Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
SI AGGRAVANO LE CONDIZIONI DI SALUTE DELL’ANARCHICO TRATTENUTO ANCORA AL 41 BIS, NONOSTANTE PARERI CONTRARI
Alfredo Cospito ha riferito al medico della difesa che oggi lo ha visitato di “aver avvertito un tremore alla mano e di aver avvisato la guardia. Dopo dieci minuti sono arrivati l’infermiera e il medico urlando e dicendo che avevano visto dal monitoraggio un problema al cuore. Erano molto preoccupati, stava morendo. Ha visto un foglio su cui c’era il tracciato del cuore con un grosso sbalzo. Poi la situazione è rientrata e si è stabilizzata”
È quanto riferisce il medico della difesa all’avvocato di Alfredo Cospito, Flavio Rossi Albertini. “Quando ha avuto questa crisi cardiaca gli è stato somministrato del potassio in vena, con grande preoccupazione da parte dei medici – è stato riportato – Alfredo ha aggiunto di avere visto un foglio col tracciato del cuore da cui si vedeva un grosso sbalzo. Poi la situazione è rientrata e si è stabilizzata”.
Il medico ha aggiunto che l’anarchico in sciopero della fame da oltre quattro mesi ieri ha fatto un esame strumentale e “i medici dicono che rischia paralisi per tutta la vita. Danni irreversibili potrebbero essere già intervenuti e non è detto che recuperi le funzionalità che aveva prima”. Negli ultimi giorni, sempre stando a quanto riferito da fonti della difesa, Cospito fatica a camminare a causa di un problema al piedo dovuto alla carenza di vitamine.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
HA DELEGATO CARLO CALENDA COME LEADER FANTOCCIO DEL TERZO POLO E, DOPO LE EUROPEE DEL 2024, TORNERÀ A BRIGARE PER LE SUE TRAME DI PALAZZO
Niente tv. Poche apparizioni in pubblico. Interventi in Senato al
dosaggio del sale: solo quanto basta. È una vita da mediano la second life di Matteo Renzi. Dacché dieci anni orsono apparve sul proscenio della politica nazionale, l’ex sindaco di Firenze è stato (quasi) sempre al governo: per farli o disfarli. Ora no. La vittoria schiacciante di FdI ha azzerato ogni margine di manovra. Uniche consolazioni i chilometri di corsa macinati ogni giorno per prepararsi alla mezza maratona di Milano e il business da conferenziere in giro per il mondo, sotto le insegne di Bin Salman e del Rinascimento arabo, ma anche di fondazioni e università straniere. Zurigo e Francoforte, le ultime tappe, passando per la Thailandia e Abu Dhabi.
Due milioni e mezzo dichiarati nel 2022 e fatturato in crescita per il 2023. È stata sua moglie Agnese a svelare il paradosso: “Ti pagano per fare discorsi ai quattro angoli del pianeta, ma dovrebbero pagare me che ti ascolto gratis da trent’anni” Basta talk, non ci sono grandi cose da dire al momento, l’ordine impartito allo staff è declinare tutti gli inviti. Bisogna aspettare che la luna di miele passi, è la sua tesi: quella di Giorgia Meloni con il Paese, ma pure di Elly Schlein con il popolo di centrosinistra. Convinto, il senatore di Rignano, che nell’un caso e nell’altro sia solo una questione di tempo.
Pronto a (ri)discendere in campo quando il sistema franerà: dopo le Europee, è la scommessa. Allorché alla maggioranza sovranista servirà un tagliando per proseguire e la minoranza progressista realizzerà che l’asse Dem-5S, ormai radicalizzato, da solo non basta a farsi alternativa di governo. È allora che Renzi tornerà in scena §
La politica praticata nell’ombra perciò a Carlo Calenda ha delegato la leadership del Terzo polo e relativa ribalta mediatica, piantando però dei paletti precisi per evitare che il compagno di viaggio si allarghi troppo. Come invece ha fatto lui, cannibalizzando il consenso della piccola federazione centrista: non è una fatalità se su cinque consiglieri eletti in Lombardia e Lazio quattro sono di Iv e uno soltanto di Azione; né che la falange parlamentare risponda in prevalenza a Renzi, anziché al già ministro dello Sviluppo
Il risultato è una convivenza stile Casa Vianello: “Io e Matteo non siamo amici, facciamo un percorso politico perché condividiamo alcune cose”, ha chiarito di recente Calenda, “in politica non esistono gli amici”. Asprezze e divergenze, anche caratteriali, che tuttavia non sembrano turbare Renzi. Anzi.
