dall’inizio della pandemia con 8.680 nuovi casi, secondo dati ufficiali. Questo nonostante il 52 per cento della popolazione risulti gia’ vaccinato con entrambe le dosi. “Assistiamo a questo aumento dei casi con preoccupazione. La cosa piu’ importante e’ mantenere sempre le misure di prevenzione mentre i cittadini continuano la vaccinazione”, ha detto il ministro della Salute, Enrique Paris, in una conferenza stampa.
Il numero totale dei contagi dall’inizio della pandemia si e’ quindi attestato a 1,36 milioni di infezioni, mentre sono 28.928 i morti con 119 decessi nelle ultime 24 ore. “Solo quattro (delle 16) regioni diminuiscono i loro casi negli ultimi sette giorni”, ha aggiunto Paris, che ha sottolineato che Il tasso di positivita’ nazionale si e’ attestato ancora una volta per il quinto giorno consecutivo sopra il 10 per cento con oltre 72.000 tamponi effettuati.
In Brasile 460mila vittime
Quasi 460 mila i decessi per covid-19 in Brasile. Nelle ultime 24 ore 49.768 i nuovi casi e 2.371 i morti a causa del coronavirus. Il Paese registra un totale di 459.045 morti dall’inizio della pandemia. Il ministero della Salute, nel suo più recente bollettino epidemiologico, ha indicato che nelle ultime 24 ore il numero di contagiati è diminuito (-26,23%) ma si è registrato un lieve aumento dei decessi giornalieri (5,61%) rispetto alle 24 ore precedenti.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI 11.596.000 PERSONE… ANCORA TROPPI GLI OVER 60 IN ATTESA DELLA SOMMISTRAZIONE DEL VACCINO
Sfiora il 20% della popolazione il numero di cittadini italiani immunizzati contro il Covid-19.
L’ultimo report disponibile sul sito del governo, elaborato dalla struttura del commissario Francesco Figliuolo, parla infatti di 11.596.495 persone che hanno concluso il ciclo vaccinale, sono il 19,6% del totale.
Le somministrazioni complessive sono state invece 33.770.194, il 92,1 per cento delle dosi finora consegnate.
Andando a guardare tra le fasce di età, sono 3.705.479 gli immunizzati ultraottantenni, pari all’82% (sono circa 4 milioni e mezzo infatti in totale), mentre il 91,5% ha ricevuto almeno la prima dose.
Tra i 70-79 anni hanno completato il ciclo vaccinale 1.992.448 persone, pari al 33,4% del totale. Percentuale che schizza verso l’alto se si guarda alla prima somministrazione ricevuta dall’81,4% della popolazione.
La quota degli immunizzati cala ancora tra i 60-69 anni: sono 1.949.843 (26,2%). Tra i 50 ed i 59 anni sono 1.665.452 (17,6%) e tra i 40 e 49 1.048.404 (12%).
Dal 3 giugno la vaccinazione procederà senza più scadenze anagrafiche, sarà un “liberi tutti”. A sancirlo arriverà un’ordinanza di Figliuolo che stabilirà che le prenotazioni potranno essere aperte a chiunque.
Saranno poi le singole regioni, come sempre, a organizzare le modalità. Nel Lazio ad esempio si dovrebbe procedere, stando a quanto deciso finora, rispettando ancora le fasce di età, anche se con numerose eccezioni, vedi ad esempio gli open day del fine settimana o la tre giorni (dall’1 al 3 giugno) di vaccini per i maturandi.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
IL REPORT DELL’INPS… IL CALCOLO E’ STATO FATTO DOPO AVER ESCLUSO LE PENSIONI DI INVALIDITA’
L’osservatorio Inps ha pubblicato un report in cui si contano circa mezzo milione di pensioni attive nel 2021 e risalenti al 1981 o agli anni precedenti.
Nel totale sono comprese quelle di vecchiaia, quelle ai superstiti e le pensioni di invalidità previdenziali. Se non si considerano quelle di invalidità, il totale scende a 318.000.
Per il settore privato, le pensioni fino al 1980 sono 423.009, e sono 67.245 quelle decorrenti nel 1981. Per il pubblico, invece, le pensioni decorrenti nel 1980 e negli anni precedenti sono 53.274, e sono 17.508 quelle risalenti al 1981.
Per il settore privato, le pensioni in vigore almeno dal 1980 hanno un’età media alla decorrenza del pensionato di 41,84 anni (e sono in media di 587 euro).
