Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
LA VERGOGNOSA PROPOSTA DI FDI: SE APRI UN’ATTIVITA’ COMMERCIALE E SEI EXTRACOMUNITARIO DEVI VERSARE 30.000 EURO DI CAPARRA ALLO STATO… MA VAI A CHIEDERLI AGLI EVASORI PER CUI CHIEDI I CONDONI
Parla di “pericolosa deriva autoritaria”, Giorgia Meloni. Nel mirino il no del Senato a un emendamento di FdI che prevedeva lo spostamento del coprifuoco dalle 22 alle 24. “Vergognoso! Ancora una volta la maggioranza in Parlamento sostiene le misure liberticide e anticostituzionali del governo. Fratelli d’Italia – dice Meloni – non si piegherà mai a questa pericolosa deriva autoritaria che colpisce senza motivo le attività produttive e i cittadini. Molti di più di quelli che votano i provvedimenti in teoria sono d’accordo all’abolizione del coprifuoco o a spostare il coprifuoco, però mi pare che alla fine vinca sempre Speranza”.
FdI aveva già presentato, la settimana scorsa. un ordine del giorno che prevedeva la stessa misura, non approvato malgrado il non voto di Lega e Fdi. “Abbiamo chiesto una chiara discontinuità con il precedente governo – afferma la presidente del partito – ma finora non l’abbiamo vista”.
Giorgia Meloni adesso presenta una nuova mozione con 25 punti, dal fisco alle infrastrutture. “Non ci aspettiamo che tutti i punti della mozione di Fratelli d’Italia vengano approvati – ha spiegato – ma se venissero bocciati tutti sarebbe la dimostrazione che il governo Draghi è ostaggio della sinistra”.
Fra l’altro, Fdi chiede “l’abolizione del tetto all’uso del contante e “una vera pace fiscale”. (solita marchetta agli evasori fiscali)
Poi una proposta chiaramente discriminatoria”sulle attività aperte dagli extracomunitari”: “essendo più difficilmente reperibili dall’agenzia delle entrate, chiediamo che versino una caparra di 30 mila euro, che man mano viene scalata dalle tasse”.
Tradotto: condono continuo agli evasori fiscali che non pagano il dovuto, taglieggiare i commercianti stranieri che invece devono pagare in anticipo le tasse su quanto non hanno incassato.
Evviva il sovranismo della legalità.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
STRAPARLA DI “GENDER NELLE SCUOLE” MA BASTA LA DOMANDA DI UNA GIORNALISTA “MI SPIEGA COS’E’ IL GENDER SECONDO LEI?” E NON SA RISPONDERE
La leader di Fratelli d’Italia ha commentato il testo proposto dalla Lega contro l’omontransfobia, alternativo al Ddl Zan. Ma è inciampata su una domanda
«Non ho letto il testo e quindi aspetto di leggerlo, ma l’iniziativa della Lega mi sembra intelligente, nel senso che è giusto circoscrivere lasciando da parte materie che secondo noi non c’entrano niente con la lotta discriminazione, come il gender nelle scuole».
La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni commenta il testo proposto dalla Lega contro l’omontransfobia, alternativo al Ddl Zan.
Durante una conferenza stampa nella sede del partito, Meloni ha detto di trovare intelligente il fatto di circoscrivere il tema, e dunque di lasciare fuori tutte le altre materie, «come il gender nelle scuole».
Ma quando poi una cronista le chiede una definizione di gender («Che cosa è il gender secondo lei?»), la leader di Fratelli di Italia risponde in modo secco: «Ah guardi, io non l’ho mai capito bene. E credo neanche quelli che lo propongono, infatti ne propongono sempre di nuovi».
Imbarazzante: continua a criticare una presunta norma (che tale non è) senza sapere neanche di cosa parla.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
“LA SCISSIONE E’ DIETRO L’ANGOLO”… “CONTE? BASTA RINVII, SUBITO UN’ASSEMBLEA DEGLI ELETTI O NON SE NE ESCE”
Vincenzo Spadafora, che succede con la sentenza del tribunale di Cagliari che dà ragione a Casaleggio? Non potete più votare Conte come capo politico, tecnicamente. Tra l’altro Casaleggio non vi cede l’elenco degli iscritti. Dunque né si può votare e non avete l’elenco.
Ci siamo infilati da soli in un caos inestricabile sul piano amministrativo: siamo arrivati al punto che ora è un tribunale a dover prendere decisioni, e sappiamo per certo che i tempi di queste decisioni saranno lunghi, perché da un lato non abbiamo nessun rappresentante eletto dagli attivisti, dall’altro non possiamo eleggere un rappresentante perché non abbiamo le liste degli iscritti a Rousseau.
Appunto, dunque?
Se il M5S non ha ora, subito, la capacità di fare uno scatto non se ne esce, e per farlo occorre la grande assente delle discussioni degli ultimi mesi: la politica. La mia proposta è semplice: autoconvocare un’assemblea degli eletti ad ogni livello, dai comuni al Parlamento, e cercare insieme, discutendo, il modo di tagliare questo nodo.
Bel casino, dice lei… È letteralmente finita a carte bollate.
Mi sembra evidente, e credo che chi ci ha portato fin qui debba assumersene tutta la responsabilità.
A chi si riferisce?
A chi non ha voluto e non vuole fare presto una riflessione seria sugli errori che ci hanno portato fin qui. Purtroppo il M5S non lo hai mai voluto fare. Non basta oggi chiedere le dimissioni di Crimi o di altri, servirebbe a poco.
Non pensa che questo ginepraio giuridico disvela l’equivoco di fondo? E cioè i partiti o sono democratici, o non sono. È entrato in crisi un modello para-proprietario.
La democrazia diretta resta una straordinaria intuizione che avrebbe garantito al Movimento una gestione democratica. Ma gli strumenti per attuarla non possono essere chiusi in un cassetto, altrimenti si finisce per litigare su chi ne tiene la chiave. La verità è che questa intuizione non è stata mai portata a compimento fino in fondo.
Lei dice: convochiamo un’assemblea, ma per fare cosa? Conte ha sempre insistito per una separazione consensuale con Casaleggio, ma c’è il problema dei soldi. Non fa prima a fondare un suo movimento ex novo?
Io mi rifiuto di pensare che la storia di un Movimento che ha comunque cambiato lo scenario politico da oltre dieci anni, contribuendo ad approvare numerose riforme per il Paese, debba concludersi qui. Nel M5S ci sono ancora energie ed intelligenze per far sopravvivere una esperienza politica. Conte dovrebbe rappresentare un valore aggiunto a questa storia senza doversene inventare una nuova.
Sì, ma lei vede margini per una separazione consensuale? E aggiungo: a che prezzo, visto che Casaleggio chiede 450mila euro?
A questo punto credo che sarà un Tribunale a contribuire a rispondere a questa domanda.
A me sembra che i parlamentari non siano disposti a pagare, sbaglio? Piuttosto si rischia la fuga di massa dal Movimento di quelli che non hanno certezza di rielezione.
La stragrande maggioranza dei parlamentari ha versato quanto stabilito, nonostante la confusione degli ultimi mesi. Oggi tra i miei colleghi c’è solo tanto smarrimento perché nessuno detta più una linea da quando Di Maio si è dimesso. Successivamente si sono prese decisioni che venivano di continuo cambiate secondo gli interessi del momento di qualcuno. Ora serve chiarezza per tenere il gruppo unito ma il rischio di scissione è ormai dietro l’angolo.
Scissione di chi?
Di una parte del gruppo parlamentare che potrebbe pensare a un nuovo progetto politico.
Prima però va sciolto qualche nodo politico di fondo. Lei, che è stato un protagonista del vecchio Movimento, è d’accordo con l’idea di “rifondazione” di cui ha parlato l’ex premier. Cosa va rifondato? È solo questione di statuto?
