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CONDANATO A 6 ANNI ALEX, IL RAGAZZO CHE UCCISE IL PADRE VIOLENTO PER DIFENDERE LA MADRE

Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile

IN PRIMO GRADO ERA STATO ASSOLTO PER LEGITTIMA DIFESA

Sei anni due mesi venti giorni: è la condanna per Alex, punito per aver ucciso suo padre, Giuseppe Pompa, la sera del 30 aprile 2020 nella loro casa di Collegno. L’ha fatto per difendere sua madre dalla violenza dell’uomo a cui l’intera famiglia era sottoposta da anni. “Sarei stata l’ennesima donna ammazzata, io non sarei qua. Importa a qualcuno? Mio figlio quella sera mi ha salvato la vita”, è il primo commento di Maria Cotoia dopo la condanna del figlio.
Si sfoga Loris, il fratello di Alex: “Le donne continueranno a morire e questa oggi è una sconfitta per tutti: senza di lui noi non saremmo qua, Alex ha agito per legittima difesa, e noi andremo avanti fino alla fine. Se vogliamo che qualcosa cambi, come nel caso di Giulia e di tutte le donne che muoiono, bisogna che qualcosa cambi davvero. Alex deve essere assolto”.
“Non è giusto, Alex ci ha salvato la vita”, il fratello Loris Pompa dopo la condanna
Oggi era il giorno di un verdetto già deciso, di una sentenza che aveva già stabilito la colpevolezza del ragazzo e che doveva solo definire per quanto tempo Alex dovrà tornare in carcere. “Merita le attenuanti generiche e della provocazione nella loro massima estensione – aveva detto il pubblico ministero Alessandro Aghemo questa mattina – chiedo una condanna a sei anni, due mesi e venti giorni”. Alex rischiava 14 anni di carcere. Per i giudici, che avevano ribaltato il verdetto di assoluzione di primo grado in cui era stato assolto per legittima difesa, non vi era dubbio che dovesse essere ritenuto colpevole per omicidio volontario: troppi 34 fendenti inflitti con sei coltelli diversi.
Troppi però per lui anche 14 anni di carcere, la pena minima a cui avrebbe dovuto essere condannato per via della riforma del codice rosso che imponeva di non poter applicare attenuanti a chi avesse ucciso un proprio congiunto. Così il processo aveva subito uno stop in attesa che si pronunciasse la Corte Costituzionale, che il 30 ottobre aveva stabilito che la norma dovesse essere modificata sul punto: da qui la possibilità di rimodulare al ribasso la pena di Alex, che durante la vicenda processuale ha deciso di rifiutare il cognome Pompa del padre per assumere quello Cotoia della madre. Al ragazzo, difeso dall’avvocato Claudio Strata, è già stata riconosciuta l’attenuante della seminfermità. Con questa condanna a sei anni, 2 mesi e 20 giorni, in cui sono stati applicati gli sconti di pena previsti per il suo caso, andrà in carcere, anche se per scontare solo per pochi mesi, meno di un anno. Ma prima di questo passaggio che pare inevitabile la sentenza dovrà diventare definitiva, e c’è ancora un passaggio chiave, la Cassazione.
E un altro risvolto potrebbe esserci per la madre e il fratello di Alex: i giudici hanno ordinato la trasmissione degli atti in procura per valutare le dichiarazioni rese da loro in aula, perché sia valutato se esistono eventuali profili di responsabilità. “Siamo passati da un’assoluzione in primo grado a una condanna per Alex con ordine di trasmissione alla procura per valutare le dichiarazioni della madre e del fratello – ha commentato subito dopo la sentenza l’avvocato Claudio Strata – Riteniamo incomprensibile questa scelta, leggeremo le motivazioni. Loro sono stati sentiti la notte stessa del 30 aprile e tenuti separati, il Tribunale della Libertà aveva ordinato al pm di risentirli subito, cosa che non è stata fatta, quando non potevano incontrarsi e avere contatti.
Per il giudice di primo grado la madre e il fratello erano testimoni affidabili mentre per questa Corte sono falsi, e questo è molto difficile da accettare. Quando è stata chiesta la rinnovazione delle testimonianze, ho detto che mi pareva complessa questa scelta perché anche le scienze dicono che dopo anni, nei ricordi dei testimoni, possono esserci contaminazioni volontarie e involontarie, fisiologiche, in assoluta buona fede, in conseguenza anche solo del fatto che loro hanno partecipato sempre a tutte le udienze: la memoria si modifica”.
(da agenzie)

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L’IDEOLOGIA POLITICA DI MUSK SPIEGATA IN NOVE PUNTI AI CAZZARI SOVRANISTI

Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile

SU DROGHE, MATERNITA’ SURROGATA E AUTO ELETTRICHE LA PENSA IN MANIERA OPPOSTA… IN LINEA SU GAY, VACCINI E MIGRANTI… SULLA VISIONE CAPITALISTA DEGNO EREDE DEGLI SPECULATORI, SULLA GUERRA E’ DIVENTATO FILO-RUSSO

Svelata l’identità di “Mister X”. Sarà Elon Musk l’ospite d’onore di Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia. Il patron di “X”, che fu Twitter, nonché fondatore di Tesla – e uomo più ricco del mondo – è atteso in Italia nei prossimi giorni e dovrebbe intervenire sabato ad Atreju. Un’amicizia, quella tra FdI e Musk, che non è nuova: l’imprenditore aveva incontrato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi solo pochi mesi fa. E una foto con due sorrisoni aveva suggellato l’intesa.
Ma qual è l’ideologia politica di Musk? Vediamola in 9 punti, non tutti sovrapponibili con il patriota-pensiero.
La rottura con i democratici, l’amore (recente) per Trump. Sono lontani i tempi in cui il patron di Tesla era vicino ai dem statunitensi. Già nel 2022 aveva definito quello di Biden “un partito di divisioni e odio” e annunciato che avrebbe votato per i repubblicani. I rapporti con Trump, però, non erano mai stati idilliaci. Lo sono diventati negli ultimi mesi, quando Musk ha riammesso il Tycoon su Twitter. Il primo cinguettio dell’ex presidente Usa è stato accolto dal patron del social con la frase “livello superiore!”. Da quel momento i due si sono sempre più avvicinati. Per questo e per altri motivi, Musk è diventato uno dei riferimenti dell’estrema destra sovranista. In Usa, ma non solo.
L’Ucraina.
Se il rapporto con i sovranisti può essere ben visto da Meloni – che del resto ha lasciato che ad Atreju si invitasse Santiago Abascal, leader della formazione estremista spagnola Vox che nei giorni scorsi ha giustappunto invocato una “piazzale Loreto” per Pedro Sanchez – non si può dire lo stesso della posizione di Musk sulla guerra in Ucraina. Molte erano state le polemiche quando la Cnn aveva anticipato la biografia di Elon Musk. Nell’opera si sosteneva che il magnate di origini sudafricane avesse spento la rete Starlink durante un attacco di Kiev nei confronti di Mosca, pregiudicandone il successo. Durissima la reazione del governo ucraino. Ma non è tutto. Sempre sulla sua “X” – dove la propaganda russa spopola senza argini – ha preso in giro il presidente Zelensky: “Sono passati cinque minuti senza che tu abbia chiesto un miliardo di dollari di aiuti”, aveva scritto, riferendosi al leader ucraino. Uno sfottò di cattivo gusto, nonché una frase decisamente incompatibile con le posizioni atlantiste e pro-Kiev di Meloni e dei suoi.
Maternità surrogata.
Mentre il Parlamento italiano si accinge a farla diventare reato universale, il partito di maggioranza relativa invita a Castel Sant’Angelo – questa la location di Atreju – un uomo che della maternità surrogata ha usufruito eccome. Uno degli undici figli di Musk, infatti, è nato da utero in affitto. L’opposizione aveva notato la contraddizione subito dopo l’incontro a Palazzo Chigi con Meloni e l’aveva fatto notare. “Caro Musk, lo sai che Meloni ti voleva arrestare?”, aveva scritto su Twitter il leader di +Europa, Riccardo Magi.
Natalità.
In disaccordo su come fare i figli, in grande accordo sul fatto che bisognerebbe farne tanti. A Musk, come a Meloni e ai suoi, preme la questione della natalità. “L’Italia sta scomparendo”, aveva commentato l’imprenditore guardando dei recenti dati Istat sul crollo delle nascite nel nostro Paese. “Famiglia e natalità sono al centro della nostra agenda”, ha detto più volte Meloni, che alla natalità ha voluto dedicare un ministero, quello retto da Eugenia Roccella.
Droghe.
I meloniani hanno sempre espresso giudizi molto netti contro gli stupefacenti, rifiutando anche la distinzione tra droghe leggere, come la cannabis, e droghe pesanti. I più attenti ricorderanno il convegno a senso unico organizzato in occasione della giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe. Bene. Sul punto Musk non la pensa esattamente così: si è espresso, sempre su Twitter, a favore della legalizzazione della cannabis. E, secondo la stampa statunitense, assumerebbe chetamina.
Il trasporto elettrico.
Un’altra apparente contraddizione è il rapporto con la mobilità sostenibile. Musk, patron di Tesla, con l’elettrico si è arricchito. Il governo italiano, invece, ha sempre posto molti distinguo. Proprio pochi giorni fa il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha definito in Ue le macchine elettriche “un suicidio economico”. A giugno, invece, aveva detto che l’Ue sul punto era talmente ideologica da meritare “un ricovero coatto”. A ottobre,ancora, aveva colto l’occasione di un tragico incidente stradale per dire che bisognava “riflettere sulle batterie elettriche”. Che, allo stato, con quell’incidente non c’entrano assolutamente nulla.
Posizioni contro il mondo Lgbt.
Uno step della progressiva conversione sovranista di Musk è stato compiuto contro il mondo Lgbt. Musk, infatti, ha rilanciato su Twitter un documentario che stigmatizzava la scelta di cambiare sesso e accusava la sinistra di spingere i minorenni a prendere questa decisione. Una posizione, questa, non così distante dal pensiero di buona parte di questa maggioranza.
Il Musk no vax: la contrarietà al vaccino Covid.
Nei mesi più bui del Covid, l’imprenditore ha usato le piattaforme social per diffondere il verbo no vax. Ha dichiarato che lui non avrebbe fatto l’iniezione e che non l’avrebbe fatta fare ai suoi figli perché “non serve”. Nello stesso periodo aveva anche ridimensionato il problema del virus, che in Usa ha ucciso centinaia di migliaia di persone, dicendo che non si poteva chiudere un Paese. Anche in questo caso, una posizione non così lontana da ciò che dicevano alcuni componenti dell’attuale maggioranza quando erano all’opposizione.
Migranti.
Come ogni buon sovranista che si rispetti, Musk è ostile alle migrazioni. In un tweet, ponendosi dalla parte del governo italiano, ha attaccato la Germania, “rea” di aver “raccolto migranti illegali per poi portarli in Italia”. Ne era nato un battibecco con il governo tedesco, che aveva risposto che questa operazione significava semplicemente salvare vite. Anche – o forse soprattutto – su questo tema, l’assonanza con questo governo è questa maggioranza è evidente. Musk ad Atreju non sarà un ospite sgradito. Nonostante tutto.
(da agenzie)

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SICILIANI E CALABRESI DOVRANNO PAGARE UN PEZZO DI PONTE PER FARE UN PIACERE A SALVINI

Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile

TAGLIO DI 2,3 MILIARDI AI FONDI DI SVILUPPO E COESIONE PER LE DUE REGIONI PER FINANZIARE UN’OPERA INUTILE

Per garantire le risorse e finanziare il Ponte sullo Stretto il governo dà una sforbiciata ai Fondi di Sviluppo e Coesione. Un taglio di 2,3 miliardi complessivi dirottati sul collegamento stabile tra Sicilia e Calabria e strappati ad altri interventi, soprattutto infrastrutturali che avrebbero interessato in particolare il Mezzogiorno.
L’atteso quarto emendamento governativo al disegno di legge di Bilancio riduce infatti gli oneri a carico dello Stato, mantenendo lo stanziamento complessivo invariato, 11,6 miliardi al 2032. Qualcuno quindi dovrà pagare e lo faranno i cittadini per primi i cittadini delle due regioni toccate della maxi opera. Lo slittamento di risorse peserà infatti per 1,6 miliardi sulla quota del fondo destinata a Calabria e Sicilia. I restanti 718 milioni arrivano invece dalla quota destinata ai ministeri.
La soluzione per non disattendere le promesse fatte dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che dell’opera ha fatto il suo cavallo di battaglia, è “nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato”.
Per il 2024, ad esempio lo stanziamento complessivo resterà di 780 milioni, ma lo Stato ne dovrà mettere soltanto 607, mentre 70 arriveranno dalle risorse delle amministrazioni centrali e 103 dalle due regioni interessate al progetto.
Il tema dei costi dell’opera è al centro del dibattito da quando il leader leghista ha deciso di rilanciare il progetto, riesumando dalla liquidazione la Stretto di Messina spa, società incaricata della realizzazione del ponte e il progetto messo nel cassetto durante il governo Monti. Addirittura era servito un emendamento per chiarire che il costo massimo non avrebbe superato quota 13,5 miliardi, cifra indicata nel Documento di economia e finanza ad aprile.
Fonti governative già lunedì avevano definito la scelta di caricare parte dei costi sul fondo di coesione come “un tecnicismo”. Tuttavia anche la Regione Sicilia ha dovuto ripensare allo stanziamento previsto e annunciato di 1 miliardo perché negli interventi del piano sviluppo e coesione (Psc) 2021-2027 nell’isola, dal quale si pensava di attingere, dovranno essere inserite alcune delle opere già programmate dal precedente esecutivo regionale, nonché altri nuovi interventi di forte impatto economico e strategico. I costi per calabresi e siciliani saranno messi nero su bianco negli accordi di coesione che le due amministrazioni stipuleranno con il ministro per gli Affari europei e il Sud, Raffaele Fitto, titolare delle politiche di coesione territoriale.
Ogni anno ci sarà la necessità di reperire i fondi. Entro il 30 giugno e fino all’entrata in esercizio dell’opera, si legge nel testo del correttivo, “il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti presenta informativa al Cipess sulle iniziative intraprese ai fini del reperimento di ulteriori risorse a copertura dei costi di realizzazione dell’opera. Con apposite delibere, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con il Ministero dell’economia e finanze, il Cipess attesta la sussistenza delle ulteriori risorse”, determinando conseguentemente “la corrispondente riduzione in via prioritaria dell’autorizzazione di spesa e la relativa articolazione annuale”.
Non è l’unica rimodulazione di fondi. Il correttivo sposta infatti risorse dai programmi per l’innovazione e lo sviluppo dei chip verso i contratti di sviluppo per il sostegno di grandi progetti di investimento nei settori industriale, turistico, commerciale e della tutela ambientale che potranno ora contare su 1 miliardo di euro. A scapito della microelettronica però: 300 milioni arriveranno infatti dal fondo per lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori, per altro nel mezzo di continui richiami alla necessità di sviluppare un’autonomia strategica nel campo dei chip per affrancarsi dalla dipendenza dall’Asia. Altri 300 milioni saranno tolti alle erogazioni per le aziende che partecipano agli Ipcei, i progetti europei di interesse comune. Tra i quali anche i microchip.
(da agenzie)

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