La bassa età media tiene conto del fatto che sono chiaramente rimasti in vita soprattutto coloro che hanno percepito l’assegno a un’età più giovane. Negli scorsi anni erano infatti in vigore diverse regole per l’accesso alla pensione, con le donne che ci andavano “per vecchiaia” a 55 anni. Una situazione molto diversa da quella attuale, dove l’età media alla decorrenza per le pensioni liquidate nel 2020 nel privato è di 67,02 anni.
Anche per il settore pubblico l’età media alla decorrenza per le pensioni che risalgono almeno al 1980 è di 41,2 anni, con l’età media per le 21.104 pensioni di vecchiaia di 44 anni (e un importo medio mensile di 1.525 euro).
In quegli anni, per le donne dipendenti pubbliche con figli era possibile andare in pensione con 14 anni, 6 mesi e un giorno di contributi (la cosiddetta “baby pensione”). L’età media alla decorrenza delle pensioni liquidate nel 2020 nel settore pubblico era di 65,8 anni. Risalgono almeno al 1980 ancora nel settore pubblico 16.787 pensioni di inabilità (38,2 anni l’età media alla decorrenza) e 15.383 assegni ai superstiti con 40,8 anni alla decorrenza (e un assegno medio mensile di 1.181 euro).
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
ANTONIO RUDIGER, DIFENSORE TEDESCO DEL CHELSEA, HA RACCONTATO LA SUA STORIA PERSONALE
«Oh no. Anyway» è uno dei meme più utilizzati sui social, ma può essere anche la sintesi di quanto scritto da un “giornalista” d’eccezione che, però, fa tutt’altro di mestiere. Antonio Rudiger, difensore tedesco del Chelsea e della Nazionale tedesca, ha scritto di proprio pugno un articolo in cui ha parlato della piaga razzismo all’interno degli stadi. Ovviamente, per contingenza temporale con le restrizioni che hanno portato a un anno abbondante di impianti vuoti e partite a porte chiuse, il calciatore ha fatto riferimento ad alcuni episodi personali che gli sono accaduti nel corso del suo biennio capitolino, quando ha indossato la maglia giallorossa della Roma.
Ma quanto scritto in quel suo articolo – che potremmo definire con l’ossimoro “razionalmente istintivo” – è la migliore analisi di come sia affrontato (male) questo tema. Da tutti: dalla stampa, fino ai club.
Antonio Rudiger ha regalato il suo pensiero alle pagine online di The Players Tribune. E già il titolo (“Questo articolo non risolverà il razzismo nel calcio“), che sembra avere l’aria della rassegnazione, offre un vero e proprio spaccato di un’analisi molto più profonda rispetto ai gesti eclatanti che diventano virali nel giro di poco tempo, ma i cui effetti svaniscono altrettanto velocemente.
Il calciatore del Chelsea racconta degli insulti razzisti ricevuti durante il derby della Capitale del 2017. Il teatro è quello dello Stadio Olimpico e dagli spalti volavano insulti contro di lui. Non per la sua prestazione, ma per il colore della sua pelle: «Neg*ro. Vaffanc*lo, vai a mangiare una banana». Il tutto correlato dai classici ululati razzisti.
Il vero zoo era sugli spalti, ma per lui – nel pieno della foga agonistica – era difficile razionalizzare in quei momenti. L’anno prima, sempre in occasione della stracittadina contro la Lazio, il capitano biancoceleste Senad Lulic era stato protagonista di una dichiarazione contro Rudiger, in linea con i classici cliché razzisti che fanno annaspare il mondo del calcio.
L’ex difensore della Roma ha raccontato del ruolo fondamentale di Daniele De Rossi che fece un qualcosa di molto diverso rispetto agli altri: «È venuto da me dopo la partita della Lazio e mi ha detto qualcosa che non credo di aver mai sentito prima. Ero ancora molto emotivo, molto arrabbiato. De Rossi si è seduto accanto a me e ha detto: “Toni, so che non mi sentirò mai come te. Ma fammi capire il tuo dolore. Cosa sta succedendo nella tua testa?”. Non ha twittato. Non ha pubblicato un quadrato nero. Gli importava Molte persone nel calcio dicono cose pubblicamente, ma non vengono mai veramente da te personalmente. De Rossi voleva davvero sapere come mi sentivo.Questo ragazzo era un’icona del club. Una leggenda. Quando sono entrato per la prima volta nello spogliatoio, solo vederlo mi ha fatto sentire come se fossi un ragazzino nervoso. Ma nel mio momento più difficile, De Rossi si è preso cura di me come essere umano. Voleva capire».
