Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
NELLA SPEDIZIONE AZZURRA LA QUOTA ROSA ERA AL 48% CON 194 PARTECIPANTI SU 402 ATLETI… MA L’AMMINISTRAZIONE SPORTIVA RESTA PREVALENTEMENTE MASCHILE. IL CIO, COME IL CONI, NON HA MAI AVUTO UN PRESIDENTE DONNA
Le Sorelle d’Italia si sono prese la scena. Su 12 ori conquistati ai Giochi di Parigi, nove sono stati vinti dalle donne (considerando anche i due presi dalle coppie miste Banti-Tita e Bacosi-Rossetti). Le vie en rose dello sport italiano.
Nel 1924 ai Giochi di Parigi le donne erano il 4,4% del totale e il padre nobile dell’olimpismo De Coubertin fu costretto ad ammetterle contro la propria volontà. Un secolo dopo è cambiato tutti. Per la prima volta in questa edizione dei Giochi hanno rappresentato numericamente la metà degli atleti in gara. Nella spedizione azzurra la quota rosa era al 48% con 194 partecipanti su 402.
Abbiamo visto Alice Bellandi salire sul gradino più alto del podio nel judo e baciare la compagna, siamo rimasti estasiati da Alice D’Amato nella ginnastica artistica, ci siamo rotolati nella terra rossa con Sara Errani e Jasmine Paolini (un secolo dopo la tennista Rosetta Gagliardi, la prima a comparire in una spedizione azzurra, ai tempi dei Giochi di Anversa del 1920) e abbiamo surfato con Marta Maggetti. Nella corsa di ciclismo più pazza del mondo abbiamo sfrecciato insieme a Consonni e Guazzini.
E poi le squadre: dalle spadiste alle ragazze dell’Italvolley, l’oro si è tinto di rosa. Appartengono ormai alla mitografia di Olympia le imprese della velista Caterina Banti, che ha confermato il titolo olimpico in coppia con Ruggero Tita nel Nacra 17, e Diana Bacosi, già vincitrice della medaglia d’Oro nello skeet ai Giochi olimpici di Rio, che stavolta è salita sul gradino più alto con Gabriele Rossetti.
Lo sport cambia. Le donne non solo partecipano ma vincono. L’amministrazione sportiva resta, invece, prevalentemente maschile. Il Cio, come il Coni, non ha mai avuto un presidente donna…
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
IL CORRIERE DELLA SERA: “EGONU STRATOSFERICA, SYLLA LEADER”
Da dove cominciare. Mentre gli altoparlanti della Paris Arena sparano Albachiara di Vasco Rossi a tutto volume, è difficile tirare fuori un dettaglio più bello di un altro, in una giornata perfetta, dove abbiamo assistito alla partita perfetta di una squadra vera (qui la cronaca di Italia-Usa, ndr), finalmente unita, forgiata sul superamento delle difficoltà, sulla crescita di gruppo, una squadra sulla quale tra qualche anno gireranno dei documentari. «Tre a zero per noi» diceva un caro collega all’ingresso, sfidando la scaramanzia. «Lo dice la logica, siamo più forti».
Quante volte nel volley lo abbiamo pensato, e quante volte siamo tornati a casa col magone, chiedere a Julio Velasco per conferma. Invece, è stato tre a zero, per una delle medaglie più belle di sempre. E fin dall’inizio, queste ragazze hanno dato l’idea che non avrebbero fatto passi indietro. Sono entrate in modalità Terminator con il sorriso, e non hanno avuto dubbi mai. Ci hanno detto di mettere i voti accanto ad ogni nome, e lo faremo, chiedendo scusa a chi per ragioni di spazio non verrà nominata. Mai come questa volta però, il sestetto azzurro, e la panchina, e la calma di chi le guidava, ci hanno dato l’idea di essere una cosa sola.
Sylla leader da 9
Prendiamo il termometro emotivo della squadra, la palermitana Myriam Fatima Sylla (9), che comincia urlando e incitando le compagne a ogni punto, e finisce con undici vincenti la solita grande prestazione in ogni fase di gioco. Sul 15-12 del terzo set, Paola Egonu schiaccia una palla data fuori dagli arbitri. La nostra fuoriclasse si agita, contesta la decisione. Myriam la abbraccia e le stringe forte. Stai calma, le dice, stai calma che ci siamo.
Anna Danesi 8: rivincita
Sul podio, si è scambiata la medaglia con la compagna alla quale ha ceduto la fascia da capitana. Anna Danesi (8), è forse la persona che più aveva sofferto il fallimento di Tokyo: «Non ce lo siamo mai dette a voce alta, ma eravamo cariche, erano tre anni che aspettavamo questa occasione, e sapevo che non avremmo fallito». Quanto a quel particolare gesto, Danesi lo spiega così. «Myriam è stata la prima persona con cui ho condiviso la stanza quando siamo uscite di casa a tredici anni. Ci sembrava una bella cosa, per coronare il nostro percorso».
