Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
NEL 2009, CON BERLUSCONI A PALAZZO CHIGI, FINI, DA PRESIDENTE DELLA CAMERA, DISSE CHE ERA FAVOREVOLE A CAMBIARE LA LEGGE. POI PERÒ NON SE NE FECE NIENTE. LA LEGA DI BOSSI, COME OGGI QUELLA DI SALVINI, ERA CONTRARIA
“Sulla cittadinanza io non ho cambiato idea e confermo tutto quello che dicevo allora”. Così Gianfranco Fini, ex presidente della Camera e storico leader di Alleanza nazionale, commenta il dibattito in corso sulla riforma della cittadinanza.
Interpellato dall’ANSA, conferma che la sua posizione è quella sostenuta 15 anni fa sia rispetto alla società che è cambiata grazie agli italiani di seconda generazione, sia rispetto alla necessità di un intervento normativo.
Era il 2009, a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi con il suo quarto governo di centrodestra (Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega nord) e Fini, terza carica dello Stato, si espresse apertamente e nettamente a favore di una modifica della legge in chiave di ‘ius scholae’.
Ossia il riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri che abbiano completato un percorso scolastico che va dalle elementari alle medie, accompagnato dal consenso dei genitori e dalla volontà reale di diventare cittadini.
All’epoca, a dare il là al dibattito fu una proposta di legge bipartisan (i sostenitori erano Andrea Sarubbi del Partito democratico e Fabio Granata del Pdl) che proponeva di modificare uno dei requisiti per ottenere la cittadinanza, dimezzando (da 10 a 5) gli anni di residenza continuativa in Italia. Unici contrari i leghisti di Umberto Bossi, un po’ freddi gli altri alleati.
Anche allora un’accelerazione venne dallo sport: ad agosto del 2009 la squadra italiana under 15 di cricket vinse il campionato europeo e tra i giocatori c’erano soprattutto figli di immigrati.
Fini spinse a lungo la battaglia per una nuova legge e alla festa del Pdl di Milano di quell’autunno ribadì: “Non è uno scandalo porre una questione che è di civiltà politica” e che “è urgente”, perchè “di stranieri in Italia ce ne saranno sempre di più”.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL FATTO E’ AVVENUTO A SORA, IN PIENA NOTTE: ALLA BASE DELLO SCONTRO IL RUMORE DELLA MUSICA PER LA FESTA DEGLI UNIVERSITARI (CHE NEGANO: “LA MUSICA ERA SPENTA, PULIVAMO IL PARCO”)
“Tu mia hai rotto i co….ni” poi pochi passi e parte il ceffone. Il ragazzino che lo riceve porta la mano al viso, non reagisce, incredulo dice solo “Ma come ti permetti?”. Il ragazzino è Filippo Mosticone, studente di Giurisprudenza a Roma e componente dell’associazione Sorani Fuorisede che riunisce i giovani della città che hanno lasciato Sora per frequentare gli studi. Ed è anche presidente di Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia. A dargli lo schiaffo è l’avvocato Federico Altobelli, capogruppo di FdI in città e consigliere comunale di minoranza a Sora dopo essere stato candidato sindaco del centrodestra nella scorsa tornata.
FESTA AD ALTA TENSIONE
L’episodio è accaduto la notte scorsa nel Parco Valente di Sora, al termine di un’iniziativa musicale dell’associazione Sorani Fuorisede: come da Ordinanza la musica era stata spenta ed i ragazzi dicono che stavano pulendo la piazza.
Il Consigliere nei giorni scorsi si è lamentato con veemenza per la loro presenza. Non per questioni politiche. Ma di rispetto della quiete. Ed aveva fatto una richiesta di accesso agli atti per verificare le autorizzazioni. L’evento è alla sua terza edizione, raccoglie una grande partecipazione giovanile ed in queste serate ha toccato i temi delle dipendenze, dell’occupazione giovanile e della sessualità accogliendo diverse esperienze e scuole di pensiero.
Pare che Altobelli si fosse lamentato del baccano oltre la mezzanotte. Il video lo ritrae in pantaloncini e maglietta neri che se la prende con i ragazzi dicendo qualcosa del tipo “è dalle quattro che state giocando…”. Uno nel gruppo gli risponde che stanno con la sua stessa parte politica e che la loro iniziativa è contro governo civico di centrosinistra che amministra la città di Sora. Alle sue spalle si sente qualcuno che batte le mani.
Se sia una provocazione al Capogruppo di Fratelli d’Italia o appoggio al ragazzo che ha appena parlato non si sa. Si vede solo che l’avvocato Federico Altobelli perde le staffe, si gira, compie tre o quattro passi ed assesta lo schiaffo al ricciolino che applaudiva: “Tu mi hai rotto i coglioni”. Il ricciolino è il presidente del Giovanile del suo Partito.
“Siamo esterrefatti” dice Mosticone. C’è stato un chiarimento? Macché. “Non abbiamo ricevuto scuse dal Consigliere. Abbiamo altri due giorni per dimostrare che siamo tutto il contrario della prepotenza e aggressività che ci ha colpiti, ma ambasciatori di dialogo, incontro, aggregazione, divertimento sano”.
L’iniziativa è contro il Comune? “No, assolutamente. Questa è un’iniziativa di giovani e per i giovani a prescindere dalle collocazioni politiche. È contro nessuno, men che meno contro l’amministrazione comunale di Sora”.
Parla di una situazione dovuta all’esasperazione l’avvocato Federico Altobelli. E di una condizione di invivibilità per tutta la popolazione della zona a causa dei rumori. Il video? “Venti secondi decontestualizzati, preceduti da una telefonata al 112 con la richiesta di intervenire per far cessare gli schiamazzi alle 4 del mattino dopo una nottata in bianco”. E non solo: per l’avvocato Altobelli prima di perdere le staffe “c’erano stati ben 4 episodi di provocazione, fatti da uno dei giovani che mi ha insultato ripetutamente”.
Ma la musica era spenta ed i ragazzi stavano pulendo? “Quella degli altoparlanti, ma erano accese le radio e c’era chi giocava a basket e chi a calciobalilla. E si continuava a bere. Ribadisco erano le 4 del mattino: inaccettabile”.
Problema politico? Assolutamente no “È un problema di educazione. Infatti, dopo il mio gesto, a quel ragazzo ho detto ‘Domani chiamo tua madre e gli racconto quanto sei maleducato‘ ”.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“ESSERE ITALIANO NON E’ LEGATO A SETTE GENERAZIONI, MA A QUELLO CHE SEI” … E ALLORA CHE CI STAI A FARE CON I SOVRANISTI DELLA DOMENICA?
Lo ius scholae divide i partiti della maggioranza di governo (qui tutte le posizioni sulla riforma della cittadinanza) ma il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani punta a rassicurare sulla tenuta del governo anche se dal Meeting di Rimini non rinuncia a una battuta all’alleato leghista Matteo Salvini, che invece continua a insistere per lasciare la legge così com’è.
Parlando del ruolo della cooperazione italiana in Africa e del Piano Mattei il leader di Forza Italia, molto applaudito, ha detto: «Non voglio parlare degli africani che poi possono diventare cittadini italiani perché poi qualcuno si arrabbia. Mi riferivo allo ius scholae, ma non c’è niente di straordinario».
Sono tanti i temi – gli chiedono – che vi allontanano dalla Lega? «No, io non ho alcuna preoccupazione da questo punto di vista. Siamo partiti diversi, se no saremmo un partito unico. Siamo per il programma di governo, quello che ci vincola è il programma. Per quanto riguarda lo ius scholae, non è parte del programma di governo, quindi noi possiamo esprimere il nostro giudizio, ne parleremo anche con i nostri alleati. È una nostra opinione. Così come ci sono altri punti che non sono nel programma di governo che vengono sottolineati da altri alleati e ne parliamo. Però non è che perché un tema non è nel programma di governo non se ne può parlare. Ognuno ha diritto di dire. Io non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualche cosa a me, quindi sono libero di parlare».
Il vicepremier è assolutamente convinto, dice, che sullo ius scholae «bisogna andare avanti: la realtà italiana è questa». Per lui, «essere italiano, essere europeo, ed essere patriota non è legato a sette generazioni, ma a quello che sei tu. Bisogna guardare la realtà per quella che è. Io insisto sulla formazione, sull’identità e sulla cultura perché se accetti di essere europeo nella sostanza sei italiano e europeo non perché hai la pelle bianca, gialla, rossa o verde ma perché dentro di te hai quelle convinzioni, perché dentro di te vivi quei valori, perché dentro di te hai quell’anima europea. Se poi i tuoi genitori sono nati a Kiev, La Paz o Dakar è la stessa identica cosa», ha aggiunto il titolare della Farnesina. «Io preferisco quello che ha i genitori stranieri e canta l’inno di Mameli all’italiano da sette generazioni che non lo canta».
Tajani perciò, sul tema, tira dritto: «Avere delle idee, discutere, non significa né essere contro né essere ai ferri corti né fare polemica. Ognuno ha le sue idee, noi abbiamo la nostra identità. Non rinunciamo e non rinunceremo mai alla nostra identità. Siamo parte della coalizione, siamo leali. Io ho tanti difetti, ma certamente la lealtà è uno dei pochissimi pregi che ho. Sono sempre stato leale al centrodestra dal 1994 ad oggi, quindi da questo punto di vista il governo può dormire sonni tranquilli per quanto riguarda Forza Italia».
Il leader è tornato a insistere sul progetto di attrarre nuove forze centriste: «Siamo parte integrante del centrodestra – ha spiegato -, noi vogliamo però allargare i confini del centrodestra per far avere più voti al centrodestra. Il nostro compito è quello di prendere i voti al centro, cioè quelli che stanno tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Non andiamo a cercare voti nell’elettorato della Lega o di Fratelli d’Italia, li andiamo a cercare dove si possono allargare i confini. È quello che stiamo facendo. Credo che di questo tutti quanti debbano essere grati a Forza Italia, perché sta costruendo un percorso che ci porterà a crescere come forza politica e anche come coalizione di centrodestra».
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL TASSO DI OCCUPAZIONE MEDIO DEI NEOLAUREATI È DEL 67,5%, MENTRE IN EUROPA ARRIVA ALL’83,5%
Italia fanalino di coda in Europa. L’ultima graduatoria stilata da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione, per misurare il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 20 e i 34 che hanno in tasca, da non più di tre anni, un diploma di istruzione secondaria superiore oppure una laurea o un master universitario.
Diffusa ieri, la stima per l’anno 2023 inquadra il valore medio nell’Ue a 27 all’83,5%, mentre in Italia scende drammaticamente al 67,5%, alle spalle di Grecia, penultima con 72,3%, e Romania, con 74,8 . Quelli di Eurostat sono «numeri che fanno pensare», ha commentato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni con un laconico post su X, l’ex Twitter, a corredo dei dati.
Il tasso di occupazione complessivo dei neodiplomati e neolaureati negli anni immediatamente successivi al conseguimento del titolo si attesta come pari o superiore all’80% in 22 Paesi Ue su 27, segnala Eurostat, celebrando un trend positivo e in costante miglioramento per l’Ue nel suo insieme. Si tratta, infatti, di un incremento dell’1,1% rispetto ai dati del 2022.
«È importante assicurarsi che il passaggio dall’istruzione al lavoro avvenga senza problemi per evitare il rischio di diventare una persona non occupata né inserita in un percorso di istruzione o formazione (i cosiddetti “Neet”)», spiegano i tecnici di Eurostat in una nota di accompagnamento alla statistica, pur riconoscendo che «il rischio di diventare “Neet” diminuisce con il livello di istruzione».
La scorsa primavera, presentando i dati relativi alla forza lavoro nell’Ue nel 2023, Eurostat aveva segnalato che 195,7 milioni di persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni nell’Ue possono contare su un impiego: la percentuale (75,3%) è la più elevata dall’inizio della misurazione nel 2009, e anche il terzo valore più alto di fila dopo la battuta d’arresto rappresentata dalla pandemia.
Anche in questa occasione, però, l’Italia si è piazzata all’ultimo gradino della classifica a 27, con appena il 66%, in compagnia ancora una volta di Grecia (67%) e Romania (69%), mentre in vetta alla graduatoria figurano Paesi Bassi (84%), Svezia (83%) ed Estonia (82%).
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“IL PESO DELLA FASCIA DI POPOLAZIONE IN ETÀ AVANZATA CRESCERÀ SULLA QUOTA DI INDIVIDUI IN ETÀ LAVORATIVA (15-64 ANNI). ALLARGARE LA BASE CONTRIBUTIVA È FONDAMENTALE PER LA SOSTENIBILITÀ DEL SISTEMA”
«Allargare la base contributiva è fondamentale per la sostenibilità del sistema». Una missione di cui è convinto Gabriele Fava, da pochi mesi nominato alla presidenza dell’Inps. Per Fava è la prima uscita pubblica e la passa a stringere mani e ad ascoltare le richieste del “popolo del Meeting”, ripetendo una frase che suona come uno slogan: «L’Inps c’è e ci sarà sempre».
Qual è lo scenario pensionistico a cui andranno incontro gli under 35 di oggi?
«In Italia ci sono 10,4 milioni di giovani 18-34 anni, quelli che lavorano sono circa 7 milioni, di questi l’80% presenta contributi stabili nell’ultimo quinquennio coprendo mediamente circa l’80% dell’intero periodo. I restanti, da ritenersi precari o addirittura senza una copertura assicurativa, sono sostenuti da ammortizzatori sociali tra i più inclusivi e generosi dei paesi europei.
Per avere uno scenario pensionistico adeguato, occorre assicurare ai giovani lavoratori opportunità di lavoro, ben retribuito e coperto dal punto di vista previdenziale, sostenendoli con misure di politiche attive del lavoro, non solo passive. Uno degli obiettivi dell’Inps sarà ingaggiare le giovani generazioni sulla “questione previdenziale” e aiutarli nella costruzione del proprio “salvadanaio previdenziale”».
Come l’Inps potrà reggere l’urto dell’inverno demografico?
«Nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale e questo determina la necessità di ripensare l’attuale sistema di welfare, previdenziale, assicurativo, sanitario. Crescerà il peso di questa fascia di popolazione sulla quota di individui in età lavorativa (15-64 anni). Occorre cogliere l’opportunità di riconsiderare questi cittadini non più come un costo, ma come una risorsa, sostenendo la cosiddetta silver economy.
In tal senso ricordiamo che il bilancio per l’anno 2023 restituisce la fotografia di un Istituto con i conti in ordine. Dobbiamo avere fiducia nella capacità del sistema Paese di saper affrontare le sfide di cambiamento, grazie anche a un avanzato sistema di welfare».
Si è parlato spesso di una carenza di organico. Come procede il piano di assunzioni?
«L’anno scorso l’Inps ha assunto oltre 5mila persone, in larga parte funzionari ma anche medici, tecnici ed avvocati. Entro la fine dell’anno saranno banditi concorsi per oltre 2.500 persone, di cui quasi 2mila per fronteggiare le nuove competenze attribuite all’Istituto in ambito sanitario e circa 400 nuovi ispettori di vigilanza previdenziale».
Questione Tfs e Tfr: per alcune categorie di dipendenti pubblici si parla anche di sette anni di attesa. Perché?
«Ci sono motivazioni legate alla normativa che prevede il differimento del Tfs/Tfr all’età di vecchiaia se si utilizzano canali di pensionamento anticipato come quelli delle quote.
Per quanto riguarda i tempi di liquidazione Inps i tempi mediani non sono distanti dalle previsioni di legge, ci sono casi residuali attribuibili principalmente a ritardi di comunicazione tra pubbliche amministrazioni che non consentono tempestività nell’erogazione della prestazione. L’idea di devolvere obbligatoriamente parte del Tfr ai fondi complementari o ai fondi pensioni aperti mi trova d’accordo. È il momento più opportuno per farlo».
(da La Stampa)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I DATI DELL’OCSE: SOLO LA GERMANIA, ORMAI IN RECESSIONE, FA PEGGIO TRA I PAESI DEL G7 (CON -0,1%)… IL PRODOTTO INTERNO LORDO RALLENTA RISPETTO AL PRIMO TRIMESTRE, QUANDO AVEVA FATTO SEGNARE UN PUR MODESTO +0,3%. LA MEDIA DELLE 7 MAGGIORI POTENZE DEL MONDO È DELLO 0,5
Il Pil dei Paesi Ocse è cresciuto dello 0,5% nel secondo trimestre del 2024, in analogia con il trimestre precedente e in linea con le attese. Lo fa sapere l’Ocse. Il Pil dei Paesi del G7 è cresciuto con una velocità maggiore, passando dal +0,2% del primo trimestre al +0,5% del secondo.
La crescita del Pil in Italia nel secondo trimestre si ferma al +0,2%, in rallentamento rispetto al +0,3% del primo trimestre. Un bilancio che colloca la Penisola al penultimo posto, dopo la Germania con un -0,1% di Pil.
Il Pil in Giappone nel secondo trimestre del 2024 ha registrato la crescita più alta dei paesi del G7, con un incremento dello 0,8% dopo il -0,6% del primo trimestre. Accelerano anche gli Stati Uniti, che passano dal +0,4% del primo trimestre al +0,7% del secondo. Sale leggermente anche il Pil del Canada (dallo 0,4% allo 0,5%), mentre è rimasto stabile al +0,3% in Francia. L’economia tedesca ha visto una lieve contrazione: -0,1% nel secondo trimestre dopo una crescita dello 0,2% nel primo. Rallenta anche il Regno Unito che è passato dal +0,7% del primo trimestre al +0,6% del secondo.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
C’E’ UNA SENTENZA CHE LO COLLEGA AL FONDATORE, MA PER CONTE E’ DELL’ASSOCIAZIONE M5S
Anche i matrimoni d’interesse, in questo caso politico ed economico, rischiano di finire in tribunale. È uno scenario possibile anche per il Movimento 5 Stelle. Il motivo? È tutto di potere (e di sopravvivenza). Perché, dopo essere finita sotto al 10% alle Europee di giugno, la creatura di Beppe Grillo è stata posta davanti a una svolta storica dal leader Giuseppe Conte: via immediato alle assemblee con la partecipazione della base, per provare a rilanciare il partito attraverso l’ascolto dei militanti. Il che potrebbe portare allo sblocco del terzo mandato elettivo e, addirittura, al cambio di nome.
A pochi giorni dal via delle assemblee che potrebbero sancire una rivoluzione, il comico sceso in politica ha dato il segnale che da tempo si attendeva cercando di bloccare il cammino di Conte (pur senza citarlo) e appellandosi ai sostenitori del Movimento delle origini: «Vi chiedo di ascoltare la vostra coscienza. In questo momento cruciale non possiamo permetterci di smarrire la nostra rotta. Custodiamo e proteggiamo ciò che abbiamo costruito insieme». Grillo vuole che tutto rimanga così com’è. E continua a ribadire: «Il simbolo del M5S è mio e dell’associazione che ho fondato». Tesi però rigettata in blocco dall’ex premier, professore con una lunga esperienza da giurista.
E proprio questo potrebbe essere il punto di rottura. Con un eventuale braccio di ferro in tribunale. «Se Grillo tira la corda sarà un passaggio quasi certo», dicono ai piani alti dei 5 Stelle. La «macchina» del potere interna al Movimento — a differenza di tutti gli altri partiti — è regolata quasi esclusivamente sullo statuto (cavilli in primis) e poco su logiche politiche interne. Per questo è fondamentale ricostruire a livello burocratico come si è arrivati allo scontro finale. La prima Associazione MoVimento 5 Stelle fu fondata da Grillo nel 2009, assieme al visionario Gianroberto Casaleggio. Nel dicembre 2012, per questioni burocratiche legate alla presentazione delle liste per le Politiche 2013, sempre Grillo costituisce un’altra associazione con suo nipote Enrico e il commercialista Enrico Maria Nadasi. Fin qui tutto bene, con i consensi che si gonfiano in maniera sorprendente.
Nel 2017, dopo la morte di Casaleggio senior, suo figlio Davide e l’allora capo politico Luigi Di Maio fondano un’ulteriore associazione. Lo storico boom, che incoronerà i 5 Stelle come primo partito d’Italia alle Politiche 2018, è già nell’aria. Grillo lo sa bene e, annusando che «Luigi» e Casaleggio junior stanno catalizzando troppo potere, punta i piedi e minaccia di ritirare l’uso del simbolo. Il futuro vicepremier e il figlio di Casaleggio sono costretti ad andare da Grillo nella sua villa di Marina di Bibbona per trovare una mediazione: un film che si ripeterà più volte.
Toccata la vetta — e dopo aver governato sia con la Lega, sia con il Pd e aver appoggiato il governo Draghi — arrivano i tempi bui. Di Maio fa la scissione, Conte è eletto nuovo leader (e senza avversari interni). Qui si configura la questione giuridica chiave, che secondo Grillo gli dà una grande forza. Conte, in veste di leader del partito, presiede infatti l’associazione fondata da Di Maio e Casaleggio junior. E una sentenza della Corte d’Appello di Genova — a cui si è arrivati al termine di una causa avviata dall’avvocato Lorenzo Borrè a difesa di un gruppo di espulsi dal partito — afferma che il nome M5S è associato al simbolo registrato da Grillo. «No, appartiene all’Associazione Movimento 5 Stelle», ha ribadito di recente Conte in un’intervista al Corriere. Ma Nadasi insiste: «Quel contrassegno ha avuto una sua evoluzione, ma come accade con le auto, possono cambiare i modelli: la fabbrica rimane la stessa. Il Dna è di Grillo».
Interpretazioni giuridiche a parte, fonti vicine all’ex premier osservano che lo statuto definisce «graniticamente» che «l’assemblea è l’organo sovrano».
Non a caso Conte ha lanciato il voto dell’assemblea medesima. E nelle prime 24 ore della piattaforma online che deve raccogliere le idee per «il M5S del futuro» sono già più di un migliaio le proposte arrivate. La maggior parte di quelle sul doppio mandato punta a una revisione del meccanismo cardine del Movimento: sottoporre il terzo incarico a una votazione della base o prestare servizio a titolo gratuito. Anche sul simbolo, poi, la base si fa sentire. C’è chi contesta l’immobilismo del garante — suggerendo di inserire la scritta «Conte presidente» o di eliminare il riferimento al 2050 (la data entro cui la Ue si impegna a conseguire la neutralità climatica) — e chi invece non vuole alcuna modifica. I risultati della consultazione sono previsti per metà ottobre. E se la base dicesse «sì» a Conte, a Grillo non rimarrebbe che rivolgersi al tribunale.
(da Repubblica)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL “PENSIERO MAGICO” DEL GOVERNO SECONDO CUI TUTTE LE DONNE VANNO CONVINTE A FARE FIGLI
Dopo l’aumento dell’Iva sui pannolini e i prodotti per l’infanzia dell’ultima legge di bilancio, il governo Meloni si prepara a un altro dietrofront sui sostegni alle famiglie e in particolare alle madri lavoratrici: secondo alcune indiscrezioni, il “bonus mamme” approvato con l’ultima finanziaria verrà fortemente ridimensionato, escludendo le famiglie con due figli.
Il bonus prevedeva un taglio fiscale in busta paga fino a tremila euro lordi, ma è stato un flop: secondo l’Istat, almeno il 40% delle beneficiarie non avrebbe fatto richiesta, perché la misura era in contrasto con un altro sgravio più conveniente per le lavoratrici.
Secondo la ministra della Famiglia Eugenia Roccella, invece, il bonus era stato un grande successo, richiesto da oltre il 70% delle aventi diritto, ma queste indiscrezioni sembrano suggerire che le cose non siano andate come proclamato dal governo.
Secondo l’Istat, le principali beneficiarie erano proprio le lavoratrici che si vedranno cancellare la misura: sulle 484mila donne che hanno fatto richiesta, 362mila hanno due figli.
Il bonus mamme era stato annunciato da Meloni con grande enfasi: “Noi vogliamo stabilire che una donna che mette al mondo almeno due figli ha già offerto un importante contributo alla società e quindi lo Stato in parte compensa pagando i contributi previdenziali”, aveva detto la premier durante la conferenza stampa con cui aveva presentato il piano da un miliardo di euro lo scorso ottobre.
“Vogliamo smontare la narrativa per cui la natalità è un disincentivo al lavoro. Vogliamo incentivare chi mette al mondo dei figli e voglia lavorare”.
Peccato che però la strategia messa in campo finora dal governo sia stata fallimentare e che il sostegno alla maternità sia più retorico che concreto. Il sistema dei bonus e delle misure premiali, che sono di breve durata e hanno un impatto poco significativo sul bilancio familiare, non porta a un cambiamento strutturale e di certo non convince le coppie che non hanno figli a farne uno, che è lo scoglio principale da affrontare. L’età del primo figlio continua ad aumentare per le donne, mentre il governo si concentra sulle famiglie numerose, che rappresentano però solo una piccola parte delle famiglie italiane.
Gli interventi strutturali, come il congedo parentale paritario e non trasferibile (che cioè deve essere usufruito in maniera uguale da madri e padri), i servizi per l’infanzia e una seria incentivazione all’occupazione femminile non sono una priorità per il governo. Persino sugli asili nido il governo è riuscito a combinare un disastro, tagliando 1,3 miliardi di euro, ovvero più di 100mila posti previsti nel Pnrr e allontanando l’Italia dall’obiettivo europeo di 45 posti ogni 100 bambini. A maggio il governo ha annunciato in pompa magna di aver stanziato 734,9 milioni di euro destinati ai Comuni del sud per l’attivazione di nuovi posti, senza però specificare che questa misura era già compresa nell’obiettivo del Pnrr.
D’altronde Giorgia Meloni sta facendo di tutto per veicolare l’impressione che il suo governo stia dalla parte delle donne, e in particolare delle madri lavoratrici. Lei stessa ha deciso di dare l’esempio, portando con sé la figlia durante gli incontri di lavoro all’estero, senza però considerare che la stragrande maggioranza delle lavoratrici non può accedere a queste forme di conciliazione.
L’impressione è che il governo punti tutto su una sorta di pensiero magico secondo cui tutte le donne vanno convinte a fare figli. E infatti finora l’unica promessa mantenuta da Meloni sul tema è quella del tanto sbandierato “cambio di narrazione” sulla famiglia: il ministero delle Pari opportunità che diventa anzitutto ministero della Natalità, la “maternità cool”, gli esempi positivi nelle fiction Rai, gli Stati generali della natalità, l’immagine pubblica di Meloni come mamma-presidente, la demonizzazione dell’aborto e di tutte le forme di famiglia e unione che si discostano da quella tradizionale. Ovviamente, i futuri padri non vanno convinti di un bel niente, visto che non sono mai oggetto della retorica familistica meloniana.
Il governo pensa così di poter manovrare i desideri delle singole persone, mentre quello che serve davvero non è convincere chi non vuole figli ad averne, ma mettere nelle giuste condizioni chi li ha già nei propri progetti di vita. Queste donne e queste famiglie non hanno bisogno di retorica o propaganda, di post sui social strappalacrime o pubblicità progresso. Non hanno nemmeno bisogno di bonus e incentivi che un anno ci sono e un anno no. Hanno bisogno di lavoro stabile, una casa, servizi per l’infanzia, per gli anziani e per persone non autosufficienti, opportunità, tempo libero, città a misura di bambino.
È chiaro che per raggiungere questi obiettivi serva una visione politica molto più articolata che quella dei bonus e dei premi, che danno solo l’illusione di un impegno concreto. Il governo ha scelto la via più semplice e ad effetto dei soldi a pioggia. Eppure non sta riuscendo a portare a compimento nemmeno quella.
(da Fanpage)
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Agosto 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I NEGOZIANTI NON HANNO PIÙ LA SCUSA DELLE COMMISSIONI: ORMAI CON I NUOVI METODI DI PAGAMENTO I COSTI PER LE TRANSAZIONI DIGITALI SONO AZZERATI. SE RIFIUTANO È SOLO PER FARE NERO
«Qui in Puglia non hanno dato l’acqua a mia figlia perché non accettavano il mio bancomat… assurdo nel 2024 vedere queste cose». È la denuncia social che arriva da un papà arrabbiato: l’uomo ha raccontato, attraverso un video, lo spiacevole episodio capitato in un bar di Gallipoli, dove gli è stato impedito di acquistare delle bottiglie d’acqua con la carta di credito.
«Purtroppo per due euro non accettiamo il bancomat» è la risposta che Mirko ha ricevuto dai baristi. «Questa è una cosa che io non ho accettato assolutamente — continua nel video denuncia — com’è possibile che nel 2024 continuino a rompere le scatole per i pagamenti col bancomat? Aprite i locali, in un posto di turismo, non potete dirmi che non accettate il bancomat perché due euro sono pochi. È inaccettabile la cosa».
Sul caso scende in campo Assoutenti, che chiede alle autorità locali di elevare la sanzione prevista dalla legge nei confronti del bar responsabile della vicenda. «Nessun esercizio commerciale può rifiutare al cliente un pagamento con carta o bancomat, e non esiste alcun limite di spesa al di sotto del quale l’esercente può negare il Pos” ricorda il presidente Gabriele Melluso – L’obbligo di accettare transazioni con il Pos esiste già dal 2014, e dopo un iniziale periodo in cui furono fissate delle soglie minime (prima 30 euro, poi 5 euro), oggi non c’è più alcun limite: il negoziante o il professionista è obbligato ad accettare il pagamento con Pos di qualsiasi importo».
Purtroppo il caso di Gallipoli non è isolato, e ancora oggi molti esercenti e locali pubblici continuano a negare i pagamenti con Pos ai clienti, un comportamento del tutto ingiustificato se si considera che le commissioni interbancarie a carico dei commercianti si sono praticamente azzerate per i pagamenti di piccolo importo».
(da il Corriere della Sera)
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