Destra di Popolo.net

UN GOVERNO DI DILETTANTI, FINO AL 26 DICEMBRE HA AGITO COME SE NON AVESSE COMPRESO CHE L’ARRESTO DI CECILIA SALA A TEHERAN ERA UNA RITORSIONE PER QUELLO DI MOHAMMAD ABEDINI

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

IL 23 DICEMBRE, QUANDO LA GIORNALISTA ERA GIÀ IN CARCERE DA QUATTRO GIORNI E IL GOVERNO LO SAPEVA, ABEDINI ERA IN CELLA A ROSSANO CALABRO, ACCANTO A ESTREMISTI ISLAMICI QUASI TUTTI SUNNITI E NEMICI DELL’IRAN, E NON HA POTUTO INCONTRARE IL SUO AVVOCATO… TAJANI E MELONI SONO STATI INOLTRE PRESI CHIARAMENTE IN GIRO DAGLI IRANIANI SUL TRATTAMENTO DI SALA, CHE DOVEVA ESSERE DIGNITOSO E NON LO È

La questione sarebbe comunque complicata ma il ritardo nel metterla a fuoco pesa: fino al 26 dicembre l’esecutivo ha agito come se non avesse compreso che l’arresto di Cecilia Sala a Teheran, avvenuto il 19, era una ritorsione per quello di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano 38enne residente in Svizzera fermato tre giorni prima dalla polizia italiana a Malpensa su richiesta Usa.
Richiesta diplomatica diretta, senza nota Interpol, come è prassi nei casi più delicati. Richiesta indirizzata alla polizia, a quanto pare, aggirando i Servizi. La cattura di Abedini è stata annunciata trionfalmente il giorno dopo, 17 dicembre.
Nessun allarme è scattato per Sala, giornalista molto nota della società di podcast Chora Media e del Foglio, per quanto un sito ben informato su questioni diplomatiche e di intelligence come Formiche.net avesse segnalato fin dal 17 il rischio che il regime iraniano prendesse ostaggi italiani, secondo una pratica piuttosto consolidata.
Il 23, quando la nostra collega era già in cella da quattro giorni e il governo lo sapeva, l’avvocato di Abedini e il console iraniano a Milano non hanno potuto incontrare l’ingegnere nel carcere di Busto Arsizio, sebbene fossero autorizzati dai magistrati, perché l’avevano portato a Rossano Calabro, accanto a estremisti islamici quasi tutti sunniti e nemici dell’iran.
Solo la sera del 26 l’ hanno riportato a Milano, nel carcere di Opera, dove il console il 27 ha potuto vederlo perché altrimenti Sala non avrebbe incontrato, lo stesso giorno, l’ambasciatrice Paola Amadei. L’unica visita concessa alla giornalista in questi terribili 16 giorni a Evin, nel carcere dei dissidenti.
Quel giorno il ministero degli Esteri ha reso pubblica la notizia dell’arresto di Sala, pur negando almeno ufficialmente il legame con il caso di Abedini. E poi sembra essersi fatto prendere in giro dagli iraniani sul trattamento di Sala, che doveva essere dignitoso e non lo è: la 29enne romana è in isolamento assoluto, senza nemmeno un materasso, costretta a dormire sul pavimento tra due coperte quando la notte il termometro va sotto zero, privata perfino degli occhiali da vista e del pacco con i generi di conforto, gli abiti, i libri e la mascherina per poter riposare nonostante la luce accesa 24 ore su 24.
Altro che “cella singola”, come aveva detto il ministro Antonio Tajani, facendo intendere che fosse più confortevole di altre, sporche e affollate. Non è un albergo. Sala è nelle mani dei pasdaran, i guardiani della rivoluzione islamica, l’ala conservatrice e più dura di un regime tutt’altro che monolitico.
Interpellate sulle iniziali sottovalutazioni, fonti governative invitano a guardare, più che alla Farnesina e a Palazzo Chigi, al ministero della Giustizia. E ora che l’unica strada per riportare a casa Sala sembra passare per la concessione degli arresti domiciliari ad Abedini, al ministero guidato da Carlo Nordio sembrano intenzionati a lasciar fare ai giudici.
(da Il Fatto Quotidiao)

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COM’ERA LA STORIELLA DELLA MELONI: “NON ABBASSIAMO LE TASSE”? LA PRESSIONE FISCALE NEL TERZO TRIMESTRE 2024 HA RAGGIUNTO IL 40,5%, IN AUMENTO DI 0,8 PUNTI PERCENTUALI RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

L’AUMENTO DEL POTERE D’ACQUISTO DELLE FAMIGLIE È VANIFICATO DAL CROLLO DELLA PROPENSIONE AL RISPARMIO

“Nel terzo trimestre 2024 la pressione fiscale è stata pari al 40,5%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. Lo comunica l’Istat diffondendo i dati sul contro trimestrale delle Amministrazioni Pubbliche relativi al terzo trimestre 2024.
Nel terzo trimestre 2024 l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al -2,3% (-6,3% nello stesso trimestre del 2023). “L’incidenza del deficit delle Amministrazioni Pubbliche sul Pil migliora sensibilmente”, osserva l’Istat.
Nel terzo trimestre 2024, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è cresciuto dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dell’1,6%.
Lo stima l’Istat osservando che “Il potere d’acquisto delle famiglie, pur segnando uno sviluppo più contenuto rispetto ai periodi precedenti, risulta in crescita per il settimo trimestre consecutivo”.
D’altra parte, osserva sempre l’Istat “la propensione al risparmio diminuisce congiunturalmente, ma in termini tendenziali prosegue il suo sentiero di crescita”. Questa “è stata pari al 9,2%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali sul trimestre precedente”.
A fronte di un aumento dello 0,2% del deflatore implicito dei consumi, il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,4%.
(da agenzie)

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“CI APPELLIAMO AGLI ORGANI DI INFORMAZIONE CHIEDENDO IL SILENZIO STAMPA”: I GENITORI DELLA GIORNALISTA CECILIA SALA SCRIVONO AI COLLEGHI DELLA FIGLIA UN APPELLO AD ASTENERSI DALLA PUBBLICAZIONE DI RETROSCENA E NOTIZIE SULL’ARRESTO DELLA 29ENNE ROMANA

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

CON TUTTO IL RISPETTO PER LA PREOCCUPAZIONE DELLA FAMIGLIA, SIAMO SICURI CHE NON PARLARE DELLA VICENDA SERVA ALLA CAUSA? IL LUNGO, INIZIALE SILENZIO SUL SUO ARRESTO NON HA FAVORITO NESSUNA TRATTATIVA, ANZI L’HA RITARDATA, NEL SILENZIO SI TORTURA FACILE; NEL CHIASSO, QUANTO MENO, CI SI VERGOGNA

La lettera dei genitori
La situazione di nostra figlia, Cecilia Sala, chiusa in una prigione di Teheran da 16 giorni, è complicata e molto preoccupante.
Per provare a riportarla a casa il nostro governo si è mobilitato al massimo e ora sono necessari oltre agli sforzi delle autorità italiane anche riservatezza e discrezione.
In questi giorni abbiamo sentito l’affetto, l’attenzione e la solidarietà delle italiane e degli italiani e del mondo dell’informazione e siamo molto grati per tutto quello che si sta facendo.
La fase a cui siamo arrivati è, però, molto delicata e la sensazione è che il grande dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e di rendere più complicata e lontana una soluzione.
Per questo abbiamo deciso di astenerci da commenti e dichiarazioni e ci appelliamo agli organi di informazione chiedendo il silenzio stampa.
Saremo grati per il senso di responsabilità che ognuno vorrà mostrare accogliendo questa nostra richiesta.
Elisabetta Vernoni e Renato Sala

Nascondere per dieci giorni la notizia dell’arresto di Cecilia Sala a cosa è servito?
Il lungo, iniziale silenzio sul suo arresto non ha favorito, come abbiamo purtroppo visto, nessuna trattativa per liberare Cecilia Sala, anzi l’ha ritardata.
E non è vero che una sana, tempestiva e indignata informazione avrebbe impedito la visita che l’ambasciatrice italiana le fece in carcere. Nel silenzio si tortura facile; nel chiasso, quanto meno, ci si vergogna
Nel silenzio è stato straziato Giulio Regeni. Il chiasso ha “alleggerito” la detenzione di Ilaria Salis e ha convinto gli italiani a eleggerla al Parlamento europeo per liberarla. Quando è consapevole, il silenzio è complice, e non al di là delle buone intenzioni, come spesso si dice, ma al servizio delle buone intenzioni.
È la sindrome di donna Prassede, “una gentildonna molto inclinata a far del bene: mestiere certamente il piú degno che l’uomo possa esercitare; ma che pur troppo può anche guastare, come tutti gli altri”. La citazione di donna Prassede (capitolo XXV) che per il bene di Lucia prova a distogliere Lucia da Renzo, è molto lunga e meriterebbe di essere riproposta, per intero e a tutti, nel caso di Cecilia Sala. La riassumo con parole mie: voleva fare del bene a tutti i costi, anche a costo di fare del male.
(da Repubblica)

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L’UDIENZA SULLA RICHIESTA DEI DOMICILIARI PER MOHAMMAD ABEDINI NAJAFABADI È FISSATA PER IL 15 GENNAIO. A VALUTARE L’ISTANZA SARÀ UN COLLEGIO AD HOC, COMPOSTO DAL PRESIDENTE PIÙ ANZIANO E DA ALTRI DUE GIUDICI, MA NON DA CHI FINORA HA TRATTATO IL CASO

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

PROSEGUIRÀ ANCHE CON LA PROCEDURA LEGATA ALLA ISTANZA DI ESTRADIZIONE DEGLI STATI UNITI

La corte d’appello di Milano ha fissato per il prossimo 15 gennaio l’udienza per discutere la richiesta dei domiciliari avanzata dalla difesa di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano bloccato in Italia il 16 dicembre scorso per una richiesta di estradizione degli Usa. L’istanza ha il parere negativo della Procura generale di Milano.
Sarà un collegio della Corte d’Appello ad hoc e che non contempla il giudice che ha convalidato l’arresto, a valutare l’istanza dei domiciliari avanzata dalla difesa di Mohammad Abedini Najafabad, l’ingegnere iraniano in carcere dallo scorso 16 dicembre dopo essere stato bloccato a Malpensa per via di una richiesta di estradizione avanzata dagli Usa.
Da quanto si è saputo il collegio della quinta sezione, che si riunirà all’udienza del 15 gennaio, sarà composto di certo dal presidente più anziano e da altri due giudici, ma non da chi finora ha trattato il caso proprio per dare una ulteriore garanzia di imparzialità, e proseguirà anche con la procedura legata alla istanza degli Stati Uniti.
Intanto si è in attesa dell’ordine di arresto del distretto del Massachusetts che, per quel che si sa, è stato deciso da una giuria e non dovrebbe essere motivato, mentre potrebbero essere inviati da oltreoceano altri documenti a sostegno delle accuse che dovranno essere vagliate dalla corte milanese che si pronuncerà anche sulla loro sussistenza.
Nella primavera del 2023, ad esempio, era stata concessa l’estradizione di Artem Uss, il figlio dell’oligarca russo poi evaso, solo per due delle quattro contestazioni mosse dalle autorità americane.
(da agenzie)

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SARDEGNA, IL COLLEGIO DI GARANZIA ELETTORALE DICHIARA DECADUTA LA GOVERNATRICE TODDE CHE IMPUGNERA’ L’ATTO

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

LA MOTIVAZIONE NON E’ CHIARA: PRESUNTE INADEMPIENZE SULLE SPESE SOSTENUTE IN CAMPAGNA ELETTORALE… SARA’ IL CONSIGLIO A DECIDERE

Terremoto alla Regione Sardegna. Il collegio regionale di garanzia elettorale ha fatto una dichiarazione di decadenza da consigliere regionale per Alessandra Todde, che così perderebbe anche la carica di presidente della Regione
Sarebbero state rilevate delle inadempienze sulle spese tenute durante la campagna elettorale dell’anno scorso, che hanno portato all’emissione di un’ordinanza ingiunzione indirizzata al Consiglio regionale, che ora deve stabilire una data per la decisione sulla decadenza. L’atto è impugnabile presso il tribunale ordinario.
Todde: «Vado avanti, impugnerò nelle sedi opportune»
«La notifica della Corte d’appello è un atto amministrativo che impugnerò nelle sedi opportune. Ho piena fiducia nella magistratura e non essendo un provvedimento definitivo continuerò serenamente a fare il mio lavoro nell’interesse del popolo sardo». Così la presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, commenta a caldo la decisione del collegio regionale.
(da agenzie)

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A FINE MESE RENZI PARTECIPERÀ A UNA CONFERENZA (RETRIBUITA) A PANAMA: SFRUTTERÀ I CAVILLI DELLA LEGGE CHE OBBLIGA I SENATORI A NON INCASSARE COMPENSI SUPERIORI A 100 MILA EURO DA PAESI EXTRA-UE

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

BASTERÀ CHE I COMPENSI ARRIVINO DA ENTI CON UNA SEDE IN EUROPA

Tanti cari saluti da Panama. Mittente: Matteo Renzi. Destinatari: Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e la maggioranza tutta. L’ex premier prepara valigie e cartoline, perché a fine gennaio sarà impegnato in una delle consuete conferenze in giro per il mondo, questa volta nella città di Panama, capitale dell’omonimo Stato che separa il Mar dei Caraibi dall’oceano Pacifico.
Renzi sarà ospite al Foro economico Internacional America Latina y el Caribe, organizzato il 29 e 30 gennaio dalla Caf, banca di sviluppo di riferimento nel Sud e Centro America con sede a Caracas, Venezuela. Non sarà però questa la prima conferenza renziana a doversi sottoporre alla ormai nota autorizzazione preventiva del Senato imposta dalla legge di bilancio appena approvata, quella che vieta ai parlamentari compensi superiori a 100 mila euro provenienti da Paesi extra Ue, condizionando gli importi inferiori al parere della Camera di appartenenza
A quanto risulta al Fatto, la missione panamense fa parte infatti di un accordo siglato e fatturato nel 2024, dunque rientra nella normativa precedente, al pari delle varie trasferte in Arabia Saudita. Ultima delle quali, due settimane fa, per partecipare all’international Mice Summit promosso dal governo nella nuova area urbana chiamata, non senza un certo effetto scenico, Mohammed bin Salman Nonprofit City.
Ma non sarà soltanto la conferenza di Panama a non sottoporsi al giudizio del Senato. Nei giorni scorsi infatti Renzi ha chiarito ai suoi che non chiederà mai nessuna autorizzazione per i suoi viaggi futuri, pur ovviamente rispettando tutte le regole della nuova legge di bilancio. Che significa? Se potrà fatturare in automatico, rientrando nei casi consentiti a priori, farà fattura. Se non potrà fatturare, perché alle prese con introiti o committenti sottoposti ai vincoli della legge, allora non incasserà il compenso.
È lo stesso Renzi però ad aver chiarito pubblicamente che questo secondo caso, ovvero la rinuncia, riguarderà meno di un decimo degli introiti provenienti dall’estero (l’ultima dichiarazione dei redditi è da 2,3 milioni), segno che per tutto il resto l’ex premier sa già di poter approfittare dei “buchi” del provvedimento, che per esempio non prevede limitazioni per i compensi da enti con almeno una sede in Europa.
Comunque, secondo l’interpretazione del leader di Italia Viva, per come è scritta la norma dovrebbe essere il presidente del Senato Ignazio La Russa a dare l’ok agli incarichi extra Ue e non, come altri ritengono, la giunta per le Elezioni e le Immunità guidata da Dario Franceschini. E allora, sostiene Renzi con una battuta, “meglio non prendere soldi che farsi autorizzare da La Russa”.
Se così fosse, coi redditi dell’ex premier quasi invariati e nessun controllo in Senato, il leader di Iv sarebbe soltanto sfiorato da quella norma che da giorni definisce “sovietica”. La risposta sarà nelle prossime dichiarazioni patrimoniali di Renzi. Il quale, nel frattempo, ha già i biglietti aerei in mano.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IL GOVERNO IMPUGNERÀ LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE AMMETTE IL TERZO MANDATO PER VINCENZO DE LUCA

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

OLTRE A STRACCIARE OGNI CHANCE DI RICANDIDARE ZAIA IN VENETO, SAREBBE UN GROSSO FAVORE AL PD. BLOCCARE DE LUCA PERMETTEREBBE AI DEM DI ELIMINARE UNA SPINA NEL FIANCO… MA LA DESTRA CAMPANA SI RIBELLA: L’UNICA SPERANZA DI VINCERE È FAR CORRERE LO “SCERIFFO DI SALERNO” CON UNA SUA LISTA E SPACCARE LA SINISTRA

Il governo andrà avanti e, salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, le speranze dei governatori del nord della Lega sembrano destinate ad andare deluse.
Sul terzo mandato dei presidenti di regione palazzo Chigi non intende mollare, nonostante l’appello di Massimiliano Fedriga ieri su La Stampa: al prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe essere formalizzata la scelta di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge regionale della Campania che manda in fibrillazione il Pd (perché di fatto autorizza un terzo giro per Vincenzo De Luca), ma che è materia esplosiva anche per il centrodestra, visto che regioni importanti come Veneto e Friuli sono guidate da due presidenti che alle prossime elezioni non potrebbero ricandidarsi.
«Gli uffici legislativi stanno ultimando la verifica, ma l’intenzione è di impugnare la legge», conferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, Fdi.
Le verifiche sono necessarie, perché quando si tratta di questioni giuridiche è sempre bene studiare tutti i particolari. E mai come in questo caso i dettagli sono fondamentali, appunto perché le partite in gioco sono tante.
Vincenzo De Luca, innanzitutto, potrebbe scegliere di sfidare l’eventuale impugnazione della sua legge dimettendosi e portando la regione al voto già in primavera, rendendo molto difficile un pronunciamento della Consulta prima delle elezioni
Fulvio Martusciello, Fi, uno dei pretendenti del centrodestra alla candidatura a presidente della Campania, non ha dubbi e lo ripete da giorni: «Il ricorso non sarà discusso in tempo, la Corte costituzionale ci mette almeno un anno. De Luca sarà candidabile».
Nel Pd sperano che le cose non stiano così, al governo stanno valutando se con l’impugnazione scatterebbe anche la sospensiva della legge voluta da De Luca, rendendo dunque impossibile la ricandidatura fino alla sentenza.
Antonio Misiani, commissario del Pd in Campania, si limita a dire: «Aspettiamo le decisioni del governo. Per noi poco cambia, perché politicamente la nostra contrarietà al terzo mandato per le cariche monocratiche l’abbiamo già espressa in Senato a marzo 2024 e ribadita in tutte le elezioni amministrative.
E non abbiamo condiviso l’approvazione della legge da parte della regione Campania nei termini in cui è stata approvata: ha recepito la legge sul limite dei due mandati, facendo ripartire il contatore da zero».
Ma non è del tutto vero che cambia poco, perché se Elly Schlein ha detto già molto chiaramente che per lei il terzo mandato non esiste, proponendo a De Luca di sedere al tavolo della coalizione per la scelta del prossimo candidato, è un fatto che se non interviene il governo il presidente uscente sarà un bel problema per i democratici: se davvero sceglierà di ricandidarsi, rompendo col Pd, una vittoria del centrosinistra diventerebbe davvero molto difficile.
Da questo punto di vista a Giorgia Meloni potrebbe persino convenire avere un De Luca in campo, ma la vicenda si ripercuoterebbe subito al Nord dove è in scadenza il mandato di Luca Zaia in Veneto (per il Friuli di Fedriga c’è tempo, le elezioni sono nel 2028).
Le regioni del settentrione sono tutte guidate dal centrodestra, ma nessuno dei presidenti attuali è di Fdi, nemmeno Marco Bucci in Liguria, che pure è stato voluto fortemente dalla premier. Aprire ad un ulteriore mandato di Zaia significherebbe escludere di nuovo in partenza Fratelli d’Italia. Senza contare che anche in Forza Italia qualche tentazione di rivendicare la candidatura sta affiorando.
(da La Stampa”)

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MUSK È PASSATO DAI RAZZI AI NAZI: DOPO IL SUO ENDORSEMENT AI NAZISTELLI TEDESCHI (“SOLO AFD PUÒ SALVARE LA GERMANIA”), IL MILIARDARIO KETAMINICO PREPARA UN DIBATTITO SU X CON LA LEADER DELL’ESTREMA DESTRA, ALICE WEIDEL

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

IN GERMANIA CRESCE L’INSOFFERENZA PER L’INGERENZA DI MR TESLA NELLA CAMPAGNA ELETORALE TEDESCA E LO SDOGANAMENTO DI AFD, CHE CRESCE NEI SONDAGGI E SUPERA IL 20% … SCHOLZ: “MUSK STA CERCANDO DI INFLUENZARE IL VOTO”

Giorni fa qualcuno aveva chiesto a Elon Musk di organizzare un dibattito con la leader dell’estrema destra tedesca Alice Weidel. Lui aveva risposto “ok”, poi aveva aggiunto: «Quando io e Alice avremo una conversazione su X», i critici «perderanno la testa». L’uomo più potente del mondo, patron di Tesla, Starlink e X, a breve farà ufficialmente parte della nuova Amministrazione Trump.
E non si sa ancora in che veste stia conducendo le sue sfegatate campagne a sostegno degli elementi più impresentabili della destra europea come l’estremista britannico Tommy Robinson, finito in carcere per aver diffamato pesantemente un profugo siriano. O come l’Afd, che quest’estate è stata persino cacciata dai gruppi sovranisti al Parlamento europeo come gli identitari di Marine Le Pen e Matteo Salvini, dopo un’intervista dello spitzenkandidat Maximilian Krah a Repubblica in cui aveva detto che «non tutte le SS erano criminali».
Dopo il controverso tweet «solo l’Afd può salvare la Germania» dei giorni di Natale e l’articolo a sostegno del partito di Weidel pubblicato sul quotidiano conservatore Die Welt, ieri sono emerse alcune novità. La prima è che il dibattito Musk-Weidel ci sarà: lo ha confermato il portavoce, Daniel Tapp. Secondo la Dpa, il colloquio su X potrebbe svolgersi a New York il 10 gennaio.
E gira voce, rilanciata dall’esponente amburghese del partito Christian Abel, che la leader Afd sarà dieci giorni dopo a Washington: Weidel sarebbe stata invitata alla cerimonia di inaugurazione della nuova Amministrazione Trump.
A Berlino, intanto, cresce il nervosismo per una campagna elettorale dominata quasi esclusivamente dallo sdoganamento di Weidel da parte di uno degli uomini più influenti al mondo. In sostanza, non si parla d’altro.
La portavoce del governo Scholz, Hoffmann, ha stigmatizzato le pesanti incursioni di Musk nelle elezioni europee più importanti dell’anno: «Di fatto sta cercando di influenzare il voto». Il voto del 23 febbraio «sarà deciso dagli elettori tedeschi», ha detto, aggiungendo che la libertà di parola possa anche significare che si dicano «cose insensate».
È il caso di Musk, che sulla Welt ha ribadito che solo l’Afd possa salvare la Germania dal declino economico. Ossia, un partito che vuole uscire dall’Ue e dall’euro, distruggendo il famoso dividendo della moneta unica che ha reso la prima economia europea anche una superpotenza commerciale, nei decenni passati.
E forse il patron di Tesla fa finta di non sapere che l’Afd, negando i cambiamenti climatici, predica il ritorno a un’economia dell’età della pietra, fossile e inquinante. Non si capisce come Musk possa conciliare questo credo con il suo fondamentale investimento nelle auto elettriche.
Sulle sue interferenze, è stato molto esplicito uno degli uomini più importanti della Spd, il capogruppo al Bundestag Franz Muentefering. «Vorremmo capire», ha detto allo Spiegel , «se le continue mancanze di rispetto, le diffamazioni e le interferenze nella campagna elettorale sono anche espresse a nome del nuovo governo americano». Nelle scorse settimane, Musk ha definito Scholz un «idiota»
E dopo l’attentato del mercatino di Natale di Magdeburgo, perpetrato da un cittadino saudita che però sostiene l’Afd ed è un fan sfegatato di Musk, il padrone di X ha rincarato la dose, definendo il cancelliere un «incompetente».
Non è chiaro quanto il faro generosamente acceso sull’Afd dal proprietario di Tesla — che peraltro ha beneficiato di sussidi statali miliardari dal governo tedesco per costruire la sua Gigafactory in Brandeburgo — stia aiutando l’estrema destra tedesca. Ma dai giorni di Natale a oggi, il partito è cresciuto di un punto e mezzo, dal 19 al 20,5%.
(da agenzie)

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IL DISSIDENTE RUSSO OLEG ORLOV: “I RUSSI SONO ANNIENTATI, LA REPRESSIONE FUNZIONA. NESSUNO FA PIÙ POLITICA. UOMINI DEL GOVERNO A LIVELLO LOCALE CONTROLLANO PERSINO LE CONVERSAZIONI: ERA DA BREZHNEV CHE NON SI STAVA COSÌ”

Gennaio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

“SARANNO CONTENTI DI POTER RIAVERE IL GAS E IL PETROLIO A POCO, AL PREZZO DI QUALCHE DISSIDENTE IN CARCERE. L’OPPOSIZIONE POTREBBE NON FARCELA NEMMENO SE PUTIN MUORE”

Quando ci incontriamo, a Berlino, l’epoca di Putin ha appena compiuto un quarto di secolo e un giorno: era il 1° gennaio 2000 quando le dimissioni di Eltsin gli consegnarono il potere. Oleg Orlov, biologo, 71 anni, ne aveva già trascorsi venti da dissidente; meglio, da «cittadino che criticava il governo. Finché farlo non è diventato un crimine»
Quanto è cambiato Putin in venticinque anni?
«A me, e a quelli attorno a me, era chiaro da subito che fosse un dittatore. i diritti vennero lesi subito; dove subito cominciarono le operazioni imperialiste nel Caucaso. L’Europa ha visto segnali preoccupanti, si è detta “non esageriamo” e ha continuato a comprare il gas».
Ci sono momenti in cui il regime ha cambiato passo?
«Il primo è il discorso di Monaco del 2007, alla conferenza per la sicurezza. C’era già tutto lì. La rabbia per gli Stati Uniti, l’attenzione per l’Ucraina e la Georgia, le armi. Poi nel 2014, l’invasione della Crimea. E le proteste del 2012. Quando riprese la presidenza molta gente scese in piazza. Quel dissenso lo spaventò, e decise di schiacciarlo».
In questi 25 anni come ha visto cambiare i russi?
«Sono annientati. Prima si è fatto largo il sentimento che dal singolo non dipenda nulla, e di qui l’abbandono della politica, il ripiego sul privato. Nel frattempo le elezioni diventano una farsa, la guerra ti porta via parenti e amici, l’economia crolla… e resta la paura. La repressione voi non credo possiate capirla, ma funziona: nessuno fa più politica se il prezzo è così alto. Uomini del governo a livello locale controllano persino le conversazioni: era da Brezhnev che non si stava così».
Molti dei prigionieri russi liberati ad agosto, come lei, vivono in Germania. Siete in contatto?
«Certo. Abbiamo una chat, ci coordiniamo per cortei o campagne. Ci siamo visti spesso».
A cosa state lavorando?
«A una serie di misure pratiche che andrebbero prese se Putin morisse. Un’amnistia, una nuova legge elettorale. È fondamentale non essere vaghi, anche perché siamo già sull’orlo di una catastrofe».
Cioè?
«Dopo Putin potrebbe benissimo venire un altro Putin. Qualcuno finora anodino, un senza nome che finora magari ha supportato in silenzio la dittatura e potrebbe salire a galla nel potere magari con l’avallo di altre forze estere, di Paesi che formalmente continueranno a dirsi per la libertà in Russia ma nei fatti saranno contenti di poter riavere il gas a poco, il petrolio a poco, al prezzo irrilevante di qualche dissidente in carcere. L’opposizione potrebbe non farcela nemmeno se Putin muore. E voi, cari compagni occidentali, dovrete vedervela con qualche nuova guerra».
È sempre stato così pessimista al riguardo?
«No, ma in questi mesi è andato tutto in questa direzione. L’elezione di Donald Trump. La politica internazionale che vira a destra. La morte di Navalny. Se fosse stato vivo, lui sì avrebbe potuto federare l’opposizione e guidarla alla vittoria. Anche dall’estero».
La vedova Yulia si è offerta di guidare l’opposizione .
«Oggi non c’è una figura unica in cui l’opposizione russa possa riconoscersi»
(da Corriere della Sera)

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