Monica De Gennaro 8: compendio di una carriera straordinaria
Capire il momento, è una dote importante come poche altre. Il nostro libero Monica De Gennaro (8) la possiede, fa parte di un suo corredo ormai storico di intelligenza non solo tattica. A ogni punto perso, a ogni bell’attacco andato a segno delle avversarie, la trentasettenne «Moki» batte le mani e urla «giochiamo, giochiamo», mettersi alle spalle quella schiacciata subita. Sono questi i dettagli che fanno di una compagine una squadra vera. Nel terzo set, un suo recupero in tuffo su un punto ormai perso è il compendio di una carriera straordinaria.
Alessia Orro, 9: irreale
Lo stesso ha fatto la sarda Alessia Orro (9), palleggiatrice sopraffina, autrice di recuperi irreali che hanno demoralizzato le americane nei passaggi della partita più delicati per noi.
Egonu da 10: una superiorità poche volte così lampante
A proposito di Paola Egonu (10) scorreranno fiumi di parole, spesso riparatorie, comunque tutte meritate. Ventidue punti in una olimpica è una enormità. Poche volte si è vista così lampante la superiorità di un’atleta, e il timore che incute sulle sue avversarie. Dopo la sua ennesima schiacciata, la povera Andrea Drews, ha allargato le braccia guardando le compagne. «It’s Paola», cosa possiamo farci.
Antropova, il futuro le appartiene: 7,5
Con buona pace del generale Vannacci, Egonu è un dono piovuto dal cielo sul nostro volley. Quindi, quando esce lei, gli Usa possono tirare un sospiro di sollievo? Sbagliato. Entra la giovane Ekaterina Antropova (7,5), un’altra ira di dio. Era il pomo della discordia della passata gestione, schierata titolare al posto di Egonu. Julio Velasco le ha fuse in una unica entità, forse è stato questo il suo capolavoro, agevolato dalla giovane età della ragazza nata russa e naturalizzata italiana. Per nostra fortuna, il futuro le appartiene. Ma una casa comune non sta in piedi senza le fondamenta. In senso figurato e non solo. Gli Usa hanno concluso la partita senza aver fatto un solo muro vincente, forse è questo il dato più incredibile della finale.
Anna Danesi e Sarah Luisa Fahr 8: «Aspettavamo questo momento»
A rendere la vita impossibile alle attaccanti americane sono state Sarah Luisa Fahr (8) e Anna Danesi (8), la capitana, forse la persona che più aveva sofferto il fallimento di Tokyo: «Non ce lo siamo mai dette a voce alta, ma eravamo cariche, erano tre anni che aspettavamo questa occasione, e sapevo che non avremmo fallito».
Caterina Bosetti 7,5: veterana
A metà del terzo e ultimo set, l’attaccante Caterina Bosetti (7,5), una delle veterane del gruppo, si è lanciata in due recuperi che non hanno prodotto punti, ma avevano un chiaro significato. Non ce n’è, non provateci neppure, non lasciamo nulla.
Le compagne le hanno rivolto sorrisi compiaciuti e sguardi di approvazione. Avevano capito. «Siamo state come una mano con sei dita» dice lei, per altro miglior schiacciatrice della Nations League nel 2022.
L’abbraccio collettivo
Adesso, Egonu trattiene a fatica le lacrime e tiene per mano Antropova, mentre Sylla piange e abbraccia tutte le sue compagne, salta sul podio, non riesce a frenare l’entusiasmo. De Gennaro guarda la sua medaglia d’oro e intanto riesce soltanto a mormorare «grazie, grazie».
Grazie a voi, piuttosto. Questo gruppo è sempre stato una promessa di vittoria. Tanto, troppo talento perché esistesse il rischio di sprecarlo. Hanno sofferto, hanno perso, hanno anche litigato, insieme. Forse, c’era soltanto bisogno di cementare le sue diverse personalità. Per diventare infine una squadra.
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
SOTTO LA LENTE UNA LUNGA LISTA DI CONSULENZE E COLLABORAZIONI… E ANCHE IN FDI CRESCE L’INSOFFERENZA NEI CONFRONTI DELLA “SANTA”, SEMPRE PIU’ ISOLATA
Daniela Santanchè è sotto assedio. A convocare in Parlamento la ministra del Turismo non sono le opposizioni, piuttosto è la sua stessa maggioranza. Forza Italia annuncia un’interrogazione urgente per far luce «su nuovi particolari inquietanti» che vedono l’Autorità nazionale anticorruzione avviare un’indagine su Enit, l’Ente nazionale del turismo trasformato nel febbraio scorso in società per azioni del dicastero guidato dall’esponente di Fratelli d’Italia.
Tuttavia, non solo gli azzurri, ma anche il suo partito, o almeno una grossa fetta, seppur sottotraccia manda segnali di insofferenza. E già da un po’. Tra nomine e tentativi di rilancio dell’Enit, a Palazzo Chigi da qualche mese tira una brutta aria. D’altronde le posizioni chiave sono state oggetto di un durissimo braccio di ferro tra Santanchè e Giorgia Meloni.
La premier non ha speso una parola quando la ministra è stata indagata per Visibilia, società di cui è presidente. L’accusa è di truffa aggravata ai danni dell’Inps sulla gestione della cassa integrazione nel periodo Covid: il 9 ottobre si saprà se la ministra sarà o no rinviata a giudizio.