A fine mese volerà a Miami per fare da speaker a una convention del Future Investment Institute di Riad, controllato dal fondo sovrano saudita nel cui board già siede (a 80mila dollari l’anno).
Subito dopo terrà un corso alla Stanford di Firenze e un altro l’ha appena concluso per la New York University negli Emirati.
Relazioni che potranno tornare utili quando, il capo di Iv ne è sicuro, riprenderà a dare le carte. Senza escludere nulla: né un’intesa con il Pd di Elly Schlein che fra un anno — è la previsione — avrà assorbito la sinistra di Fratoianni e ridotto a brandelli i 5Stelle di Conte, ma neppure un Meloni bis con dentro lui e i nuovi riformisti. Nel 2024 tutto può succedere.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
CON I TASSI DI INTERESSE ATTUALI, IL 18,6% DEI MUTUATARI CHE LO SCORSO ANNO HANNO CHIESTO IL FINANZIAMENTO, OGGI NON AVREBBE I REQUISITI PER SODDISFARE IL RAPPORTO TRA RATA E REDDITO
Per comprare la stessa casa tramite mutuo oggi serve un reddito più alto del 27% rispetto a dodici mesi fa. E’ quanto emerge da un’analisi di Facile.it che indica come, con i tassi di interesse attuali, il 18,6% dei mutuatari che lo scorso anno hanno chiesto il finanziamento oggi non avrebbe i requisiti per presentare domanda, , vale a dire non soddisferebbe il rapporto tra rata e reddito (normalmente pari a circa uno a tre) usato dalle banche come criterio di selezione.
Guardando al rapporto rata/reddito dei mutuatari che hanno chiesto un mutuo a febbraio 2022, Facile.it ha stimato che, a parità di importo, con i tassi attuali quasi uno su cinque di quei richiedenti non sarebbe riuscito ad ottenere il finanziamento. Questa quota “potrebbe salire ulteriormente nei prossimi mesi se i tassi continueranno ad aumentare”, si legge nello studio.
“Guardando ad esempio ai migliori tassi disponibili online, a febbraio 2022 la rata mensile di un mutuo standard a tasso fisso (126.000 euro al 70% da restituire in 25 anni) era pari a 482 euro; questo significa che il richiedente, per ottenere il finanziamento, doveva avere un reddito netto mensile disponibile pari ad almeno 1.450 euro. Oggi, per lo stesso finanziamento, la miglior rata mensile è pari a 615 euro e il richiedente, per ottenere il mutuo, dovrebbe avere un reddito disponibile di almeno 1.845 euro, il 27% più alto rispetto allo scorso anno”, continua il testo. L’alternativa è quella di orientarsi su importi più contenuti o allungare la durata del finanziamento.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
ANCHE NELLA CHIAMATA CON SCHOLZ IL FOCUS SONO STATI GLI AIUTI A KIEV: E LA PREMIER ITALIANA INTANTO PROVA A COINVOLGERE GLI USA PER RISOLVERE LA CRISI IN TUNISIA
Giorgia Meloni ha un appuntamento segnato con grande evidenza
sulla propria agenda: il Consiglio europeo di giovedì prossimo. Per la premier è il momento in cui, in teoria, andrebbe fatto un salto di qualità sui temi dell’immigrazione e del Patto di stabilità. Potrebbe restare delusa.
Questa è l’impressione che si ha osservando l’enfasi con la quale la Commissione e il Consiglio stanno ponendo l’accento sulla questione internazionale: a Bruxelles verrà dato un segnale politico e sarà ribadito con forza il sostegno all’Ucraina
Le priorità dell’Italia saranno chiare nel discorso che oggi la presidente del Consiglio pronuncerà in Senato e domani alla Camera. Ma sono già state sintetizzate nel comunicato diffuso al termine della telefonata, di circa mezz’ora, con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Palazzo Chigi teme che il vertice possa portare pochi risultati rispetto alle aspettative generate con l’ultimo Consiglio di febbraio. La convinzione è che sia la Commissione a temporeggiare, nel tentativo complicato di cercare un equilibrio tra le esigenze dei diversi Paesi. L’obiettivo che si pone la premier, adesso, è di aumentare le pressioni sulla presidente dell’esecutivo Ue Ursula von der Leyen, con il seguente ragionamento: «Le richieste della Germania sugli aiuti di Stato sono state esaudite, ora tocca a noi sull’immigrazione. Servono misure concrete».
