Marzo 1st, 2023 Riccardo Fucile
I MORTI ACCERTATI FINORA SONO 67, L’ULTIMA E’ UNA BAMBINA, OGGI LA CAMERA ARDENTE
È salito a 67 il bilancio ufficiale dei morti del naufragio di Crotone. L’ultimo corpo a essere recuperato nelle scorse ore è quello di una bambina. La salma sarà trasferita al Palamilone dove oggi è aperta la camera ardente per rendere omaggio ai migranti deceduti in seguito alla tragedia verificatasi nella notte tra sabato 25 e domenica 26 febbraio.
Presenti anche molti parenti delle vittime, che piangono e si disperano per la perdita dei propri cari. Alcuni sono arrivati in Calabria direttamente dalla Germania, dove c’è una grossa comunità di afghani.
Al momento tra i morti ci sono 16 minori ed è stata ricostruita l’identità di 28 salme: si tratta di 25 afghani, un pakistano, un palestinese e un siriano. In giornata è previsto anche un momento di preghiera.
Presente al Palasport anche l’Imam di Crotone che ha dichiarato: “Io sono marocchino, ma l’Islam è un’unica grande famiglia, abbiamo un unico Dio. Grazie a tutti”.
“In questo momento quello che unisce è molto più forte di quello che divide – ha detto il Vescovo di Crotone, Monsignor Angelo Panzetta, anche lui alla camera ardente al Palasport -. Ci unisce la fraternità, la dignità umana, la fede nell’unico Signore. La sera prima della tragedia ero in visita pastorale in un piccolo centro del crotonese e ho incontrato un gruppo di circa 20 migranti che in una comunità di accoglienza stanno imparando l’italiano e l’integrazione: è questa la speranza. Dobbiamo puntare all’accoglienza e alla convivenza delle differenze”.
Le indagini sulla strage dei migranti
Intanto, continuano pure le indagini per capire cosa abbia provocato il naufragio e soprattutto cosa è successo per quanto riguarda la catena dei soccorsi. Secondo il procuratore capo di Crotone Giuseppe Capoccia, “nessuno ha mai dichiarato un evento Sar per questo barcone e quindi non è mai partita un’operazione di ricerca e soccorso. Ricostruiremo tutto ma mi fa rabbia, come padre di famiglia, come cittadino, pensare che forse qualcosa si poteva fare per salvare quelle persone”, ha detto in un’intervista a La Repubblica.
Per Capoccia “sta venendo fuori un sistema smagliato, probabilmente in perfetta buona fede, dove ciascuno fa il suo, ma che alla fine si traduce in un ‘vado io, vai tu’ che può portare a situazioni tragiche come questa. Ricostruiremo punto per punto ogni momento, perché è nostro dovere dare risposte alle famiglie delle vittime, al Paese”.
Al momento “siamo travolti dalle informazioni, ora dopo ora stiamo acquisendo documenti e testimonianze. Non so bene quale sia il mandato di Frontex, chi siano o chi dovrebbero essere i destinatari delle loro informazioni, non so neanche se i mezzi della Guardia di finanza che sono usciti in mare alla ricerca del barcone lo abbiano visto, agganciato con un radar, o non lo abbiano proprio trovato. Tutte risposte che attendo nelle prossime ore”.
Ciò che è certo, ha detto il procuratore, è che “da Frontex sabato sera è arrivata la comunicazione che quell’imbarcazione avvistata a 40 miglia dalle coste calabresi navigava a sei nodi senza problemi, e che da Roma è arrivata la decisione di far uscire i mezzi della Guardia di finanza per un’attività di repressione reati e non di soccorso”.
A chi gli ha chiesto perché non sono usciti in mare quella notte il comandante della Guardia costiera Aloi ha risposto: “Dovreste conoscere i piani, gli accordi che ci sono a livello ministeriale. Le nostre regole di ingaggio sono una ricostruzione molto complessa non da fare per articoli di stampa. Ci sarebbe bisogno di specificare molte cose su come funziona il dispositivo per il plottaggio dei migranti, da che arrivano nelle acque territoriali a che poi debbano essere scortati o accolti: le operazioni le conduce la Gdf finchè non diventano Sar. In questo caso la dinamica è da verificare”.
(da Fanpage)
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Marzo 1st, 2023 Riccardo Fucile
“MIO MARITO E’ STATO UCCISO DAI TALEBANI E SONO DOVUTA FUGGIRE DALL’AFGHANISTAN PER PROTEGGERE I MIEI TRE FIGLI”
L’Italia doveva essere solo un luogo di passaggio, voleva raggiungere la
Germania dove iniziare una nuova vita con i suoi figli dopo che i talebani avevano ucciso il marito ma la speranza di Leila, madre afghana di tre minori, si è infranta tragicamente domenica notte davanti alle coste della Calabria dove il barcone carico di migranti su cui si trovava si è schiantato contro gli scogli a Cutro causando decine di morti tra cui le due figlie della donna.
“Mio marito è stato ucciso dai talebani e io sono dovuta fuggire dall’Afghanistan per proteggere i miei tre figli ma non avrei mai pensato di vedere morire sotto i miei occhi le mie bambine” ha raccontato all’Adnkronos la donna in lacrime dall’ospedale di Crotone, dove è ricoverata insieme all’unico sopravvissuto della sua famiglia oltre a lei, il figlio di 10 anni. L’Italia nei suoi occhi sarà ora per sempre il luogo che ha portato via le due figlie, Mariam di 17 anni e la piccola Niyayesh di 7 anni.