Molto determinato è il deputato forzista, Francesco Maria Rubano, che chiede spiegazioni in sede istituzionale sul braccio operativo del ministero del Turismo. L’Anac a inizio luglio ha inviato una lettera all’Ente per chiedere informazioni «sull’affidamento di incarichi di consulenza e collaborazione sin dal momento della sua costituzione». In mancanza di risposta ha mandato un sollecito a cui l’Enit ha risposto spiegando che, nel passaggio a Spa, «la gran parte dei contratti sono stati confermati per consentire la prosecuzione dell’attività».
Non la pensa così il sindacato interno. Nel mirino c’è, in particolare, una consulenza da 140 mila euro affidata allo studio commerciale e tributario . In un esposto, presentato dai rappresentati dei lavoratori, viene denunciato il conferimento «di incarichi consulenziali fortemente stigmatizzati dal collegio dei revisori dei conti». Affidati, si legge, «per accontentare e gratificare le richieste del ministro Santanchè e gli uffici di diretta collaborazione del ministro». Quindi Rubano domanda: «Quante e quali sono le consulenze? Noi chiediamo di sapere quanto costano e se siano tutte necessarie».
Secondo il sindacato, le attività che sarebbero dovute essere di competenza dello studio commerciale sono state invece «svolte da personale interno, come dimostrano le copiose mail degli uffici e le molteplici ore di lavoro straordinario effettuato dai lavoratori, con ulteriori costi che si sono aggiunti agli importi percepiti dallo studio Zocca». Per questo i rappresentanti chiedono di verificare se vi sia un danno erariale.
Sul sito dell’Ente, alla voce Consulenze e incarichi, appare un incarico affidato allo studio in questione «per supporto specialistico » per un periodo che va dal primo maggio 2024 al 31 agosto del 2024 con una retribuzione pari a 40 mila euro. Dunque 10 mila euro al mese. I restanti 100 mila euro risalirebbero a incarichi conferiti prima che l’Enit diventasse Spa perché – come spiega appunto nella risposta fornita ad Anac – nel passaggio sono state confermate le vecchie consulenze.
Sarà l’Anac a verificare se vi siano irregolarità. Ma su tutto questo ha acceso un faro anche la Corte dei Conti. Negli uffici dell’Enit girano tre pagine con una lunga lista di consulenze, collaborazioni, partecipazioni a eventi e in testa l’indicazione: «Adempimenti Corte dei conti, urgente». Sotto osservazione non c’è solo il contratto con lo studio Zocca ma ci sono anche quelli stipulati con la società Rcs Sports & Events, con la manifestazione Macchina di Santa Rosa, con l’associazione Agnus Dei, con lo studio Amica e con lo studio Donati di consulenti del lavoro e molti altri.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
NATA A PALERMO 29 ANNI FA, E’ L’ANIMA DELLA NAZIONALE DI VOLLEY MEDAGLIA D’ORO… RIPROPONIAMO L’INTERVISTA DI UN ANNO FA SU “SETTE”: «MIO PADRE ERA ARRIVATO A BERGAMO E DORMIVA ALLA CARITAS AVEVA FREDDO, SOFFRIVA. COSÌ HA DECISO DI TRASFERIRSI AL SUD»
Dall’estate 2021 è la capitana della Nazionale femminile di volley (oltre che una delle eccellenti protagoniste del campionato di serie A, ora con la maglia di Monza), ma Myriam Fatime Sylla – nulla di miracoloso o soprannaturale: Fatima era la nonna paterna – è prima di tutto una ragazza dalle mille qualità: solare, gioiosa, dalla mente aperta, mai banale.
La sua è una vita da film. La storia che la riguarda, fatta di dolori, tenacia e riscatto, affonda le radici in Africa: «Il legame con la Costa d’Avorio sarà eterno. Non ho mai avuto modo di conoscerla, prima o poi rimedierò». La sua esistenza si è sviluppata, all’insegna dell’integrazione e dell’emancipazione, nella Palermo in cui è nata e che per tante buone ragioni le è rimasta nel cuore, nonostante adesso la possa frequentare poco perché la pallavolo la porta in giro per il mondo.
Però la “calamita” funziona ancora. «Sono andata via quando avevo 5 anni, poi ho vissuto Palermo, grazie ai miei nonni, fino ai 14. Quando lo sport mi ha riempito le estati, non sono più potuta tornare. Ma un mese fa ho fatto una sorpresa alla nonna, che non mi vedeva da un bel po’: mi ha trovato un po’ cresciuta…».
Nonni “speciali”, li ha definiti…
«Sono angeli. Mio padre è stato fortunato a incontrare quelle due persone. Se mia nonna non gli avesse dato un passaggio, non so proprio che cosa sarei stata».
Ci racconta come andò quella volta?
«Papà era arrivato a Bergamo. Dormiva alla Caritas. Ma faceva freddo e mio zio soffriva: così si trasferirono al Sud. Una sera quella signora, rientrando a casa in macchina, vide mio padre e lo aiutò. Lui cominciò a lavorare per la famiglia, quindi mia mamma lo raggiunse: quando nacqui io, queste due persone si affezionarono. Alla nursery facevano vedere a mia nonna tutti i bimbi bianchi. E lei: “No, è quella lì”. L’infermiera strabuzzava gli occhi…».
Myriam Sylla, un’italiana che si sente sempre siciliana?
«Ma se sono siciliana non sono forse italiana?»
Certo che lo è. Era per enfatizzare che la Sicilia, prima che la famiglia tornasse al Nord, ha avuto un ruolo centrale.
«Sono cittadina d’Italia, io sono ovunque. A Palermo c’è il mio inizio ed è il luogo dei nonni adottivi. Ha sole, caldo, allegria: mi assomiglia».
Ce la racconti, allora, tra memorie, angoli preferiti e luoghi del cuore.
«Al primo posto metto il grande mercato di Ballarò, è anche il più antico ed è la cosa che ricordo più di tutte: mi piaceva accompagnare la nonna a fare la spesa. Poi arriva Mondello, il luogo dello svago: spiaggia, mare, caldo. Andavo serenamente tra gli ombrelloni – sì, la nonna mi lasciava libera – e avevo modo di fare tante conoscenze. Lì vicino c’era pure una pasticceria nella quale mi comperavano sempre il cannolo o la ciambella con lo zucchero. C’era anche un’edicola di giornali, che oggi purtroppo non esiste più. Avevo il permesso di stare assieme alle figlie dell’edicolante: così ero sotto controllo e lontana dai pericoli».
Era per i cannoli o per le granite?
«Un mix di entrambi. Non ho mai avuto una preferenza e ancora oggi non saprei scegliere».
Lei sa parlare in siciliano?
«Da piccola, quando tornavo a casa dopo aver giocato con le mie amiche, qualcosa dicevo. Ma nel tempo non ho più avuto di coltivare quel dialetto e la lontananza da Palermo non ha aiutato a mantenerlo».
Palermo a volte può essere una città problematica: ha mai avuto la percezione di dover stare attenta?
«No, però avevo un’età nella quale non ero ancora pienamente in grado di valutare il pericolo. Comunque, non ci ho mai pensato».
La strage di Capaci, quella di via d’Amelio: che cosa prova di fronte a questi nomi che si legano a momenti di terrore?
«Be’, profonda tristezza prima di tutto. Tutte le volte che si va all’aeroporto si passa per Capaci, è impossibile non avvertire un brivido. Purtroppo quando ero piccola non potevo sapere e capire molto. Però della strage di Capaci mi raccontarono i genitori, che lavoravano in zona: l’attentato paralizzò la vita, c’era grande confusione».
Sua mamma è mancata nel 2018, la sua famiglia ora è in Lussemburgo.
«Ci vivono mio papà, che lavora sui treni, oltre a mio fratello e a mia sorella. La famiglia mi manca e quando avevo 25 anni ho perso un cardine: la mamma è sempre… la mamma. Ed è morta tra le mie braccia. In quel momento, però, ho avuto anche grandi testimonianze d’affetto. Ad esempio, quella di Paola Egonu, una persona per me speciale: mi disse che avrebbe mollato ogni cosa e sarebbe venuta con me. Non è da tutti e lei all’epoca giocava ancora a Novara».
Dalla prossima stagione la ritrova pure in campionato: Paola ha lasciato il Vakifbank Istanbul e sarà con lei nella Pro Victoria Volley, che si alternerà tra Monza e Milano. Quanto le è mancata in quest’annata che ha diviso le vostre strade dopo il periodo comune a Conegliano?
«Da amica, tanto: il nostro rapporto va oltre la pallavolo. Da giocatrice, invece, dico che me ne sono mancate tante: mancherei di rispetto – e non è nel mio stile – alle altre che non ho più avuto a fianco andando via dall’Imoco Volley».
Con Egonu la squadra farà un bel salto di qualità: potrete aprire un ciclo?
«Ce lo auguriamo, ma più che delle singole vorrei parlare della qualità dell’insieme. Siamo un gruppo solido e speriamo di giocare spesso a Milano: il desiderio è di conquistarla».
Due anni da capitana della Nazionale: quanto è cresciuta Myriam Sylla grazie a questa esperienza?
«Moltissimo, soprattutto in termini di senso di responsabilità. All’inizio credevo che essere la capitana mi avrebbe cambiato poco o nulla, ma così non è stato. Ho scoperto che devi occuparti non solo di te stessa ma di più persone e soprattutto devi comprendere bene che cosa possa generare ogni tua azione. Quindi devo rispondere alle compagne di quanto faccio».
Lei riesce a perdonare chi dà del “negro”?
«Che lo dica per insultare o tanto per parlare, io correggo sempre. E spiego che i compagni mi prendevano in giro, mi svuotavano lo zaino nel pullman e non mi facevano sedere accanto a loro. Non gliela farei passare liscia: non odio, però evito di perdonare».
Si diceva che lei a scuola tirasse i banchi.
«Mamma mia, è la solita storia che si ripete: è capitato solo una volta… A casa regnava la povertà e io cercavo di essere pacata. Poteva allora capitare che a scuola sfogassi quello che avevo dentro: oggi non rifarei nulla, ma si sbaglia per imparare».
