Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
“SI TRATTA DI ESSERI UMANI CHE MORIRANNO SE NON SARANNO SOCCORSI TEMPESTIVAMENTE”… IL GOVERNO ITALIANO FINGE DI NON SAPERE
L’ong Mediterranea Saving Humans ha denunciato l’abbandono di migranti nel deserto
da parte delle autorità tunisine. L’organizzazione ha lanciato un appello, segnalando che nelle ultime settimane si stanno moltiplicando le richieste di aiuto che riceve da parte di persone sequestrate e poi lasciate nel deserto dalle autorità tunisine. “Si tratta di esseri umani che moriranno se non saranno soccorsi tempestivamente”, ha scritto Mediterranea Saving Humans in un comunicato.
In particolare l’ultima segnalazione riguarda un gruppo di 7 persone, vittime dell’ennesimo respingimento illegale. “Sono stati catturati dalla Garde Nationale tunisina in mare, mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo. Riportati a terra sono stati letteralmente sequestrati e portati nel deserto ed abbandonati a loro stessi. Tutto è successo una settimana fa, un uomo tunisino che attraversava il deserto si è imbattuto nel gruppo e gli ha prestato il suo telefono per fare una telefonata di aiuto”.
L’ong ha precisato che “la richiesta di soccorso è stata raccolta da Refugees in Libya”. Quindi ha rilanciato l’appello per soccorrere queste persone, vittime di palese violazione di ogni diritto umano, condannate a morire nel deserto solo perché stavano provando a rifarsi una vita, fuggendo da guerre, povertà e cambiamenti climatici”.
“Continuiamo a ricevere decine di richieste di soccorso dal deserto, in particolare nel tratto a sud ovest tra Tunisia ed Algeria – ha spiegato Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans – Sono donne, uomini e bambini deportati dalle autorità tunisine, anche con i pick up appena forniti dall’Italia. Alcuni di loro sono sopravvissuti a naufragi, catturati e successivamente deportati nel deserto a morire. Il lato oscuro degli accordi tra governo italiano e autocrazia tunisina è dunque questo, come fu l’accordo con la Libia per trattenere le persone migranti nei lager”.
Mediterranea Saving Humans ha lancia un appello alla Croce Rossa Internazionale affinché soccorra chi è stato deportato nel deserto. “Chiediamo che intervenga la Croce Rossa Internazionale, che si attivino le operazioni di soccorso per questi esseri umani che ci chiedono aiuto. Chiediamo che l’orrore delle deportazioni abbia fine. Abbiamo inviato queste notizie che riceviamo anche al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, oltre che ai Presidenti di Camera e Senato del Parlamento italiano. In Italia si deve sapere di quali crimini siamo diventati complici, per l’assurda ossessione di fare arrivare meno persone sulle nostre coste”, ha detto ancora la presidente di Mediterranea Saving Humans.
Non è la prima volta che il fenomeno dei migranti abbandonati nel deserto viene alla luce. Nella notte tra il 7 e l’8 novembre, un barchino con 80 persone a bordo sarebbe stato speronato dalla Guardia Costiera tunisina, che ne avrebbe anche causato il ribaltamento. I sopravvissuti al naufragio hanno poi raccontato di essere stati deportati nel deserto e venduti ai libici. L’ambasciata tunisina ha però smentito la notizia, spiegando che non vi è stata “alcuna collisione tra una motovedetta della Guardia costiera e una barca di migranti nella notte tra il 7 e l’8 novembre 2024”,
(da Fanpage)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
IN CAMBIO SPERA CHE GLI USA NON CHIEDANO L’ESTRADIZIONE DI ABEDINI O CHE, ALMENO, ACCETTINO UN “NO” ALLA RICHIESTA…LA MOSSA DELLA MELONI TAGLIA FUORI TAJANI E NORDIO E SCAVALCA OGNI MEDIAZIONE RISERVATA TRA GLI 007
Il contatto decisivo, a ridosso di Capodanno, è quello con Elon Musk. A lui, Giorgia Meloni si rivolge per risolvere il caso di Cecilia Sala, perché a lui Donald Trump ha affidato una delle missioni più delicate della nuova amministrazione: trattare riservatamente con l’Iran. La premier gli chiede aiuto, senza girarci intorno: «Devo incontrare il Presidente».
È l’unica strada per convincere il tycoon ad accettare la mancata estradizione dell’iraniano Mohammad Abedini. O per coinvolgerlo in una partita a tre — con dentro gli Usa — che consenta la liberazione della giornalista in un quadro di scambi più ampio. Un compromesso che eviti alla leader una scelta impossibile: la libertà della cronista o l’alleanza di ferro con Washington
In Florida, la premier offre dunque al tycoon un sostegno politico totale alla sua amministrazione, a partire dal dossier di Starlink, caro al fondatore di Tesla e agli interessi americani. Manderà segnali sull’Ucraina, dove Meloni non intende opporsi esplicitamente alla linea del repubblicano. Aprirà a un maggiore impegno nelle spese militari per la Nato. Ma aggiungerà anche una preghiera politica, anticipata al cerchio magico, che si può riassumere così: «Se vuoi che sia io la tua sponda europea, devi darmi forza».
Tradotto: troviamo il modo per riportare in Italia la giornalista detenuta. Sarebbe un successo internazionale, per Meloni. Capace di cancellare gli errori delle ultime due settimane.
La prima idea vagliata con Musk, a dire il vero, era quella di sfruttare il giuramento di Trump del 20 gennaio per un contatto tra i due: scartata, non ci sarebbe stato comunque tempo per un faccia a faccia. Bocciata anche la seconda opzione, proposta da Roma: un colloquio alla Casa Bianca il 23 gennaio. Alla fine, il multimiliardario riesce nel miracolo: incontro a sorpresa, immediato, a Mar-a-Lago. Meloni soddisfatta. Anche a costo di uno sgarbo diplomatico a Joe Biden, ancora in carica.
Il viaggio da Trump, d’altra parte, è il piano A di Meloni fin dall’incontro a Palazzo Chigi con la mamma di Cecilia Sala. «Lasciatemi fare. Fidatevi di me», aveva detto. È una strategia che taglia fuori chi fino a quel momento aveva gestito la partita: i ministeri di Esteri e Giustizia. E che scavalca ogni possibile mediazione riservata tra intelligence.
Per Meloni, non esiste altra strada percorribile.
Il sottosegretario Alfredo Mantovano le ha disegnato un quadro quasi brutale: la partita con l’Iran è complessissima, perché troppi sono gli interlocutori e poche le garanzie. Non si può dunque risolvere in un rapporto bilaterale tra l’Italia e l’Iran. Per uscirne, serve parlare con gli Stati Uniti. Per provare una difficile partita a tre che inserisca il caso Sala in uno dei dossier già aperti tra Washington e Teheran, se possibile. Ma soprattutto, per spiegare “all’amico Donald” che l’Italia non può concedere l’estradizione di Abedini.
“Che non significa cedere a un ricatto», ripetono alte fonti dell’intelligence a interlocutori del governo. «Da un punto di vista tecnico ci sono diversi elementi che giustificano una “non estradizione”. Ecco perché è importante far capire agli Usa che non consegnare l’ingegnere non è un atto ostile, ma una nostra necessità ben supportata dal diritto». È una via impervia, dove è decisivo il supporto di Musk. A fine novembre, saltando ogni formalità diplomatica, il fondatore di Tesla aveva incontrato l’ambasciatore iraniano presso l’Onu, in un bilaterale centrato sulla necessità di disinnescare le tensioni tra i due Paesi. Un discorso, dunque, è stato avviato.
La strada giudiziaria sembra al momento la più rapida per favorire la liberazione della cronista. Gli Stati Uniti — che non hanno ancora trasmesso la richiesta di estradizione dell’iraniano — hanno tempo fino al 30 gennaio. In astratto, potrebbero non chiedere la consegna dell’ingegnere. Sarebbe la soluzione ideale, perché permetterebbe all’Italia di liberarlo.
È un’ipotesi improbabile, però. Tutti i segnali arrivati nelle ultime ore vanno in senso opposto: gli Usa hanno chiesto, con un documento durissimo, di non concedere ad Abedini i domiciliari, considerandolo pericoloso e ricordando le responsabilità dell’Italia nella fuga del russo Arthem Uss, mentre si trovava ai domiciliari su richiesta americana.
(da La Repubblica)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
LA PREMIER, ACCOMPAGNATA DALL’AMBASCIATRICE D’ITALIA A WASHINGTON MARIANGELA ZAPPIA, E’ ANDATA A PIETIRE AL PRESIDENTE ELETTO UNA LINEA MORBIDA SULL’ESTRADIZIONE DI ABEDINI, L’IRANIANO DETENUTO IN ITALIA, CHE PUO’ CONDIZIONARE LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA
La premier italiana Giorgia Meloni ha incontrato a Mar-a-Lago, in Florida, il
presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. Dopo poco più di 5 ore, la premier è salita di nuovo sull’aereo per tornare in Italia. A riceverla, tra gli altri, il futuro ministro degli Esteri Marco Rubio e il futuro segretario al Tesoro Scott Bessent. Ad accompagnare Meloni l’ambasciatrice d’Italia a Washington Mariangela Zappia. Con lei il futuro ambasciatore Usa a Roma Tilman Fertitta,
La presidente del Consiglio, poco distante, vestita di scuro, osservava sorridente. Poi la delegazione italiana è stata accompagnata da Trump al primo piano tra gli applausi degli ospiti del resort. E poi nel salone principale del Grand Ballroom, con le sue decorazioni, dove il gruppo ha cenato.
Secondo il giornalista del Wall Street Journal Alex Leary, Trump ha detto riguardo alla premier italiana: “Ha preso d’assalto l’Europa”. Poi insieme hanno assistito alla proiezione di un documentario sulle elezioni del 2020, che si conclusero con la vittoria di Joe Biden e l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Rubio ha definito Meloni “un’ottima alleata e un leader forte”.
L’incontro a Mar-a-Lago, secondo il New York Times, “rafforza le speranze dei sostenitori di Meloni che la premier conservatrice italiana diventi l’alleata di riferimento di Trump in Europa”. “Gran parte di questo – secondo il quotidiano progressista americano – consisterebbe nel mediare le tensioni tra altri leader europei e Trump, che ha minacciato di avviare una guerra commerciale con il continente, oltre a ridurre il sostegno americano ad alcuni Paesi della Nato e all’Ucraina nella guerra contro la Russia”. Secondo gli osservatori, i due leader avrebbero discusso soprattutto di questi temi.
L’aereo di Stato con a bordo la premier era partito ieri mattina da Ciampino. Dopo uno scalo tecnico a Shannon, in Irlanda, il viaggio era proseguito verso la Florida dove Meloni è atterrata prima delle 19 (l’una di notte in Italia). All’incontro a Mar-a-Lago, a Palm Beach, era atteso Elon Musk.
La missione, a sorpresa, è arrivata cinque giorni prima dell’incontro tra Meloni e il presidente Joe Biden a Roma, in visita ufficiale, l’ultima prima di lasciare la Casa Bianca, e a due settimane dal giuramento del tycoon, che il 20 gennaio tornerà ufficialmente alla Casa Bianca. Meloni, che secondo quanto ha fatto trapelare il suo staff ha passato la notte nel resort, ha discusso con Trump del caso di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata in Iran e usata da Teheran come pedina di scambio per bloccare l’estradizione negli Stati Uniti di Mohammad Abedini, l’ingegnere iraniano arrestato a dicembre in Italia e rinchiuso nel carcere di Opera, in esecuzione del mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti.
Musk ha un ruolo chiave: è amico di Meloni ed è l’uomo a cui Trump ha affidato il compito di trattare in via riservata con l’Iran sul nucleare. Il capo di Tesla, Space X e X, e uomo più ricco al mondo, che ha preso in affitto un cottage a Mar-a-Lago da duemila dollari al giorno, è considerato l’unico in grado di convincere Trump ad abbandonare la linea dura, anche se appare una missione difficile. […] La visita della premier a Mar-a-Lago segue quella di altri amici di Trump come il primo ministro ungherese Viktor Orban e il presidente argentino Javier Milei, e dopo la visita del premier canadese Justin Trudeau, il primo del gruppo del G7 ad andare a trovare il tycoon dopo le presidenziali.
(da La Repubblica)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
CHE COSA SI SONO DETTI
A circa due settimane dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca, che avverrà il 20 gennaio, Meloni ha voluto incontrare il presidente eletto e alleato con cui si è confrontata su diversi temi.
Si è trattato di una visita lampo, ma sufficiente ad affrontare i dossier più caldi: dalla guerra in Ucraina, al tema dei dazi, fino al caso di Cecilia Sala, detenuta in Iran dal 19 dicembre.
Nella vicenda della giornalista infatti, anche gli Stati Uniti hanno un ruolo. Il regime di Teheran avrebbe fatto intendere di puntare a uno scambio di prigionieri, con Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere arrestato in Italia e ricercato dagli Usa con l’accusa di collaborare con il terrorismo.
Da più fronti Washington ha espresso le sue preoccupazioni rispetto a un eventuale rilascio di Abedini, che definisce “molto pericoloso” e di cui teme la fuga.
Nel corso dell’incontro a Mar-a-Lago, secondo i dettagli forniti dal New York Times, il caso della giornalista è stato al centro del tavolo dei due leader. Meloni in particolare, “ha premuto in modo aggressivo” su questo, avrebbe riferito una fonte informata sull’incontro.
Per i media la visita sarebbe stata proficua. “Grande alleata, leader forte”, sarebbero state le parole pronunciate dal futuro segretario di Stato Marco Rubio su Meloni quando è stato chiamato sul palco a Mar-a-Lago da Donald Trump, secondo quanto raccontato su X dal reporter del Wall Street Journal Alex Leary.
Al vertice erano presenti anche l’ambasciatrice italiana negli Usa Mariangela Zappia e i futuri ambasciatore statunitense e segretario del Tesoro, Tilman Fertitta e Scott Bessent.
Per il Nyt, la visita di Meloni consolida l’immagine della premier come di un’alleata cruciale per Trump in Europa. “Rafforza le speranze dei sostenitori della Meloni che la premier conservatrice italiana diventi l’alleata di riferimento di Trump in Europa”, si legge.
In particolare, il ruolo centrale che Meloni potrebbe ricoprire è quello di “mediatrice” nei rapporti, talvolta tesi, tra il tycoon e gli altri leader europei. Soprattutto dopo la minaccia di Trump “di avviare una guerra commerciale con il continente, oltre a ridurre il sostegno americano ad alcuni Paesi della Nato e all’Ucraina nella guerra contro la Russia”, prosegue il quotidiano.
Anche il Wall Street Journal ha riportato alcuni dettagli della visita. Meloni “ha davvero preso d’assalto l’Europa”, avrebbe detto il leader Maga a proposito della premier. E ancora: “È molto emozionante, sono qui con una donna fantastica, il primo ministro italiano”.
Trump poi, avrebbe mostrato a Meloni la première di un documentario incentrato sui ricorsi nelle elezioni del 2020 (quando denunciò brogli di massa e contestò il risultato elettorale), con un focus sugli sforzi dell’avvocato John Eastman.
(DA AGENZIE)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
LA PROVOCATORIA INIZIATIVA SERVE A EVIDENZIARE LA CARENZA DEL SERVIZIO SANITARIO SUL TERRITORIO ….IL PRONTO SOCCORSO PIÙ VICINO È NELL’OSPEDALE DI CATANZARO, E CIOÈ A 45 CHILOMETRI DI DISTANZA DAL PAESE, LA CUI POPOLAZIONE E’ COMPOSTA PER IL 50% DA PERSONE ANZIANE
I cittadini non possono contare, a causa delle carenze del servizio sul territorio, su
un’assistenza sanitaria adeguata ed il sindaco emette un’ordinanza con cui “vieta” di ammalarsi. Accade, secondo quanto riporta la stampa locale, a Belcastro, un centro di poco più di mille abitanti della provincia di Catanzaro.
La provocatoria iniziativa del primo cittadino, Antonio Torchia, è motivata, in particolare, secondo quanto è spiegato nella stessa ordinanza, dal fatto che l’apertura della postazione di guardia medica nel paese é garantita “a singhiozzo”, sulla base della disponibilità del personale sanitario, “con gli effetti deleteri” che ne derivano per i cittadini, considerato anche che il 50 per cento della popolazione è costituito da persone anziane.
Alla base dell’iniziativa presa dal sindaco Torchia c’é anche il fatto che il pronto soccorso più vicino a Belcastro è nell’ospedale di Catanzaro, e cioè a 45 chilometri di distanza dal paese. Da qui, dunque, la decisione del sindaco di “ordinare ai cittadini di evitare di contrarre qualsiasi malattia che necessiti di un intervento medico, soprattutto d’urgenza, e di stare il più possibile a riposo”.
(da agenzie)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DELLE PAGINE DEI COMMENTI DEL GIORNALE GIUSTIFICA LA SCELTA
Il Washington Post, quotidiano di proprietà di Jeff Bezos, non pubblica una vignetta nella quale Ann Telnaes trasforma in satira abrasiva la corsa dei tycoon della tecnologia, un tempo nemici giurati di Donald Trump, ad ingraziarsi il nuovo presidente degli Stati Uniti: disegna lo stesso Bezos di Amazon, Sam Altman di OpenAI, Mark Zuckerberg di Meta-Facebook, il proprietario del Los Angeles Times Patrick Soon-Shiong, inginocchiati, insieme a Topolino, davanti a una statua di Trump alla quale offrono sacchi di dollari.
La disegnatrice, collaboratrice del Post dal 2008 e vincitrice di un premio Pulitzer reagisce alla censura dimettendosi dal quotidiano e rendendo noto, su internet, il caso e la vignetta che fa il giro del mondo. David Shipley, direttore delle pagine dei commenti del giornale della capitale che si considera un baluardo della democrazia americana, dapprima dice di «dissentire dalla interpretazione degli eventi» di Telneas.
Ma lei, nel denunciare il rifiuto della vignetta come «una svolta epocale e pericolosa per la stampa libera», spiega che in tanti anni ha avuto discussioni e anche contrasti coi responsabili editoriali del quotidiano, «ma mai, fino ad oggi, un disegno era stato respinto per via dei personaggi e fatti che prendo di mira»
A quel punto Shipley aggiunge di aver bloccato la vignetta perché il quotidiano aveva pubblicato di recente un editoriale sullo stesso argomento e si apprestava a pubblicarne un altro, stavolta satirico: «Il mio pregiudizio era solo contro la ripetizione del messaggio».
I personaggi ritratti dalla Talnaes sono andati alla corte di Trump, hanno donato, hanno vietato ai loro giornali di dare l’endorsement a Kamala Harris (Bezos e Soon-Shiong) mentre Topolino, steso davanti a Donald, sta lì a ricordare che la Disney ha preferito chiudere una controversia fra Trump e la sua rete tv Abc, riconoscendo il torto e versandogli danni per 15 milioni di dollari, anziché sostenere la correttezza del suo operato in sede giudiziaria, come fatto in passato.
(da agenzie)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO NON HA CONFERMATO PER IL 2025 LA RIDUZIONE DELL’IMPORTO A 70 EURO DECISA PER IL 2024 -L’ADDEBITO ARRIVERÀ AUTOMATICAMENTE SULLA BOLLETTA DELL’ELETTRICITÀ. CHI NON POSSIEDE UNA TV POTRÀ CHIEDERE UN RIMBORSO… CHI GODE? FORZA ITALIA E LA FAMIGLIA BERLUSCONI
Con il nuovo anno il canone Rai torna a 90 euro. Nell’ultima Legge di Bilancio il
governo ha infatti deciso di non rinnovare la riduzione a 70 euro decisa lo scorso anno per il 2024. Ecco quindi cosa c’è da sapere.
Come si paga il canone Rai
Il canone Rai viene prelevato automaticamente dalla bolletta dell’elettricità. Viene addebitato per famiglia anagrafica, indipendentemente dal numero di televisori posseduti. Non è quindi suddividendolo in 10 rate mensili da gennaio ad ottobre. […
Cosa succede se non ho il televisore
Il canone Rai nasce come sorta di “tassa” sul possesso del televisore ma con il trasferimento dell’addebito direttamente in bolletta il possesso è diventato “presunto”. Quindi spetta eventualmente al contribuente dimostrare di non possedere alcun televisore in casa.
Come annullare l’abbonamento
I contribuenti che non detengono più apparecchi televisivi e che vogliono disdire l’abbonamento devono presentare la dichiarazione sostituiva di non detenzione compilando e inviando questo modello – pdf. Il modello, per valere nell’anno in corso, deve essere presentato entro il 31 gennaio
Chi ha diritto a chiedere l’esenzione
Esiste poi una categoria di cittadini che sono esentati dal pagamento del canone. I cittadini che hanno compiuto 75 anni, con un reddito annuo proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 8 mila euro possono presentare una dichiarazione sostitutiva in cui dichiarano di essere esonerati dal pagamento. In caso di addebito automatico in bolletta si può quindi chiedere il rimborso attraverso questo modulo.
Le altre esenzioni
Come spiega l’agenzia delle Entrate sono inoltre esclusi dal pagamento del canone Rai
– gli agenti diplomatici
– i funzionari o gli impiegati consolari
– i funzionari di organizzazioni internazionali, esenti in base allo specifico accordo di sede applicabile;
– i militari di cittadinanza non italiana o il personale civile non residente in Italia di cittadinanza non italiana appartenenti alle forze NATO di stanza in Italia
(da ilfattoquotidiano.it)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
“DISPARITA’ TRA NORD E SUD, INIQUITA’ DELLE CURE, FLOP DI MEDICINA DIGITALE E RICERCA”…. “CON L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA SARA’ ANCHE MOLTO PEGGIO”
Disparità tra Regioni ricche e povere, iniquità delle cure, fallimento della medicina digitale. Di tutto l’Italia ha bisogno in questo frangente tranne che dell’autonomia differenziata. Una bandiera tricolore si staglia sulla copertina di The Lancet, con uno sfondo di nuvole, ad accompagnare l’editoriale che la rivista internazionale di medicina, nella sua sezione europea, dedica al nostro Paese.
Il j’accuse “Il sistema dei dati sanitari italiani non funziona” è rivolto contro una sanità spezzatino, con le Regioni che non riescono nemmeno a comunicarsi dati e informazioni utili a curare i pazienti, figuriamoci a muovere in avanti la ricerca. L’Italia si ritrova immersa in una sorta di feudalesimo in cui «ospedali e strutture sanitarie si affidano a sistemi di raccolta dei dati incompatibili fra loro e vetusti, che rendono impossibile il trasferimento di referti e immagini diagnostiche anche all’interno di una stessa città».
Ogni anno la necessità di ripetere gli stessi esami due volte — perché un paziente viene curato in strutture o Regioni diverse, incapaci di leggere l’una i referti dell’altra — costa all’Italia 3,3 miliardi, spiega Pooja Jha, direttrice di Lancet Regional Health—Europe. Né la frammentazione della sanità italiana permette di fare ricerca su grandi numeri di pazienti. Il numero di studi scientifici autorizzati oggi, ricorda la rivista medica, è il 15% rispetto al 2009.
Su questo panorama già parcellizzato incombe la riforma dell’autonomia differenziata, che «minaccia di peggiorare la situazione, acuendo le disparità tra le Regioni». Non è un caso che le 7 Regioni oggi sottoposte a un piano di rientro delle spese sanitarie siano tutte al Centro-Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia) e che il rispetto dei livelli sanitari di assistenza sia garantito solo in Regioni del Centro-Nord (unica eccezione la Puglia).
L’alba del problema della raccolta dei dati era emersa con il Covid, con alcune strutture sanitarie che scrivevano le informazioni sui contagi a mano, su moduli di carta. «Ancora oggi il fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle Regioni in modo autonomo e disomogeneo» lamenta Raffaele Bugiardini, professore di cardiologia dell’università di Bologna e segretario della commissione di Lancet. sulle disparità di trattamento delle malattie cardiovascolari. Questo impedisce a uno studio scientifico di estendere i suoi orizzonti al di là di poche migliaia di pazienti. Né permette a un paziente che decida di curarsi in un’altra Regione o che finisca in pronto soccorso di utilizzare diagnosi ed esami effettuati in passato. «È sicuramente un’anomalia» secondo Bugiardini. «I paesi del Nord Europa hanno una banca dati centrale consultabile da ciascun medico autorizzato».
Oggi vediamo i frutti di questo spezzettamento nel mancato decollo del fascicolo sanitario elettronico, lo strumento che secondo Lancet potrebbe finalmente unificare la storia di un cittadino per quanto riguarda malattie, esami e terapie. Ma che «resta largamente inapplicato» per «l’estesa autonomia che permette alle Regioni di agire indipendentemente, con frammentazioni e inefficienze». Spiega Bugiardini che «gestire la sanità vuol dire gestire molti soldi. È chiaro che le Regioni non vogliano cedere questo potere».
Per la sanità digitale, ricorda la rivista, l’Italia ha speso 1,8 miliardi nel 2022: il 7% in più dell’anno precedente. «Ma resta un mistero se questi fondi siano stati spesi e come siano stati usati». Sta di fatto, fa sapere la Fondazione Gimbe, che monitora e diffonde i dati sul sistema sanitario italiano, che «al 31 agosto 2024, il 41% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte dei medici». In 284 mila hanno invece chiesto di non veder compilato il proprio fascicolo, raggruppandosi in un movimento che, sulla scia dei No Vax, ha paura della “dittatura sanitaria”. Più che una dittatura, in realtà, la sanità italiana sembra una barca in cui ognuno rema in una direzione diversa.
(da repubblica.it)
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Gennaio 5th, 2025 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE. “E’ TUTTO TRACCIATO”… “E’ SOTTO ATTACCO PERCHE’ HA BLOCCATO AFFARI E MANGIATOIE”
Tranquillissima, presidente Alessandra Todde? Per il Collegio di garanzia della Corte
d’Appello di Cagliari lei è decaduta. Fine dei giochi?
«Non sono decaduta, sono nelle piene funzioni di presidente della Regione Sardegna. Conosco la mia situazione e mi attengo ai fatti. Quel che è arrivato dalla Corte è un atto amministrativo, non definitivo. La decadenza può essere determinata solo dal Consiglio regionale, che voterà dopo l’istruttoria della Giunta per le elezioni. Siamo stati eletti per lavorare e continueremo a farlo e intanto ci sarà un confronto nelle sedi opportune. Carta canta…».
In base alle carte, a sentire le opposizioni lei dovrà lasciare. Perché si mostra convinta di poter restare al suo posto?
«Perché sento che alla fine riuscirò a far valere le mie ragioni. Non sono un indovino, ma ho moltissima fiducia nei miei avvocati e nella magistratura. Ho fornito un memoriale alla Corte d’Appello e ora aspetto con serenità una decisione che sta all’indipendenza di chi è chiamato a valutare».
Se dovesse andare male per lei, potrebbe arroccarsi?
«Io sono una donna delle istituzioni e rispetterò qualunque decisione. Per me in questo momento l’importante è continuare a lavorare».
Nel merito, lei davvero non pensa di aver commesso errori nella rendicontazione?
«La decadenza è una decisione estrema che avviene solo per due fattispecie, che non si sia fatta la dichiarazione nei termini o che siano state sforate le spese e nessuna delle due fattispecie mi è stata contestata nell’atto reso pubblico. Altre contestazioni sono state fatte al comitato che mi ha rappresentato e sarà importante distinguere gli ambiti. Sono fiduciosa perché le cose sono lineari».
Lineare non aver nominato il mandatario obbligatorio, non aver aperto un conto corrente dedicato e che non risultino i soggetti che hanno erogato i finanziamenti?
«Riporto il parere di giuristi, non il mio. Mandatario e conto corrente sono obbligatori quando si ricevono contributi da terzi e si spende per la campagna personale. Io non avrei accettato contributi da terzi, li ha raccolti il comitato con nomi e cognomi e non ho sostenuto spese sopra soglia».
Si ipotizza il reato di falso.
«Non è nella logica delle cose. È tutto tracciato, tutto rendicontato sul sito del M5S, gli estratti conto, i movimenti bancari… Non sono una giurista, ma mi sento veramente tranquilla nel merito. Voglio chiarire che io sono legittimata ad andare avanti fino a quando ci sarà il provvedimento definitivo, se ci sarà».
Non teme il logoramento politico?
«Ho ricevuto attacchi scomposti da destra, ma chi è impegnato a lavorare si preoccupa poco del logoramento. Non mi faccio dare lezioni da chi in Parlamento difendeva la nipote di Mubarak. Loro si occupino del piccolo cabotaggio, che io mi concentro sui temi cogenti per i sardi».
Lei ha presentato ricorso. La preoccupa il rischio che i tempi possano allungarsi
«Io non sono preoccupata, perché non essendo decaduta sono legittimata a lavorare. I cittadini invece sì, sono preoccupati. Stiamo impegnando soldi pubblici, dobbiamo chiudere la finanziaria e anche il tema sanitario è urgentissimo. Recentemente la Regione ha avuto la maglia nera per i Lea e i sardi si aspettano un cambiamento sostanziale. Ho illustrato la legge che porteremo in Consiglio e mi piacerebbe che venisse discussa al più presto».
La fermo, presidente. É difficile credere che non abbia paura.
«Devo essere sincera fino in fondo? Mi creda, non ne ho. Intanto perché penso di avere ottime motivazioni per difendere la nostra posizione e poi perché interpreto il mio ruolo come di servizio. Nel momento in cui le mie funzioni venissero meno e non fossi più in grado di portare a termine le cose per cui sono stata eletta vedrei cosa fare. Vengo dal privato, non devo per forza restare in politica».
Vuol dire che non è attaccata alla poltrona?
«Proprio no, io un lavoro ce l’ho, sono una imprenditrice e a fare questo mestiere sto perdendo dei gran soldi. Il che mi mette in una posizione di forza. Certo, mi dispiacerebbe non riuscire a realizzare le aspettative dei miei concittadini, ho visto tante speranze e mi dispiacerebbe deluderle».
Sui suoi account social si legge che è «sotto attacco perché ha bloccato affari e mangiatoie». Lo pensa anche lei?
«Non sono complottista e non voglio pensare a dietrologie. Credo che bisogna rispondere con coraggio rispetto agli atti che si fanno ed essere responsabili delle proprie azioni, senza coperture di sorta. Non è mia abitudine nascondermi dietro complotti».
Spera di poterne uscire con una ammenda?
«Se la magistratura deciderà una multa la pagherò, posto che non ne vedo le ragioni».
Nel M5S ha avuto la solidarietà piena di tutti, o invidie e gelosie si sono fatte sentire
«Ho parlato con Conte e ho ricevuto messaggi da tutti indistintamente, con nessuna possibilità di fraintendimenti. Ho parlato a lungo con Elly Schlein e sono orgogliosa e fiera della coesione fortissima della nostra maggioranza. Mi ha fatto grande piacere anche la vicinanza di tanti sindaci di centrodestra».
(da Corriere della Sera)
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