Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
UNA GIORNALISTA MULTITASKING: DAL PD DI VELTRONI E RENZI, E’ PASSATA A CURARE L’IMMAGINE EXTRA MEDIASET DI GIAMBRUNO PER APPRODARE ALLA CORTE LEGHISTA… DOPO IL SECCO “NO” DI STRISCIUGLIO (CAPO DI RFI), RIXI CONVINCE IL TRABALLANTE CORRADI DI TRENITALIA, CHE ASSUME LA MADEO A CAPO DELLA COMUNICAZIONE – MA RIXI NON AVEVA FATTO I CONTI CON I LEGHISTI CHE LO VEDONO COME FUMO NEGLI OCCHI
Il sito di Guido Paglia, Sassate.it, ha scoperchiato nei giorni scorsi (vedi articolo a seguire) il caso che vede coinvolti Edoardo Rixi, viceministro del dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti governato da Matteo Salvini, e la giornalista Antonella Madeo sottolineando l’insofferenza di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia nel constatare “la irresistibile carriera della Madeo: dal Pd alla Lega è un attimo…”.
Da parte nostra, intanto, possiamo aggiungere che l’irritazione dei meloniani sull’ottimo rapporto che intercorre tra l’esponente apicale della Lega e Antonella Madeo è niente rispetto all’incazzatura che sta divampando all’interno del partito fondato da Umberto Bossi.
Intanto il pedigree professionale della Madeo, 44 anni, giornalista laureata in Scienze della Comunicazione presso l‘Università di Roma La Sapienza, appartiene in gran parte al Partito Democratico: la ritroviamo nella tv Youdem del Pd veltroniano, poi ha ricoperto la carica di portavoce di Matteo Renzi, quando l’ex premier era candidato alla primarie del Pd nel 2012.
Scrive Sassate.it: “Le fa da pigmalione il deputato Ernesto Carbone (quello del Ciaone!), cosentino come lei, che la introduce anche nel mondo economico vicino al Pd. Così, quando l’astro di Renzi tramonta, la Madeo comincia ad occuparsi della comunicazione di vari gruppi industriali. Ad esempio, sempre grazie a Carbone, di quello di Vincenzo Onorato: Moby, Tirrenia etc etc.”.
Spenta la stella renziana, arriva il ribaltone: “Punta su FdI – scrive ancora Sassate.it – e inizia a curare l’immagine e l’attività extra-Mediaset nientemeno che di Andrea Giambruno, il compagno della premier Giorgia Meloni: eventi e convegni a ripetizione. Un altro successo.
Peccato che ora pure questa fonte di guadagni ora si sia inaridita. Ma la Madeo, imperterrita, non molla e si butta rapidamente sulla Lega, stringendo i rapporti con il viceministro Edoardo Rixi”, conclude a colpi di sassate il sito di Paglia.
E così, grazie all’interessamento del viceministro del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti l’anno scorso Madeo diventa consulente di Mercitalia Rail S.r.l., un’azienda pubblica che fa parte del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e che gestisce il servizio di trasporto merci e di logistica sia in Italia che in Europa.
Quando nel maggio 2023 Gianpiero Strisciuglio trasloca da Mercitalia a RFI (Rete ferroviaria italiana), la società più importante delle quattro che fanno parte della holding Ferrovie dello Stato in quanto ha in mano la gestione dei 62 miliardi di euro per gli interventi sulle infrastrutture, sulla mobilità e sulla logistica contenuti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), inizia la discesa del duplex Rixi-Madeo..
Infatti è Strisciuglio che si oppone alla pressione di Rixi di promuovere la sua protegée dal suo ruolo di consulente relazioni istituzionali di Rfi a capo della comunicazione di Rfi. A quel punto, il genovese Rixi non demorde e rivolge la sua richiesta al suo concittadino Luigi Corradi, un grillino che sbarcò al vertice di Trenitalia sponsorizzato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Conte, Riccardo Fraccaro su indicazione del suo consigliere-principe, Antonio Rizzo.
Corradi ha molte difficoltà a dire di no alla “preghiera” di Rixi in quanto la sua poltrona è in bilico (il capo di FS, Stefano Donnarumma, dicono, penserebbe di sollevarlo e sostituirlo con Umberto Lebruto, oggi a capo di Sistemi Urbani, società capofila del Polo Urbano del Gruppo FS Italiane che si occupa della valorizzazione del patrimonio immobiliare del Gruppo non più funzionale all’esercizio ferroviari).
Quando lo scorso marzo Corradi firma l’assunzione a partire dal 1 settembre prossimo di Antonella Madeo con l’incarico di capo della comunicazione per Trenitalia è l’inizio della fine. Perché Rixi non aveva fatto i conti con quei compagni della Lega che lo vedono come il fumo agli occhi.
Succede che ai primi di luglio di quest’anno sbarca al fianco di Donnarumma, nel ruolo di “Chief Communication Officer”, il giornalista Giuseppe Inchingolo, già gestore delle strategie social di Salvini spalla a spalla con Luca Morisi, fondatore della “Bestia”. E che ti fa il tosto Inchingolo? Lo scorso 2 agosto, d’accordo con Donnarumma, decide di accentrare tutta la comunicazione della holding ferroviaria, revocando i precedenti contratti.
Risultato: il primo settembre Antonella Madeo si ritroverà “Communication business partner”. In parole povere, finirà a fare la segretaria di Corradi (sempre se l’ex grillino a settembre resterà al suo posto…).
(da Sassate.it)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL DOSSIER È IN MANO AL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA, FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, EVIDENTEMENTE TROPPO IMPEGNATO NELLA SUA CROCIATA CONTRO LA CARNE COLTIVATA PER ACCORGERSI DEI FOCOLAI IN OTTO REGIONI
Le misure dell’Italia per controllare la peste suina sono insufficienti. E’ il monito degli esperti dell’Eu Veterinary Emergency Team della Commissione Ue che, in un report elaborato dopo una missione in Lombardia ed Emilia-Romagna, evidenziano che “la strategia di controllo” della malattia “nel Nord Italia dev’essere migliorata”. Serve un piano “comune” e “coordinato” per l’intera area, oltre a un “urgente piano B esteso per il controllo e l’eradicazione della malattia”, scrivono gli esperti, aggiungendo che “l’epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure” e “c’è da temere che si diffonda verso est e sud verso la Toscana”.
In Italia la battaglia contro la peste suina africana, che dura ormai da due anni e mezzo, si è trasformata in un disastro: la malattia è arrivata in 157 Comuni sparsi in otto Regioni. Il governo Meloni è riuscito a scontentare tutti: allevatori, industria e ambientalisti. E gli eventi sono precipitati.
Negli ultimi mesi, sono stati riscontrati otto nuovi focolai, sei dal 26 luglio scorso fra Trecase (Novara), Besate e Vernate (Milano), Mortara e Gambolò (Pavia), Ponte dell’olio (Piacenza), a cui si sono aggiunti altri casi.
È accaduto dopo la bocciatura del gruppo di esperti della Commissione europea, l’eu Veterinary Emergency Team, che ha visitato a luglio le zone infette in Italia, redigendo un report nel quale si stronca la strategia del governo, più propenso a seguire il consenso che la scienza.
Gli esperti chiedono un sostanziale cambio di approccio, meno basato sulla caccia e più su monitoraggio e contenimento geografico dei cinghiali. Poco dopo si è dimesso Vincenzo Caputo, il commissario straordinario per la peste suina africana (psa) insediatosi a febbraio 2023.
E proprio in queste ore ci dovrebbe essere la nomina di Giovanni Filippini da parte dei ministri della Salute, Orazio Schillaci e dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida. Da quest’ultimo il comparto suinicolo chiede risposte mai arrivate, dopo due anni durante i quali sono stati compiuti molti errori, mentre l’attenzione del governo Meloni (e del ministro) era concentrata su altro, in primis sulla battaglia contro la carne coltivata.
Nel frattempo, solo negli ultimi mesi sono stati abbattuti 50 mila capi. La peste suina africana è letale per maiali e cinghiali e, anche se innocua per le persone: chi entra in contatto con il virus può diventare vettore di contagio. Secondo l’eu Veterinary Emergency Team “la strategia di controllo della malattia nel Nord Italia va migliorata” dato che “ogni Regione/provincia mette in atto le proprie misure con un coordinamento minimo con i vicini”.
Nel report si sottolineano “il supporto finanziario insufficiente” e i ritardi nella costruzione delle recinzioni, rispetto alle quali “l’epidemia sembra avanzare più velocemente”. Il risultato? Si teme “che la psa si diffonda verso est (a est dell’autostrada A15) e a sud verso la Toscana, se non l’ha già fatto”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
“COMPRARE” IL SILENZIO COSTA: SE IL GOVERNO DICHIARASSE MORTI TUTTI I DISPERSI DOVREBBE VERSARE COMPENSAZIONI PER ALTRI DIECI MILIARDI DI EURO… IL PARADOSSALE MINI BOOM IMMOBILIARE LEGATO AI PARENTI DEI MORTI: RICEVONO OTTANTAMILA EURO, CHE REINVESTONO NELLE CASE
Andrei Tugutov, 61 anni, è un imprenditore di Ulan-Ude, la capitale della repubblica russa della Buriazia ai confini della Mongolia. Da giovane, era stato un ufficiale e uscì dal disfacimento dell’Unione sovietica amareggiato e pieno di recriminazioni. Da allora si è dato agli affari, costruendo grattacieli abusivi a Ulan-Ude. Ma un anno fa, Tugutov ha firmato un contratto con lo Stato. Ora combatte in Ucraina.
La sua vicenda è emblematica della condizioni in cui i soldati russi si trovano ora che la guerra, nella regione di Kursk, arriva dentro i loro confini. Lo stipendio di Tugutov equivale a circa duemila euro al mese. Il bonus d’ingresso nell’esercito, raddoppiato questo mese dal governo per attrarre nuove reclute, può permettergli di comprare una casa nelle campagne della Buriazia.
Tugutov sostiene di non essere andato in guerra per i soldi, ma per riprendersi la dignità. «In Occidente la Russia non viene riconosciuta come eguale», dice l’imprenditore in un’intervista al quotidiano locale Nomer Odin . «Tutto questo prima o poi doveva succedere».
Nell’intervista Tugutov non cita mai Vladimir Putin, parla solo della missione della Russia. S’intuisce che è quest’ultima ora a dare un senso alla sua vita. «Molti uomini nell’esercito sentono che lì c’è bisogno di loro», dice.
Tugutov aveva una nipote prediletta, Maria Vyushkova, con cui non parla da decenni.
Vyushkova, 42 anni, è una dissidente e ora vive a New York. Contribuisce a una rete che ricostruisce il numero di caduti dell’esercito di Mosca dalle statistiche sulla mortalità, dai funerali, dal registro delle successioni. Si profila così il quadro di circa 120 mila morti in novecento giorni di guerra. Fino alla fine dell’anno scorso la media dei caduti era di centoventi al giorno, nel 2024 sono raddoppiati.
All’inizio persino in Buriazia, dove la religione più diffusa è il buddhismo tibetano, la guerra all’Ucraina era popolare. Ora l’entusiasmo è svanito, dice una dissidente che vive a Ulan-Ude. « La gente ha smesso di parlarne. Tutti conoscono qualcuno al fronte, moltissimi conoscono morti, feriti, dispersi».
In Buriazia e in tutta la Russia questi soldati fantasma stanno diventando un problema sociale, anche perché i loro percorsi sono all’opposto di quelli dei caduti ufficiali. Le famiglie dei primi ricevono una visita di agenti locali dell’Fsb, il servizio segreto russo, i quali propongono uno scambio: la famiglia riceverà una «compensazione» da ottantamila euro, ma deve firmare un foglio in cui si impegna al silenzio. Non deve parlare della sorte del congiunto, non può lamentarsi, altrimenti il governo chiederà indietro i soldi.
Nel caso dei dispersi invece le famiglie restano al buio
L’esercito si limita a dire che del soldato si sono perse le tracce; a volte lo si dichiara «cargo-500», nome in codice dei disertori. In questo caso la paga cessa e non sono previsti indennizzi. Il problema è così diffuso in Russia che alcune famiglie stanno iniziando a uscire allo scoperto. Un gruppo di madri e mogli di 35 soldati buriati hanno messo su YouTube un appello a Putin. «Caro Vladimir Vladimirovich, siamo le famiglie degli uomini della brigata motorizzata di fucilieri 37 — dicono —. Ti chiediamo spiegazioni sui nostri uomini».
Non arriveranno. Il governo non ha fretta di dichiarare morti i dispersi: potrebbe dover versare compensazioni per altri dieci miliardi di euro e ammettere che il costo sociale della guerra è esorbitante. [Accade invece che le famiglie di chi viene riconosciuto come morto investono le compensazioni nel mattone e ora contribuiscono a un boom immobiliare.
Anche Tugutov, il volontario di 61 anni, potrebbe aver avuto ragioni economiche per arruolarsi. Gli affari gli andavano male. Ma aggiunge una riflessione che aiuta a capire perché Putin non ha fretta di arrivare a una tregua: «Quando tutto questo finisce e una gran massa di uomini tornerà a casa […] la società avrà un problema. Questi uomini hanno vinto la paura della morte, non hanno niente da perdere. Sono una forza così potente che nessuno sa in quale direzione andrà».
(da agenzie)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
L’EX ATTRICE DENUNCIA: “ALL’OSPEDALE NON CERA L’OCULISTA, NON SI SONO ACCORTI DI DUE PEZZI DI VETRO CONFICCATI NELL’OCCHIO. A PANTELLERIA L’ELICOTTERO C’E’ MA NON SI MUOVE”
Carole Bouquet è furibonda, l’attrice ed ex modella francese, accompagnata dalla sua amica giornalista Myrta Merlino, è appena stata in municipio, sull’isola di Pantelleria, a parlare «per 4 ore» col sindaco Vincenzo Vittorio Campo.
È arrabbiatissima: «Voglio sporgere denuncia, quello che è successo domenica è incredibile – racconta – ho smosso mari e monti per risolvere da sola la situazione visto che nessuno ci ascoltava, ho chiamato tutti i miei amici in vacanza sull’isola, Pietro Valsecchi, Isabella Ferrari, avrei chiamato anche Giorgio Armani, ma quest’anno non è ancora arrivato, poi alla fine per fortuna un chirurgo che conosco ha fatto arrivare l’elisoccorso da Palermo…».
Ma che è successo? Riavvolgiamo il nastro. Torniamo indietro di una settimana: sabato notte, dopo la discoteca, località Campobello. Un’auto che sale, un’altra che scende, pianissimo, lungo la strada stretta perimetrale che corre tutt’intorno all’isola di Pantelleria. I finestrini sono aperti, fuori c’è un’aria dolce che profuma di zagara. Ennio Koshi, 30 anni, ingegnere civile, è alla guida dell’auto che sale, sta tornando a casa col suo amico Antonin, figlio di Anne Lise, amica cara di Carole Bouquet, quando succede qualcosa. Le due auto si sfiorano, gli specchietti si toccano e quello di Ennio letteralmente esplode. I frammenti di vetro saltano ovunque e finiscono pure dentro il suo occhio sinistro. Ennio Koshi all’improvviso non ci vede più, un sipario nero l’avvolge, le auto si fermano, Antonin si mette alla guida e porta il suo amico all’ospedale Nagar che per fortuna è proprio lì vicino, a 4 km. All’ospedale però non c’è l’oculista, c’è il medico di guardia, due infermieri.
Tutti gentilissimi, Ennio racconta la dinamica, loro effettuano dei lavaggi, mettono dei colliri, una crema antibiotica, gli dicono «stai tranquillo, c’è un graffio sull’occhio, una piccola lesione» e lo mandano a casa. «Torni martedì – gli dicono pure – quando avremo l’oculista in ospedale». Sono circa le 5 di mattina, l’alba di domenica 4 agosto. Ennio torna a casa ma – lo racconta lui – ha la precisa sensazione di avere ancora dei pezzi di vetro nell’occhio. Così, si mette al computer e lancia un sos sui social: «Se c’è un oculista sull’isola avrei bisogno di un’occhiata», ci sarebbe quasi da ridere, ma il peggio sta arrivando. Qualcuno gli scrive che un oculista a Pantelleria ci sarebbe, così gli telefonano ma il numero è irraggiungibile. Qualcun altro si ricorda dell’esistenza di un ottico, Marcus, ma il negozio è chiuso, lui è fuori Pantelleria, torna in serata. È domenica sera quando Ennio, Antonin e altri amici lo vanno quasi a prelevare in aeroporto. Marcus Spector è un ottico molto disponibile e accetta di aprire apposta per loro il suo negozio. Visita Ennio con gli strumenti che ha e subito grida: «Non c’è tempo da perdere, bisogna correre in ospedale, hai due tagli a croce profondissimi, rischi di perdere l’occhio».
Alle 21.30 di domenica i ragazzi sono di nuovo al “Nagar” di Pantelleria mentre Carole Bouquet in quel momento è tranquillamente attovagliata a cena dalla sua amica Anne Lise, la madre di Antonin, che lavora nel mondo dei profumi e le racconta tutta la storia. È così che anche loro entrano nel dramma.
All’ospedale stavolta gli infermieri e il medico di guardia si accorgono finalmente della presenza di alcuni pezzi di vetro incastrati nell’occhio di Ennio e a questo punto bisognerebbe correre, anzi volare, a Palermo con l’elisoccorso. Ma a Pantelleria – racconta Carole Bouquet -nessuno si prende la responsabilità di autorizzare quel volo. Il sindaco le avrebbe appena spiegato che sull’isola manca un medico d’urgenza abilitato per prendere certe decisioni. Così l’attrice francese, che da 30 anni passa qui le sue vacanze e ha pure messo su un’azienda agricola che produce vino (“Si chiama Sangue d’Oro, è buonissimo”), si mette al telefono e riesce, grazie a un amico influente, intorno a mezzanotte e mezza di domenica ad ottenere il via libera dal civico di Palermo, dove si alza un elicottero per Ennio, che verrà operato subito, il giorno dopo, lunedì mattina con esito positivo.
L’occhio sinistro è salvo e ora il ragazzo si è tolto anche le bende.
«Una follia, Ennio aveva conficcato nell’occhio un pezzo di vetro lungo 5 cm, ho dovuto smuovere la Sicilia intera – si sfoga Carole Bouquet ora che la grande paura è passata – Ma non è la prima volta! Un mio amico, Carlo, due anni fa si è tagliato una dito con un coltello affettando un cocomero e l’ha dovuto tenere sei ore nel ghiaccio in attesa che atterrasse l’elicottero. Un’altra volta è successo pure a me, sono caduta sulle pietre di Pantelleria mentre giravo la scena di una fiction e quando sono arrivata, con l’elicottero privato, all’ospedale di Palermo mi hanno messo 41 punti di sutura sul viso. Capito? A Pantelleria l’elicottero c’è ma non si muove, è uno scandalo, io voglio fare questa denuncia per il bene dei 7500 panteschi residenti, perchè l’isola è abbandonata a se stessa, senza servizi. Mentre parlavo col sindaco mi veniva in mente il Gattopardo e pensavo che è proprio così, su quest’isola tutto cambia e niente cambia».
(da il Corriere della Sera)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
“A FEBBRAIO, QUANDO I SUICIDI ERANO 18, ERA UN’EMERGENZA. ADESSO NON LO È PIÙ. E’ LA CONSTATAZIONE CHE SIAMO STATI INCAPACI DI GESTIRE L’EMERGENZA”
“E’ ora di uscire da questa discarica giustizialista. Se il problema del sovraffolamento carcerario non riusciamo a risolverlo, allora che ci stiamo a fare al governo?”. Il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, esponente di Forza Italia, non è tipo da esternazioni timide.
Nelle stesse ore in cui a Montecitorio si dava l’ok al decreto carceri, si suicidava il 66esimo detenuto dall’inizio dell’anno: il 39 per cento di loro, secondo la Caritas, era in attesa di giudizio.
“A febbraio, quando i suicidi erano 18, era un’emergenza. Adesso non lo è più. E’ la constatazione che siamo stati incapaci di gestire l’emergenza”, ragiona Mulè col Foglio. “Preso atto di questo, bisogna sapersi interrogare su quel che non sta funzionando. Perché questi continui suicidi sono un disonore per la politica tutta. A mali estremi, estremi rimedi”.
Quali? “Non un’amnistia, ma il coraggio di procedere a un intervento sulla custodia cautelare. Lega e Fratelli d’Italia hanno sensibilità diverse, va bene, ma noi come FI abbiamo l’obbligo di invitarli a ragionare”. I
l ministro della Giustizia dovrebbe fare molto di più? “Il Nordio che vedo io dice delle cose giuste. Poi faccio la tara con le misure licenziate ed è evidente che c’è qualcosa che non va”.
Mulé spiega che da parte di Forza Italia c’è già stato un lavoro di mediazione. “Qualche settimana fa abbiamo avuto una riunione drammatica al Senato con le altre forze di maggioranza. Sul decreto carceri abbiamo fatto una scrematura degli emendamenti. Il viceministro Sisto ci ha provato. Ma se non riusciamo a incidere su materie così delicate e così importanti per la nostra storia, ripeto, che ci stiamo a fare al governo?”
(da agenzie)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
HA NEGATO L’OLOCAUSTO E NEL 2015 HA CHIESTO DONAZIONI CON L’OBIETTIVO DI ELIMINARE L’ATTIVISTA DI BLACK LIVES MATTER DERAY MCKESSON… IL VICE DI UN CRIMINALE COME POTREBBE ESSERE?
La storia sulla vicinanza del candidato vice di Donald Trump con la destra cospirazionista si arricchisce di un altro capitolo: quello dei messaggi via cellulare. J. D. Vance è stato a lungo in contatto con Charles Johnson, 35 anni, blogger e imprenditore tech diventato celebre in Usa per aver propagandato storie complottiste vicine alla estrema destra.
Johnson in passato aveva negato l’Olocausto e nel 2015 era stato espulso da Twitter per aver chiesto donazioni con l’obiettivo di eliminare l’attivista di Black Lives Matter DeRay Mckesson. […] Tra le sue frequentazioni telefoniche c’era il candidato vice presidente dei Repubblicani, con il quale era entrato in contatto grazie a un ricco donatore del Partito
Quando Vance era stato eletto al Senato, nel novembre del 2022, Johnson gli aveva mandato un messaggio di complimenti e un consiglio: “cerca di tenerti fuori dai guai”. Secondo quanto emerso dalla lettura dei messaggi fatta dal Washington Post, non era solo uno scambio di cortesie. Johnson sarebbe diventato una specie di consigliere di Vance.
Nei venti mesi in cui i due si sono scambiati messaggi, prima di venire scelto da Trump come candidato vice, Vance gli ha manifestato la sua cruda avversione a inviare armi al governo ucraino. “Amico – aveva scritto a ottobre – io neanche rispondo alle telefonate dall’Ucraina”. Tre settimane prima i Repubblicani della Camera avevano respinto la richiesta d’aiuto da parte di Kiev.
“Due pezzi davvero grossi – aveva scritto Vance in un altro messaggio – mi hanno contattato. Il capo della loro intelligence e il capo dell’aviazione militare”. Si lamentavano riguardo gli F16, riferimento ai jet militari richiesti dall’Ucraina.
I messaggi sono stati mandati usando l’app Signal, che offre una protezione maggiore, e sono stati forniti al quotidiano americano dallo stesso Johnson. Un portavoce del senatore ha negato che tra i due ci fossero rapporti d’amicizia.
“JD – ha spiegato William Martin – di solito ha ignorato i messaggi, solo qualche volta ha risposto per controbattere le cose dette”. In realtà dall’analisi dei testi emerge che era stato lo stesso senatore a chiedere a Johnson un parere su molti temi.
Gli Ufo: “Che cosa ne pensi?”. Il rapporto tra il Gop, il Partito repubblicano e il leader israeliano Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu: “Qual è il problema del Gop con Bibi?”. E la morte in carcere del pedofilo milionario Jeffrey Epstein: “Pensi che Epstein si sia suicidato?”.
Quando Johnson gli aveva consigliato di lavorare a un progetto per limitare le proprietà straniere nel settore immobiliare, il futuro candidato vice gli aveva risposto con un pollice per dire “va bene”.
Quando, il 15 luglio, Trump ha nominato Vance, Johnson ha criticato la scelta e minacciato di rendere pubblico lo scambio di messaggi, ma appena pochi giorni prima gli aveva fatto i complimenti per essere finito tra i favoriti all’incarico.
Il blogger sostiene di essere rimasto deluso dalla vicinanza di Vance con il primo ministro israeliano, e di aver deciso di appoggiare Kamala Harris.
Nonostante le smentite del portavoce, Vance sapeva con chi aveva a che fare. In un messaggio a Johnson, il senatore aveva scritto: “Se sei chi dici di essere, allora forse non hai il mio telefono sotto controllo?”. E aveva accompagnato il messaggio con l’emoticon della risata così forte da lacrimare. Era l’autunno scorso, nove mesi prima di essere nominato candidato vice di Trump.
(da La Repubblica)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
“L’ITALIA È ANDATA INDIETRO DI VENT’ANNI. PRIMA NON C’ERA TUTTO QUESTO RAZZISMO. O FORSE NON C’ERANO I SOCIAL. IO HO GAREGGIATO CON LA MAGLIA AZZURRA PER TUTTA LA VITA”
La storia di Larissa Iapichino è una storia bellissima. Un talento naturale, figlia di un astista e di una lunghista; allenata dal padre, seguita con amore dalla madre.
Il suo quarto posto non è una delle medaglie di legno che ci fanno un po’ arrabbiare; è un ottimo esordio olimpico, preludio di risultati ancora migliori quando a Los Angeles 2028 Larissa avrà ventisei anni, sarà cioè al tempo della piena maturità atletica.
Il babbo è Gianni Iapichino, con cui Larissa è andata a vivere dopo la separazione dei genitori (da un anno e mezzo ha messo su casa per suo conto), e che la segue passo a passo; la sua nuova compagna Silvia Saliti le fa da manager, non a caso Larissa ha ringraziato per il sostegno la sua famiglia allargata, compresa la sorella più piccola, Anastasia, cui è legatissima, e il compagno belga della madre.
La madre è Fiona May. Due ori mondiali, due argenti olimpici. Il record italiano del salto in lungo è tuttora suo: 7 metri e 11 centimetri, 24 in più della misura realizzata ieri dalla figlia. Parlando con la May, ti rendi conto che dietro una bella storia ci sono anche riflessioni amare: «L’Italia è andata indietro di vent’anni — dice la campionessa —. Vent’anni fa non c’era tutto questo razzismo.
O forse semplicemente non c’erano i social. I social su cui qualcuno scrive che Larissa non è italiana. Ma come si può?». Larissa ovviamente è italianissima, è nata a Borgo San Lorenzo, si sente profondamente fiorentina, all’università di Firenze studia giurisprudenza, tifa per la Viola, il suo luogo del cuore è piazza della Signoria, tra la Giuditta di Donatello che taglia la testa al condottiero nemico Oloferne e il David di Michelangelo, il pastore che uccide il gigante. Ma non prendiamoci in giro, dice Fiona May: «Il problema è il colore della pelle. Che non dovrebbe appunto essere un problema.
A maggior ragione nello sport.
La Nazionale di calcio francese è composta quasi esclusivamente da neri: gli allenatori vanno a cercarli per strada, li includono, li coinvolgono. Lo stesso accade in Inghilterra. Il centravanti della nazionale belga è da dieci anni Romelo Lukaku. Perché in Italia non ci sono neri in Nazionale?».
Sta dicendo che siamo un Paese razzista? «Sto dicendo che l’Italia sta andando indietro anziché andare avanti. Che c’è qualcosa, nel subconscio del Paese… Non mi piace neppure quando i telecronisti dicono: Larissa ha un papà italiano, la mamma invece… Io ho gareggiato con la maglia azzurra per tutta la vita».
Com’era Larissa da piccola?
La May sorride: «Una bambina come tutte le altre. Tranquilla, divertente, a volte un po’ rompiscatole». Tutti vi ricordiamo, madre e figlia, in una fortunata pubblicità tv. «Da bambina faceva ginnastica artistica. Un giorno però Jury Chechi, che è un amico di famiglia, ci disse: questa bambina è troppo alta per fare ginnastica…». Jury Chechi è un metro e 63, Larissa Iapichino un metro e 71. Così, prosegue la madre, «lei ci chiese: se provassi con l’atletica? E io: per carità, poi faranno i confronti. Invece atletica è stata».
La folgorazione fu a tredici anni, al meeting di Montecarlo: lo stadio, le luci, il boato della folla. «Stempero la tensione dormendo. Anche l’ansia non è mai esagerata: giusto quella che serve ad andare bene» ha raccontato a Sportweek. Ieri prima della gara ha fatto stretching con la musica nelle orecchie. Le altre sono entrate nello stadio accennando passi di danza, gridando, improvvisando pantomime appena più tranquille di quelle che hanno valso un richiamo ufficiale a Lyles. Lei si è limitata a un sorrisetto e a un saluto con il braccio.
Il pubblico l’ha sempre sostenuta accompagnando i suoi salti con i battimani; ma la gara è stata ritmata piuttosto dal dialogo con il padre, un vulcano di energia, calvo, barbuto, orecchini, un continuo confronto tecnico e motivazionale con la sua atleta. Agli Europei era stato argento con 6.94. Ieri sera la Iapichino ha subito bissato il salto da 6.87 con cui si era qualificata, e non è riuscita ad andare oltre; all’evidenza è la misura che ha nelle gambe in questo momento.
C’è comunque stata una maglia azzurra in una serata di atletica meravigliosa, con un africano del Botswana che sui 200 si lascia dietro gli americani, il duello tra Pakistan e India nel giavellotto, il record del mondo dei 400 a ostacoli donne. Non è poco, anzi è moltissimo.
(da Corriere della Sera )
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
PESI E CONTRAPPESI PER LA RIDICOLA DESTRA LEGGE E ORDINE
Pesi e contrappesi per la destra legge e ordine. L’abolizione del reato di abuso d’ufficio è un po’un peso per l’elettorato tendenza Giorgio Bracardi – «in galera! ! !» – e allora arriva il contrappeso del decreto carceri che conferma la linea dura pure contro le donne incinte e i bambini sotto i tre anni. E tuttavia comincia a diventare evidente il corto circuito tra i due mondi che compongono la cultura giudiziaria del governo, associato a una certa ansia da prestazione.
Il pasticcio del pressing sul Quirinale per la controfirma della riforma dell’abuso – con il post polemico di Enrico Costa rilanciato dal ministro Guido Crosetto – e l’annuncio del Guardasigilli Carlo Nordio di una richiesta di incontro al Colle sul tema del sovraffollamento carcerario, rivelano insicurezze e paure inaspettate. Cosa ha da temere una maggioranza così solida e dichiaratamente compatta? Cosa vuole da Sergio Mattarella? Mistero.
Sta di fatto che il capitolo «giustizia e annessi» appare all’improvviso come il più problematico nel dibattito interno della coalizione. Se l’Autonomia differenziata e persino il premierato sono scivolati abbastanza lisci attraverso il calendario parlamentare, col minimo sindacale di incidenti d’aula, qui si cammina sulle uova. Da un lato il Team Manette guidato dalla Lega e FdI ha prodotto una valanga di nuovi reati, almeno quindici, dall’invasione di terreni alla resistenza passiva agli ordini.
Dall’altro il Team Garantista deve portare avanti il programma concordato con Forza Italia fin dalla formazione dell’esecutivo, di cui il ministro Nordio si fece campione incontrando a lungo Silvio Berlusconi prima della nomina. Sono imprinting che non stanno insieme, anche perché la giustizia non è un campo teorico come altri accidenti del momento – la siccità o i bilanci, dove ognuno può coltivare la sua versione – ma un luogo di carne, sangue, scandali che ogni giorno si squaderna davanti alla pubblica opinione con l’escalation dei suicidi carcerari, le rivolte, gli arresti eccellenti che determinano ribaltoni politici.
Gli appelli al Colle perché acceleri la controfirma sull’abuso d’ufficio (una legge che in tutta evidenza richiede approfondimenti) o perché si confronti sull’emergenza carceri (su cui la maggioranza ha appena legiferato senza introdurre alcuna novità vera) si spiegano soltanto con un surplus di nervosismo e con l’idea di assegnare a istanze superiori responsabilità che la politica dovrebbe assumersi in prima persona.
Quegli interventi (e pure quei mancati interventi) sono scelte della maggioranza, i limiti costituzionali dell’iniziativa del capo dello Stato sono noti ed è bizzarro vedere la destra chiamarli in causa a casaccio, senza una linea di condotta precisa.
Si sollecita l’intervento di Mattarella quando Fanpage fa un’inchiesta sotto copertura tra i giovani di Fdi. Si chiedono le dimissioni di Mattarella quando, parlando al corpo diplomatico, cita il concetto di sovranità europea. Mattarella va bene quando aiuta a ricucire i rapporti con la Francia. Mattarella non va bene quando mette in guardia dai pericoli di un «assolutismo della maggioranza».
Insomma, lo si vuole arbitro ma anche giocatore, e ovviamente controfirmatore di leggi in velocità ma anche ultima istanza per poter dire, dopo una legge inutile allo scopo come quella sulle carceri: arriverà ben altro, ne abbiamo parlato col Presidente. E dunque, due le possibilità. L’inquietudine di queste giornate è il preludio della grande partita parlamentare d’autunno sulla separazione delle carriere e sullo sdoppiamento Csm: i due team contrapposti della maggioranza saggiano il terreno cercando linee di comportamento per evitare di finire a stracci, e le chiamate in causa del Quirinale fanno parte di questo gioco. Oppure non c’è nessun gioco. Nei rapporti col Colle, come in tante altre cose complicate, i singoli esponenti della maggioranza vanno avanti alla giornata, cercando più che altro il vento dei social e della comunicazione, e quindi anche il rapporto con il capo dello Stato veleggia qua e là a seconda dei momenti (e forse è questa l’ipotesi più probabile).