Si è battuta per lo ius soli…
«Non avrei dovuto? Per 10 anni ho avuto un passaporto verde, pur non essendo stata in Costa d’Avorio ed essendo nata e vissuta in Italia. Ad un certo punto ho avuto una crisi d’identità e mi sono detta: sono italiana oppure no?».
(da Sette)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
“DENUNCEREMO TUTTI I RESPONSABILI DEL LINCIAGGIO DIGITALE”: INTANTO LA PROCURA DI PARIGI APRE UN FASCICOLO, ALLEGATE ANCHE LE DIFFAMAZIONI DA PARTE DI POLITICI ITALIANI… “QUESTA E’ SOLO LA PRIMA FASE”
Imane Khelif denuncia i “cyberbulli”. La scelta di aprire un fronte giudiziario su chi ha scatenato una campagna di odio contro la pugile algerina era presa già da giorni nel suo staff ma è stata annunciata una volta superata la finale di venerdì.
“Dopo aver appena vinto una medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, la pugile Imane Khelif ha deciso di intraprendere una nuova battaglia: per la giustizia, la dignità e l’onore”, annuncia il suo avvocato Nabil Boudi. “Abbiamo assistito alla più grande campagna mondiale di cyberbullismo scatenata contro una singola persona”, nota Boudi parlando con Repubblica.
La denuncia per cybermolestie, aggravate dall’incitamento all’odio online, è ora al vaglio della procura di Parigi. La stessa procura che ha già in carico le altre denunce per cyberbullismo e minacce di morte contro gli organizzatori della cerimonia di inaugurazione sulla Senna per i Giochi. Nel caso di Khelif però c’è stato un vero e proprio “linciaggio digitale” ad personam, precisa Boudi. “Le ingiuste aggressioni subite dalla campionessa di pugilato rimarranno la più grande macchia su questi Giochi Parigi”, commenta l’avvocato.
Tutto è cominciato il 1 agosto con il ritiro di Angela Carini. La pugile italiana abbandona polemicamente il ring (“Non è giusto!”, urla in lacrime) dopo che l’incontro era già stato preceduto da diversi messaggi su X che definivano “uomo” la pugile algerina. “La narrazione degli hater – racconta l’avvocato – è iniziata presentando Khelif come una bugiarda, un’imbrogliona che nascondeva la sua vera identità per poter vincere”.
Su Carini, l’avvocato della pugile algerina commenta: “Khelif non era imbattibile, ha fatto centinaia di competizioni con altre pugili in passato, e a volte è stata sconfitta. Ci sono decine di atlete che l’hanno sfidata prima dei Giochi. E anche dopo Carini noto che quasi tutte le sue avversarie non si sono lamentate di una sua presunta falsa identità di genere. Non so se la pugile italiana – conclude l’avvocato – abbia deciso di mentire per giustificare un suo fallimento o per altri motivi che ignoro”.
Da quel 1 agosto, Khelif è uscita dal mondo dello sport. Per entrare nell’arena politica, con Giorgia Meloni andata a fare una carezza alla pugile italiana, emettendo dubbi su una “gara equa” e definendo l’avversaria algerina con “caratteristiche maschili”. “Si è passati agli insulti misogeni, sessisti e razzisti. È stata una campagna feroce contro una ragazza di venticinque anni che non aveva fatto nulla di male”.
Qualcosa di non casuale, ma che sembra anzi stato preparato e coordinato. “L’indagine penale stabilirà chi c’è dietro questa campagna, ma anche chi ha alimentato questo linciaggio digitale”, prosegue l’avvocato, anche lui di origine algerina, noto per aver difeso l’anno scorso Nahel, il giovane di banlieue ucciso da un poliziotto a Nanterre. “L’odio scatenato c’entra con il conflitto tra il Cio e l’Iba? Khelif è stata strumentalizzata in una battaglia più grande di lei?”, si domanda Boudi. Di certo, prosegue, c’è chi ha voluto diffondere fake news, sfociate poi in diffamazione e aggressioni verbali.
“Abbiamo deciso di aprire un fronte giudiziario per trovare i responsabili. Speriamo che siano puniti, per lavare l’onore di Khelif e di tutta l’Algeria”, spiega Boudi. La denuncia procede al momento contro ignoti, anche se tanti nomi degli hater di Khelif sono noti, arrivando fino a Donald Trump (che ha di nuovo citato il “coraggio” di Carini in un suo discorso e definito Khelif come una donna “in transizione”, diventata uomo).
Alla denuncia presentata dall’avvocato Boudi sono stati allegati decine di messaggi e post online, tra cui quelli anche di politici stranieri, come Matteo Salvini. La giustizia francese potrebbe dichiararsi non competente per quanto riguarda profili social di altri Paesi. “Stiamo valutando di fare denunce in altre sedi ma non posso dire altro in questa fase”, precisa l’avvocato.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
C’È STATA UNA RIVOLTA DI MOLTI PARLAMENTARI PER LO “SCUDO” OFFERTO ALLA DEPUTATA CHE VIVE AD ARCORE… SI STA MUOVENDO GIANNI LETTA PER RIPORTARE MARA CARFAGNA IN FORZA ITALIA
Marta Fascina da qualche settimana non si vede più in Parlamento. Sarà la calura estiva e l’aria delle vacanze – anche se la Camera ha dovuto convertire nove decreti negli ultimi due mesi – ma l’ex compagna di Silvio Berlusconi dopo le elezioni europee non ha più viaggiato da Milano a Roma per occupare il suo scranno a Montecitorio e votare i provvedimenti del governo.