Per preparare il summit, Von der Leyen ha inviato una lettera a tutti i leader europei. Nel lungo elenco di iniziative proposte c’è un po’ di tutto, dunque sarebbe stato impossibile non trovare passaggi apprezzabili anche per il governo italiano. Piace, ad esempio, che vengano citati il sostegno economico di 200 milioni per l’accoglienza e l’«accelerazione dell’attuazione del meccanismo volontario di solidarietà per i ricollocamenti dei migranti», nonostante la redistribuzione venisse un tempo osteggiata da Fratelli d’Italia.
A Bruxelles, Meloni insisterà ancora sulla difesa dei confini esterni dell’Unione per intervenire sui movimenti primari e di conseguenza su quelli secondari. I segnali che arrivano, però, indicano che la strada sarà in salita: il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha impostato la riunione dando molto risalto ai temi di politica estera, l’Ucraina, e di politica economica, la riforma del Patto di stabilità e crescita
Il tema migranti, almeno secondo l’agenda, verrà esaurito con la relazione di Von der Leyen che farà il punto sulle richieste che il Consiglio aveva avanzato a febbraio, anticipate in parte dalla lettera di ieri.
Sarà compito di Meloni tentare di spostare il negoziato sugli impegni concreti che dovrà assumere la Commissione. L’Italia continuerà a porre l’attenzione sulla Tunisia. Il Paese nordafricano vive una profonda crisi politica e finanziaria. Il prestito del Fondo monetario internazionale è congelato e senza quei soldi (1, 9 miliardi) il governo non riuscirà a evitare un default che ha conseguenze dirette sulle partenze dei migranti.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
TUTTE LE DEBOLEZZE DI PUTIN DAVANTI A XI JINPING
La volontà di Putin di ridisegnare il mondo si è scontrata con la fragilità della potenza russa, con i piedi d’argilla del suo esercito, con l’aver sovrastimato la dipendenza occidentale per l’energia russa. A un anno dall’inizio della guerra, il ruolo di Putin nel mondo è cambiato.
Sebbene sia stato il presidente russo a dettare la linea, a raccontare come intendeva costruirlo, questo nuovo mondo, a fissare le basi ideologiche, la sua fragilità lo sta mettendo nelle mani della Cina – da ideologo a scagnozzo – e il caos scaturito dalla guerra avvantaggia più Pechino che Mosca.
Il primo segnale di debolezza invece è arrivato dalla pubblicazione dell’editoriale di Xi Jinping sulla Rossijskaja Gazeta, presentava molti errori e alcuni linguisti hanno notato come probabilmente non soltanto era stato tradotto non da un madrelingua russo, ma la redazione della Rossijskaja Gazeta non aveva neppure potuto metterci le mani per correggere errori grammaticali o di sintassi.
Un segnale di sfiducia linguistica e diplomatica. Putin ha detto di essere interessato al piano di pace proposto dalla Cina, suggerendo che è sempre interessato a ogni idea per la fine del conflitto. Questo è un ritornello che ripete da quando ha iniziato la guerra, vuole dire che sono gli ucraini i refrattari alla pace, ma il piano cinese è molto sproporzionato a suo favore, è il contentino che la Cina vuole dare a Mosca e che le serve anche per aumentare il suo potere politico.
In Russia la Cina è vista come un alleato poco sicuro, l’unico e il più potente possibile in questo momento, ma non sfugge alla politica ormai rimasta senza parole e senza coraggio il grande rischio di diventare dipendenti da Pechino.
Putin ha accolto Xi alla pari mentre rischia di rimanerne divorato, di lasciare nelle mani di Pechino un posto in prima fila nel mondo che lui ha messo a soqquadro. La Russia in guerra fa fatica, ha bisogno di un alleato potente, con il quale si potrebbe ritrovare a fare la lotta a chi è più rapace.