Un dolore immenso, reso ancora più terribile dall’impossibilità di trovare il corpicino della piccola di famiglia, considerata ancora tra i dispersi della tragedia. “Mi spiace dirlo ma non ci hanno aiutato. Sono arrivati e per almeno venti minuti non hanno fatto nulla perché non avevano i mezzi per aiutarci, nel frattempo le mie figlie sono annegate. Ho provato a salvarle ma il mare me le ha strappate dalle mani” è la drammatica ricostruzione di quei terribili momenti.
“Mia zia voleva raggiungere me in Germania non voleva restare in Italia, potete dirlo ai politici. Voleva solo raggiungere i miei familiari in Germania” ha raccontato il nipote della donna che si è precipitato nel lungo viaggio dal Nord Europa al sud Italia per raggiungerla dopo essere stato avvertito della tragedia.
L’uomo aveva ricevuto una prima chiamata alle 3.40 di domenica in cui la donna lo aveva rassicurato che erano in vista dell’Italia. La mattina dopo la scoperta del dramma: “Mi ha chiamata alle 10.45 gridando dalla disperazione ‘Le mie bambine sono morte!’”.
(da Fanpage)
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Marzo 1st, 2023 Riccardo Fucile
DALLA PRIMA SEGNALAZIONE DI FRONTEX AL NAUFRAGIO DELLA BARCA SONO PASSATE MOLTE ORE… LA GUARDIA COSTIERA E’ STATA ATTIVATA SOLO DOPO IL NAUFRAGIO
Il naufragio di Crotone che ha portato alla morte di 66 persone migranti, tra cui 14 bambini, è avvenuto nella notte tra sabato 25 e domenica 26 febbraio. Nei giorni successivi, sono arrivate le reazioni della politica – anche con le frasi controverse del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – e delle organizzazioni umanitarie. Non è stato immediatamente chiaro come si fossero svolte le operazioni di salvataggio: il governo Meloni ha ribadito più volte che “non c’è stato alcun ritardo” nei soccorsi, ma dalle ricostruzioni sembra che la questione sia più complessa.
Quando è arrivata la prima segnalazione e perché non sono partiti i soccorsi
La barca che portava a bordo circa duecento persone migranti è partito nella notte tra il 21 e il 22 febbraio da Cesme (Smirne), in Turchia. Dopo tre giorni, attorno alle ore 22 di sabato 25 febbraio, un aereo di Frontex l’ha intercettata a circa 40 miglia dalle coste italiane.
Frontex è l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e, per regola, non interviene nei soccorsi ma segnala le imbarcazioni alle autorità competenti.
Secondo le ricostruzioni, verso le 22 di sabato Frontex ha avvisato diverse autorità di polizia che compongono l’Internation coordination centre. Tra queste c’è anche la Guardia di finanza italiana. Non c’è, invece, la Guardia costiera, come comunque è stata messa in copia. Secondo quanto comunicato dalla Guardia costiera, la segnalazione di Frontex parlava di una imbarcazione che navigava “regolarmente” e che si trovava “in buone condizioni di galleggiabilità, con una persona sola visibile sulla coperta”. Frontex, però, ha detto tramite un suo portavoce di aver segnalato anche “possibili altre persone sottocoperta”, individuate grazie ai suoi sensori termici, e “nessun giubbotto di salvataggio visibile”. In più, ha riscontrato che a bordo c’era anche un telefono in contatto con la Turchia. Era evidente, quindi, che si trattasse di traffico di persone migranti.
Dopo aver lanciato la segnalazione, però, l’aereo di Frontex non ha seguito l’imbarcazione ma è tornato alla base, perché non aveva abbastanza carburante. Da parte sua, la Guardia costiera non è intervenuta perché la Guardia di finanza aveva già annunciato un suo intervento.
Questo sarebbe, secondo le ricostruzioni disponibili finora, un punto cruciale: a segutio della segnalazione di Frontex non si sarebbero attivate operazioni di Sar, ricerca e salvataggio, ma solo una missione per intercettare i trafficanti.
La Guardia costiera attivata solo dopo il naufragio
La Guardia di finanza ha inviato la Vedetta V5006 da Crotone e il Pattugliatore veloce PV6 Barbarisi da Taranto. Per le condizioni meteo, le due vedette non sono riuscite a raggiungere la barca, e si sono attivate le ricerche a terra: ci si aspettava, sostanzialmente, che l’imbarcazione sarebbe riuscita ad arrivare sulla costa e lì si sarebbero potuti intercettare scafisti e migranti.
La Guardia costiera, però, ha a sua disposizione delle motovedette dette Classe 300, che sono specializzate nel soccorso di persone e possono affrontare un mare anche fino a forza 8.
Visto che non è stata attivata una missione di ricerca e salvataggio, però, quelle navi non sono mai partite. Circa sette ore dopo la segnalazione di Frontex, la barca è naufragata vicino alle coste di Steccato di Cutro. È stato il secondo naufragio più letale nella storia recente italiana, dopo quello del 3 ottobre 2013 dove al largo delle coste di Lampedusa morirono 368 persone migranti. Anche se, ovviamente, si tratta solo dei morti che si riescono a registrare.
Solo dopo il naufragio, attorno alle 4.30, sarebbe arrivata alla Guardia costiera una “informazione di emergenza”, la prima, anche dai Carabinieri che stavano pattugliando le coste in attesa dello sbarco.
Solo dopo le segnalazioni telefoniche si sono attivate le operazioni di soccorso, ma era evidentemente troppo tardi.
(da Fanpage)
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