Peccato, però, che adesso non potrà farlo troppo liberamente: rispetto ai mesi precedenti, il gruppo di Forza Italia alla Camera ha deciso di toglierle la giustificazione che le permetteva di risultare assente senza perdere i soldi della diaria, il gettone che spetta ai parlamentari per ogni giorno di presenza. Un gruzzoletto da circa 1.200 euro al mese.
Se fino a pochi mesi fa, infatti, Fascina veniva regolarmente giustificata dal gruppo parlamentare prima per accudire Berlusconi, poi per elaborare il lutto e infine senza un particolare motivo, ora la deputata che vive ad Arcore non può più godere (o quasi) di questo beneficio che aveva creato diverse perplessità all’interno del partito.
Ogni gruppo ha a disposizione un numero di “giustificazioni” proporzionato ai parlamentari: Forza Italia ha 44 deputati e due possibili “giustificazioni”. Una delle quali da mesi era “bloccata” da Fascina per decisione del capogruppo a Montecitorio, Paolo Barelli. Decisione che ha fatto arrabbiare diversi deputati, che in varie occasioni avrebbero voluto chiedere un permesso per assentarsi durante un voto.
A maggio, così, il mese della campagna elettorale per le elezioni europee, Fascina è stata assente giustificata solo nel 12,7% dei casi. Un crollo rispetto al mese di aprile quando l’ex compagna di Berlusconi era risultata assente nel 96% delle votazioni, tutte giustificate dal gruppo parlamentare.
Percentuali simili nei mesi precedenti quando Fascina veniva “scagionata” da Forza Italia. Secondo i dati ufficiali pubblicati dalla Camera dei Deputati, a maggio, invece, non è andata così: sulle 221 votazioni totali, la deputata ha partecipato a 90 (41%) contro le 131 assenze (59%). Ma solo in 28 di esse Fascina ha potuto usufruire della giustificazione del suo gruppo.
Il motivo non va ricercato nella volontà del segretario Antonio Tajani e del suo capogruppo Barelli di vendicarsi sull’ex compagna di Berlusconi, ma nella campagna elettorale di maggio: diversi deputati avevano bisogno della giustificazione del partito per poter andare sul territorio senza doversi preoccupare di tornare a Roma durante la settimana. Le europee, infatti, sono una tornata elettorale con le preferenze e alcuni deputati azzurri correvano anche come sindaci in piccoli comuni sul territorio.
Il gettone quindi è stato tolto alla ex compagna di Berlusconi che, d’altronde, non ha fatto un giorno di campagna elettorale per Forza Italia: non solo non ha girato il Paese per eventi di partito ma il 6 giugno non si è nemmeno presentata alla chiusura della campagna elettorale organizzata da Tajani (con tanto di treni charter dalla Puglia e da Roma) a Napoli.
Una fonte di partito spiega che da settembre Fascina dovrà tornare attivamente in Parlamento perché ci sono deputati che, per ragioni diverse, avranno bisogno della “giustificazione”.
Nel frattempo, a proposito del gruppo parlamentare azzurro, al rientro dalle ferie Tajani punta ad aumentare la compagine tra Camera e Senato: dopo l’arrivo del senatore M5S Antonio Trevisi (contrario al nucleare e all’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi), si sta muovendo direttamente Gianni Letta per riportare Mara Carfagna, oggi in Azione, in Forza Italia. Quest’ultimo ha celebrato il suo matrimonio a fine giugno e sta provando a convincere Tajani a riprendersi l’ex ministra del Sud del governo Draghi. Ma nel partito sono in molti pronti a fare le barricate.
(da il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
SICCITA’ IN SICILIA MA C’E’ ACQUA IN PROFONDITA’… SPENDIAMO MILIARDI PER UN INUTILE PONTE, QUANDO CON UN MILIONE E MEZZO DI EURO POTREMMO RISOLVERE UN PROBLEMA GRAVE
C’è acqua sotto la Sicilia, miliardi di metri cubi a settecento metri di profondità. Lo dice uno studio di vulcanologi e geofisici, lo dice la lunga esperienza delle trivellazioni petrolifere: già negli Ottanta l’Agip pubblicò uno studio sulle acque sotterranee italiane. Cercando il petrolio trovavano l’acqua.
Ci sono giacimenti di acqua dolce in molte zone d’Italia (e della Terra), le falde profonde che sarebbero raggiungibili tanto quanto il petrolio; ma a differenza del petrolio, che dà immediato profitto, i vantaggi economici dell’acqua sarebbero a medio e lungo periodo. Cambierebbe il paesaggio, cambierebbero l’agricoltura e la filiera del cibo, cambierebbe la società, ma non oggi per domani. Bisognerebbe avere in mente almeno il dopodomani.
