Giugno 11th, 2024 Riccardo Fucile
IL DESTINO TRAGICOMICO DEI DUE LEADER DIVISI ALLA META E SENZA QUORUM
L’essenza della politica italiana è, specie in certi momenti, tragicomica.
Della tragedia, per fortuna, le nostre interminabili beghe evocano più che le dolorose conseguenze la certezza di una fine ampiamente prevedibile e anzi preannunciata. Tutti cioè, a cominciare dagli stessi protagonisti, continuando con gli operatori dei media per concludere con i curiosi e gli sfaccendati, sanno benissimo che andrà a finire male. Ma niente, i primi attori intignano.
E qui precisamente s’inserisce il potere della commedia con le sue inesauribili maschere e caratteri, nel caso di Renzi e Calenda troppo simili fra loro per non garantire un divertimento al quadrato. Il disastro elettorale delle loro liste, superbamente battezzate con nomi altisonanti (Stati Uniti d’Europa e Azione) rientra in questo perfido schema, ripetitivo addirittura nei dettagli, a loro volta tali da innalzare alle cronache vere e proprie sincronicità degne di Jung.
Per cui sia l’uno che l’altro, fedeli ai manierismi emozionali e anche un po’ ruffiani di questo tempo molto social, si sono presentati al seggio con i loro figli diciottenni, Ester Renzi e Giulia Calenda, al loro primo voto che certamente ricorderanno, forse anche come una lezione di vita, prima che di democrazia.
Ma non è questo il punto. Ci si arriverebbe piano piano e non senza far osservare, con scrupolo che può suonare pietistico, che Calenda è persona cortese e simpatica, oltre che certamente in buonafede (e infatti non mancherà di farsi tatuare, come promesso in caso di sconfitta, le stelline europee sul polso o nei pressi); così come Renzi, che tatuaggi non ha e gentile non è mai stato, possiede senz’altro coraggio, fiuto politico e una lingua veloce che nei talk non conosce rivali. Solo che li frega entrambi un tale narciso, una così estesa autostima e un demone di superbia talmente allenato e invasivo da sbaragliare qualsiasi virtù — e infatti zàcchete!, patapunfete! — orfani l’uno e l’altro senza nemmeno la consolazione del mal comune mezzo gaudio
Così l’esito di un obiettivo sconsolatamente sfiorato, come pure insidiosamente agognato a discapito del rivale, assomiglia per tutti e due a una sorta di castigo divino, però buffo e perfino istruttivo, simul stabunt simul cadent, con l’aggravante di un milione e mezzo di voti, mica bruscolini, bruciati sull’altare delle rispettive idiosincrasie e dei relativi preziosissimi propositi di vendetta con la degna partecipazione di radicali, profughi democrats, ex craxiani e berlusconiani di seconda mano. Sia consentito qui di non ripercorrere le tappe di una relazione su cui le cronache politiche, ma anche la satira, si sono doviziosamente sbizzarrite dando conto di promesse d’amore e delusioni, petting e battutacce, poi trabocchetti, trattative, minacce, rinfacci, oltraggi e via dicendo secondo i moduli di una bizzarra e rancorosa concorrenza emulativa che pure ha lasciato traccia di sé in adeguati supporti audiovideo e ottenuto ricadute negli angiporti delle piattaforme elettroniche.
Per farla breve, il permanente bisticcio aveva già più che stufato nell’autunno del 2022, allorché ci si continuava a chiedere, fra Renzi e Calenda, chi avesse fregato chi. Sennonché, insieme al tragicomico, anche il seriale è roba che qui da noi va moltissimo, perciò con diligente ritrosia, scavallato il 2023 e quasi una metà del 2024 si è arrivati alle due liste, che magari secondo loro avrebbero superato questo benedetto 4 per cento: non è forse la politica dei pretesi mattatori e dei leaderissimi immaginari l’arte del possibile?
Il guaio supplementare è che le cronache non rendono il senso dell’apologo e della punizione che trasmette. Così ci si attacca ad antichi ricordi ginnasiali, Renzo che nei Promessi sposi reca all’Azzeccagarbugli dei capponi vivi, le cui zampe Agnese ha legate con lo spago “come un mazzo di fiori”. E lungo la strada li porta a testa in giù, pure agitandoli e sbatacchiandoli, nervoso com’era, ma quelli “intanto si ingegnavano a beccarsi l’uno con l’altro, come accade troppo sovente fra compagni di sventura”. I polli di Renzi e Calenda, o la tragicomica sventura del Terzo Polo dell’autolesionismo a gettone.