Perché la figura di Daniele De Rossi è stata così importante e distintiva? La risposta a questa domanda non rappresenta un tentativo di piaggeria nei confronti del suo ex compagno di squadra. Perché proprio dal comportamento dell’ex capitano della Roma emerge la differenza tra la narrazione che il mondo del calcio (e del giornalismo) fa del problema razzismo negli stadi e la cruda realtà.
Antonio Rudiger, infatti, sottolinea come ci sia sempre una grande mobilitazione (in particolare social) quando accadono episodi di intolleranza o vengono denunciati pubblicamente. Ma si tratta di reazioni sporadiche che si perdono – come accaduto di recente in Premier League – nel giro di un Tweet, di un post con lo sfondo nero o con una patch attaccato sulla manica delle maglie da gioco.
Poi si ricade nell’oblio, mentre gli episodi di odio razziale (che hanno solamente come valvola di sfogo il mondo del pallone) continuano. Fino alla successiva due/tre-giorni di indignazione popolare. E, alla fine, ecco quel «Oh no. Anyway» che rappresenta nel migliore dei modi l’approccio a un problema atavico che non trova soluzioni.
E oggi quel calciatore ha buttato giù quel muro tra il mondo del giornalismo e quello del calcio, diventando l’attore protagonista della miglior narrazione di questo squallido fenomeno.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
PASSI FALSI SU ALCUNE LEGGI E ALL’ESTERO… NEL 2022 AVRA’ CONTRO L’OPPOSIZIONE UNITA E I SONDAGGI LI DANNO ALLA PARI
Venerdì Viktor Orban ha provato anche ad andare fino a Londra alla ricerca di “nuovi rapporti bilaterali” per la ‘sua’ Ungheria. Ma non deve essergli andata bene.
Fino a sera, il premier Boris Johnson, pur avendolo accolto, non rilascia dichiarazioni, nell’imbarazzo più totale per aver ricevuto un premier che a turno si è distinto per antisemitismo, razzismo, discriminazione per le minoranze e i movimenti Lgbtq e che, poco prima del viaggio in Gran Bretagna, ha parlato di “invasione di musulmani”, tanto per aggiungere carne al fuoco delle polemiche nel Regno.
Stiamo parlando di un Orban in difficoltà? Nonostante fonti qualificate dell’opposizione ungherese invitino alla cautela in vista delle elezioni dell’aprile 2022, stavolta il leader di Fidesz, premier al potere dal 2010, carica che aveva ricoperto anche tra il 1998 e il 2002, non ha davanti a sé una strada liscia per l’ennesimo successo.
Se le elezioni in Germania a settembre sono di fatto elezioni di portata europea, se le presidenziali in Francia del prossimo anno pure ci diranno molto del futuro del continente, per l’ennesima volta col fiato sospeso di fronte ai sondaggi generosi con la nazionalista Marine Le Pen, l’appuntamento elettorale 2022 in Ungheria non è da meno, con le dovute proporzioni.
Una riconferma dell’ultradestra di Orban, membro del Ppe fino all’addio di qualche mese fa, dopo anni di scontri con la parte moderata del centrodestra europeo che pure però lo aveva accolto in squadra, ci direbbe che il vento anti-europeista e sovranista non si è fermato anche dopo la sconfitta di Donald Trump negli Stati Uniti.
Diversamente, se Orban perdesse le elezioni, si chiuderebbe un ciclo non solo per lui, ma anche per la sua creatura Fidesz e per i suoi alleati europei, a cominciare da Matteo Salvini.
Perché in questi anni Orban è stato il punto di riferimento dell’ultradestra europea forse più della francese Le Pen, in quanto al governo nel suo paese e dunque con potere contrattuale nei consessi europei.
E poi per via dell’inquadramento nel Ppe, la più grande famiglia politica europea, fino a quando è durato. Può essere che la sua buona stella abbia intrapreso la fase discendente proprio dopo l’addio ai Popolari? Di fatto, da allora, Orban ri-cerca Salvini con maggiore intensità, parla di nuovi gruppi europei che però non sono ancora nati, accoglie a Budapest Santiago Abascal, leader della destra spagnola Vox dato in ascesa dopo le elezioni a Madrid, va fino a Londra alla ricerca di nuovi ‘amici’.
Cosa è successo?
I sondaggi danno il suo Fidesz più o meno alla pari (49 per cento) con la coalizione di sei partiti che l’anno prossimo vogliono sfidarlo alle elezioni (48 per cento).
Alleanza eterogenea, per carità, che ha annunciato le primarie per decidere la leadership. Figura di spicco il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, leader di Dialogo per l’Ungheria, noto oppositore di Orban, lui più di tutti punta alla candidatura per la premiership. Ma ci sono altri segnali che parlano di un potere con più di qualche problema da risolvere.
Di recente, la maggioranza in Parlamento è stata costretta a rivedere la legge sulle ong voluta da Orban contro i presunti finanziamenti dall’estero, per effetto della sentenza della Corte di giustizia europea che l’ha bocciata lo scorso giugno.
È vero che, secondo la nuova legge, la Corte dei Conti ungherese manterrà il controllo sulle organizzazioni non governative, ma il governo comunque ha dovuto saltare un ostacolo.
Cinque giorni fa, la Corte Costituzionale ungherese ha bocciato la legge voluta da Orban nel 2018 che obbligava di fatto i dipendenti a fare straordinario al lavoro e permetteva ai datori di lavoro di non pagarglielo.
E per citare un’altra circostanza che ha a che fare con la politica estera, lunedì scorso, quando tutti i leader europei riuniti all’Europa building hanno intavolato la discussione sulle sanzioni contro la Bielorussia per il caso del dirottamento aereo e l’arresto del dissidente Roman Protasevich, Orban si è dovuto accomodare senza eccepire alcunché. Pur amico di Lukashenko, non ha esercitato diritti di veto, come ha fatto invece qualche settimana fa sul Medio Oriente per difendere Israele nello scontro con i palestinesi.
C’è che il caso Minsk è indifendibile: se ci avesse provato, sarebbe finito in netta minoranza anche rispetto agli altri Stati dell’est.
Lo scontro sul Medio Oriente invece gli ha offerto l’arma tattica di far leva sulle naturali simpatie per Israele prevalenti in gran parte d’Europa, dalla Germania per motivi storici, fino all’est.
Ad ogni modo, il caso Bielorussia lo ha costretto a nascondersi, togliendogli quel palcoscenico che di solito un leader come lui non si fa mai mancare. Nessuna dichiarazione sulle sanzioni decise in Consiglio, né a favore, né in dissenso.
L’ultima vera levata di scudi di Orban, insieme all’alleato polacco Mateusz Morawiecki, risale alla fine dell’anno scorso, quando Ungheria e Polonia ventilarono il veto contro il Recovery fund per difendere la libertà di declinare lo stato di diritto a loro piacimento. Vinsero, ottenendo una sorta di lasciapassare, impacchettato da Angela Merkel, tanto che poi Budapest e Varsavia si sono pure sbrigate a ratificare in Parlamento e presentare i loro piani nazionali: i soldi di ‘mamma Europa’ non si rifiutano mai.
Ma all’opinione pubblica ungherese evidentemente non basta. O non basta più, nonostante la chiusura di media anti-governativi, come Klubradio, per opera di un sofisticato sistema di incastri burocratici elaborato ad arte da Fidesz.
C’è un’altra questione che potrebbe avere il suo peso, anche se stiamo parlando di elezioni tra un anno e dunque il tutto va considerato ‘cum grano salis’. Trattasi dei viaggi degli ungheresi all’estero quest’estate.
Sembra un tema faceto e invece è molto serio. A metà maggio, metà della popolazione ungherese era già vaccinata, compresi molti ventenni. La campagna vaccinale è stata un fiore all’occhiello per Orban, rispetto alle lentezze europee. Il punto è che il governo di Budapest ha scelto di incentrarla sul vaccino russo Sputnik e il cinese Sinovac, più che su quelli autorizzati dall’Ema.
Lo stesso Orban si è vaccinato con l’anti-Covid di Pechino. Ma il ‘covid pass europeo’ che dovrebbe essere operativo da luglio e dovrebbe consentire a chi è vaccinato di viaggiare nell’Unione, non è valido per chi si è immunizzato con prodotti non autorizzati dall’Ema. A meno che gli Stati membri non decidano diversamente, con appositi provvedimenti nazionali che Bruxelles gli permette di adottare, in caso.
La questione è così cruciale nei consensi di Fidesz che il ministro degli Esteri Péter Szijjártó si è organizzato un tour nelle capitali dei paesi che sono mete di vacanza preferite dagli ungheresi. Mission: implorare il consenso a lasciarli entrare.
In questi giorni, Szijjártó sarà a Lisbona, Madrid, Malaga e Londra, dove si recato lo stesso Orban in persona, a perorare la causa ‘vacanze all’estero’.