I privati non hanno lo sguardo così lungo, dovrebbe averlo la politica, capace di investire a lungo termine, di muoversi senza la spinta del tornaconto immediato, e questa è la cosa, in assoluto, che ci manca di più. Una programmazione, un’idea di futuro, uno sforzo di fantasia. Chiunque abbia mai scavato un pozzo artesiano conosce l’azzardo, e quando va bene la sorpresa (trionfale) di veder sortire acqua limpida dalle viscere della terra. Leggo che una trivellazione a settecento metri di profondità, per saggiare la qualità dell’acqua e decidere se prelevarla poi su larga scala, costerebbe circa un milione e mezzo di euro. Lascio a voi ogni considerazione sulle priorità: se la sete o il Ponte.
(da repubblica.it)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
CONTINUANO GLI ARRESTI IN INGHILTERRA DOPO LE VIOLENZE DELLE ULTIME SETTIMANE: 741 PERSONE SONO STATE FERMATE,,, DEREK DRUMMOND, 58 ANNI, DI SOUTHPORT, HA ASSALTATO UNA MOSCHEA E POI HA PRESO A PUGNI UN POLIZIOTTO, E’ STATO CONDANNATO A TRE ANNI… UN 70ENNE È FINITO DIETRO LE SBARRE (“CAZZO, SONO VECCHIO”)… UN 20ENNE E’ SCOPPIATO A PIANGERE IN AULA MENTRE VENIVA PORTATO VIA DAGLI AGENTI
Dopo le devastazioni, la caccia al migrante e la furia razzista, ecco le lacrime, i pentimenti tardivi, “la prego, giudice, non mi sbatta in carcere”, i ragazzini accompagnati da genitori (“mio figlio è un cretino”). Ma dura lex sed lex. Perché in Inghilterra continuano a raffica arresti, incriminazioni e incarcerazioni dei responsabili dei riots degli ultimi giorni.
I processi per direttissima continuano senza sosta. Il primo ministro Sir Keir Starmer, che ieri ha visitato il quartier generale di Scotland Yard a Londra, ha addirittura chiesto che i tribunali siano aperti 24 ore su 24 e oramai sono già 741 gli arresti in tutto il Paese con quasi 150 incriminazioni. E molti altri arriveranno nelle prossime settimane, nonostante il Regno Unito stia vivendo un’altra emergenza, quella delle carceri piene.
Ma ciò non fermerà la giustizia. Starmer, uomo di legge ed ex procuratore generale della Corona, ha lodato “i giudici e le forze dell’ordine per agire in maniera rapida”. Anche perché questo, oltre alle notevoli contromanifestazioni di anti-razzisti, è il miglior deterrente contro la recrudescenza di nuove rivolte e assalti nelle prossime settimane. E così, diverse sentenze sono state trasmesse in diretta tv.
Colui punito più severamente sinora è Derek Drummond, 58 anni, di Southport, che dopo la veglia per la strage di tre ragazzine uccise lo scorso 29 luglio, ha deciso di partecipare all’assalto della moschea locale e poi, come mostra il filmato della body-cam dell’agente, ha preso a pugni un poliziotto.
Già pregiudicato, Drummond si è scusato sommessamente: “Mi vergogno totalmente di come mi sono comportato. Ho deluso Southport, la mia famiglia e anche me stesso”. Ma il pentimento non è bastato ad evitare la severa punizione: tre anni di carcere. Con lui condannato per direttissima anche John O’Malley, a 32 mesi, per “violent disorder”.
Liam Grey invece, 20 anni di Doncaster, non aveva mai avuto problemi con la legge, almeno sinora, racconta il Guardian dal nord dell’Inghilterra. Ma a Rotherham ha partecipato all’attacco di decine di violenti contro un hotel di richiedenti asilo e ora è in carcere in attesa di giudizio.
Quando gli agenti lo hanno portato via per accompagnarlo in cella, lui è scoppiato a piangere. Mentre la madre, dal fondo dell’aula del tribunale, gli urlava: “Andrà tutto bene, tesoro!”.
Il più giovane arrestato ha invece 14 anni – per ragioni legali il suo nome non può essere pubblicato – e a Liverpool ha lanciato un razzo contro la polizia schierata. Mentre il più anziano sinora condannato si chiama William Nelson Morgan, 69 anni, anche lui della città dei Beatles, che di certo non si aspettava di essere incarcerato
Eppure, ha partecipato agli assalti in città, utilizzando anche un oggetto contundente contro gli agenti (una grossa barra di legno appuntita). Alla lettura della sentenza – due anni e otto mesi – ha urlato: “Mi mettete in carcere? Ma c**zo, ho 70 anni!”. E un poliziotto in aula gli ha subito replicato: “Perché allora hai partecipato a quei ca**o di disordini?”.
A Middlesborough invece gli accusati hanno tra i 16 e i 56 anni. Lennon Chisholm, 21 anni, si è dichiarato non colpevole, tra i singhiozzi, mentre il suo avvocato gli passava un fazzoletto, racconta il Guardian. Ma il giudice non gli ha creduto: rimane in custodia cautelare, in attesa della sentenza.