(da lastampa.it)
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Agosto 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL COGNATO D’ITALIA CERCA TALPE AL MINISTERO E MINACCIA I FUNZIONARI
Lollo è un Terrore. Il ministro dell’Agricoltura, il massaio d’Italia, cerca la talpa. Ha riunito i direttori generali e avvisato: “Sappiamo chi parla con il Foglio. Attenti”. Ultime dal ministero: per nominare il commissario al granchio blu, un pensionato, il massaio ha inserito nel suo dl un codicillo, art. 12 bis. Subbuglio, paura, dirigenti lasciati con una sola sedia a guardare il soffitto. Le talpe si moltiplicano.
Lollo, Le Carré. Senza Lollo non si lallera. Il ministro più amato dal giornalismo italiano (premio ex aequo con Genny Sangiuliano, secondo Urso) continua ad avere problemi di diritto.
Siamo arrivati alla ripetizione 4. Il suo magnifico dl Agricoltura, l’opera omnia, è una miniera. I migliori giuristi d’Italia scorrendolo si sono chiesti: ma a cosa servirà mai questo articolo 12-bis “esclusione dai divieti di conferimento incarichi a soggetti in quiescenza”? Ecco la soluzione. Serviva a nominare il commissario al granchio blu, l’ex prefetto che mette le manette ai granchi, che ha già fatto sorridere mezza Italia. E’ l’ex prefetto di Ravenna, Enrico Caterino, pensionato. L’articolo 12 bis passa, Lollo nomina il pensionato Caterino ma il ministero scoppia, protesta, anche perché Lollo si è messo la parrucca di Robespierre.
Dopo gli articoli del Foglio, sulle promozioni d’Italia, sulla Lollobrigida zone, ruoli da direttore assegnati tramite interpello, ma ai fedeli, il Parlamento è intervenuto. Quattro deputati dem, capeggiati da Stefano Vaccari, hanno presentato un’interrogazione. Al ministero, lunedì, viene convocata una riunione d’urgenza e spiegato che “noi sappiamo chi parla con il Foglio, attenti altrimenti qui non si mette più piede”. Lollo ha i forconi e le baionette, ma a Lollo non è dato sapere quanto è buono il direttore con le pere.
Cosa accade quando il massaio congeda questi direttoroni? Accade che finiscono in una stanza senza missione. A guardare il cielo. Quando è arrivato, Lollo ha sostituito il direttore delle Politiche internazionali, Luigi Polizzi. Al suo posto ha nominato Damiano Li Vecchi. I ministri dell’Agricoltura sono passati, ma Polizzi è rimasto anche perché è il funzionario che ha sempre gestito i rapporti con l’Europa. Lollo ci litiga: “Via”. È come la Rai: un direttore resta sempre direttore. Per mettere a tacere Polizzi gli si promette di fare il consigliere giuridico. Passano le settimane ma il contratto di Polizzi non viene registrato. Dove sta il povero Polizzi? È finito in una stanza con una sola sedia. Un caso, l’eccezione? Eh, no.
Uno dei pallini di Terrore Lollo è il Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura. È arrivato al punto di commissariarlo (anche lì si corre il rischio di un lungo contenzioso giuridico). Il direttore generale, Stefano Vaccari viene sollevato dal Crea e riportato al ministero. Una volta tornato Vaccari viene però spedito in biblioteca. Il Foglio ne scrive, Lollo interviene. Che fare? Per procurare un ruolo a Vaccari vuole toglierlo a un altro, quell’altro è Emilio Gatto, direttore alle foreste che aveva preso il posto di Alessandra Stefani andata in pensione. Sempre per l’armonia (Lollo si definisce il ministro dell’Armonia) a Vaccari dovrebbe essere conferita la direzione di Gatto, e Gatto spostato a sua volta. È destinato al lavorare con Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche europee. Nel 2018, Blasi e Gatto, ma questo Lollo lo trascura, hanno litigato e litigato male. Un loro scambio di mail, violentissimo, venne pubblicato sul sito di settore Agricolae.eu. L’avviso a tutti i ministri era: teneteli lontani. Lui, Lollo, li avvicina.
Il ministero che vuole silenziare è ormai una soap, letterale. Intrighi, amori, fiction. L’ex marito di una direttrice generale del ministero è un dirigente Rai che si occupa di “Un Posto al Sole”, dove lavora, a sua volta, la moglie di un altro super dirigente del Masaf. Ovviamente cosa fa un ministero avvelenato? Lascia intendere che le gratifiche professionali di uno si devono ai galloni dell’altro, anche a costo di prendere un granchio. E torniamo appunto al granchio. Lollo, che legge il Foglio, ha imparato, tanto più dopo il caos peste suina. La cellula operativa del commissario al granchio blu è dislocata al ministero di Pichetto Fratin. Le cerimonie, la presentazione del commissario, la fa Lollo, i guai se li carica Pichetto che, a questo punto, si merita un piatto di aragoste.
(da Il Foglio)
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