(da repubblica.it)
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Giugno 11th, 2024 Riccardo Fucile
ASCOLTARE I GIOVANI: SI RIMANE VIVI FINO A CHE SI HA QUALCOSA DA IMPARARE
I giovani, in Italia e in quasi tutta Europa, sono pochi. Fossero molti, il netto orientamento a sinistra del loro voto avrebbe ribaltato il tavolo delle elezioni europee.
È l’ultima beffa di noi boomers a loro danno: come dice il nostro stesso nomignolo, siamo soverchianti oggi, da vecchi, perché lo eravamo già ieri, da giovani.
Ci generarono a raffica, i nostri genitori usciti dalla guerra e pieni di vita, di progetti per il futuro. Come è ovvio, nessuno di noi porta la responsabilità personale di questo sovrannumero. È andata così. Ma certo, se avessi oggi vent’anni, mi sentirei sopraffatto da una folla di anziani.
L’unica cosa da fare, secondo me, è che la maggioranza canuta metta da parte il senso di colpa (non è una colpa essere al mondo) e si metta a disposizione, come fanno i nonni con i nipoti. Non dobbiamo essere ruffiani con i giovani, se ne accorgerebbero. Nemmeno fingerci giovani a nostra volta, niente è più triste dei vecchi en travesti. Dunque dobbiamo dire la nostra, che non sempre è la loro. Ma ascoltare la loro, e ascoltare è la cosa più difficile del mondo.
Elly Schlein ha poco più della metà dei miei anni. Non ha avuto buona stampa (sorvoliamo sull’età media dei direttori di giornale e telegiornale) eppure il suo Pd sembra più vivo e vigoroso dei Pd precedenti.
Come mai? Invece di spiegarlo noi, dovremmo chiederlo a lei. Se ci è riuscita, vuol dire che qualche idea buona, su che cosa deve essere la sinistra, ce l’aveva. Ugualmente, dovremmo chiedere ai tantissimi ragazzi che lo hanno fatto, soprattutto quelli che vivono fuori Italia, perché in tantissimi hanno votato Alleanza Verdi e Sinistra.
Si rimane vivi fino a che si ha qualche cosa da imparare.
(da Repubblica)
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Giugno 11th, 2024 Riccardo Fucile
ARCHIVIATE ACCUSE E PROCESSI, MIMMO ARRIVA A BRUXELLES CON 180.000 VOTI: “LA STORIA DI QUESTA COMUNITA’ HA TRASMESSO UN MESSAGGI DI UMANITA'”… CINQUE ANNI DI PERSECUZIONI GIUDIZIARIE, ACCUSE IN APPELLO DEFINITE “TOTALMENTE INSUSSITENTI”, ORCHESTRATE DALLA FOGNA SOVRANISTA
“Uno zero”, lo aveva apostrofato Matteo Salvini, all’epoca ministro
dell’Interno. Mimmo Lucano sotto indagine con l’accusa infamante di aver costruito da sindaco di Riace non un modello di accoglienza ma un sistema criminale, impotente lo vedeva sgretolarsi sotto i suoi occhi.
Da allora sono passati anni, una sentenza ha bollato come “totalmente insussistenti” quelle accuse. “Adesso gli zero da contare sono qualcuno in più”, risponde Lucano, che ieri ha vinto anche le elezioni comunali nella sua Riace, dopo l’amara sconfitta del 2019.
In mezza Italia raccoglie più di 188mila preferenze, lui che ha fatto impazzire i responsabili di Avs che tentavano di metter su una campagna elettorale perché di girare troppo non ha mai avuto intenzione, schivava i palchi “perché voglio guardare la gente negli occhi”, di staff e uffici stampa non ha voluto neanche sentir parlare. È il primo degli eletti in Europa dell’Alleanza, più di Ilaria Salis, candidata però in due collegi in meno.
Lo si festeggia sui social, Riace si riempie, lui per mezza giornata rimane cupo, teso. Cappellino con la visiera in testa, una maglietta nera con su scritto “Love music, hate fascism”, attorno gli amici e i collaboratori più stretti. “Non ho chiuso occhio da domenica”, racconta, adesso che finalmente sorride. E sì che i risultati già all’alba erano consolidati, lui quasi matematicamente eletto. Ma non era quella la partita che più gli stava a cuore, o meglio non solo. “Se non si aggiusta qua, non si aggiusta l’Europa”, ha ripetuto per tutta la campagna elettorale.