Come lui Thomas Rodgers, di 22 anni, senzatetto, che ha tirato pietre e mattoni contro la polizia urlando: “Spero che i vostri bambini vengano stuprati!”. Pochissime le eccezioni e i gesti di clemenza da parte dei giudici: è capitato a un ragazzino autistico di 16 anni, per cui ci sono prove evidenti di assalti e devastazione, ma che è stato affidato a una struttura specifica per le sue condizioni di salute.
Condannata a un anno e 8 mesi di carcere anche Stacey Vint, 34 anni di Middlesborough, per aver partecipato ai disordini, come spiega questo post di Anonymous UK, che in questi giorni è stato straordinariamente attivo nella ricerca di violenti e razzisti, incrociando video, foto e dati personali presenti online, fornendo così un grande aiuto (pur non richiesto) agli inquirenti.
La donna si è resa protagonista di uno dei video più virali e tragicomici di questi giorni. Insieme a un altro uomo, si vede Vint spingere un cassonetto dell’immondizia incendiato contro la polizia, quando a un certo punto scivola e finisce dritta tra gli agenti, che la arrestano immediatamente.
Ma sono partiti processi e condanne anche per chi ha diffuso disinformazione e odio online, come aveva annunciato Starmer: “Ve ne pentirete”.
Ieri, per esempio il 28enne Jordan Parlour è stato condannato dal tribunale di Leeds a 20 mesi di carcere per istigazione all’odio razziale per i post pubblicati nel corso dei disordini dell’estrema destra. È il primo caso del genere nell’ambito dei riots: Parlour aveva postato alcuni messaggi che esortavano ad attaccare un hotel di richiedenti asilo.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 11th, 2024 Riccardo Fucile
ALCUNI HANNO LEGAMI FAMILIARI CON ESPONENTI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA. ALTRI SONO FIGLI DI FAMIGLIE “PER BENE” (E SE QUESTI SONO I RISULTATI, BISOGNA RIEDUCARE PRIMA I GENITORI)… L’AGGRESSIONE È AVVENUTA NELL’INDIFFERENZA GENERALE, TRA DECINE DI TURISTI CHE AFFOLLAVANO IL CENTRO
Costretto a inginocchiarsi. Schiaffeggiato e spintonato da un gruppo di coetanei. Lui 12 anni appena, nel branco persino qualcuno più piccolo. C’è chi partecipa attivamente, altri riprendono. Tutti lo deridono. «È andata a finire male», dice uno di loro. È accaduto a Vieste, nel Foggiano.
Un’aggressione nell’indifferenza generale. Soltanto un ragazzino ha tentato di intervenire in sua difesa. Invano. C’era anche chi incitava i bulli. Gli aggressori sono già stati identificati dai carabinieri ed è stata informata la Procura dei minorenni: alcuni hanno legami familiari con esponenti della criminalità organizzata. Altri, invece, sarebbero figli di famiglie per bene.
Storie diverse, in comune la scelta di prendersela con chi è debole. Solo. Indifeso. Le botte e l’umiliazione. La scena è stata immortalata in un video realizzato con un cellulare. Circa un minuto e mezzo che racconta attimi di terrore. Da solo contro tutti.
Uno dei bulli lo ha costretto a inginocchiarsi e l’ha colpito con uno scappellotto. Il 12enne si è alzato, ha provato a reagire. Ma a quel punto è arrivato un altro ragazzino: lo ha spintonato e schiaffeggiato più volte. Chi ha ripreso la scena, con tutta probabilità, voleva documentare la prova di forza dei suoi compagni.
Perché i protagonisti sono tutti giovanissimi del posto, identificati grazie al filmato. Nel video si vede il resto del gruppo, riunito in cerchio, ad osservare quello che stava accadendo sotto i loro occhi.
«Inchinati» gli intima uno di loro. E poi ancora violenza. «Se fossi io l’avrei già preso a schiaffi» dice, in dialetto, uno dei ragazzi commentando l’assenza di reazione della vittima. A quanto si è appreso, il ragazzino era a Vieste in vacanza, i suoi aggressori invece sono tutti del posto.
Il video è stato condiviso centinaia di volte rimbalzando nelle chat di WhatsApp e facendo il giro della città. E non solo. Un filmato diventato virale che ha scosso l’intera comunità, indignata per quanto accaduto.
«I ragazzi di oggi non sono più educati ai sentimenti» sono le prime parole del sindaco di Vieste, Giuseppe Nobiletti. Si rivolge alle famiglie, sottolinea l’importanza del coinvolgimento delle scuole e annuncia attività specifiche. Ricorda che «è importante educare i ragazzi al corretto utilizzo dei social».
Eppure, proprio attraverso Facebook, c’è persino chi minimizza l’accaduto. Non un atto di bullismo, ma una semplice bravata. Al punto che un 12enne aggredito dai suoi coetanei diventa non più solo vittima dei bulli, ma anche dell’indifferenza
I carabinieri sono anche sulle tracce di chi non ha partecipato attivamente, ma era lì. Ed è rimasto a guardare o incitare alla violenza. «Stiamo convocando in comune – fa sapere il primo cittadino – genitori e minori per capire l’accaduto e attivare eventuali percorsi. Bisogna recuperare i valori». Nel frattempo, sono stati allertati anche i servizi sociali.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »