Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
IL SINDACO ZATTINI (CANDIDATO CIVICO APPOGGIATO DAL CENTRODESTRA): “SIETE SOLO DELINQUENTI CHE NON MERITANO DI FAR PARTE DELLA NOSTRA COMUNITA’, QUESTA VIOLENZA NON RESTERA’ IMPUNITA”
Manifesti razzisti e di “difesa della Romagna” sono stati affissi sulle vetrine di una decina di negozi etnici nel centro di Forlì. A riportare la vicenda, sulla sua pagina Facebook, è il sindaco di centrodestra della città romagnola, Gian Luca Zattini che stigmatizza duramente il fatto e che, con le sue parole di condanna strappa il plauso del Pd forlivese.
“Voglio essere chiaro con le ‘persone’ che si sono macchiate di questa oscenità – scrive in un post – la ‘feccia’ siete voi, delinquenti senza scrupoli che non meritate di far parte di una comunità, come quella forlivese, che affonda le sue radici nella storia democratica e antirazzista di questo Paese e nei principi di tolleranza, inclusione sociale e solidarietà che reggono la nostra Costituzione. Forlì – aggiunge – non è e non sarà mai la vostra casa”.
Quindi, prosegue Zattini, “la violenza del vostro gesto non resterà impunita perché non ci può essere comprensione o alcuna giustificazione di fronte a qualunque forma di illegalità e violenza. Ecco perché ho dato mandato all’avvocatura comunale di rappresentare l’accaduto alla Procura della Repubblica perché siano svolte le opportune indagini ed individuati i responsabili. Un’ultima cosa, ma non meno rilevante: la Romagna a cui fate riferimento non esiste. La Romagna – conclude il sindaco di Forlì – è per definizione la terra dell’accoglienza. Se pensate che ci possa essere un futuro diverso da questo siete capitati nel posto sbagliato”.
Considerazioni, quelle di Zattini, apprezzate dal Pd locale. “Non possiamo che unirci alla ferma condanna del sindaco degli orribili volantini”, viene osservato in una nota” Si tratta di “un gesto vile e vigliacco che merita una presa di posizione unanime da parte di tutte le istituzioni e forze politiche e un impegno congiunto a favorire, a tutti i livelli, percorsi di conoscenza e integrazione, tra le tante culture che compongono la nostra comunità, rendendola più forte e più ricca”.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
LA PRIMA REGIONE AL VOTO, LA LIGURIA A FINE OTTOBRE, È QUELLA CHE LE DÀ PIÙ GRATTACAPI. IN BALLO LA CANDIDATURA DEL DEM ORLANDO: LA COSTRUZIONE DELL’ALLEANZA, NEL PIENO DELLO SCONTRO TRA CONTE E GRILLO, E CON ITALIA VIVA CHE ANCORA SOSTIENE LA GIUNTA DI CENTRODESTRA A GENOVA, SI RIVELA COMPLICATA
Il primo appuntamento pubblico è fissato per domani, festa dell’Unità in provincia di Siena e poi in serata a Campiglia marittima. A seguire una carrellata di incontri, tutti i giorni un palco fino al tradizionale comizio finale della festa nazionale, a Reggio Emilia l’8 settembre; in mezzo, il ritorno in tv, a In Onda sabato sera.
Finite le riservatissime ferie, si dice in Svizzera a trovare i genitori ma al quartier generale del Nazareno fingono tutti di non saperlo, per la segretaria del Pd Elly Schlein comincia una stagione di battaglie. Dalle alleanze da costruire con certosina pazienza alle Regionali in Liguria, Umbria ed Emilia-Romagna, fino al referendum contro l’Autonomia differenziata, ha trovato sul tavolo quelli che saranno gli appuntamenti decisivi dell’autunno. E pure i nodi che tocca a lei cercare di sciogliere.
Nelle settimane roventi di metà agosto, mentre il dibattito si avvitava da una parte sul tentativo di Matteo Renzi di far ritorno alla casa del centrosinistra, e dall’altra sul fantomatico complotto ai danni di Arianna Meloni, la leader dem ha scelto di non intervenire.
La prima questione, sa bene la segretaria, tocca nel vivo la comunità dem, e andrà risolta con un percorso prudente, non si può certo liquidare con frasi avventate o di circostanza; l’altra, l’ha considerata fin da subito come un astuto diversivo per non parlare di problemi reali. Come non ha detto la sua sull’apertura di Forza Italia allo ius scholae, in attesa di capire quali siano le reali intenzioni di Tajani.
Le uniche dichiarazioni diffuse dalle vacanze, sono state quelle contro il caporalato e per il salario minimo, con un’incursione nelle elezioni americane: «Forza Kamala, anche il Pd ti sostiene in questa sfida cruciale». Stati Uniti a parte, quello che cercherà di far passare al suo rientro: lavoro, giustizia sociale, sanità pubblica, sono i temi su cui intende riprendere il filo, quelli della campagna delle Europee che, è convinta, possono dare un’identità e un profilo chiari al suo partito.
Anche perché le urne riaprono presto: e proprio la prima regione al voto, la Liguria a fine ottobre, è quella che le dà più grattacapi. Mentre in Umbria e in Emilia i candidati sono già in campo sostenuti da coalizioni larghissime – dal M5S a Iv e Azione – è in Liguria che si stanno concentrando tutte le tensioni.
L’ex ministro Andrea Orlando è pronto da tempo, ma la costruzione di alleanze, tra il Movimento nel pieno dello scontro tra Conte e Grillo, e Italia viva che ancora sostiene la giunta di centrodestra a Genova, si sta rivelando complicata. Dal Pd danno prova di ottimismo, convinti di poter trovare la quadra alla svelta.
Ma non ignorano che, in quel territorio, si concentrano entrambi i problemi a cui la segretaria dovrà dedicarsi al più presto, se davvero vuole dare seguito alla costruzione di un campo largo: l’autocandidatura a farne parte di Renzi, che in tanti, a cominciare da Giuseppe Conte, rispedirebbero volentieri al mittente, e il delicato percorso del Movimento cinque stelle verso la sua costituente di ottobre.
Sul Movimento, la segretaria non proferisce parola, consapevole di quanto sia inopportuno per un leader politico mettere bocca sulle scelte interne di un altro partito.
(da La Stampa)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
“VANNO MIGLIORATE LE NORME E ADOTTARE LINEE GUIDA CHIARE ED ESAUSTIVE PER PREVENIRE E RISOLVERE I POTENZIALI CONFLITTI DELLE PERSONE CHE RICOPRONO INCARICHI ESECUTIVI DI ALTO LIVELLO”
L’Italia deve migliorare le norme e adottare linee guida “chiare ed esaustive” per prevenire e risolvere i potenziali conflitti d’interesse delle “persone che ricoprono incarichi esecutivi di alto livello”. “Le norme attuali chiaramente non coprono e non possono coprire tutte le situazioni in cui gli interessi di un ministro o di un consigliere potrebbero influenzare, o sembrare influenzare, l’esercizio obiettivo e imparziale delle sue funzioni ufficiali”. È quanto afferma il Greco, organo anticorruzione del Consiglio d’Europa, nel suo ultimo rapporto sull’Italia.
Nel rapporto dell’organo del Consiglio d’Europa si specifica che il suo obiettivo è quello di valutare l’efficacia del quadro normativo vigente in Italia per la prevenzione della corruzione delle persone che ricoprono funzioni esecutive di alto livello come il presidente del Consiglio dei ministri, i ministri con e senza portafoglio, i sottosegretari, i commissari straordinari del governo.
Greco, nel suo rapporto, rivolge in totale 19 raccomandazioni per migliorare l’efficacia delle disposizioni sulla materia, di cui 13 riguardano le persone che ricoprono funzioni esecutive e altre 6 le forze dell’ordine. Nel documento si osserva che “l’Italia dispone di un quadro normativo di dimensioni considerevoli in materia di prevenzione e lotta alla corruzione”, ma anche che questo insieme di disposizioni “è complicato da applicare, a scapito della sua efficienza”, e che questo “è evidente nella regolamentazione dei conflitti di interesse”.
Inoltre da Strasburgo si evidenzia che “nel diritto italiano non esiste una definizione generale della nozione di conflitto di interessi” e che “al contrario, diversi testi ne affrontano aspetti diversi per differenti categorie di persone”.
Tra le raccomandazioni rivolte all’Italia c’è anche quella “di adottare un codice di condotta per le persone con funzioni esecutive di alto livello che deve essere reso pubblico e contenere norme chiare relative ai conflitti di interessi e ad altre questioni che riguardano l’integrità, come regali, contatti con lobbisti e terzi in generale, attività esterne, contratti con autorità statali, la gestione delle informazioni confidenziali e le restrizioni post-incarico”. Da Strasburgo si indica anche che il codice di condotta dovrebbe essere collegato a un meccanismo credibile ed efficace di supervisione e di sanzioni.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
ED ELOGIA LE ONG: “TANTI BUONI SAMARITANI SI PRODIGANO PER SOCCORRERE E SALVARE I FERITI E GLI ABBANDONATI SULLE ROTTE DI DISPERATA SPERANZA” … DEDICATO ALLA FECCIA SOVRANISTA CHE GESU’ CRISTO AVREBBE CACCIATO A RANDELLATE DALLA CHIESA COME I MERCANTI NEL TEMPIO
“Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone, troppe, risultano mortali. Per questo oggi voglio soffermarmi su questo dramma, su questo dolore. Alcune di queste rotte le conosciamo meglio, perché stanno spesso sotto i riflettori; altre, la maggior parte, sono poco note, ma non per questo meno battute”.
Lo ha detto papa Francesco nell’udienza generale, in cui, rimandando la consueta catechesi, si è soffermato a riflettere sulle “persone che – anche in questo momento – stanno attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza”.
“Il ‘mare nostrum’, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”.
“Non dimentichiamo ciò che dice la Bibbia: ‘Non molesterai il forestiero né lo opprimerai’ (Es 22,20). L’orfano, la vedova e lo straniero sono i poveri per eccellenza che Dio sempre difende e chiede di difendere”, ha sottolineato il Pontefice. “Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti. E pure qui spesso non si tratta di morti ‘naturali’. No. A volte nel deserto ce li hanno portati e abbandonati .
Nell’epoca dei satelliti e dei droni, ci sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere. Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una crudeltà della nostra civiltà”, ha aggiunto Francesco, citando anche le foto di migranti morti lungo il loro cammino
“Voglio concludere riconoscendo e lodando l’impegno di tanti buoni samaritani, che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti”, ha detto papa Francesco nell’udienza generale.
“Questi uomini e donne coraggiosi sono segno di una umanità che non si lascia contagiare dalla cattiva cultura dell’indifferenza e dello scarto – ha sottolineato -. E chi non può stare come loro ‘in prima linea’, non per questo è escluso da tale lotta di civiltà: ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra tutti la preghiera”.
Pensando a chi sta ‘in prima linea’, il Papa ha citato Mediterranea Saving Humans, “e tante altre associazioni”. “Cari fratelli e sorelle – ha concluso il Pontefice -, uniamo i cuori e le forze, perché i mari e i deserti non siano cimiteri, ma spazi dove Dio possa aprire strade di libertà e di fraternità”.
“Su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato”, ha detto papa Francesco nell’udienza generale.
“Per accompagnare il popolo nel cammino della libertà, Dio stesso attraversa il mare e il deserto; non rimane a distanza, no, condivide il dramma dei migranti, è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro”, ha detto papa Francesco nell’udienza generale, aggiungendo quindi ‘a braccio’: “Il Signore è con loro, con i migranti, non con quelli che li respingono”. Parlando quindi delle morti in mare, Francesco ha osservato, sempre ‘a braccio’: “Pensate a tante tragedie dei migranti, quanti muoiono nel Mediterraneo! Pensate a Lampedusa, a Crotone, quante cose brutte!”.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
“SI OFFRE AL CENTROSINISTRA COME UN MENDICANTE DA MARCIAPIEDE CON LA SCIMMIETTA COL CAPPELLO IN BOCCA”… “IL PD DEVE ALLEARSI CON UNO CHE PRIMA L’HA AFFONDATO, POI HA FONDATO UN ALTRO PARTITO PER DARGLI IL COLPO DI GRAZIA”… “: È LA BASE DEL PD CHE NON VUOLE VEDERLO NEPPURE IN CARTOLINA”
Da due giorni stavamo in pensiero: erano già 48 ore che nessun giornalone intervistava Renzi. Ma ieri il Corriere ha colmato la lacuna con l’apposita Meli. La notizia (si fa per dire) […] è che il pover’uomo s’offre al centrosinistra come un mendicante da marciapiede con la scimmietta col cappello in bocca.
Solo che nessuno lo vuole (cioè la Schlein e alcuni combattenti e reduci del renzismo). Lui però risponde con una battutona: “Servono voti, non veti”, che sarebbe anche carina se non l’avesse già fatta in tutte le altre 67 interviste agostane.
La Meli è affranta: “Conte mette il veto su Iv”. Ma il problema non sono i 5S, Avs e Calenda: è la base del Pd che non vuol vederlo neppure in cartolina. Gli iscritti al CVR (Comitato Vittime Renzi) sono legione, ma i più incazzati sono gli elettori e i militanti dem, da quando si videro scippare il partito da un finto rottamatore e vero restauratore che li trascinò dal 40,8% del 2014 al 18,8 del 2018 alla scissione del 2019.
Il resto è il delirio ombelicale di un mitomane che crede di contare ancora qualcosa: “Siamo decisivi nei collegi marginali dove il risultato si gioca sull’1-2%” (ma lui può farne perdere il triplo). “La Meloni ha capito il valore della nostra mossa (non dice quale, ndr): non a caso ha passato agosto a farci (noi chi? ndr) attaccare dai suoi” (sembra che la premier abbia fatto testamento). “In politica estera Conte è imbarazzante” (pare che non prenda soldi da Bin Salman, non sia amico del genero di Trump e non faccia affari con oligarchi russi e spioni israeliani).
Siccome non c’è un solo punto comune fra lui e il centrosinistra, infatti Iv vota spesso con la destra o si astiene, spiegare perché i bersagli dei suoi insulti dovrebbero riabbracciarlo è arduo pure per lui. E oplà: “La Convention di Chicago è il modello per superare le divisioni”, perché i dem “lavorano nella stessa direzione per far vincere la Harris”.
Cioè: in America il Partito democratico si allea col Partito democratico per far vincere la candidata del Partito democratico, ergo in Italia il Pd deve allearsi con uno che prima l’ha affondato, poi ha fondato un altro partito per dargli il colpo di grazia.
Ora purtroppo toccherà attendere almeno altre 24 ore per leggere la prossima intervista, dal titolo: “Servono voti, non veti”. Sottotitolo: “A.A.A. Offresi postulante tuttofare disponibile per alleanze, battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, feste di laurea, addii a celibato/nubilato. Prezzi modici”.
Marco Travaglio
per “il Fatto quotidiano”
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
IL PORTAVOCE FORZISTA, RAFFAELE NEVI: “COSÌ NON SI PARTE. IL VIA ENTRO NATALE? MA DI QUALE ANNO?” … TRA GLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA, SOPRATTUTTO AL SUD, CRESCE IL MALESSERE
Un pressing costante e neppure più tanto discreto. Sull’Autonomia la Lega viene messa all’angolo dagli alleati. Forza Italia vincola senza mezzi termini l’applicazione della riforma all’approvazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che sono il cuore politico della legge. E la novità è che anche fra i Fratelli d’Italia, nel Sud più sensibile (anche elettoralmente) agli effetti delle nuove norme, cresce il malessere.
Il campo di gioco della maggioranza, a due giorni dal vertice dei leader, si trasforma in un ring. La miccia la innesca il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana: «I Lep? Sono un problema che andrà affrontato e superato, ma in un secondo momento. Ora partiamo con le altre materie». La conferma di una chiara volontà di accelerare, da parte del Carroccio, anche senza intesa su un piano delle risorse da assegnare alle Regioni, in settori nevralgici come la Sanità, sofferenti soprattutto nel Meridione.
Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia e fedelissimo di Antonio Tajani, al telefono non nasconde le sue riserve. Anzi: «Senza i Lep non c’è l’Autonomia. Se Fontana dice il contrario, non ha letto la legge». Nevi smorza l’entusiasmo di chi, fra i leghisti, ha addirittura azzardato il via alla riforma entro Natale: «Ma Natale di quale anno?», scherza il deputato forzista.
La Lega, in attesa della definizione dei Lep, vuole cominciare a prendersi le deleghe sulle altre materie, non di poco conto, come il commercio estero: quelle, per intenderci, reclamate dal governatore Luca Zaia. Esattamente il contrario di quanto FI, ma anche Fratelli d’Italia, hanno espresso in Aula, prima del varo della legge alla Camera.
Un ordine del giorno firmato dai forzisti Barelli, Russo, Pagano e dallo stesso Nevi, mette ad esempio un freno deciso alla partenza dell’Autonomia, impegnando il governo a fare un’analisi di impatto dei provvedimenti che le Regioni intendono prendere in settori esclusi dai Lep.
Dentro FI, comincia a circolare insistentemente la voce di una possibile resistenza in Aula, da parte del partito di Tajani, quando le intese saranno sottoposte al voto (anche se non vincolante) del Parlamento.
Quella sì che sarebbe un’anticamera della crisi per il centrodestra e il suo governo. Anche perché Meloni continua ad assistere in silenzio al dibattito che sull’Autonomia infiamma la sua maggioranza.
Ma alcuni esponenti di FdI mettono le mani avanti. E con circospezione piantano dei paletti: «Premesso che incoraggiamo l’attuazione della legge – dice il capogruppo vicario di FdI alla Camera Manlio Messina – e che non crediamo possa danneggiare un Meridione che senza Autonomia non mi sembra sia decollato, non si può prescindere dalla definizione dei Lep. Se Zaia ritene che il Veneto possa partire senza i livelli essenziali di prestazione, bene. Il Mezzogiorno ha bisogno che vengano fissati. E che siano determinate le risorse». Messina, per inciso, è catanese, espressione di un Sud preoccupato per un’Italia a due velocità.
Il presidente dell’Assemblea siciliano Gaetano Galvagno, vicino a La Russa, ribadisce una linea di prudenza già espressa a fine luglio: «A me non spaventa l’Autonomia, mi preme piuttosto che tutte le Regioni partano dallo stesso nastro».
E in Campania, all’interno di FdI, il clima è simile: «Da sola l’Autonomia non risolve gli squilibri sui territori », afferma il coordinatore regionale Antonio Iannone, che non si sbilancia sui futuri voti in Aula sulle intese fra Stato e Regioni: «Vediamo che proposte porteranno».
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
IL RITRATTO DELL’INFLUENCER-MODELLA CHE INONDA I SUOI PROFILI SOCIAL DI FOTO CON SANGIULIANO, MA ANCHE CON LOLLOBRIGIDA E ALTRI FRATELLI D’ITALIA
Giallo al ministero della Cultura. Chi è Maria Rosaria Boccia, la quarantunenne presidente dell’associazione Fashion Week Milano Moda che si mostra spesso insieme al titolare della Cultura Gennaro Sangiuliano? E soprattutto perché festeggia una nomina da consigliere del ministro se questa designazione non risulta a nessuno?
Dal dicastero di Sangiuliano smentiscono nettamente la notizia a Repubblica: “Non c’è alcuna nomina”. Boccia, che pubblica decine di foto al fianco del ministro, si era esposta due giorni fa via social: “Grazie a Gennaro Sangiuliano per la nomina a Consigliere del Ministro per i Grandi Eventi”. Ma anche sul sito del ministero non è stato pubblicato alcun decreto di nomina a firma di Sangiuliano.
Dalle foto su Instagram è chiara la vicinanza della donna al ministro della Cultura: selfie con Sangiuliano a Pompei, a Rimini, alla Pinacoteca di Brera (presente anche La Russa junior), al festival di Taormina, a Sanremo e alla Camera dei Deputati.
Scorrendo il suo profilo social, prima del titolare della Cultura, spuntano foto con diversi parlamentari di FdI e qualche posa anche con Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare. Boccia infatti è l’ideatrice dell’intergruppo parlamentare “Dieta mediterranea, nutrizione, prevenzione & cultura”
A scartabellare tra i suoi molti post si nota pure che Boccia è diventata la presidente del Comitato tecnico-scientifico di un altro intergruppo, quello sulla chirurgia estetica dal nome “La cultura della Bellezza: Medicina Estetica, Formazione, Ricerca e Benessere”. Queste nomine sì, esistono. L’altra, quella da consulente di Sangiuliano, come anticipato da Dagospia, invece no.
Fiutato il putiferio, almeno tra gli addetti ai lavori, Boccia però non fa marcia indietro e ribadisce la sua versione in una story sui social: “Ad oggi il decreto di nomina a consigliere ai Grandi Eventi (a titolo gratuito) è stato firmato dal Ministro e attendiamo la ratifica. Una volta ratificata il Ministro, poiché è un incarico fiduciario, può decidere in qualsiasi momento di revocarla e non penso debba interessare nessuno se non i diretti interessati”. A Repubblica Boccia non risponde e al Collegio Romano non risulta nulla di tutto ciò.
(da La Repubblica)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
“AI TEMPI DELLA GUERRA NEI BALCANI, SLOBODAN MILOSEVIC DIVENNE MIO AMICO. MI PARLÒ MALISSIMO DI MLADIC, L’UOMO CHE GUIDAVA L’ESERCITO SERBO IN BOSNIA. ANDARLO A TROVARE DURANTE LA PRIGIONIA? CI PENSAI MA ERO STATO NOMINATO VESCOVO DI TERNI, NON C’ERANO LE CONDIZIONI”
Monsignor Paglia, lei ha appena scritto il Piccolo lessico del fine vita e sta dialogando con le più grandi aziende tecnologiche sull’Intelligenza artificiale. Trent’anni fa, il mondo guardava a lei come artefice di un’incredibile mediazione per i Balcani. Che cosa ricorda?
«Nel 1996 feci la spola tra Slobodan Milosevic e Ibrahim Rugova per concordare un testo di accordo di pace che partisse dalla scuola per poi proseguire con altri campi. Ma il vero rimpianto è per qualche anno prima, quando c’erano tutte le condizioni perché serbi, croati e bosniaci accogliessero Papa Giovanni Paolo II per parlare di una possibile trattativa di pace».
Come andò?
«Inviato da Papa Giovanni Paolo II, feci un viaggio unico passando da Zagabria, Sarajevo e Belgrado. Avevo convinto il presidente serbo Milosevic, il presidente croato Tudjiman, Karadzic e il bosniaco Jzetbegovic ad accoglierlo nelle rispettive capitali. Per avviare gli incontri. L’ipotesi saltò per l’opposizione del patriarca della chiesa ortodossa».
Che ricordi ha di Milosevic?
«Dirlo potrebbe farmi fatica e può generare dispiacere. Ma la verità è che, dopo numerosi contatti franchi ma tesi al bene sia dei serbi che degli albanesi, mi divenne amico. Di qui la mia convinzione che le parole a volte contano più delle armi. Non è ingenuità, fa parte della politica».
Era comunque l’uomo della pulizia etnica contro i musulmani di Croazia, Bosnia, Kosovo.
«Vede, la politica e la storia in alcuni momenti ci consegnano a realtà deformate, distorte, incomprensibili. E le esistenze di alcuni uomini, in queste realtà, rimangono imprigionate. Vale anche per Milosevic. Che mi parlò malissimo di Mladic, l’uomo che guidava l’esercito serbo in Bosnia».
Dopo che fu arrestato, Milosevic chiese mai di parlarle?
«Seppi che ad altre persone aveva chiesto di me, questo posso dirlo perché mi era stato riferito da più testimoni».
Pensò mai di andarlo a trovare durante la prigionia?
«Ci pensai, certo. Ma nel frattempo ero stato nominato vescovo di Terni, non c’erano le condizioni perché potessi andarlo a visitare».
La vocazione, la chiamata: un fulmine o figlia di un processo lungo?
«La decisione di iscrivermi al seminario la presi da solo, a dieci anni. Mio padre, che era un uomo decisamente silenzioso, il giorno prima di partire volle parlarmi. Tanto la circostanza mi sembrava strana che ricordo ancora nitidamente quell’istante. Quando ci trovammo soli mi chiese: “Ma tu vuoi andare in seminario per studiare o per farti prete-prete? Perché se vuoi andare in seminario per studiare, non ti preoccupare, io ti mando direttamente a Frosinone”, che per noi ciociari voleva dire andare a studiare nella capitale».
Era la sua speranza, che fosse solo questione di studi?
«Non credo. Credo sperasse nel figlio che voleva diventare prete-prete».
Lei che cosa gli rispose?
«Che volevo fare il prete. E così sarebbe stato. Fu un processo, più che un fulmine. Anche se il momento della messa mi piaceva talmente tanto che già a cinque anni mi immaginavo dietro l’altare».
Primo incarico?
«Incardinato nella diocesi di Roma, nel 1970 mi mandarono a fare il viceparroco a Casal Palocco».
Il quartiere che Nanni Moretti avrebbe stroncato nel film Caro diario, accusando i suoi abitanti di essersi condannati a un’esistenza fatta di giornate in pantofole, film in cassetta, pizze nel cartone e cani dietro i cancelli.
«Quando arrivai io ci abitavano quasi esclusivamente ingegneri e piloti dell’Alitalia. Devo ammettere che l’impressione che mi diede, nel corso di quegli anni, fu quella di una sorta di realtà falsa».
Poi arrivarono la Chiesa di Sant’Egidio, la dedizione per quella Comunità
«L’idea della Chiesa fuori dalla chiesa, l’attenzione per quello che succedeva nella periferia di Roma, che diventò il centro del nostro agire spirituale e umano. Erano anche gli anni del terrorismo, i ciclostilati con la stella a cinque punte delle Brigate rosse spuntavano fuori ovunque: a Primavalle, alla Garbatella, a Ostia nuova. L’ascolto e il Vangelo divennero un’alternativa alle scelte politiche estremiste, alla violenza».
L’incontro con Papa Giovanni Paolo II?
«Il faccia a faccia con noi di Sant’Egidio lo colpì molto perché fu molto franco e poco, come dire, ossequioso. Gli facemmo vedere un filmato sulla periferia di Roma. “Questa periferia lei forse non la vedrà mai. Qui le parrocchie non arrivano”. Ne rimase colpito, infatti ci sostenne».
E la prima volta che vide Papa Francesco?
«Risale a molto prima che diventasse Papa, ad un incontro a Valencia. E poi sapevo di lui dagli incontri con la Comunità di Sant’Egidio a Buenos Aires, dove spesso si recava anche don Matteo Zuppi. Già allora vedevamo in lui l’espressione di una nuova visione della Chiesa. Una Chiesa povera con i poveri».
L’ambizione a diventare cardinale lei ce l’ha, don Vincenzo?
«Papa Wojtyla voleva nominarmi vescovo già quando avevo 40 anni. Lo sono diventato a 55, e felicemente, per conservare la mia libertà».
Ma diventare cardinale le farebbe piacere oggi?
«Sempre però tenendo conto della mia età (80 anni l’anno prossimo, ndr ) e della convinzione che nessuna carica vale la libertà…».
E si torna alla politica. Chi sono i politici con cui ha dialogato di più?
«Sono e sono stati tantissimi. Da Moro a Cossiga, da Ciampi a Napolitano. Voglio ricordare quel che mi raccontava Scalfaro a proposito dei lavori dell’Assemblea costituente e del clima diverso che si respirava il pomeriggio rispetto alla mattina».
In che senso, scusi?
«Di mattina, quando si discutevano le leggi ordinarie, la conflittualità tra le forze politiche esplodeva. Nel pomeriggio, quando si discuteva della Costituzione, quelle conflittualità quasi scomparivano: tutti erano tesi a scrivere una Carta per la ricostruzione di un Paese che fosse per tutti. Quello spirito andrebbe ritrovato, e con urgenza».
Ne trova traccia oggi, nel 2024, nel confronto politico tra maggioranza e opposizione?
«La povertà di visioni, come quella che contraddistingue per esempio il sovranismo, fa più aspro il confronto, complica la ricerca di punti di mediazione e rende più difficile il raggiungimento dell’obiettivo del bene comune, secondo me».
Lei ha scritto il glossario del fine vita. Come vorrebbe morire?
«A casa mia, circondato dagli affetti più cari. Pensiamo troppo poco a come l’allungamento della vita e le tecnologie più avanzate portino con sé anche l’allungamento delle malattie e della sofferenza».
Per la Chiesa l’eutanasia rimane un tabù.
«Io penso che le sofferenze degli uomini vadano sottratte ai meccanismi freddi delle leggi. La morte fa un lavoro sporco che nessun uomo deve fare per lei. Ma va umanizzata, anzi ri-umanizzata, questo sì» .
(da Corriere della Sera)
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Agosto 28th, 2024 Riccardo Fucile
I DUE PRIMA CI SCHERZANO SU E POI VANNO DALLA POLIZIA POSTALE A DENUNCIARE… IL LEADER DI FI: “FINCHE’ SI SCHERZA OK, MA QUANDO SI VUOL TRASFORMARE UNA FAKE NEWS IN UN ATTACCO POLITICO, ALLORA NON VA PIÙ BENE. IO SOSTENGO LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA DELLA CITTADINANZA PERCHÉ È GIUSTA E NON PERCHÉ HO UNA IPOTETICA FIGLIA DEL PD”
Prima si sono fatti una risata per l’assurdità della situazione, poi hanno fatto una denuncia alla polizia postale. Perché, spiega al Corriere il vicepremier Antonio Tajani (FI), «finché si scherza va tutto bene, poi però quando si vuol trasformare una fake news in un attacco politico o, peggio, in una speculazione, allora non va più bene».
Un parere che la sua omonima del Pd, la senatrice Cristina Tajani — economista, già militante di Rifondazione comunista e dirigente di Sel, ex assessora del Comune di Milano prima con Giuliano Pisapia e poi con Beppe Sala — condivide in pieno. «Io — precisa raggiunta al telefono mentre è ancora nella sua Puglia — neanche l’avevo vista questa cosa. È stato Antonio (Tajani, ndr) a chiamarmi per dirmi che sui social circolava questa bugia che sono sua figlia».
Già perché qualche giorno fa qualcuno ha messo in giro la voce — amplificata poi da Google che, alla domanda «chi è la figlia di Antonio Tajani?», dava una risposta ambigua che non aiutava a fare chiarezza — che la dem, 46 anni da compiere, fosse tra la prole del vicepremier azzurro (71). E per questo, allora, lui avrebbe abbracciato la battaglia sullo ius scholae, con la riforma della cittadinanza avversatissima dai suoi alleati di governo. «Nulla di più falso», garantisce Tajani senior, che una figlia (e un figlio) ce l’ha per davvero.
«Ma si chiama Flaminia e si sposa il prossimo anno». «Io — aggiunge per sgomberare ulteriormente il campo dagli equivoci — sostengo la necessità di una riforma della cittadinanza perché è giusta e non perché ho una ipotetica figlia del Partito democratico, che non ho». Anzi, la figlia del vicepremier è stata la prima a accorgersi della fake news «e dopo averne riso, mi ha chiamato per avvertirmi. Così mi sono mosso».
Dal canto suo Cristina Tajani si è esposta fino a pubblicare un lungo post sui social in cui ha messo una foto con suo papà Ernesto e ha «mandato un abbraccio alla figlia del ministro Tajani» perché «ci vuole anche rispetto delle persone che stanno intorno a noi: certe chiacchiere rischiano di nuocere a coloro cui vogliamo bene». E anche perché, in fondo, quella proposta di ius scholae avanzata dal leader di FI non è che la convinca poi così tanto: «Lo ius soli sostenuto dal Pd è certamente una riforma migliore e più avanzata», rimarca.
A far circolare la bufala di una parentela così stretta tra i due, una galassia di account di destra
(da agenzie)
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