Qua, Riace, dove tutto è iniziato, dove tutto ha rischiato di finire. Dove adesso è pure tornato sindaco. Una vittoria che sa di riscatto. “È la più importante, la più sofferta, proviene da una storia di resistenza”.
Cinque anni fa, l’inchiesta lo ha travolto a pochi mesi dalla scadenza naturale del mandato, ha intossicato la competizione elettorale subito dopo, Riace gli ha voltato le spalle, Lucano è finito all’opposizione. Poi è arrivato il processo, una condanna quasi da pericoloso rapinatore, mentre il paese dell’accoglienza si svuotava. “La luce è tornata a ottobre”, racconta. La Corte d’Appello ha fatto cadere tutte le accuse, è rimasto solo un abuso d’ufficio così irrilevante da meritare la sospensione della pena. Le motivazioni di quella sentenza qualche mese dopo hanno smantellato l’inchiesta pezzo per pezzo. “A Riace l’unica mission era aiutare gli ultimi”, hanno scritto i giudici.
“Piano piano le cose si sono messe in ordine”, ricorda lui, che ha detto no al Pd che per mesi l’ha corteggiato, ma con Avs la battaglia per Bruxelles ha deciso di farla. E adesso arriva una vittoria doppia, che lo porterà a Bruxelles dopo aver di nuovo messo radici salde a Riace. “Invito Salvini a tornare qui. Ci era venuto quando pensava che tutto fosse finito, si era sbagliato di grosso e glielo abbiamo dimostrato”. Un guanto di sfida. In Europa, promette, porterà “la storia di questa comunità che ha trasmesso un messaggio di umanità al mondo e ha trovato un modo per resistere, per non morire”. Come la sinistra in un’Europa sempre più nera? “Dalla periferia dell’Italia, dell’Europa arriva il messaggio che è possibile, in Ue e nel mondo”.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2024 Riccardo Fucile
PRIMA TRA GLI UNIVERSITARI FUORISEDE CON IL 40% DI CONSENSI, TERZA TRA GLI ITALIANI ALL’ESTERO
Partito democratico secondo partito con oltre il 25% dei consensi. Alleanza Verdi e Sinistra (Avs) addirittura primo, con il 40,35%. Finisce così un test senza precedenti nella storia delle elezioni italiane. Un test che rende ancora più dolce la giornata di Alleanza Verdi e Sinistra.
Quei 17mila voti lontano da casa
Per la prima volta, un folto gruppo di studentesse e studenti fuorisede (17.442 in tutto) ha votato nella città dove segue i corsi. Sono persone che si sono registrate in questi Comuni (un mese fa) grazie a una procedura sperimentale. Poi sono andate alle urne serene, senza sobbarcarsi un faticoso ritorno a casa. Alla fine, solo il 3,37% tra loro sceglie Fratelli d’Italia, ridotto così all’irrilevanza. I 5 partiti preferiti, dall’alto verso il basso, sono Stati Uniti d’Europa (7,64%), M5s (7,84%). Ecco quindi Azione con oltre il 10%, infine il Pd e soprattutto Avs, che è il preferito: premiato con oltre 7 mila schede.
Il risultato del 6,73%
L’indicazione è preziosa. Ci dice che il successo nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra — 6,73% in tutta Italia alle Europee — affonda le sue radici soprattutto nel ritrovato entusiasmo di ragazze e ragazzi. In questo clima, Alleanza Verdi e Sinistra prende nota di un secondo dato, confortante. L’istituto Swg stima che il 12% dei voti di questa forza è arrivato dal bacino dell’astensionismo. Sono persone che credevamo perse al rituale del voto. E invece ritrovate.
Il partito con la progressione più visibile
In giornate così, le buone notizie sembrano non finire più. Con 1.565.896 voti (dato ufficiale), Avs conta mezzo milione di schede in più rispetto alle politiche. Ed è la forza che registra la progressione più visibile. Il deputato Marco Grimaldi sottolinea anche il radicamento nei centri più popolati: «Da Torino, dove raggiungiamo il 11,71%, a Milano con il 10,52, da Roma a Bologna, nelle grandi città siamo ormai la terza forza». Come terza Avs è anche tra gli italiani all’estero (dopo Pd e FdI).