(da Il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
MILITANTI DELUSI, EUROPEISTI CONVINTI E ATTIVISTI PRONTI A COMBATTERE LE BATTAGLIE DIMENTICATE DALLA SINISTRA IMBORGHESITA
È una domenica primaverile nel rione del Pratello, a Bologna
Claudio, 29enne siciliano emigrato in città nel 2013 per motivi di studio, passeggia sulla strada porticata del centro storico ed entra nel circolo del Pd Muzzi-Bandiera, al civico 90, tra i più attivi nella promozione della mozione Schlein, dove si respira ancora aria di festa.
«Sono felicissimo, quando ha vinto non ci potevo credere!», dice a Mery De Martino, 30 anni, consigliera comunale eletta all’Assemblea Nazionale dem nella lista di Schlein a Bologna e rappresentante del circolo.
Entrambi ricordano quando hanno conosciuto la neo segretaria all’interno del movimento federalista europeo, fondato da Altiero Spinelli nel 1943, «quando gli Stati erano ancora in guerra ma Spinelli già pensava alla pace, sapendo che per mantenerla era necessario creare una vera e propria federazione: un’unione politica, non solo economica», spiega De Martino. «Adesso si è formata solo quella economica, ma senza quella politica all’Europa manca una gamba», continua il 29enne. Ora spera che Schlein porti la causa dei federalisti europei «su un tavolo politico nazionale in modo serio» e per questo, pur non avendo la tessera del Pd e non occupandosi di politica da alcuni anni, l’ha votata. La sua vittoria, oggi, gli sembra “un sogno”.
Anche per De Martino l’elezione della 37enne appare come un sogno, coltivato da quando l’aveva conosciuta per la prima volta nel 2014 a ridosso delle elezioni europee. «Diceva parole molto chiare, che all’epoca andavano poco di moda, contro i governi delle larghe intese, per i diritti delle persone Lgbtqi+ e contro ogni forma di precariato. Le dissi che se l’avessero candidata mi sarei volentieri impegnata per la sua candidatura. E così è stato. Quando è uscita dal Pd io avevo iniziato la mia militanza a Bologna e non l’ho seguita, ma mi è dispiaciuto molto. Chi mi conosce sa che in cuor mio speravo diventasse la nuova leader dem», racconta seduta sul divano mentre guarda la fotografia in bianco e nero della partigiana Irma Bandiera che campeggia su una parete dipinta di rosso in un pantheon di notabili: Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Che Guevara, Enrico Berlinguer e Aldo Moro.
«Hanno voluto rappresentare entrambi perché il Pd viene da una tradizione di sinistra ed ex democristiana. Io sono arrivata dopo e ho rispettato la scelta», spiega. Ma la figura che preferisce è quella della partigiana bolognese, «combattente e leale con i compagni».
Scelta da Schlein come capolista all’Assemblea Nazionale a Bologna contro logiche di partito che fino a qualche mese prima l’avevano messa in minoranza, De Martino negli ultimi anni ha cercato di aprire la sede alle realtà della società civile che difendevano cause specifiche e ai giovani lontani dal Pd, ospitando all’interno del circolo le riunioni del movimento federalista europeo, l’associazione Refugees Welcome, manifestazioni ed eventi culturali aperti ai non iscritti, tra cui lezioni di poesia tenute da giovani scrittori e un contest letterario.
A guidare la 30enne una poesia di Edoardo Sanguineti, “la politica delle cose e delle parole quotidiane” che nella sua visione dovrebbe affiancare i metodi tradizionali di militanza: un modello a cui prova tutt’ora a dar vigore e di cui vede in Elly Schlein la perfetta interprete.
Campagna alternativa
Insieme agli altri iscritti ha organizzato la campagna elettorale in favore della candidata in modo innovativo, con gli “AperitivElly”, che univano alla classica assemblea del mercoledì momenti ricreativi in cui però «si finiva a parlare di politica» insieme a dirigenti e rappresentanti che potevano dare a quei dibattiti informali una voce nei tavoli istituzionali. L’idea, racconta Mery, è venuta al suo compagno di banco di Palazzo D’Accursio, l’ex sardina e attuale consigliere comunale Mattia Santori, che ha preso la tessera del Pd a ridosso della campagna di Elly Schlein nel circolo Muzzi-Bandiera e che è stato eletto insieme a De Martino all’Assemblea Nazionale, realizzando quello che con il suo movimento non era riuscito a fare dopo le elezioni in Emilia Romagna: allargare la base dem e far sì che il malcontento emerso nelle piazze fosse preso in carico dal Pd.