È un tema molto considerato anche da Merkel nella campagna elettorale per il voto di settembre: pare che la cancelliera si stia dedicando solo a soddisfare desideri ed esigenze dei tedeschi, per battere la concorrenza dei Verdi.
Orban lo sta curando già da ora, a distanza di un anno dal voto, convinto evidentemente che, quanto avrà fatto per il relax post-pandemico dei suoi elettori, verrà ricordato a lungo. E magari il resto scomparirà?
(da Huffingtonpost)
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Maggio 29th, 2021 Riccardo Fucile
PRANZO AL CHIUSO CON GENERALE CON TANTO DI ASSEMBRAMENTO
Una scena talmente surreale a cui, se non ci fossero le foto pubblicate ieri da Tpi, sarebbe impossibile credere: un buffet in un corridoio al chiuso, per quanto con un soffitto molto alto, con le persone attorno al tavolo per recuperare il pasto e impegnate a mangiare.
Come se non ci fossero le restrizioni anti-pandemiche.
Come se quelle persone non fossero operatori sanitari, appartenenti alla task force anti-Covid dell’Umbria, la governatrice Donatella Tesi, il sindaco di Perugia Andrea Romizi, il direttore generale dell’azienda sanitaria Marcello Giannico e il commissario all’emergenza pandemica Francesco Paolo Figliuolo. In mimetica, come sempre.
È successo ieri a Perugia, nel giorno in cui il generale Figliuolo ha annunciato urbi et orbi che da giovedì prossimo le prenotazioni per i vaccini saranno aperte a tutte le fasce d’età, a partire dai 12 anni anche, infatti ieri l’Ema ha dato il via libera alla somministrazione del vaccino Pfizer anche a bambini e adolescenti.
Certo, Nino Cartabellotta, il solito guastafeste della Fondazione Gimbe, nota: “Bene apertura a tutte le fasce di età, ma 3,7 milioni di over 60 sono ancora senza la prima dose del vaccino”.
Tanto che lo stesso Figliuolo ha dovuto puntualizzare: “Dobbiamo intercettare la parte della popolazione degli over 60 che ci manca in modo da mettere in sicurezza le fasce che rischiano più di finire in ospedale o in terapia intensiva”.
Chissà quanti erano i vaccinati ieri al banchetto, ma anche fossero stati tutti vaccinati le restrizioni persistono e prevedono la possibilità di mangiare al ristorante soltanto all’aperto, seduti ai tavoli, ben distanziati, con le mascherine una volta in piedi. Addirittura i matrimoni, eventi dove buffet e banchetti non mancano mai, sono ancora vietati e per la ripartenza sono previsti per pranzi e cene tavoli a due metri di distanza e divieto assoluto di self service. Per dire.
Chi era presente, ieri al Centro di ricerca emato-oncologico dell’ospedale, racconta di un Figliuolo in grande imbarazzo per la scelta della Regione Umbria, che tra il taglio del nastro al nuovo Modular hospital di Perugia e la visita al punto vaccinale di Solomeo, ha deciso di portare la comitiva al Centro di ricerca appunto, struttura inaugurata nel 2015 con tre piani di ricerca/diagnostica, la direzione al quarto, e una sala conferenze.
Per l’occasione è stata ingaggiata appositamente una società di catering. E la frittata è stata servita, perché è difficile nel 2021 che qualcuno non abbia uno smartphone e che le foto non vengano poi diffuse.
Come non pensarci? Era così difficile organizzare qualche tavolo all’aperto, magari facendo felice un ristoratore locale in difficoltà dopo la prolungata chiusura degli scorsi mesi?
Domande impossibili da fare alla governatrice Tesei o al suo portavoce che, ieri, non hanno risposto alle ripetute chiamate del Fatto. Anche alla struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo solo imbarazzo per le fotografie e nessuna risposta ai cronisti in merito.
L’incontro con Figliuolo è stato voluto dalla Regione Umbria dopo le polemiche delle scorse settimane seguite alle parole del generale che esortava i governatori a “non fare annunci e vaccinare di più”.
Quindi, racconta un medico ieri presente alla visita del commissario, si respirava già una certa tensione tra la governatrice Tesei e l’uomo in mimetica, divenuta poi imbarazzo quando il generale si è reso conto del pranzo apparecchiato, con buffet, in corridoio, al chiuso, in completa violazione delle restrizioni ancora in vigore.
(da Il Fatto Quotidiano)
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