Eletti 6 europarlamentari
Al comitato elettorale del Porto Fluviale (quartiere Ostiense, Roma Sud), i calcoli finali portano a un risultato certo. Alla fine, Avs eleggerà 6 europarlamentari, che si divideranno tra le due famiglie politiche di riferimento: The Left e gli ambientalisti di Verts-Ale.
Il leader di Sinistra italiana …
Il leader Nicola Fratoianni fa pesare subito, allora, il risultato raggiunto: «Ci rivolgiamo a Elly Schlein e a Giuseppe Conte: da domani la responsabilità della costruzione di un’alternativa per questo Paese è collettiva. Senza Avs non comincia neanche la discussione. Siamo il perno della costruzione del cambiamento». Quindi chiede di evitare laboratori, esperimenti, Costituenti: «Ho visto centinaia di Costituenti partire per allargare e finire per essere più strette. Ragioniamo per rendere ancora più accogliente uno spazio politico. Non voglio più parlare della ricostruzione della sinistra. Non abbiamo ceduto nessuna energia a questo dibattito, ci siamo battuti per migliorare la vita delle persone. C’è una cosa che viene prima, lo stipendio degli italiani. E poi la conversione ecologica e la pace».
… e quello di Europa verde
Ecco il deputato di Avs, Angelo Bonelli: «Il nostro — dice — è un risultato straordinario. Il programma di Avs, d’altra parte, è netto, non è la carta dei se e dei ma. Faccio l’esempio della crisi climatica: la destra è una fabbrica di bugie, mentre noi vogliamo potenziare davvero la lotta al cambiamento climatico».
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2024 Riccardo Fucile
COSI’ VENIVANO SFRUTTATI I LAVORATORI
Ancora una volta il mondo del lusso. Ancora una volta un’accusa di
caporalato. Dopo le operazioni dei carabinieri della Tutela del lavoro di Milano avevano svelato lo sfruttamento nella produzione di Alviero Martini e Armani, il Tribunale di Milano ha commissariato la Manufactures Dior srl. Il copione è sempre lo stesso: stando agli atti dei magistrati, negli opifici a conduzione cinese è stato riscontrato l’utilizzo e lo sfruttamento di manodopera irregolare e clandestina. E ancora: transito, in molteplici cinesi, degli stessi soggetti irregolari da un opificio all’altro e la presenza, in tutti i casi esaminati, del medesimo committente della produzione in sub appalto.
E anche in questo alla base c’è una produzione che viene delegata a sub aziende appaltatrici che realizzano borse che poi vengono vendute sul mercato a prezzi esagerati: questo accessorio sarebbero costata alla maison 56 euro realizzate da operai sfruttati nei laboratori cinesi ma nelle lussuose vetrine il prezzo è di 2.600 euro. Lo si legge nelle carte: “La pelletteria Elisabetta Yang per la produzione di un determinato modello di borsa rimette alla committente Dior un costo a prezzo pari a 53 euro laddove il costo a dettaglio di tale prodotto è di 2600 euro”. Ma come funziona lo sfruttamento all’interno dei laboratori?
Stando a quanto spiegato dal pubblico ministero: “I brand di moda nel momento in cui si avvale, attraverso contratti di sub appalto,” sono “dediti ad un pesante sfruttamento lavorativo”. Nel dettaglio: “Nel caso delle indagini è emersa una prassi illecita così radicata e collaudata, da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d’impresa esclusivamente diretta all’aumento del profitto. Le condotte investigate non paiano frutto di iniziative estemporanee e isolate di singoli, ma di un’illecita politica d’impresa. Si dà vita, così, ad un processo di decoupling organizzativo (letteralmente: “disaccoppiamento”), in forza del quale, in parallelo alla struttura formale dell’organizzazione volta a rispettare le regole istituzionali, si sviluppa un’altra struttura, “informale”, volta a seguire le regole dell’efficienza e del risultato. In questo modo, la costante e sistematica violazione delle regole genera la normalizzazione della devianza, in un contesto dove le irregolarità e le pratiche illecite vengono accettate ed in qualche modo promosse, in quanto considerate normali”. Poi la Procura precisa: “L’unico strumento per far cessare questa situazione, in un’ottica di interventi proporzionali, è una ‘moderna messa alla prova aziendale'”.
(da Fanpage)
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