Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
L’ANNO SCORSO LE POLEMICHE PERCHÉ SALVINI ANDO’ ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA SENZA PASSARE A BRANDIZZO
“Dico la verità: mi aspettavo il governo. La Meloni, un ministro. Un anno fa, subito dopo i fatti,
è venuto il presidente Mattarella e ci siamo sentiti rincuorati in quell’immenso dolore. Lo abbiamo visto commosso mentre posava dei fiori dove sui binari dove mio fratello è morto. Stavolta no, non c’era nessuno dello Stato, perlomeno dei vertici, fatta eccezione per i sindaci di Vercelli e Brandizzo”.
Così in una lettera alla Stampa Antonino Laganà, fratello di Kevin, 22 anni, la vittima più giovane della strage ferroviaria di Brandizzo. “E’ per noi inaccettabile quanto accaduto ieri. Dopo quello che abbiamo vissuto non abbiamo paura di dire ciò che pensiamo. Non abbiamo filtri, timori verso uno Stato che ci ha tradito. Perché Rfi, per noi, è lo Stato. E mio fratello è morto mentre era nelle loro mani. Avrebbero dovuto garantire sulla sua sicurezza e lo hanno mandato a morire. Fa male”. ”
Qui le nostre vite sono ferme, non dormiamo la notte, aspettavamo un segnale più forte. Ci siamo domandati che fine hanno fatto le promesse del ministro Salvini che aveva garantito che si sarebbe fatta chiarezza. A un anno di distanza non abbiamo visto provvedimenti proporzionati alla gravità di ciò che è accaduto”. “Sappiamo che qualcuno ha sbagliato.
Qualcuno che ancora oggi fa colazione, trascorre Natale e Capodanno a casa coi suoi cari, guarda la tv, può andare a mangiare un gelato. Se fosse venuta Giorgia Meloni glielo avrei detto con la calma dei vinti, perché noi siamo dei vinti dal dolore e dalle assenze: ‘Avrebbe potuto essere tuo figlio’. Glielo dico da qui, dalle colonne di questo giornale: un suo abbraccio ci avrebbe aiutato. Se avesse mandato un ministro ci saremmo sentiti meno soli. Ringraziamo chi lo ha fatto al posto vostro. Non dimenticheremo chi c’era e nemmeno chi non c’era”.
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA CHOC DELLA CNN… I TRAPIANTI AVVERREBBERO IN INDIA, LA COMPRAVENDITA VEICOLATA DA ALCUNI GRUPPI FB
Vendere i propri organi per sopravvivere: è il terribile racconto che viene dalla Birmania, dove le persone più povere avrebbero iniziato a sottoporsi a questa pratica, effettuando la vendita a uomini e donne facoltose tramite Facebook. Il giro è stato scoperchiato da un’inchiesta della Cnn durata oltre un anno. Il meccanismo sarebbe il seguente: accompagnati da alcuni agenti, uomini e donne raggiungerebbero l’India per effettuare i trapianti, seppur la pratica sia illegale anche lì. La Cnn ha trovato annunci di vendita su almeno tre gruppi sul social network. E cita due casi: in uno, un uomo ha venduto il suo rene per circa 3mila dollari. In un altro caso, il rene è stato aggiudicato con 3.600 dollari.
Il giro d’affari
Sia i donatori che i riceventi (messi in contatto grazie all’intercessione degli agenti) hanno bisogno di falsificare tutti i documenti necessari e di organizzare l’intervento chirurgico. In India, infatti, le donazioni di organi sono consentite solo tra consanguinei. Per questo si falsificano i registri di famiglia, gli alberi genealogici e altri documenti con l’aiuto di avvocati e notai. Contattati dalla Cnn, né l’ambasciata della Birmania a New Delhi né il ministero indiano della Salute e del Benessere familiare hanno voluto rilasciare un commento.
I casi
Tra i casi citati dalla Cnn, c’è quello di una donna birmana con problemi renali che avrebbe pagato 12 milioni di kyat (circa 3.600 dollari o 3.300 euro) per un organo, venduto da un connazionale. La paziente ha dichiarato di essere stata costretta a ricorrere a questa soluzione dopo aver capito che seguendo la strada istituzionale avrebbe dovuto aspettare anni. Un periodo di tempo a cui non sarebbe sopravvissuta. Dall’altra parte un uomo, detenuto e torturato dalla giunta militare del paese per settimane, era rimasto senza lavoro ma in salute. Vendere il suo organo è stato l’unico modo che ha trovato per andare avanti: nel luglio 2023 è andato in India per fare l’intervento. Il suo rene è stato acquistato da un ricco uomo d’affari sino-birmano per 2.800 euro, 10 milioni di kyat birmani: quasi il doppio del reddito familiare medio annuo urbano in Myanmar, secondo i dati del 2019 della Myanmar Information Management Unit, affiliata alle Nazioni Unite.
Le cause
Dell’industria illecita farebbero parte decine di persone. Gli affari prosperano grazie alla disperazione profonda che imperversa in Birmania dopo lo scoppio della guerra civile. I gruppi armati si contengono la giunta, le strade sono regolate dalla violenza e la disoccupazione è salita alle stelle. Per non parlare dell’inflazione, schizzata a livelli proibitivi, anche riguardo ai beni di prima necessità. Tre anni fa, i militari presero il potere con un colpo di Stato. Da allora, quasi la metà della popolazione (54 milioni di abitanti) vive al di sotto della soglia della povertà. La cifra, secondo quanto rilevato dai ricercatori del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), è raddoppiata dal 2017.
(da agenzie)
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