Le ex sardine
La vittoria di domenica 26 febbraio sembra riannodare il filo di quella storia. La rete di giovani che si era ritrovata e riconosciuta per criticare la destra guidata da Matteo Salvini e la sinistra incapace di proporre un’alternativa sotto la sigla delle sardine ha continuato a tessere relazioni. Molte di esse si sono riallacciate attorno alla figura di Elly Schlein, che in questi anni non ha mai perso di vista gli attivisti incontrati durante la campagna elettorale per le regionali che l’avevano eletta vicepresidente.
Edoardo Carli, 27 anni e originario di Prato, aveva coordinato il movimento in Toscana, ma della politica non era un parvenu: ex militante di Sinistra Ecologia e Libertà con Nichi Vendola, iscritto al Pd dal 2019 dopo l’elezione a segretario di Nicola Zingaretti, oggi si è ritrovato a sostenere la mozione Schlein al fianco di Marco Furfaro ed Emiliano Fossi insieme ad altre ex sardine anche perché ha capito che la sua visione avrebbe portato il cambiamento mancato di tre anni fa.
«Non so quanto sia stato considerato un errore non far entrare le sardine nel Pd all’epoca, ma tanti dei compagni venivano dal mondo fuori, e siamo stati lungimiranti perché avevamo interpretato correttamente il cambiamento. Il Pd doveva aprirsi alla società civile ma più che altro doveva essere chiamato ad ascoltare le persone. Un’apertura in questo senso, verso le persone che vivono una quotidianità distante dalla politica. Io penso che il Pd debba tornare a fare questo, a interpretare le necessità delle persone per poi promuovere una serie di politiche attive che servono a migliorare la condizione materiale della loro vita», dice a TPI Carli, che ha animato la campagna elettorale al circolo La Libertà a Viaccia, storico quartiere di sinistra di Prato.
Politica “à la carte”
I giovani che hanno contribuito alla sorprendente vittoria di Elly Schlein ribaltando il voto fuoriuscito dalla maggior parte dei circoli sono militanti di sinistra appassionati all’idea di Europa e fiduciosi in un partito plurale che torni a vincere mettendosi in ascolto della gente comune, under 35 interessati alla cosa pubblica e delusi dai partiti, ma anche attivisti attratti da una politica “à la carte” che difende cause specifiche. Molti non iscritti hanno visto in Schlein la possibilità di vincere le proprie battaglie attraverso il Pd nonostante non l’avessero mai votato prima. Dai diritti Lbtqi+ ai soccorsi dei migranti in mare, dalla transizione ecologica alla legalizzazione delle droghe leggere, Schlein su questi temi ha parlato chiaro.
«Tutti hanno evidenziato che è la prima donna più giovane a guidare il Pd, io dico che è la prima dichiaratamente anti proibizionista, e scusate se è poco», commenta a TPI Antonella Soldo, portavoce di Meglio Legale, associazione di promozione sociale che si occupa della legalizzazione della cannabis e della decriminalizzazione dell’uso di altre sostanze.
Soldo fa fatica a scordare le parole dello sfidante di Schlein al Nazareno, Stefano Bonaccini, che aveva criticato Mattia Santori per aver dichiarato di coltivare cannabis in casa perché «i cambiamenti vanno fatti nelle istituzioni». Con l’elezione di Schlein, che si è apertamente dichiarata a favore della legalizzazione guadagnandosi un post di auguri sulla pagina Instagram dell’associazione di 67mila followers, spera di trovare in Parlamento una sponda più ampia, dopo la resistenza incontrata nella scorsa legislatura all’interno dello stesso Pd.
Con alcune eccezioni, tra cui proprio i nuovi volti del cerchio magico di Schlein, da Furfaro a Chiara Gribaudo. Per questo insieme ad altri sostenitori della causa di Meglio Legale – che da associazione trans partitica ha salutato con favore anche l’elezione di un altro antiproibizionista, Riccardo Magi, alla segreteria di +Europa – ha votato alle primarie dem per la prima volta.
La chiave di Schlein agli occhi degli attivisti lontani dalla politica tout-court resta il linguaggio: le prese di posizione e le parole nette.
«In tutti questi anni abbiamo sentito che non si poteva fare un Pd che dicesse cose troppo di sinistra e troppo nette sui diritti, e ci siamo ritrovati ad avere al governo un partito di estrema destra che dice cose estreme sui diritti e una segretaria eletta perché dice cose nette anche sulla legalizzazione», conclude Soldo.
Gli attivisti per il clima
L’enfasi sulla transizione ecologica ha prodotto lo stesso effetto sui tanti giovani che in questi anni hanno riempito i cortei per protestare contro i cambiamenti climatici. E anche i Fridays for Future, che non hanno espresso endorsement in favore di Schlein, hanno accolto con cauto entusiasmo la sua elezione.
«Senza dubbio le persone che in passato si sono avvicinate al nostro movimento l’hanno votata», commenta a TPI Marco Modugno, studente di scienze politiche di 20 anni e portavoce nazionale. «Schlein ha vinto grazie a un programma e a un modo di parlare vicino alla nostra sensibilità, ha usato non a caso gli stessi termini che usano i movimenti, ha portato qualcosa che non si vede altrove e non si vede in Bonaccini. Il suo modo di fare ha toccato questa generazione che sa di non essere rappresentata. Il fatto che questo sforzo venga da una persona giovane, non solo nel senso anagrafico ma di esperienza di partito per la sua storia interna, ha fatto meglio di qualsiasi retorica da rottamatore, che infatti Schlein non ha utilizzato», prosegue Modugno. Ma lo scetticismo verso i dem resta, e la neo segretaria rimane un’osservata speciale. «Il Pd resta il Pd. Il partito ha fatto errori sia in campo sociale che climatico, mostrando un’attenzione infima verso il clima», conclude.
(da TPI)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL RITORNO DI ITALO BOCCHINO, IL GAGA’ DELLA DESTRA ITALIANA
La fine apparente del berlusconismo e ancor più il declino reale di Fini hanno comportato l’avvilente scomparsa mediatica di Italo Bocchino. Di colpo, il gagà della destra italiana passò da un’onnipresenza politica (nonché gossippara e talora giudiziaria) all’assenza. Tutti ce ne dolemmo. Poi, finalmente, il ritorno.
Oddio, ritorno: in realtà, con quello di ieri, il Bocchino odierno c’entra poco. Non a caso, quando qualcuno (pochi) gli fa notare come la pensasse nel 2010 su Berlusconi e Meloni, ovvero negli anni in cui era più finiano di Fini, lui cade dal pero e cambia subito discorso.
L’ascesa di Donna Giorgia ha rispalancato le porte dei talk show di punta a questo disinvolto e querulo 56enne venditore di fumo propagandistico. Se c’è da difendere l’indifendibile, ovvero Meloni e il suo governaccio di peracottari quando va bene e fascistelli quando va male, Bocchino scatta sull’attenti e parte col mirror climbing. La sua qualifica ufficiale è quella di direttore del Secolo d’Italia, spietato organuccio ufficiale di Fratelli d’Italia, attraverso il quale Bocchino manganella qualsivoglia oppositore .
Parlantina mediamente fluida e propensione logorroica assai, Bocchino preferisce frequentare i talk show non certo di destra per tre motivi: perché è un uomo intelligente; perché è un uomo vanitoso (e dunque va dove si fanno più ascolti); e perché ama recitare la parte del martire, l’unico di destra in un salotto (secondo lui) di sinistra o peggio ancora grillino.
È allora che Bocchino, tra una supercazzola di sette ore e una perifrastica chilometrica prematurata con scappellamento a destra, parte con il solito “Sì, ma mi faccia parlare, qua sono in minoranza, non siete democratici!”.