Al momento siamo tutti all’oscuro su questa idea di “rifondazione”, mentre dovremmo essere tutti protagonisti di un cambiamento che è necessario e deve essere radicale. La questione dello Statuto, che è importante, dovrebbe venire alla fine della riflessione: prima il progetto politico, poi le regole e il quadro giuridico che ci consenta di realizzarlo.
Insomma, sta dicendo, Conte ha avuto un approccio troppo leguleio.
Io non voglio discutere di norme e codici, io voglio contribuire a disegnare il progetto politico del futuro. In queste settimane abbiamo avuto a che fare solo con avvocati, notai e tribunali. Posso solo immaginare le difficoltà di un consigliere comunale o regionale in questi mesi nel confrontarsi con gli attivisti e gli elettori: quale è la linea? Chi decide? A chi può rivolgersi? Il rapporto col territorio era la chiave della diversità del Movimento, rischiamo di perderla del tutto.
Però scusi, non pensa che il tempo sia scaduto? Questa roba di Conte sembra aspettando Godot, è un rinvio costante come ai tempi di palazzo Chigi.
Certo, ma non è scaduto ora, è scaduto da mesi. Dopo le dimissioni di Di Maio, richieste a gran voce da molti protagonisti dell’attuale débâcle, si doveva aprire subito una fase di rifondazione che nel giro di pochi mesi avrebbe dovuto disegnare il Movimento dei prossimi anni, ragionare sulle prossime generazioni e come rendergli possibile disegnare il proprio futuro, i nuovi lavori, una idea di Paese. Si è visto come è finita.
Nel frattempo siete afoni sul governo, complice l’assenza di leadership. Avete ottenuto l’impegno dell’ecobonus, ma nel Recovery non avete spuntato le coperture, rimesse alla legge di stabilità. Per il resto non pervenuti.
Le trattative di governo sono state un completo insuccesso per il M5S con effetti estremamente negativi su tutta l’azione politica. In assenza di una leadership, durante il Conte due il Movimento ha espresso la sua linea politica attraverso l’azione portata avanti dalla delegazione di governo, proponendo misure e provvedimenti che i cittadini riconoscevano come bandiere del M5S.
E con Draghi siete scomparsi.
È vero che il governo Draghi per sua natura ha depotenziato la forza di tutti i partiti ma la nostra è sicuramente quella che ha pagato il prezzo più alto e quella di cui si è persa maggiormente voce e identità. Voglio sottolineare che questa mancanza di linea è ancor più grave in un momento in cui si può incidere nel più grande piano di riforme di sempre, col Pnrr, e scegliendo persone nei posti chiave delle prossime nomine che saranno centrali nell’attuazione del Recovery Plan.
Anche questa battaglia del ddl Zan, guidata dal Pd. Ma perché se è così cruciale non lo avete approvato quando governavate e pretendete di farlo con Salvini? Per provare a fare in modo che rompa con la maggioranza?
Nel M5S ci sono molti colleghi che sui temi dei diritti hanno posizioni nette, penso alla collega Maiorino che ha scritto buona parte del testo ora noto come DDL Zan, alla collega Spadoni e tanti altri.
Però?
Però va detto che una linea politica unitaria sul tema non c’è mai stata, durante il Conte 1 mi trovai contro Salvini che chiedeva le mie dimissioni da sottosegretario alle Pari Opportunità su questi temi. Torniamo al solito discorso: quando abbiamo avuto posizioni interne divisive non abbiamo affrontato un dibattito chiarificatore, abbiamo sempre preferito rimuovere in nome di una finta unità.
Dicevamo, i nodi politici di fondo. La prima questione è il rapporto con Grillo. Diciamocelo, il vero capo è ancora lui: è intervenuto sul doppio mandato, ha nominato Conte, ma non gli ha dato pieni poteri, ha preteso la solidarietà sulla vicenda del figlio.
Grillo insieme a Gianroberto Casaleggio ha fondato il M5S e lo ha imposto con grande forza e coraggio nello scenario politico nazionale, cambiando la storia politica dell’ultimo decennio. È evidente che voglia continuare a dire la sua ma credo che anche lui ormai si renda conto che così non andiamo da nessuna parte.
