Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
SOLO IL 26% PROMUOVE L’OPERATO DEL GOVERNO SU INFLAZIONE, BOLLETTE E ACCISE… SCETTICO UN ELETTORE SU TRE DI FORZA ITALIA… CALA ANCORA LA FIDUCIA NELLA MELONI
La luna di miele con il presidente del Consiglio e il suo governo non è finita. Tuttavia, per la seconda rilevazione nelle prime settimane dell’anno l’indice di fiducia della premier e del suo governo calano attestandosi ad un livello inferiore al 40%. Giorgia Meloni registra un 38,5% (-1,4% in 20 giorni) e il suo esecutivo il 36,7% (-2,5%).
Ancora il suo risultato come leader di partito è il più alto nel confronto con i suoi competitor. Di fatto il governo si è instaurato poco meno di 3 mesi fa, il 22 ottobre; quindi, è ancora troppo presto per definirla una tendenza.
Negli ultimi 4 anni i sentimenti che hanno connotato i giudizi degli italiani sono evoluti dalla «rabbia», predominante nel 2019, alla «paura» del 2020. Superando la «rassegnazione» del 2022 oggi gli italiani si definiscono in «attesa». Quindi ancora il credito per questa maggioranza è attivo.
I cittadini sentono la presenza di un cambiamento in atto e sono alla ricerca di una qualche indicazione, un supporto, un sostegno. Si può dire che l’inverno sia solo all’inizio e dall’Ucraina non arrivano certo notizie positive che facciano pensare ad una fine del conflitto. L’inflazione, il carovita, il potere d’acquisto, stanno mordendo il portafoglio degli italiani e il ritorno delle accise sui carburanti rappresenta il primo vero ostacolo per la maggioranza.
I cittadini hanno già toccato con mano gli aumenti delle bollette: l’80,5% per l’energia elettrica (+2,7 in 2 mesi), il 77,5% per il gas (+6,8% in 2 mesi) e il 94,4% per la benzina.
Percentuali bulgare che fanno pensare -anche- ad un fatto di percezione generalizzata. L’attenzione del pubblico è massima e proprio su questi temi il Governo non viene promosso dal 52,3% degli intervistati, mentre il 26% degli elettori promuove il governo rispetto alle politiche antinflattive.
Il dato che colpisce è che tra coloro che bocciano l’Esecutivo si riscontrano anche il 15% degli elettori della Lega, l’11,8% di quelli di Fratelli d’Italia e ben un sostenitore su 3 per Forza Italia.
Questo dato diventa importante alla luce della comunicazione istituzionale, perché quando gli ostacoli, gli affanni di governo e le incomprensioni con gli alleati cominciano a sommarsi allora anche il consenso dei partiti ne risente. In questo scenario gli alleati della premier sono quelli che pagano il prezzo più alto nel confronto con il mese di dicembre, perdendo quasi un punto percentuale ciascuno nell’ultima rilevazione.
Nello specifico la Lega di Matteo Salvini registra un calo dello 0,7%, mentre Forza Italia dello 0,8. Pur rimanendo il primo partito dopo l’astensione (32,2%), Fratelli d’Italia – invece – con il 28,2% registra un calo dello -0,4%. La fortuna di Giorgia Meloni è che il Partito Democratico con il 16,7%, pur guadagnando quasi un punto percentuale da dicembre (+0,9%), si mostra più conquistato dal tema delle primarie, data del congresso, voti tra on-line e gazebo.
Comunque, tallona il Movimento 5 Stelle (17,5%) con uno scarto inferiore ad un punto di percentuale (0,8%). Il partito di Giuseppe Conte sembra invece essersi assestato nella sua crescita.
Gli scandali che hanno coinvolto l’Alleanza Verdi e Sinistra italiana hanno fatto perdere lo 0,7% al partito portandolo al di sotto della soglia del 2% e alimentando la crescita del Pd. Azione con Italia Viva rimane stabile intorno all’8%.
Dall’insieme di questi primi dati dell’anno emerge nei confronti del governo quel richiamo all’affidabilità, alla competenza, all’azione, ma soprattutto a quella coerenza che tanto ha caratterizzato la linea politica di Giorgia Meloni negli ultimi anni.
Le contraddizioni e le successive inversioni di marcia degli ultimi giorni hanno generato una sorta di fastidio tra gli italiani soprattutto quando «si devono fare i conti con la realtà» – citazione – il che ci riporta a quel gap che la politica conosce molto bene tra parole e azione e che molte volte ha fatto rimpiangere agli italiani nell’averci creduto.
Alessandra Ghisleri
(da La Stampa)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
QUELLI CHE SONO GIOVANI OGGI RICEVERANNO LA PENSIONE A 72 ANNI
Secondo calcoli probabilistici, molto attendibili, quelli che sono giovani
oggi riceveranno la pensione a 72 anni. Ma che bella festa, non fai tempo a raggiungere l’agognata pensione che sei già dre’ a murì.
Che poi la pensione sia agognabile è molto discutibile, solo la Modernità poteva inventare un istituto così atroce: da un giorno all’altro tu perdi di colpo il ruolo, per quanto modesto, che hai avuto nella società, “e adesso vai a curare le gardenie povero, vecchio e inutile stronzo” oppure a interessarti di cose di cui non ti è mai fregato nulla, vedi le tragicomiche figure di Bouvard e Pécuchet in Flaubert.
È vero che l’aspettativa di vita media si è allungata, 79,4 anni per gli uomini e 84,5 per le donne (non si vedono in giro che vedove), rispetto all’era preindustriale in cui l’aspettativa di vita era intorno ai settant’anni: quando padre Dante nella Commedia scrive “Nel mezzo del cammin di nostra vita” ha 35 anni, il che vuol dire che a quei tempi si considerava ragionevole raggiungere i settant’anni, del resto il biblista dice “Settanta sono gli anni della vita dell’uomo”.
Abbiamo quindi sgraffignato alla Natura una dozzina di anni, ma c’è da vedere come si vivono questi anni. Innanzitutto nessuno può togliere a una persona di quell’età l’angoscia di sapere che la Nobile Signora ha già alzato la sua falce ed è pronta ad agguantarti con un infarto devastante o si è accoccolata in te sotto forma di un tumore non ancora diagnosticato. È la storia degli ultimi anni di vita di Gianluca Vialli, forse sarebbe stato meglio per lui se la morte l’avesse colto quando giocava ancora, nello splendore della giovinezza (“Caro agli dei è chi muore giovane”, Menandro).
Lì per lì chi potrebbe essere contrario ad un allungamento della vita, non solo della sua ma del genere umano? In realtà l’allungamento della vita si è rivelato un boomerang. Ci stiamo confezionando un mondo di vecchi e Cesare Musatti, che era al di là di ogni sospetto perché aveva 90 anni, ha detto: “Un mondo popolato in maggioranza da vecchi mi farebbe orrore”. Inoltre questa gerontocrazia plebea incide sul tasso di fertilità, che è basso in tutto il mondo che chiamiamo occidentale, ma in particolare in Italia che negli ultimi tempi ha superato persino il Giappone e si pone come prima in questa sinistra classifica (1,24 nascite per donna nel 2020, il Giappone è a 1,34).
I vecchi sono per definizione “fragili”, tanto è vero che adesso gli si vuole imporre la quarta e la quinta dose del vaccino che a parer mio, insieme soprattutto al lockdown, è stato più devastante del Covid. Il lockdown ha imposto agli anziani un’immobilità pressoché assoluta e per un vecchio l’alternativa è: o muoversi o perire. Ci ha imposto la solitudine ed è statistico che la solitudine uccide più del fumo (sia detto di passata, io sono abbastanza convinto che a furia di immunizzarci su tutto il nostro sistema immunitario ha perso, coperto com’è su tutto, la sua naturale capacità di risposta, per cui basta un niente come il Covid per metterci nell’angolo).
Ci sono poi delle fragilità che per quanto ci si berlusconizzi non possono essere evitate. Lo vediamo anche in molti governanti anziani. Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, 71 anni, durante una cerimonia si è pisciato addosso, Joe Biden sembra stare in piedi per miracolo.
Certo la mente può rimanere lucida, ma questo è il peggio del peggio perché assiste impotente all’inesorabile degrado del corpo, siano alzate lodi all’arteriosclerosi e all’Alzheimer (il dramma passa a chi deve accudirli).
Un mondo di vecchi presuppone che ci sia un manipolo di giovani che sostengono legioni di anziani. Il giovane di oggi e anche quello un po’ meno giovane, poniamo dei sessantenni, si trova in questa fourchette: da una parte c’è l’affetto che lo lega ai suoi vecchi genitori, che hanno avuto l’imperdonabile cattivo gusto di rimanere in vita, dall’altra se si dedica a questi non vive più lui oppure li manda, con grave senso di colpa, in una Rsa (attenzione: spostare un vecchio dalla sua casa e dalle sue abitudini, anche senza pensare alle Rsa, è quasi sempre mortale).
Abbiamo detto che l’allungamento della vita o il suo mantenimento a tutti i costi si è rivelato un boomerang. Sono le “trappole della ragione” come le chiamavano i filosofi quando esistevano ancora. E qui si innesta il discorso sulla Tecnica, affrontato di recente anche da Papa Bergoglio nel suo libro La dittatura dell’economia: “Di fatto la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla rimanga fuori dalla sua ferrea logica”. Ma prima di lui ci era arrivato Max Weber nel 1918 con le sue lezioni poi raccolte in un volume titolato Il lavoro intellettuale come professione: “Prendete una tecnologia pratica così sviluppata scientificamente come la medicina moderna. Il ‘presupposto’ generale di questa attività è – in parole povere – che sia considerato positivo, unicamente come tale, il compito della conservazione della vita e della riduzione al minimo del dolore. E ciò è problematico. Il medico cerca con tutti i mezzi di conservare la vita al moribondo, anche se questi implora di esser liberato dalla vita, anche se la sua morte è e dev’essere desiderata – più o meno consapevolmente – dai suoi congiunti, per i quali la sua vita non ha più valore mentre insopportabili sono gli oneri per conservarla, ed essi gli augurano la liberazione dai dolori. Ma i presupposti della medicina (sia stramaledetto Ippocrate, ndr) impediscono al medico di desistere. La scienza medica non si pone la domanda se e quando la vita valga la pena di esser vissuta. Tutte le scienze naturali danno una risposta a questa domanda: che cosa dobbiamo fare se vogliamo dominare tecnicamente la vita? Ma se vogliamo e dobbiamo dominarla tecnicamente, e se ciò, in definitiva, abbia veramente un significato, esse lo lasciano del tutto in sospeso oppure lo presuppongono per i loro fini”.
Il problema di fondo è che ci siamo allontanati troppo dalla Natura e non siamo più in grado di governare ciò con cui l’abbiamo sostituita. Un Nobel, ma anche Steve Jobs, Bill Gates, Zuckerberg, può avere un’intuizione geniale ma non è in grado di prevedere le varianti che mette in circolazione. Per restare al tema di questo articolo abbiamo la necessità di sfoltire, siamo troppi e troppo vecchi. Il Covid avrebbe potuto essere un’ottima occasione, ma i suoi risultati sono stati deludenti.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
NESSUN LEGAME TRA LA DOCENTE AUTRICE DELLE FOTO E L’INTELLIGENCE
Dietro le immagini realizzate da una professoressa all’autogrill di Fiano Romano sull’incontro tra Matteo Renzi e Marco Mancini non ci sarebbe alcun complotto dei servizi segreti.
Di certo nessun rapporto tra la donna e l’intelligence italiana che la abbia spinta a diffondere i video, finiti poi in onda a Report su Raitre.
Gli atti dell’inchiesta citati da Giacomo Amadori su La Verità provano a far luce sui fatti del 23 dicembre 2020, quando la docente si ritrovò alla stazione di servizio Feronia di Fiano Romano davanti a una scena che la incuriosì al punto da farle fare con il suo smartphone 13 foto e un paio di video, uno di 24” e l’altro di 29”.
Gli elementi citati che smentiscono di fatto che quella donna fosse lì come una sorta di spia inviata dai Servizi sono diversi.
A cominciare dal traffico telefonico del suo telefono quel giorno, quando all’antivigilia di Natale era andata a prendere il padre malato e sua madre per portarli a casa sua e trascorrere insieme le festività. Dal suo telefono, infatti, gli unici contatti che risultano sono con i due genitori, il marito e una collega, oltre che con un paio di call center.
La curiosità
La donna racconta agli inquirenti della procura di Roma come quel giorno sia stata «molto incuriosita dalla particolare situazione a cui assistevo… da semplice cittadina, innegabilmente curiosa sono rimasta profondamente colpita da questo singolare episodio… ci tengo a precisare però che ho ritenuto di effettuare le riprese e le fotografie del senatore Renzi mentre dialogava con il suo interlocutore perché ho intuito il rapporto pubblico e non meramente privatistico che univa i due soggetti: di cui l’uno era uno dei massimi leader politici italiano e l’altro un personaggio munito di scorta e auto di servizio».
Come ribadisce anche il suo avvocato, Giulio Vasaturo, la sua assistita avrebbe assunto «consapevolmente il ruolo di “fonte giornalistica”». Tant’è che da subito segnala le immagini a un blogger della sua città, nel Nord del Lazio. Questo però non riconosce Mancini. Il 31 dicembre la prof prova con il Fatto Quotidiano via email, ma questa sfugge alla redazione.
Il contatto con Report
Se complotto di servizi segreti deviati ci fosse stato, ricorda Amadori nella sua ricostruzione, la regia doveva essere parecchio scarsa visto che la donna non riesce a intercettare l’attenzione di nessuna testata, finché almeno, quattro mesi dopo, quando arriva il contatto con Report. Il programma di Sigfrido Ranucci manda in onda un servizio, “Lo sterco del diavolo”, che attira l’attenzione della professoressa: «Nel corso della puntata ho visto un servizio dedicato alla figura di tale Gianmario Ferramonti, in cui si ipotizzava che lo stesso avesse mandato dei messaggi all’onorevole Maria Elena Boschi, figura di punta del partito di Matteo Renzi per promuovere una sorta di complotto, almeno così mi era sembrato di capire dal tenore del servizio per favorire la caduta del governo Conte bis», dice nel verbale dell’8 novembre scorso. La donna scrive quindi due messaggi a Report su Messenger tra le 13.27 e le 13.37, in cui spiega il motivo per cui si era fermata all’autogrill per 40 minuti, cioè per una «sosta tecnica» che consentisse al padre di andare in bagno. E dopo aver descritto la scena che gli si è presentata davanti, la prof spiega di aver inviato il materiale «ad altre redazioni, che non mi hanno risposto». E poi conclude: «Dopo pochi giorni dall’incontro di Renzi con questo tipo è caduto il governo… io non credo sia una coincidenza… con affetto una vostra spettatrice e ammiratrice per il lavoro che svolgete».
Le ambizioni di Mancini
Ma riportato in diversi retroscena e ricordato da La Verità, Mancini avrebbe incontrato Renzi in quei giorni concitati a palazzo Chigi nel tentativo a tratti disperato di convincere Renzi a sostenere il governo Conte in crisi. Fosse andata in porto, la missione avrebbe potuto portare una promozione per Mancini. Una ricostruzione considerata verosimile dall’ex dirigente dei servizi segreti, Carlo Parolisi, intervistato da Report nel servizio andato in onda il 3 maggio. A proposito dei rapporti tra Mancini e il Palazzo e le sue ambizioni, Parolisi dice: «È fatto noto che frequenta molti politici dei più diversi schieramenti. Si è parlato di lui come vicedirettore dell’Aise e queste sembravano essere le sue aspirazioni. E poi a un certo punto sembrava di capire che ci potesse essere per lui una promozione a vicedirettore del Dis».
(da agenzie)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
MANUNTENZIONE ORDINARIA + 2 MILIONI, STRAORDINARIA + 0,5 MILIONI, PULIZIE + 1,3 MILIONI, NUOVI AFFITTI + 0.7 MILIONI, CELEBRAZIONI ANNIVERSARI + 1,3 MILIONI
Giorgia Meloni ha deciso di dare una rinfrescata alla presidenza del
Consiglio dei ministri, aumentando considerevolmente rispetto al predecessore Mario Draghi i fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria della sede centrale del governo a Palazzo Chigi.
Lo si legge nel budget 2023 della presidenza del Consiglio.
Incrementati dal nuovo governo di oltre 2 milioni di euro i fondi per la manutenzione ordinaria del palazzo, degli impianti e dei giardini, che passano da 5,58 a 7,6 milioni di euro nel 2023.
Aumentati anche di mezzo milione di euro i fondi per la manutenzione straordinaria, che passano da 2 a 2,5 milioni di euro.
Ma la spesa più rilevante sarà quella al capitolo «interventi per la prevenzione del rischio sismico delle infrastrutture», più che raddoppiata visto che passa da 50 a 110 milioni di euro (61 milioni in più).
La presidenza del Consiglio deve avere anche intenzione di allargarsi perché sono stati stanziati 722.198 euro in più al capitolo degli affitti.
Fra le spese in salita nel budget della Meloni c’è anche quella per «pulizie, igienizzazione, derattizzazione e disinfestazione degli immobili, lavaggio tende e tappeti e smaltimento rifiuti speciali»: stanziato un milione e 332 euro in più per una spesa complessiva di 5,73 milioni di euro.
Piccola somma, ma anche questa in crescita, per le piante interne ai palazzi: il budget è stato aumentato di 12.300 euro rispetto a Draghi, arrivando a 147.800 euro.
Si fa sentire per la presidenza del Consiglio come per tutte le case degli italiani il caro-bollette: i canoni per acqua, gas, luce e abbonamenti tv quasi raddoppiano, passando da 4,5 a 8,5 milioni di euro l’anno.
Crescita significativa anche per le spese destinate «alle celebrazioni degli anniversari di interesse nazionale»: passano da 2 a 3,2 milioni di euro nel 2023.
(da La Repubblica)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
SOLITA INDIGNAZIONE SPROPOSITATA DEGLI INQUINATORI DELLA TERRA, NEANCHE FOSSERO TERRORISTI
Nuovo blitz di Ultima Generazione. Questa mattina, 15 gennaio, alcuni attivisti hanno imbrattato “L.o.v.e“, la scultura di Maurizio Cattelan, comunemente nota come Il Dito che raffigura un dito medio alzato di fronte al palazzo della Borsa in piazza Affari di Milano.
Anche questa volta, come nelle azioni passate, hanno utilizzato della vernice arancione lavabile.
Martina, 23 anni, ha in mano un cartellone con scritto «Stop sussidi ai fossili». E prima di svolgere l’azione ha dichiarato in un video sui social: «Ho timore per la reazione delle forze dell’ordine, ma quello che affronterò dal punto di vista legale è minuscolo rispetto a quello che affronteremo se non mitighiamo gli effetti della crisi climatica».
Anche in questo caso, l’obiettivo di Ultima Generazione è porre l’attenzione dei decisori politici sulle problematiche ambientali, soprattuto in questa settimana in cui in Germania si stanno verificando scontri per sgomberare il villaggio di Lützerath al fine di espandere una miniera per l’estrazione del carbone.
Gli attivisti sono stati portati via di peso e hanno opposto resistenza passiva. Tre di loro sono stati accompagnati in Questura, secondo quanto riferisce la Polizia intervenuta sul posto che ora sta coordinando con l’autorità giudiziaria i provvedimenti da intraprendere.
«Ho 39 anni, un figlio e un buon lavoro in una solida azienda, il mio posto usuale è a una scrivania bianca pulita. Eppure oggi è molto più normale essere qui, con la vernice, insieme a questi ragazzi che dimostrano un grande senso di realtà», racconta Sandro, uno dei tre che ha partecipato all’azione di questa mattina.
Non sembra essere un caso la scelta di aver svolto un’azione di disobbedienza civile contro la statua di Cattelan, l’artista che ha fatto della provocazione la sua cifra stilistica.
La statua, infatti, rappresenta una mano intenta nel saluto romano, ma con tutte le dita mozzate, salvo il medio. Il dito medio alzato è di 11 metri di puro marmo di Carrara, 4.60 metri di scultura vera e propria e 6.40 metri di basamento.
Anche il luogo in cui si trova l’opera non è casuale: davanti la sede della Borsa fu costruito Palazzo Mezzanotte su progetto dell’omonimo architetto tra il 1927 e il 1932, ovvero in pieno ventennio fascista, come d’altronde il suo stile razionalista evoca.
Il nome artistico L.O.V.E sta infatti per Libertà Odio Vendetta Eternità, oltre che amore in inglese. «Lo facciamo per mandare un messaggio chiaro: questo è un luogo simbolo dell’indifferenza rispetto al collasso climatico ed ecologico, qui si muovono molti soldi che vanno alle industrie del fossile», ha dichiarato Leonardo di Ultima Generazione.
Quella di imbrattare le opere d’arte e le sedi delle istituzioni è ormai la firma degli attivisti di Ultima Generazione, che nelle scorse settimane ha affrontato 3 arresti per aver imbrattato la facciata di Palazzo Madama, sede del Senato a Roma e un’udienza per sorveglianza speciale. Quest’ultimo ha visto protagonista uno dei portavoce del gruppo, Simone Ficicchia, per il quale il Tribunale di Milano si è riservato 30 giorni per decidere se mettergli la sorveglianza o meno. Nelle carte della procura è considerato un soggetto pericoloso, ma lui ha sempre tenuto a ribadire che «il vero pericolo è nei governi che continuano a investire nei combustili fossili».
(da agenzie)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
LO STILE SOVRANISTA NON SI SMENTISCE MAI… OGNI PAESE HA QUELLO CHE SI MERITA
“Sarò super partes, ma continuerò a fare politica”. Lo aveva detto Ignazio La
Russa quando a ottobre scorso era stato eletto ventunesimo Presidente del Senato della Repubblica.
E infatti entra ed esce dalla sede di Fratelli d’Italia a Roma dove mantiene il suo ufficio e riceve come un qualunque dirigente, esterna sull’attività dell’esecutivo e non fa una piega se la stampa annuncia la sua presenza nei vertici di governo.
Di più: partecipa a eventi di campagna elettorale, come quello organizzato dal suo partito a Milano per lanciare i candidati di FdI e stringere le fila della maggioranza per la corsa alle regionali lombarde. Ma in quale veste si presenta all’appuntamento?
In quella del dirigente di partito o della seconda carica dello Stato? Dopo aver detto la sua sulle sorti dello stadio si San Siro, a domanda risponde: “Parlo da Ignazio La Russa, milanese“. Chiediamo ai familiari. Il figlio Geronimo dice di non sapere. Il fratello Romano, assessore lombardo alla Sicurezza, è più loquace: “E’ qui da persona che da sessant’anni fa politica”. Il mistero s’infittisce, alla faccia della terzietà dell’incarico. Ma c’è anche un problema tecnico: trattandosi di un evento elettorale, cosa scrivere nel sottopancia al momento di montare il servizio? Tocca tornare dal diretto interessato. “Metti quel che cazzo vuoi“, risponde La Russa.
Il tono escluderebbe la seconda carica dello Stato, e invece no: “Qui sono come presidente del Senato”, precisa.
Il tempo di rilanciare sull’opportunità della presenza a un evento elettorale della seconda carica dello Stato e si altera. Dà una manata per afferrare il microfono che cade a terra. Subito si scusa e nega di aver perso le staffe. “Non mi sono arrabbiato, ma devi dirmi se è un’intervista o se stiamo chiacchierando… e allora spegni subito”.
(da il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
“PRIMA SI DICEVA: LO VUOLE L’EUROPA. ORA DICONO: NON POSSIAMO FARLO PERCHÉ L’EUROPA SI DISTACCHEREBBE DA NOI. LE RIFORME? NON SONO IN GRADO DI FARLE. PERCHÉ NON RISPONDONO A UN DISEGNO POLITICO. SONO STRUMENTALIZZAZIONI”
Sostiene Rino Formica: «mai si era visto un governo che nelle sue decisioni negasse del tutto gli impegni assunti durante la campagna elettorale, mai. Ed è un governo di rassegnati. È bastata una timida ribellione dei gestori degli impianti di carburante a fargli dire, vabbe’, rivediamo tutto».
Rino Formica: «Nel giro di 48 ore sono si sono rassegnati davanti alla prima protesta. Tra l’altro una protesta corporativa, la stella del ministro dell’Economia ha avuto l’abilità di negare e di rinnegarsi nel giro di poche ore».
“Il governo porterà il Paese ad una rassegnata acquiescenza verso decisioni sovranazionali: ogni giorno perderemo peso ed importanza. Saremo trascurati e l’unica speranza è che il trattamento sia compassionevole».
I primi tre mesi cosa le suggeriscono?
«Prima si diceva: lo vuole l’Europa. Ora dicono: non possiamo farlo perché l’Europa si distaccherebbe da noi».
Margini finanziari risicati: si rifaranno con le riforme politiche?
«Non sono in grado di farle. Perché sono riforme che non rispondono ad un disegno politico. Sono strumentalizzazioni. Prendiamo il presidenzialismo, servirebbe soltanto ad eliminare un punto di equilibrio come l’attuale Presidente della Repubblica».
Il consenso virtuale dei sondaggi per Meloni è alto: durerà?
«A medio termine non me la sentirei di escludere un governo con una parte della destra e una parte della sinistra. In Italia soluzioni di questo tipo non arrivano per un compromesso politico ma per necessità di sopravvivenza delle nomenclature. E d’altra parte credo che dopo 30 anni sia arrivato il momento di chiarire il non-detto che è alla base della nascita della Seconda Repubblica».
Sarebbe a dire?
«La reciproca legittimazione tra destra e sinistra. Tra marzo e aprile 1993, col voto segreto su Craxi, l’uscita dei ministri del Pds dal governo Ciampi, l’assalto all’Hotel Raphael, le bandiere nere di Buontempo e quelle rosse di Occhetto si salda l’antisocialismo sicuramente presente nella società italiana. E si stringe un patto. La destra riconosce che il suo anticomunismo non si spinge sino a battersi perché i comunisti possano andare al governo e la sinistra, da una parte accetta che il fascismo abbia una legittimità costituzionale, dall’altra si accredita con il moderatismo sociale».
Ora è in campo il Pd: ce la farà a rimettersi in piedi?
«Un partito che si interroga se il segretario debba essere eletto dai militanti o dai cittadini che passano in quel momento davanti ad un computer, è un partito in deperimento».
«I partiti populisti sono morti, ma in Italia il populismo è vivo. La stessa discussione nel Pd cos’ è? Partito o movimento? la sinistra esiste per cambiare sul serio: sul piano politico, sociale e sindacale, altrimenti non ha senso. Per ora non vedo grandi capacità di ripresa in una forza come il Pd ”
(da La Stampa)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
CRESCE IL TIMORE DOPO IL PARERE DI MAGISTRATI E GIURISTI SUL “COLPO DI SPUGNA”
Il governo è preoccupato per gli effetti dell’entrata in vigore della legge
Cartabia. Ogni giorno nei ministeri interessati e anche a Palazzo Chigi arrivano denunce e richieste di aiuto di magistrati e prefetti costretti a liberare scippatori, borseggiatori, sequestratori e perfino mafiosi perché le rispettive vittime non hanno sporto querela.
Le cronache locali sono piene di casi come questi, denunciati negli ultimi giorni anche dal Fatto. Anche Giorgia Meloni è preoccupata: il rischio che la sua immagine di paladina della legalità e della lotta alla mafia venga scalfita aumenta di ora in ora.
Per questo, in attesa di un intervento che il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia, Andrea Delmastro, annuncia “a breve”, ai piani alti del governo circola un dossier tecnico, che il Fatto Quotidiano ha letto, sugli effetti della legge Cartabia tra i cittadini.
Una lista di reati per i quali, in assenza di una querela della vittima, i magistrati dovranno rinunciare alla procedibilità e in molti casi anche alle misure cautelari.
Tra questi ci sono le lesioni personali dolose, il sequestro di persona, la violenza privata, la minaccia, la violazione di domicilio, il furto (anche aggravato), il danneggiamento, ma anche la truffa, la frode informatica, l’appropriazione indebita. Inoltre nel dossier tecnico si ricorda che ci sono tre mesi di tempo per sporgere querela ed evitare la non procedibilità (diventano 6 mesi per i reati contro la libertà sessuale), mentre 20 giorni per confermare le misure cautelari.
Molti di questi sono reati di micro-criminalità che la destra al governo ha sempre voluto combattere: ormai l’applicazione della riforma Cartabia non riguarda più solo tecnicismi giuridici, ma per l’esecutivo sta diventando una questione di ordine pubblico e di sicurezza, ha detto un esponente del governo. Il dossier sta circolando nei ministeri e in queste ore si chiedono pareri a giuristi ed esperti che tutti i giorni, sul territorio, devono applicare il decreto legislativo che ha dato attuazione alla riforma Cartabia.
Per esempio, non è passata inosservata l’intervista che il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, ha concesso a La Nuova Venezia il 7 gennaio scorso: “Dobbiamo augurarci che nel 2023 questa legge venga smantellata e mandata in soffitta perché aiuta solo i delinquenti”, ha detto arrivando addirittura ad appellarsi al buon senso delle vittime chiedendo loro di “sporgere querela”. Una sorta di resa. Come dire: noi abbiamo le mani legate, ci appelliamo al buon senso dei cittadini. Non una dichiarazione da poco visto che non proviene da un magistrato ma da un prefetto che, in quanto tale, è la massima autorità dello Stato in termini di pubblica sicurezza nelle città e che quindi dipende dal ministero dell’Interno.
Ma le critiche alla riforma provengono anche da magistrati e giuristi. Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, un punto di riferimento di Meloni, ieri ha ribadito che la riforma Cartabia “è un disastro, non degna di un Paese civile”. Secondo un giurista, a cui il governo ha chiesto un parere negli ultimi giorni e che si preferisce tenere anonimo, l’entrata in vigore della riforma Cartabia “ha ripercussioni anche sull’ordine pubblico”: “È un disastro – inizia il parere durissimo inviato al governo – la riforma provocherà un’insicurezza e un’impunità che trasformeranno l’Italia in un Paese sudamericano”.
E ancora: “Col pretesto di rendere la giustizia efficiente per scopi di Pnrr, si decide semplicemente di rinunciare a perseguire ab initio una serie di gravi reati che generano timore e pericoli per la collettività”. Alcuni reati predatori come il turista borseggiato, continua il giurista, saranno “depenalizzati de facto”.
Inoltre nel parere si ricorda quanto non sia automatica la querela della persona offesa da reati gravi: “Le vittime saranno sottoposte a minacce per non sporgere querela – si legge nel dossier – e quando la presenteranno saranno sottoposti a minacce successive per ritirarla”. Insomma, è la conclusione del giurista interpellato dal governo, “è il contrario di una riforma che ci si aspetti da un governo di destra liberale: via libera a ladri, persone violente e truffatori, l’impunità è assicurata”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 15th, 2023 Riccardo Fucile
SERVE AD AIUTARE QUEI PAESI CHE IN CASO DI CRISI FINANZIARIA ABBIANO DIFFICOLTÀ A REPERIRE RISORSE
Il Mes non può essere modificato. La doccia gelata sul governo italiano arriva da Bruxelles. Il Meccanismo europeo di Stabilità deve essere approvato così com’ è. L’esecutivo e la maggioranza di Giorgia Meloni avevano chiesto delle correzioni. Ma si tratta ormai di un’intesa che ha fatto troppi passi avanti. Anche perché ormai l’Italia è rimasta l’unico Paese a non averlo ancora ratificato.
Insomma, pensare a questo punto di rimettere in discussione una riforma varata da diverso tempo equivarrebbe a far saltare uno strumento che viene considerato fondamentale nelle situazioni di emergenza. Va infatti ricordato che il Mes consiste nell’evoluzione del famigerato Fondo Salva- Stati e venne introdotto nel 2012 dopo le crisi finanziarie del 2008-2009.
Ora sono in discussione solo alcuni ritocchi. «Gli emendamenti alla riforma del Trattato del Mes – spiegano a Bruxelles in vista dell’Eurogruppo di lunedì prossimo – non saranno negoziati. Dovrà essere ratificato così com’ è. Ovviamente continueremo la discussione su come sviluppare il Mes ma è una discussione che va avanti tutto il tempo e soprattutto partirà solo una volta che sarà completata la ratifica».
Nonostante le proteste italiane, Commissione e vertici dello stesso Mes sono convinti che il nostro Paese alla fine darà il suo voto favorevole. Il contrario, del resto, sarebbe difficile da digerire per i partner e isolerebbe l’Italia dentro l’Unione europea.
L’accordo sulla nuova versione del Mes era stata concordata oltre due anni fa da tutti gli esecutivi della zona euro. Ma a cosa serve questo Meccanismo? Sostanzialmente ad aiutare quei Paesi che in caso di crisi finanziaria abbiano difficoltà a reperire risorse. La dotazione del Mes è di oltre 700 miliardi, di cui oltre 100 sono a carico del nostro Paese (al momento però ne sono stati versati solo 14). È evidente che sono previste delle condizioni per concedere gli aiuti. Ma non esiste una procedura automatica di ristrutturazione del debito come di tanto in tanto si lamentano gli esponenti della maggioranza
Poi c’è il capitolo sanitario. Una delle modifiche introdotte concerne la possibilità di chiedere prestiti esclusivamente per interventi nel campo sanitario. L’unica condizione è proprio che questi soldi vanno spesi in questo settore. Per l’Italia si tratterebbe di 37 miliardi con un tasso di interesse molto basso
(da La Repubblica)
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