Tutto quello che ha fatto in passato è ovviamente passato in cavalleria. Il finismo, le relazioni con Mara Carfagna e Sabina Began, le archiviazioni (partecipazione in associazione a delinquere e concorso in turbativa d’asta nel caso Global Service del 2009), i 2 miliardi e 400 milioni di lire ricevuti per il quotidiano napoletano Roma nel 2001 dalla Finbroker (fatto non penalmente rilevante) e l’inchiesta Consip (prosciolto dalle tre accuse più gravi, è stato rinviato a giudizio per traffico di influenze illecite).
Tutto dimenticato: il Bocchino iper-meloniano è come nuovo. Qualcuno lo critica per i capelli forse tinti. Chi lo fa sbaglia, non tanto perché continuare a pensare nel 2023 che solo le donne possano (o addirittura debbano) tingersi è da citrulli, ma – più che altro – perché i capelli di Bocchino non sono tinti: sono nerissimi come presa di posizione ideologico-tricologica. Se Bocchino avesse anche solo un capello bianco, si sentirebbe molle come Gentiloni e andrebbe come minimo in analisi. Lui si sente il Farinacci del nuovo millennio, mica può esibire debolezze. Ogni giorno si dimena come un ossesso per tamponare tutte le falle di questo esecutivo di scappati di casa.
Italo Balb… (ah no, scusate: Bocchino) agisce sempre nello stesso modo. Arriva in studio. Fa i complimenti a tutti i presenti (sperando di fargli abbassare la guardia). Butta là qualche battuta per sembrare simpatico. E poi crivella senza pietà. O almeno ci prova.
Venerdì, ad Accordi & Disaccordi, ha detto: “Che voto darei da 1 a 10 a Meloni? 11! E al suo governo 10,9”. Capite bene che uno che dà 10,9 a Roccella, Mollicone, Donzelli e Valditara è capace di tutto.
Non avendo freni né ritegno, nulla lo può fermare. Se non l’onestà intellettuale, che però ha meno voti di Renzi.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
“TANTI SALVATAGGI SENZA ALERT, PERCHE’ STAVOLTA NO?”
Un dossier accusa il governo Meloni sul naufragio di Cutro. Lo firma il
pool di avvocati che assiste alcune decine di famiglie delle vittime. E punta il dito sui precedenti.
In 18 casi negli ultimi quattro anni le barche intercettate da Frontex sono state condotte in porto da Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Senza richieste di soccorso. Con condizioni di meteo buone. E senza nessuna emergenza dichiarata.
«Ora dai documenti rivelati da Repubblica, abbiamo la certezza che sin dall’inizio c’era la consapevolezza che su quel caicco intercettato da Frontex ci fossero dei migranti», dice l’avvocato Francesco Verri. «E ribadiamo che l’avviso di Frontex delle 23.03 di sabato 25 era inequivocabile. Una barca “con migranti” era diretta verso le coste della Calabria. Ora è certo che la Guardia di finanza l’ha decodificata correttamente».
Il caicco
Verri si riferisce all’appunto con cui l’ufficiale di turno al comando centrale segnalava la sera di sabato 25 febbraio «un natante con migranti». Mentre il dossier consegnato dalle difese riguarda 50 pagine di interventi descritti in quattro anni. «A Crotone, del resto, l’esperienza non manca. I salvataggi in mare, negli anni, sono stati centinaia. Li stiamo studiando tutti, abbinando i dati alle condizioni del mare e alle temperature. Tutte operazioni ineccepibili di cui i comunicati stampa vanno giustamente fieri. Ma perché, tre settimane fa, le cose sono andate diversamente?», si chiede Verri.
Poi ci sono i presunti ritardi sui soccorsi a terra. Le prime pattuglie di Gdf e Guardia Costiera sono arrivate un’ora e mezza dopo il naufragio. E anche qui i legali chiedono conto delle responsabilità: «Un superstite ha riferito di aver nuotato mezz’ora nelle acque gelide. Quando è arrivato a terra non c’era nessuno. Solo un pescatore», sostiene ancora Verri.
La richiesta di accesso civico
Per questo è arrivata la richiesta di accesso civico alle informazioni e ai documenti amministrativi sul naufragio. Rivolto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro dei Trasporti Matteo Salvini e a quello dell’Interno Matteo Piantedosi. A effettuarlo sono stati Debora Serracchiani del Partito Democratico, Francesco Silvestri del Movimento 5 Stelle e Matteo Richetti per il Terzo Polo. Ma anche Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Riccardo Magi di +Europa.