L’altra questione sono le alleanze. Che senso ha questa prudenza a definire il Pd un “alleato”?
Nessuna, anche perché né noi né il Pd possiamo avere alcuna speranza di vincere le prossime elezioni se non andremo uniti. E vincere le elezioni significa mantenere le promesse fatte ai cittadini. Alle precedenti elezioni gli elettori ci hanno votato soprattutto per punire le forze politiche tradizionali. Poi si aspettavano da noi risultati importanti nell’azione di governo che però sono arrivati pian piano perché ci siamo scontrati con la realtà dei fatti, con la difficoltà di governare, con lo spazio che divide una promessa elettorale dalla possibilità di attuarla. Ora la domanda è: perché alle prossime elezioni dovrebbero votarci ancora? O diamo una prospettiva seria e credibile ai cittadini o la storia finisce qui.
Anche lei considera destra e sinistra categorie superate?
Insomma… per certi aspetti posso anche essere d’accordo ma ci sono valori e principi che, per esempio, personalmente mi divideranno sempre dalla destra. Oggi si usa dire che l’importante è fare le cose per i cittadini ma senza una visione della società e dei principi a cui ispirarti il Paese non progredisce, al massimo si accontentano alcune categorie.
Però le alleanze non si costruiscono con le chiacchiere, ma con atti concreti. A Roma, ad esempio, è una bestemmia ipotizzare un passo indietro della Raggi?
Il problema è un altro: chi si sta occupando di queste amministrative?
Sempre lì torniamo.
Beh, se il Pd vuole confrontarsi con noi su Roma e le altre città quale numero di telefono compone? Qualcuno dovrà assumersi queste responsabilità e se Conte pensa di aspettare anche le elezioni comunali per scendere in campo rischia di non trovare più nulla.
(da Huffingtonpost)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
LE GRANE LEGALI A CAGLIARI INTRALCIANO LA SUA ELEZIONE COME CAPO POLITICO
La strada dell’ex premier Giuseppe Conte verso la guida del Movimento 5 Stelle si complica e la sua elezione slitta a data da destinarsi. Si parla di storie legali, difficili da sbrogliare anche per l’avvocato del popolo.
L’ultimo ostacolo è stato posto dal tribunale di Cagliari che ha respinto il ricorso presentato dal capo politico Vito Crimi contro la nomina di un curatore speciale. Ciò significa che il reggente Crimi non può definirsi rappresentante legale grillino e resta invece in carica, come curatore speciale, l’avvocato Silvio De Murtas, scelto da tribunale di Cagliari quando ha respinto l’espulsione da M5s della consigliera regionale sarda Carla Cuccu.
Al di là degli aspetti tecnici, essenziali per capire la vicenda, la decisioni di oggi ha ripercussioni enormi all’interno del mondo pentastellato.
Allo stato quindi De Murtas essendo l’unico rappresentante legale del Movimento è depositario dei poteri assegnati al capo politico del Movimento sino alla nomina di un nuovo organo rappresentativo da parte degli iscritti al Movimento.
E qui si arriva al punto cruciale della storia.
Il 17 febbraio scorso gli iscritti alla piattaforma Rousseau hanno votato per la modifica dello statuto del Movimento, introducendo un Comitato direttivo di cinque membri al posto del Capo politico, con tutte le funzioni di rappresentanza legale. L’arrivo di Conte ha però ribaltato questa decisione. Nel senso che, al posto del Comitato direttivo, la volontà sarebbe quella di tornare al Capo politico unico, appunto l’ex premier. Ma per far questo è necessaria un’ulteriore votazione che ribalti la decisione presa solo tre mesi fa.
La piattaforma Rousseau, che ha l’elenco di tutti gli iscritti a M5s, non è più organo del partito e non ha alcuna intenzione di fornire a grillini l’elenco degli iscritti.
A maggior ragione ora che M5s non ha neanche un rappresentante legale.
Davide Casaleggio ha infatti chiarito che per ragioni di privacy intende cedere la lista solo ad un rappresentante del Movimento legittimato legalmente da un voto degli iscritti.
In pratica M5s non può votare la modifica dello Statuto per tornare al capo politico unico e di conseguenza non può neanche eleggere Conte. In tutto ciò, come se non bastasse, l’associazione Rousseau ha fatto incursione sul Blog delle Stelle per chiarire che M5s non solo ”è senza capo politico” ma il voto sul comitato direttivo va fatto solo ed esclusivamente sulla piattaforma.
La stessa Procura di Cagliari potrebbe decidere infatti di sollecitare invece il Garante Beppe Grillo a nominare il nuovo organismo collegiale di governo del Movimento che, come si è detto, è la forma decisa dall’assemblea degli iscritti in occasione degli Stati generali.
E per quanto riguarda la parte economica, l’associazione Rousseau ricorda che il nuovo Regolamento del Trattamento Economico, quello che in pratica non devolve i soldi all’associazione, è illegittimo perché deliberato esclusivamente dal Comitato di Garanzia, ma non su proposta del Comitato direttivo.
Inoltre “diversi esponenti del Movimento 5 stelle stanno segnalando l’opportunità della permanenza in carica dell’attuale Comitato di Garanzia che ha determinato questa spiacevole situazione e messo in grave imbarazzo l’Associazione del Movimento 5 stelle”.
Inevitabilmente la notizia di questo scossone, l’ennesimo, irrompe alla Camera. I deputati si incontrano nel cortile di Montecitorio, capannelli un po’ ovunque. C’è un clima di inquietudine. Alcuni di loro, Stefano Buffagni, Sergio Battalli, Giuseppe Brescia e Vittorio Ferraresi, parlano fitto fitto. L’aria che tira non è buona. La storia M5s è nelle mani dei giudici e ora c’è un avvocato, Conte, che studia un modo per rimanere a galla. Fosse anche fondare un nuovo partito.
(da Huffingtonpost)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
ZAIA NON RISPONDE AI GIORNALISTI: “CHIEDETE AL DIRETTORE GENERALE”
È da una settimana che si parla della denuncia (o “segnalazione”, o anche solo un esposto) dell’agenzia veneta Azienda Zero nei confronti del virologo, una vicenda che ha portato oltre 40 esperti a schierarsi in suo favore e ha spinto le opposizioni sulle barricate in Consiglio regionale. Il dg Toniolo, però, in Commissione ha detto che “non c’è stata nessuna denuncia, solo una relazione informativa alla procura”. Interpellato più volte sul punto, il governatore rimanda la palla nel campo del funzionario
La “querela”, alias “esposto”, alias “segnalazione” della Regione Veneto nei confronti del professore Andrea Crisanti ha dato luogo a una serie di non-risposte del governatore leghista Luca Zaia durante la quotidiana conferenza stampa nella sede della Protezione Civile.
È da una settimana che i giornali ne scrivono, il virologo interessato ha citato addirittura Galileo Galilei, sostenendo che la scienza non si può processare, mentre docenti e sanitari si sono schierati per difenderlo. Eppure il presidente del Veneto non spiega se la Regione abbia usato lo strumento della querela o del semplice esposto per bacchettare Crisanti e il suo famoso studio sui tamponi rapidi, largamente usati dalla Regione durante la seconda ondata.
Capire come e che cosa il Veneto contesti al dirigente della Microbiologia di Padova e docente dell’Università è quanto mai urgente vista la bufera politica che si è scatenata e visto l’avvio di un’indagine preliminare a Padova per frode in pubbliche forniture riferita al massiccio utilizzo di tamponi rapidi di prima e seconda generazione.
Il mistero si è infittito quando, durante i lavori della Quinta Commissione, convocata d’urgenza su richiesta delle minoranze, il direttore generale di Azienda Zero, Roberto Toniolo, ha affermato: “Nessuna denuncia, né esposto, solo una relazione informativa alla Procura, a fronte di notizie di stampa, dichiarazioni, atti”.
Il dg ha quindi sminuito la decisione di chiedere alla magistratura di indagare, anche perché nel frattempo è cresciuta l’eco di questo capitolo finale dello scontro, in atto da più di un anno, tra Zaia e il professore venuto da Londra per lavorare in Italia.
A monte di Azienda Zero c’è infatti la Regione (anche se ha autonomia giuridica) e non è escluso che della “segnalazione” (firmata dall’avvocato Fabio Pinelli di Padova, penalista utilizzato molto spesso dalla Regione) fossero informati anche i vertici. E nelle carte inviate in Procura a Venezia (che le ha poi girate a Padova per competenza) ci sono riferimenti alle critiche formulate nei confronti della Sanità regionale. Quindi la Regione è inevitabilmente coinvolta. Alle domande, però, Zaia non risponde.
Si tratta di querela, esposto o segnalazione? “Dovete parlare con il dottor Toniolo”. Il governatore, che ha richiamato perfino la Santa Inquisizione, si chiama fuori dalla questione? “No, non mi chiamo fuori, ma dovete parlare con il dottor Toniolo”. Azienda Zero ha agito su impulso della Regione o del suo presidente? “Chiedete al dottor Toniolo”.
Per sette volte viene ripetuta la medesima giaculatoria. Ma che senso ha una conferenza stampa? “Che voi fate le domande, e io rispondo”.
Il paradosso è che anche il legale di Toniolo si trincera dietro un laconico “non ritengo corretto interloquire con i media su un profilo professionale”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
A PARIGI INIZIATO IL PROCESSO PER L’ESTRADIZIONE
Sono arrivati davanti al giudice verso le 18, dopo che l’udienza era stata spostata due volte. Inizia oggi, davanti alla Corte d’Appello di Parigi il processo per l’estradizione dei nove ex terroristi rossi arrestati a fine aprile in Francia.
Sono tutti stati condannati in via definitiva per reati di sangue e hanno dimorato finora in Francia grazie alla dottrina Mitterrand. La svolta il 28 aprile, dopo una serie di contatti tra il governo italiano e quello d’Oltralpe. Sono arrivati prima gli arresti e, nel giro di 24 ore, la libertà vigilata.
Per nove dei dieci terroristi per cui era stato emesso il mandato d’arresto – sono Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Patrella, Sergio Tornaghi, Giorgio Pietrostefani ai quali si aggiungono Luigi Bergamini e Raffaele Ventura, ancora in fuga Maurizio Di Marzio, per il quale oggi scatta la prescrizione – si apre ora un lungo iter che potrebbe durare anni. E culminare, se il giudice riterrà che ce ne siano le condizioni, con l’estradizione in Italia.
Oggi è solo il primo atto. E una parte di questo si consuma fuori dall’Aula. Non mancano i momenti di tensione, quando i giornalisti vengono insultati insultati in romanesco da una donna che si trova nel gruppo degli ex terroristi che stava entrando nel corridoio che porta l’aula del tribunale: “Pezzi di merda”, avrebbe urlato.
Gli ex terroristi arrivano in mascherina, con i loro avvocati. Gli scatti dei fotografi immortalano Raffaele Ventura, che inizialmente era sfuggito agli arresti e poi si è costituito, e Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, il più anziano di tutti, quasi ottantenne.
Le ultime immagini che si hanno di lui, così come degli altri arrestati, risalgono a tanti anni fa. Anni trascorsi in Francia, mentre l’Italia ne chiedeva il ritorno per far loro scontare le pene.
Arriva anche Marina Petrella, ex Br oggi 66enne condannata all’ergastolo, e si ferma qualche secondo a parlare con i cronisti: “Vi rendo partecipi del mio dolore, sono sconvolta”, dice in francese. Sessantasette anni, anche lei brigatista e condannata all’ergastolo, sostiene: “Stiamo arrivando verso la fine. Stiamo raschiando il fondo del barile. Io ho vissuto tutti questi anni con un grande dolore. Dolore e compassione per le vittime, per tutte le vittime. Per le famiglie coinvolte, compresa la mia. Da parte mia, ho fatto 10 anni di carcere, fra Italia e Francia. E 30 di esilio, una pena senza sconti e senza grazie. Che ti impedisce di tornare nella tua terra”. Parole che, forse, faranno discutere.
In aula, intanto, si celebra il rito. Il primo a entrare è Sergio Tornaghi, ex brigatista. La corte comincia leggendogli le condanne subite – in questo caso l’ergastolo – e le richieste dell’Italia. Lo stesso procedimento verrà fatto poi anche con gli altri. Le prime formalità, che preludono a un processo che non sarà breve né semplice.
Intanto, mentre i familiari delle vittime in Italia chiedono giustizia – chiarendo che non cercano vendetta – gli intellettuali francesi continuano con le iniziative a sostegno degli ex terroristi.
Il quotidiano Liberation ha dedicato questa mattina due pagine all’appello di un gruppo di intellettuali al presidente Emmanuel Macron contro la concessione dell’estradizione. Nell’appello si ricorda la concessione dell’accoglienza durante la presidenza di Francois Mitterrand, negli anni Ottanta, la nuova vita in Francia degli ex militanti italiani, che hanno rinunciato alle armi e alla violenza, le loro nuove famiglie. Viene invocata l’amnistia in Italia, un gesto che – secondo loro – consentirebbe al Parlamento di “voltare pagina e di guardare al futuro”.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
RACCOLTI 2,4 MILIARDI DI DOLLARI, SERVIRANNO PER SANITA’ E SCUOLE…SOLO IN ITALIA NON SI PUO’ PARLARE DI TASSARE I MILIARDARI
Smentendo gli scettici la tassa una tantum sulla ricchezza introdotta dall’Argentina lo scorso anno per reperire risorse nella lotta al Covid ha raccolto 223 miliardi di pesos, l’equivalente di 2,4 miliardi di dollari (2 miliardi di euro).
Si tratta del 75% dell’obiettivo finale di gettito stimato dal governo di Buenos Aires che oggi ha reso noti i dati sull’andamento del tributo.
Il prelievo interessa i soli patrimoni al di sopra dei 200 milioni di pesos (1,8 milioni di euro), secondo le stime circa 10mila persone, lo 0,8% più ricco della popolazione argentina. L’aliquota può raggiungere, per le ricchezze più elevate, il 5,2%.
Chi doveva pagare ha procrastinato sino all’ultimo, a inizio aprile solo il 2% dei aveva versato quanto dovuto, con una scadenza per il pagamento fissata al 16 di aprile.
Alla fine però i pagamenti hanno superato le attese, smentendo chi aveva messo alla berlina il tributo in quanto facilmente eludibile.
Anche perché l’Argentina non ha tradizione di un sistema fiscale particolarmente efficiente e ha sperimentato in passato fughe di capitali. Tuttavia la tassa è stata sufficientemente ben congeniata per produrre i risultati sperati. I fondi raccolti tra gli argentini più ricchi saranno destinati a politiche sanitarie, sussidi alle piccole attività, edilizia scolastica e quella popolare.
L’opportunità di aumentare il prelievo sulle fasce più benestanti della popolazione, anche per contribuire alla lotta alla pandemia, è ormai posizione comune tra le grandi organizzazioni internazionali a cominciare da Fondo monetario internazionale e Banca mondiale.
Negli ultimi decenni il prelievo su ricchi e ricchissimi si è progressivamente ridotto in tutto il mondo. Elemento che ha contribuito ad alimentare l’incremento delle diseguaglianze nei paesi occidentali.
A differenza di quanto propugnato dai sostenitori della riduzione delle imposte per i più ricchi non c’è stato alcun beneficio per l’economia nel suo complesso né tanto meno si è verificato quell’effetto “sgocciolamento” secondo cui la ricchezza accumulata in alto avrebbe finito per “bagnare” anche il basso.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
SONO GIA’ 17 GLI UNDER 35 MORTI SUL LAVORO NEL 2021
L’ultima tragedia è quella della 22enne Luana D’Orazio, ma è lungo l’elenco dei giovani che lavorando hanno trovato la morte
Diciassette giovani da gennaio a marzo 2021 sono usciti al mattino per andare al lavoro senza più fare rientro a casa.
Numeri tragici che alimentano una ferita, tenuta costantemente aperta: l’ultimo episodio è quello di Luana D’Orazio, la 22enne morta risucchiata dalla pressa dell’azienda tessile per cui lavorava. La giovane Luana purtroppo non è un’eccezione. Secondo l’osservatorio Sicurezza sul lavoro di Vega Engineering, il 2021 è iniziato tragicamente per i giovanissimi: 5 morti nella fascia d’età 15-24 anni, 12 decessi dai 25 ai 34.
Un bollettino che fa rabbia e che si inquadra in soli 3 mesi in un contesto generale ancora più preoccupante: al 24 febbraio 2021, stando a quanto riportato da Fillea Cgil, si parla del +150% di morti sul lavoro nel settore edilizio.
Luana D’Orazio è l’ultima morte bianca di un elenco lungo e doloroso, di cui ci si ritrova a parlare troppo poco. Andrea Masi aveva 18 anni. Colpito alla testa da un’elevatore, è morto a Milano nel suo primo giorno di lavoro lo scorso 2 dicembre. Soltanto quattro giorni fa Mattia Battistetti di 23 anni è stato travolto da un’impalcatura nell’azienda di ponteggi di Treviso dove lavorava. Mentre i soccorsi arrivati a San Donà di Piave hanno tentato disperatamente di salvare la vita a Cristian Cuceu, ma a 23 anni il tornio che lo ha colpito non gli ha dato scampo.
E con loro tante altre giovanissime vittime le cui famiglie aspettano ancora giustizia. «Sono situazioni particolarmente drammatiche quelle che riguardano i giovani e nella maggior parte dei casi tutt’altro che regolari» denuncia Barbara Cappano di Fillea Cgil. Tra le principali piaghe c’è quella dei controlli sulla messa in sicurezza: «La scena di controllo e sanzione continua a non funzionare. Pensiamo solo che un’imprenditore edile rischia di essere controllato una volta ogni 20 anni. Tutto questo non è più tollerabile».
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
LA MOGLIE: “SI LAMENTAVA CHE ERANO IN POCHI”
A distanza di soli due giorni dalla tragedia che ha visto Luana D’Orazio morire intrappolata nel macchinario dell’azienda tessile in cui era impiegata, arriva la notizia di un’altra vittima sul lavoro. È successo a Busto Arsizio, in provincia di Varese, dove Cristian Martinelli, operaio di 49 anni, è rimasto schiacciato da un tornio meccanico nell’azienda in cui lavorava.
L’incidente è accaduto intorno alle 9:40: l’uomo è stato trasportato d’urgenza all’ospedale di Legnano, ma è deceduto poco dopo.
A parlare sotto shock e disperata la moglie di Martinelli, presentatasi insieme alla suocera davanti l’ingresso della fabbrica per chiedere gli effetti personali del marito: «Si lamentava che fossero in pochi» ha detto riferendosi alle difficoltà espresse più volte dall’operaio riguardo le sue condizioni di lavoro, «sto aspettando che mi facciano entrare per prendere le sue cose».
Il Senato ricorda Luana D’Orazio
Una realtà tragica quella dei decessi sul posto di lavoro che in Italia non smette di mietere vittime. Di oggi al Senato la commemorazione per Luana D’Orazio, la giovane mamma di un bambino di 5 anni, strappata alla vita lo scorso 3 maggio.
«Invito l’Aula ad osservare un minuto di silenzio per unirci al dolore della famiglia di Luana D’Orazio» ha detto la presidente di turno Anna Rossomando, «una giovane lavoratrice mancata tragicamente mentre lavorava e per sottolineare l’impegno del Parlamento oggi e sempre per la tutela della sicurezza e della dignità del lavoro».
(da agenzie)
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