«Io credo che, rispetto a questi elementi nuovi, lo stesso governo dovrebbe approfondire e dare adesso altre risposte», dice Magi. «Finora abbiamo ascoltato prima Piantedosi e poi Meloni dire: “Fidatevi, tutto è stato fatto come si doveva”. Purtroppo pare che non sia così. E io credo che anche l’onore e il rispetto dovuti alla Guardia costiera si tutelino facendo la massima chiarezza», conclude.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 21st, 2023 Riccardo Fucile
REFERENDUM POPOLARE CONTRO LA RIFORMA DELLE PENSIONI: VIA ALLA RACCOLTA FIRME
Non sono bastati gli scioperi, le manifestazioni di piazza e neppure le due mozioni di sfiducia contro il governo. Ieri, la contestata riforma francese per portare l’età pensionistica da 62 a 64 anni è ufficialmente diventata legge. Alla fine, dunque, il presidente Emmanuel Macron e l’esecutivo guidato da Elisabeth Borne sono riusciti a spuntarla.
Il prezzo pagato per raggiungere l’obiettivo, però, è piuttosto alto e consiste in un calo vertiginoso dei consensi.
Secondo un sondaggio pubblicato ieri dall’emittente Bfmtv, circa due francesi su tre sarebbero favorevoli alla caduta del governo. Ed è proprio a partire da questo malumore diffuso che le opposizioni non si arrendono e lanciano un ultimo disperato tentativo di bloccare la riforma: un referendum popolare.
A caccia di firme
A favore del percorso di consultazione pubblica spingono soprattutto le forze politiche di sinistra. Lo strumento che viene più invocato in queste ore è il cosiddetto «referendum di iniziativa condivisa», una forma di consultazione introdotta nel 2015. I requisiti, però, sono piuttosto stringenti. Perché si possa andare al voto, si dovrebbero raccogliere le firme di un quinto dei parlamentari e del 10% degli elettori, ossia 4,5 milioni di firme.
Un obiettivo tutt’altro che scontato, ma che resta pur sempre l’unica strada rimasta per bloccare la riforma. Va detto, in realtà, che c’è chi aveva pensato di ricorrere al referendum già qualche mese fa. Si tratta della leader di destra Marine Le Pen, capogruppo del Rassemblement National, che in un’insolita alleanza con le forze di sinistra si è opposta alla riforma voluta dal governo. «La violenza dovrebbe preoccupare tutti, ma mi trovo costretta a osservare che ci sarebbe stato un buon modo di uscire da questa situazione: un referendum. Opzione rifiutata non solo dal governo ma anche dalla France Insoumise», il principale partito della sinistra francese, guidato da Jean-Luc Mélenchon.
Il discorso di Macron
Nel frattempo, ora che la riforma è stata approvata, l’obiettivo di Macron è riconquistare l’affetto e la fiducia dei suoi elettori. In base ai dati dell’ultimo sondaggio, l’indice di popolarità del presidente francese avrebbe toccato in queste settimane il suo punto più basso: 28%. Ed è anche di questo che parlerà nelle consultazioni di oggi con la premier Elisabeth Borne e con i presidenti di Assemblea Nazionale e Senato, rispettivamente Yaël Braun-Pivet e Gérard Larcher.
L’Eliseo, poi, ha annunciato che domani Macron parlerà alla nazione. Un’intervista in diretta tv, rilasciata ai canali TF1 e France 2, in cui – con ogni probabilità – cercherà di spiegare l’inevitabilità della riforma.
Un punto su cui oggi, in un’intervista alla Stampa, insiste anche l’eurodeputato francese Bernard Guetta. «In Francia il rifiuto della riforma delle pensioni coesiste con la consapevolezza che ce n’è bisogno», spiega Guetta. L’eurodeputato francese poi aggiunge: «I parlamentari sentono le proteste dell’elettorato contro questa riforma e sanno che se la sosterranno la loro carriera politica sarà finita. Ma in fondo sperano che il testo passi. Ci saranno manifestazioni e scioperi ma non penso che si arriverà alla presa della Bastiglia. Il clima, però, è pessimo».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »