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LIBIA NEL CAOS: UCCISO A TRIPOLI IL SIGNORE DELLA GUERRA AL-KIKLI, A MARZO ERA STATO IN VISITA A ROMA

Maggio 13th, 2025 Riccardo Fucile

PUR ESSENDO ACCUSATO DI ESECUZIONI, TORTURE E GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI AVEVA POTUTO RAGGIUNGERE INDISTURBATO L’ITALIA

La Libia rischio di sprofondare nuovamente nel caos. Il capo dell’Apparato di supporto alla stabilità del Consiglio presidenziale libico, Abdel Ghani al-Kikli, noto come “Ghaniwa”, è stato assassinato questa sera presso la sede della 444ª Brigata di combattimento, nella zona militare di Tripoli. A riportare la notizia sono stati diversi media libici, mentre resta avvolta nel mistero la ragione della sua presenza nel quartier generale: non è chiaro se fosse stato convocato, attirato in un’imboscata o fosse lì per un incontro pianificato.
La morte di Ghaniwa, una delle figure più influenti e controverse del panorama militare libico, ha fatto immediatamente salire la tensione nella capitale del Paese nordafricano. Il Ministero dell’Interno del governo ad interim di unità nazionale ha lanciato un appello urgente ai cittadini, invitandoli a non uscire di casa per ragioni di sicurezza. Nessun dettaglio ufficiale è stato finora fornito sull’accaduto, mentre le autorità parlano genericamente di “tensioni crescenti”.
In un quadro già segnato da forte instabilità, si moltiplicano le preoccupazioni internazionali. L’ambasciata degli Stati Uniti ha diffuso un messaggio rivolto alla cittadinanza libica invitando alla calma, mentre la missione delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ha chiesto a tutte le parti di evitare un’escalation, dopo la diffusione sui social di immagini e testimonianze relative allo schieramento di gruppi armati in varie aree della città. La situazione nella capitale resta fluida e potenzialmente esplosiva, in attesa di sviluppi ufficiali e di conferme su eventuali responsabili dell’uccisione di al-Kikli.
Chi era Abdulghani al-Kikli: da capo miliziano a figura chiave del potere libico
Abdel Ghani al-Kikli, soprannominato “Ghaniwa”, era una delle figure più influenti della galassia miliziana libica. Originario di Tripoli, aveva consolidato
il proprio potere alla guida della Brigata di sicurezza Al-Nawasi, successivamente trasformata nell’Apparato di supporto alla stabilità, una struttura formalmente legata al Consiglio presidenziale ma in realtà espressione diretta di potere miliziano.
Secondo l’ultimo rapporto pubblicato a dicembre 2024 dal Panel of Experts del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Al-Kikli ha continuato negli anni a rivestire un ruolo centrale nel sistema di potere libico, gestendo il finanziamento delle milizie attraverso meccanismi opachi e pratiche corruttive: era accusato di esecuzioni extragiudiziali, torture e gravi violazioni dei diritti umani.
Il suo nome figura nella denuncia di 189 pagine depositata nel 2022 dall’European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) presso la Corte Penale Internazionale: un documento che lo identificava tra i possibili coautori di crimini contro l’umanità per le violenze sistematiche perpetrate ai danni di migranti e rifugiati in Libia.
Il legame tra Gheniwa e il primo ministro libico Abdulhamid Dabaiba è al centro delle attenzioni internazionali. In cambio del sostegno armato fornito dalle milizie di Al-Kikli, il premier avrebbe concesso al comandante posizioni strategiche per i suoi uomini e una copertura politica che ne complicava l’incriminazione a livello internazionale.
Come afferma la rete Refugees In Libya (RIL), il gruppo armato di al-Kikli “operava con quasi totale impunità, sotto la copertura della legittimità statale concessa dal Governo di Unità Nazionale”.
A marzo al-Kikli era in Italia
Nonostante questo “curriculum” criminale, meno di due mesi fa al-Kikli ha potuto raggiungere indisturbato l’Italia. Una fotografia pubblicata su X dall’attivista libico Husam El Gomati – anche lui spiato dal software israeliano di sorveglianza di Paragon Solutions – lo immortalava all’interno dell’European Hospital di Roma, intento a far visita al ministro libico Adel Jumaa Amer, ricoverato dopo essere scampato a un attentato a Tripoli lo scorso 12 febbrai
Al-Kikli era atterrato all’aeroporto militare di Ciampino il 20 marzo, poco prima delle 19, a bordo di un volo di Stato libico. Da lì avrebbe raggiunto la clinica situata nella zona Portuense. Il suo arrivo sul suolo italiano aveva immediatamente sollevato interrogativi e polemiche, considerato il profilo del personaggio. Secondo RIL, “il fatto che gli stati europei abbiano permesso la sua libera circolazione mentre i sopravvissuti ai suoi abusi marciscono nelle prigioni o annegano in mare è stato un chiaro esempio della giustizia selettiva della comunità internazionale”.
Il ruolo delle milizie a Tripoli
Tripoli è da anni teatro di un equilibrio precario, mantenuto da un mosaico di milizie che, pur formalmente integrate negli apparati statali, esercitano un controllo di fatto su territori, istituzioni e risorse. Alcune di queste formazioni, come la 444ª Brigata o l’Apparato di supporto alla stabilità, si sono progressivamente istituzionalizzate, pur mantenendo una forte autonomia operativa. La morte di una figura centrale come Ghaniwa rischia ora di rimescolare le alleanze e di scatenare nuove rivalità tra gruppi armati.

(da Repubblica)
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AMMINISTRATIVE 25-26 MAGGIO: QUALI SONO I COMUNI CHE VANNO AL VOTO

Maggio 13th, 2025 Riccardo Fucile

TUTTI I CANDIDATI IN CORSA

Sono bene 117 i comuni italiani delle Regioni a statuto ordinario che domenica 25 e lunedì 26 maggio saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi sindaci e rinnovare i Consigli comunali. Di questi 117, 31 sono quelli con una popolazione superiore a 15mila abitanti, di cui 4 capoluoghi di provincia. L’eventuale turno di ballottaggio cade domenica 8 e lunedì 9 giugno, in coincidenza con le date in cui i cittadini si esprimeranno sui cinque referendum – quattro dedicati al lavoro e uno alla cittadinanza – proposti dalla Cgil e da +Europa. Il primo test della tornata elettorale primaverile c’è stato domenica 4 maggio, quando hanno votato per primi i cittadini del Trentino-Alto Adige, Regione a statuto speciale. Il 25 e 26 maggio, invece, toccherà anche ai comuni della Sicilia, sempre regione a statuto speciale. Anche la città di Aosta è chiamata a rinnovare il proprio Consiglio comunale, ma la data non è stata
ancora fissata. I comuni sardi, invece, si voterà per il primo turno l’8 e 9 giugno.
Genova
Ci sarà anche un capoluogo di Regione al voto, ovvero la città di Genova. Che torna alle urne dopo un anno piuttosto turbolento. L’ex presidente della Regione, Giovanni Toti, esponente di Forza Italia, è stato arrestato un anno fa circa, il 7 maggio con l’accusa di finanziamento illecito, falso e truffa ai danni dello Stato. Dopo alcuni tentennamenti e richieste di dimissioni, nel luglio del 2024 Toti si ritira dai giochi e da quelle dimissioni parte un giro di caselle che porta Marco Bucci, sindaco di Genova, anch’egli di centrodestra, a candidarsi e divenire presidente della Regione.
I candidati in corsa
In questa tornata il centrosinistra è dunque dato per favorito. La candidata questa volta è Silvia Salis, supportata da tutto il Campo largo, anzi larghissimo come non è più in nessun luogo – a cominciare dal parlamento – e che invece qui è riuscito a mettersi d’accordo con un’alleanza che va da Azione a Avs, passando per Pd, Cinque stelle e Italia Viva. Salis è una dirigente sportiva delle Fiamme Azzurre ed ex martellista italiana, in gara alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Dal 2021 è vicepresidente vicaria del Coni. Per il centrodestra, invece, il candidato è Pietro Piciocchi, già sindaco facente funzioni dopo l’elezioni di Bucci al Palazzo della Navigazione. È un avvocato e docente di diritto pubblico alla Bocconi di Milano. Ma tra gli altri contendenti ci sono Mattia Crucioli, anche lui avvocato ed ex senatore, che correrà per la sua lista, “Uniti per la Costituzione”; Antonella Marras in lizza con Sinistra Alternativa; Francesco Toscano, giornalista, già candidato l’anno scorso alla presidenza della Regione, dove ha raggiunto poco più di 5mila voti. Infine, Raffaella Gualco per Genova Unita, avvocata civilista, e Cinzia Ronzitti, che correrà per il Partito comunista dei lavoratori.
Ravenna
Chiamata alle urne anche la città di Michele de Pascale, l’attuale presidente della Regione Emilia-Romagna, che è salito sul gradino più alto dell’esecutivo locale dopo le dimissioni di Stefano Bonaccini, eletto al Parlamento europeo nel giugno scorso. Il centrosinistra schiera Alessandro Barattoni, attuale segretario provinciale del Pd. È difficile definirlo un “riformista” o un “filo-Schlein”, perché come dicono alcuni esponenti del partito «Non è mai stato un uomo di corrente». Potere al Popolo e Rifondazione Comunista sostengono invece Marisa Iannucci. Il centrodestra qui è diviso: Nicola Grandi è il candidato sostenuto da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Viva Ravenna, mentre la Lega appoggia un decano del Consiglio comunale, Alvaro Ancisi. Giovanni Morgese, classe 1963, si presenta per la Democrazia Cristiana. Inoltre, ci sono Maurizio Miserocchi per il gruppo apolitico “Ravenna al Centro” e Veronica Verlicchi per la lista civica “La Pigna”.
Taranto
A Taranto sono sei i candidati in corsa per conquistare il posto di primo cittadino. E la corsa è concitata, perché la città torna a votare dopo lo scioglimento anticipato del consiglio comunale, avvenuto a febbraio di quest’anno, e che ha segnato la fine dell’amministrazione guidata dal sindaco Rinaldo Melucci. Il Partito democratico schiera Piero Bitetti, ex presidente del consiglio comunale. Trova l’appoggio di otto liste, compresa quella di Alleanza verdi e sinistra.
Si smarca, invece, il Movimento 5 Stelle, che fa scendere in campo la giornalista Annagrazia Angolano. Anche il centrodestra è spaccato: Forza Italia e Fratelli d’Italia corrono insieme, sostenendo Luca Lazzaro, presidente regionale di Confagricoltura. La Lega, invece, appoggia Francesco Tacente, avvocato 42enne di area civica, in una coalizione più ampia che include anche i Riformisti-Psi e altri movimenti locali. Tra i candidati ci sono anche l’avvocato
Mirko Di Bello che corre per la coalizione Adesso e l’ex consigliere comunale Mario Cito.
Matera
La Città dei Sassi è pronta a rinnovare la propria amministrazione. Anche in questo caso, proprio come Taranto, il capoluogo va al voto dopo lo scioglimento anticipato dell’amministrazione comunale, guidata da Domenico Bennardi, avvenuta alla fine del 2024. Ma il sindaco uscente ci riprova e correrà con il sostegno dei pentastellati. Per il Partito democratico, invece, scende in campo Roberto Cifarelli. Ex consigliere regionale, storico rappresentate del Pd materano e lucano, con alle spalle un lungo percorso politico. Il centrodestra si compatta attorno alla figura di Antonio Nicoletti, direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019 e fino allo scorso gennaio direttore generale dell’Apt, azienda di promozione turista della Basilicata. Proviene dal settore turistico un altro candidato, Luca Prisco, operatore turistico attivo anche nell’organizzazione di eventi, sostenuto dalla lista civica Democrazia materana. Infine, l’avvocato Vincenzo Santochirico, candidato civico con Progetto Comune Matera.
Le altre città
Rozzano
Tra le città più grandi e più popolate della Lombardia che andranno al voto c’è anche Rozzano (Milano). Qui si profila un duello diretto tra due giovani candidati. Il centrosinistra si compatta attorno alla figura di Leo Missi, 37 anni, manager con esperienze internazionali. Sul fronte opposto, il centrodestra unito ha puntato su Mattia Ferretti, figlio dell’ex sindaco Gianni Ferretti, scomparso nel 2024. Giovane imprenditore, gode del sostegno di tutto il centrodestra.
Desio
A Desio (Monza e Brianza), si prevede una competizione tra quattro candidati sindaco, in un clima politico teso dopo che, a gennaio, l’amministrazione è stata
sfiduciata. L’ex sindaco Simone Gargiulo, eletto con una lista civica in coalizione con Fratelli d’Italia e Lega, ha deciso di passare a Forza Italia, partito che si trovava all’opposizione. Questa volta scendono in campo Andrea Villa, sostenuto dal centrodestra; Carlo Moscatelli, appoggiato dal Partito democratico e dalla coalizione civica Polo Civico, che riunisce diverse liste, tra cui ci sono anche quelle di Italia Viva e Più Europa. Poi, Alessio Alberti, sostenuto da Desio Popolare, Azione e Repubblicani e Iaia Piumatti per il Movimento 5 Stelle e altre liste civiche.
Saronno
Altra sfida da tenere d’occhio in Lombardia è quella di Saronno, comune in provincia di Varese, centro importante per l’economia lombarda, soprattutto per la sua vicinanza a Milano. Qui sono quattro i candidati in corsa per la fascia tricolore. Novella Ciceroni, sostenuta dalla lista civica Obiettivo Saronno; Ilaria Pagani, espressione del Partito democratico; Mariassunta Miglino, che trova l’appoggio di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. E un quarto candidato, Gianfranco Librandi, che correrà autonomamente con una proposta centrista.
Assisi
Testa a testa ad Assisi, la città che dal 2016 al 2024 è stata amministrata da Stefania Proietti, la dem eletta lo scorso anno presidente di Regione e che sarà un piccolo test per la popolarità della coalizione che l’ha sostenuta. Lo scontro è tra Eolo Cicogna, ex dirigente bancario, candidato del centrodestra e sostenuto da numerose liste civiche, e Valter Stoppini, attuale sindaco facente funzioni, sostenuto dal centrosinistra e dal Patto Civico.
Lamezia Terme
A Lamezia Terme si profila una sfida a tre poli. Con una popolazione che supera i 67mila abitanti, il comune, in provincia di Catanzaro, è un crocevia cruciale tra i principali poli politici e sociali della Calabria. Il centrosinistra ha scelto Doris Lo Moro, già sostenuta da Pd, M5S, Azione e altri alleati; il
centrodestra ha schierato Giuseppe Giordano, con l’appoggio compatto di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Infine, Gianpaolo Bevilacqua, sostenuto da tre liste civiche.
Porto Sant’Elpidio
Porto Sant’Elpidio (Fermo) si prepara a un duro confronto elettorale, particolarmente interessante e complesso, con dinamiche politiche che riflettono tensioni interne ai partiti e alle alleanze locali. Il centrodestra schiera Gionata Calcinari. Forza Italia invece lascia lo schieramento e, insieme al Partito democratico, appoggia Rossano Orsili. Decisione che non è stata gradita da una parte del Pd, che con Avs sostiene invece Mirco Romanelli. Candidato civico invece è Enrico Piermartiri.
Ortona
Tra le città più note dell’Abruzzo – è la patria del il Montepulciano d’Abruzzo – va al voto anche Ortona, provincia di Chieti. Qui la competizione è tra sette candidati. La corsa per la carica di sindaco coinvolge Angelo Di Nardo, sostenuto dal centrodestra e da civiche, e Nicola Fratino, ex sindaco con la proposta di continuità. In gara anche Cristiana Canosa, con il progetto civico UniAmo Ortona, Leo Castiglione, ex sindaco sfiduciato, e Ilario Cocciola, candidato del centrosinistra con diverse forze politiche. Nicola Napolione corre con il M5s e Nicola Primavera è il candidato sindaco del Partito socialista italiano.
(da Open)

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DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI

Maggio 13th, 2025 Riccardo Fucile

L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN: PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO… L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA” NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE

Doveva essere una “pontiera”, Giorgia Meloni ormai è una “portiera”.
Nel senso che apre e chiude il portone agli ospiti in arrivo a Palazzo Chigi: l’ultimo che sarebbe dovuto arrivare tra frizzi e lazzi è Robert Fico, il primo ministro slovacco unico leader europeo a presenziare alla parata militare del Giorno della Vittoria, a Mosca, scambiandosi smancerie con Vladimir Putin
Fico, ex socialista sospeso dal gruppo europeo S&D, sarebbe dovuto arrivare a Roma domani, martedì 13 maggio. Una visita riprogrammata per martedì 3 giugno, senza spiegazioni ufficiali, ma ovviamente per evitare a Giorgia Meloni l’ennesimo imbarazzo.
Come si può, infatti, dichiararsi la più fervida alleata di Volodymyr Zelensky e poi accogliere a Roma uno che si scambia i buffetti con Putin nel giorno in cui mostra i suoi razzi più grossi (nemmeno Orban è arrivato a tanto)?
La fiamma magica ha capito che la stretta di mano tra i due premier, a 4 giorni dal Giorno della Vittoria di Mosca, avrebbe attirato sulla Ducetta quantomeno gli strali degli ucraini.
Kiev, del resto, pur apprezzando il sostegno italiano, è ben consapevole che si tratta di un appoggio più di facciata che “sostanziale”. Il contributo fattivo dell’Italia alla resistenza ucraina, infatti, fa ridere: Roma ha stanziato per Kiev soltanto lo 0,07% del Pil, meno di 1 miliardo e 400 milioni di euro.
E così non stupisce che di Giorgia Meloni, a Macron, Merz, Starmer e Tusk importi poco o niente.
L’Italia conta quanto il due di picche: questi sono i fatti geopolitici che contano, non i video e gli annunci propagandistici sui social, a uso e consumo dei trombettieri della Sora Giorgia.
La premier italiana, che si era autocelebrata come “pontiera”, è talmente irrilevante sui temi di politica estera, che anche il suo “caro amico” Trump l’ha scaricata senza pensarci un attimo: si consulta quotidianamente con il nemico Macron, che non a caso lo ha chiamato in diretta alla presenza di Zelensky e dei caballeros Volenterosi.
La pietra tombale finale sulle ambizioni della Ducetta potrebbe arrivare nei prossimi mesi. Secondo più di un rumor, durante il viaggio a Kiev il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, sarebbe perplesso sulla sua partecipazione alla Conferenza di Roma per la ricostruzione ucraina, a luglio.
Il cristiano-democratico crucco avrebbe manifestato ai suoi colleghi la sua insofferenza per l’atteggiamento del governo italiano: “Noi mettiamo i soldi e soldati, perché dobbiamo andare a Roma?”
Le voci di un’ostilità crescente di Merz, leader su cui Giorgia Meloni puntava molto (anche in funzione di un suo possibile avvicinamento al Ppe, auspicato
dal Quirinale), sono rimbalzate di bocca in bocca e sono state intercettate dalle antenne di Palazzo Chigi: la “Thatcher della Garbatella” spera di rimpannucciare i rapporti con Merz domenica prossima, all’intronizzazione di Papa Leone XIV.
Riuscirà a dare ennesima mostra del suo camaleontismo e a intortare lo spilungone teutonico?
(da Dagoreport)

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GLI AFFARI DEI SOVRANISTI A GENOVA: I MILIONI PUBBLICI SPESI AL WATERFRONT DELLA FIERA CHE AI GENOVESI NON HANNO RESO ALCUN VANTAGGIO

Maggio 13th, 2025 Riccardo Fucile

O C’E’ STATA INCOMPETENZA DEGLI AMMINISTRATORI PUBBLICI NEL DIFENDERE L’INTERESSE PUBBLICO O SONO STATE FATTE CONSAPEVOLMENTE DELLE SCELTE NEGLI INTERESSI DI POCHI

Tra annunci elettorali, nastri tagliati e centinaia di milioni di euro pubblici, non è stato facile in questi anni capire cosa accadesse nei cantieri del Waterfront di Genova. Dietro l’afflusso di fondi pubblici e investimenti privati, Genova attende di capire cosa le è rimasto davvero.
Andiamo con ordine: nel 2017 Renzo Piano regalò alla città il progetto del Waterfront di Levante per riqualificare l’area dell’ex Fiera. L’ente pubblico avrebbe demolito gli edifici esistenti, scavato un canale navigabile e realizzato un parco. Gli interventi privati invece comprendevano la costruzione di due palazzine di lusso e la ristrutturazione del Palasport integrandolo con un centro
commerciale e un parcheggio.
In accordo con il Comune, la holding Cds iniziò ad acquisire il Palasport e le aree edificabili. L’arena sportiva in stato di abbandono fu venduta dall’ente pubblico a Cds per 14,25 milioni. La società proprietaria (o l’eventuale gestore), autorizzata a realizzare aree commerciali all’interno dell’edificio, avrebbe potuto ricavarne i profitti a condizione che si occupasse della ristrutturazione, sostenesse i costi di gestione e garantisse l’accesso pubblico dell’impianto sportivo.
Qualche anno più tardi il Comune, temendo “possibili contenziosi” con la holding e conseguenti “stop o ritardi nei lavori” dovuti a “extracosti sopraggiunti”, decise di ricomprare l’arena sportiva lasciando al privato le strutture commerciali. Il prezzo di acquisto per la nuova struttura dimezzata (i posti a sedere sono passati da 15mila a 5mila) fu di 23 milioni, ovvero 8,75 milioni in più rispetto a quanto era stato venduto. Di fatto per motivi contrattuali venne meno l’onere pubblico che Cds Holding aveva garantito in cambio degli spazi commerciali.
Oltre al Palasport, tra gli edifici più iconici del nuovo Waterfront spiccano le due palazzine di lusso circondate da un canale navigabile. L’ente pubblico si è fatto carico dei costi di demolizione degli edifici esistenti e dello scavo del canale; Cds Holding si è occupata della costruzione di una banchina ad accesso pubblico e delle due palazzine che avrebbe poi messo sul mercato a prezzi stellari, in alcuni casi superando gli 8mila euro a mq.
Le risorse pubbliche per la realizzazione del canale arrivarono dagli stanziamenti straordinari del Fesr all’interno del piano React-Eu. Questi finanziamenti europei erano destinati a rafforzare la sanità, le Pmi, i servizi
pubblici, la transizione verde e digitale e a supportare i territori più colpiti dalla crisi Covid-19. Grazie a questo piano europeo d’emergenza, il Comune di Genova ricevette quasi 82 milioni di euro. Nel 2022 l’ente pubblico ufficializzò la destinazione di 25 milioni del Fesr alla costruzione dei due canali navigabili. La spesa venne classificata sotto la voce “Ambiente”. Gli altri investimenti finanziati dal Fesr sotto l’etichetta “Ambiente” in città sono stati una ventina, tutti dedicati alla cura dei fiumi, alla manutenzione delle aree franose, alla sicurezza marina e alla raccolta dei rifiuti per un totale di 35,7 milioni. Il costo finale dei canali alla fine sarà di 26 milioni di euro, a cui si aggiungono 43 milioni provenienti dal Fsc per demolire gli edifici esistenti e preparare le aree a nuove costruzioni.
Il bilancio finale del Waterfront viene stimato in 350 milioni di euro, di cui 240 privati e 110 pubblici. Da questo progetto il soggetto pubblico ottiene: una struttura sportiva ristrutturata ma dimezzata, costata 8,7 milioni in più e con l’onere delle spese di gestione; un canale navigabile con banchine ad accesso pubblico; un nuovo parco urbano. Cds Holding invece si assicura: gli esercizi commerciali (121 negozi di cui 19 ristoranti) del Palasport senza i costi di gestione dell’arena pubblica e due palazzine private con 240 appartamenti di lusso all’interno di un quartiere-isola avanguardistico.
La società di Spinelli ha già acquistato una decina di alloggi, mentre il resto dei genovesi, non avendo le disponibilità economiche per comprarsi casa al Waterfront, si chiede che vantaggio proporzionato abbiano tratto i residenti da questo maxi-investimento pubblico. È una domanda che ci siamo posti spesso, ogni volta che in questi anni il Comune di Genova ha fatto concessioni a soggetti privati in cambio della promessa di un ritorno pubblico.
Delle due l’una: o c’è stata incompetenza tra gli amministratori comunali nel difendere l’interesse pubblico, o sono state prese consapevolmente delle scelte negli interessi di pochi.
Pietro Spotorno
Vicepresidente di WikiMafia

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IN ITALIA MANCANO ALMENO 65MILA INFERMIERI, “DI CUI CIRCA 30.000 PREVISTI DAL PNRR PER L’ASSISTENZA TERRITORIALE”: LA DENUNCIA ARRIVA DALLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLE PROFESSIONI INFERMIERISTICHE

Maggio 13th, 2025 Riccardo Fucile

“PREOCCUPANO I TANTISSIMI PROFESSIONSITI CHE LAVORANO ALL’ESTERO DOPO ESSERSI FORMATI QUI, COSÌ COME PREOCCUPANO COLORO CHE ABBANDONANO GLI STUDI PERCHÉ NON TROVANO SODDISFACENTE IL SISTEMA LAVORATIVO” …IL NUMERO DI INFERMIERI STRANIERI IN ITALIA È AUMENTATO DEL 47% DAL 2020 A OGGI… IN ITALIA LAVORANO 400MILA INFERMIERI, NE MANCANO ALMENO 65MILA

“Gli infermieri attualmente attivi in Italia sono circa 400.000, su 460.000 iscritti all’Ordine. Tra questi, ci sono 50.000 liberi professionisti, ma la maggior parte lavora nel sistema pubblico e in quello privato accreditato. Secondo la Ragioneria dello Stato, si stima una carenza di 65.000 unità in tutta Italia, di cui
circa 30.000 previste dal PNRR per l’assistenza territoriale”.
A questo si aggiunge anche l’andamento della cosiddetta “gobba pensionistica”, ovvero gli infermieri che andranno in pensione: “Abbiamo stimato, dal 2023 al 2033, circa 110.000 uscite”. Lo spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI), in occasione della presentazione del primo rapporto sulla condizione della professione.
Per questo – ha aggiunto, aprendo il convegno in corso a Palazzo Rospigliosi in occasione della Giornata Mondiale dedicata alla professione – “la questione infermieristica non è solo una questione di una singola professione, ma riguarda l’intera Italia, e va affrontata da una cabina di regia interministeriale, perché sempre più persone vivranno con patologie croniche già diagnosticate, per le quali la sfida non sarà solo clinica, ma soprattutto assistenziale. È un cambiamento epocale che chiama in causa il territorio com fulcro del sistema sanitario”.
Il problema della carenza infermieristica, analizzato in tutto il Rapporto, non si risolve solo con incentivi economici. “Preoccupano i tantissimi infermieri che lavorano all’estero dopo essersi formati qui, così come preoccupano – conclude – coloro che abbandonano gli studi perché non trovano soddisfacente il sistema lavorativo. I giovani cercano lavori con competenze specialistiche”.
Serve, quindi, “rendere attrattiva la professione, offrendo reali possibilità di carriera, percorsi di crescita e riconoscimento”.
Al 30 aprile 2025 sono 43.600 gli infermieri stranieri presenti in Italia, di cui 26.600 iscritti regolarmente all’albo professionale. Un aumento del 47,3% dal 2020, spinto anche dalle disposizioni del Decreto Cura Italia e del Decreto
Ucraina, che hanno agevolato l’ingresso di oltre 17.000 professionisti sanitari stranieri, oltre che dalla carenza di personale.
A evidenziarlo l’ultima indagine coordinata da Foad Aodi, medico, giornalista internazionale, esperto di salute globale, Direttore dell’Aisc, membro del Registro esperti Fnomceo, come ricordato da una nota di Amsi, Umem, Co-mai, Usem e Movimento Uniti per unire, in collaborazione con Aisc News, in occasione della Giornata internazionale degli infermieri.
Secondo l’indagine Amsi-Umem-Uniti per Unire-Aisc, le principali comunità infermieristiche straniere in Italia provengono da Romania (12mila), Polonia, Albania, India e Perù, con una presenza significativa in Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Campania. A livello europeo anche Francia, Germania e Regno Unito affrontano una crescente dipendenza dagli infermieri di origine straniera.
L’Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia) e le 95 organizzazioni aderenti auspicano un’intensificazione della collaborazione con la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), guidata dalla presidente Barbara Mangiacavalli, con cui negli ultimi anni sono già stati avviati “numerosi confronti e incontri costruttivi”.
“Collaboriamo con la Fnopi da anni, come con tutti gli altri albi professionali”, commenta Aodi. “Bisogna regolarizzare tutti i professionisti della sanità entrati con i decreti emergenziali, rafforzare i corsi di lingua italiana, l’aggiornamento professionale con l’Ecm (Educazione continua in medicina), e favorire l’iscrizione all’Albo. Non si può restare precari per sempre, né immigrati per sempre”.
(da agenzie)

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TRUMP VUOLE ACCETTARE UN BOEING EXTRA LUSSO IN REGALO DAL QATAR

Maggio 13th, 2025 Riccardo Fucile

LE GIUSTE CRITICHE: “NON SOLO E’ CORRUZIONE, MA INFLUENZA STRANIERA DI PRIMA CLASSE”

La notizia arriva alla vigilia della partenza del presidente Usa verso i Paesi del Golfo. Potrebbe trasformare temporaneamente il Boeing 747-8 nel nuovo Air Force One
Donald Trump sarebbe pronto ad accettare il Boeing 747-8 extra-lusso offerto dalla famiglia reale del Qatar per trasformarlo temporaneamente nel nuovo Air Force One. Il velivolo, valutato circa 400 milioni di dollari (oltre 350 milioni di euro) è tra i regali più costosi mai ricevuti da parte di un governo straniero. La notizia, inizialmente riportata da ABC News e successivamente ripresa dal Wall Street Journal e dal New York Times, è stata confermata dalle parti coinvolte. Il Boeing, soprannominato «palazzo reale volante», è già stato visionato personalmente da Trump lo scorso febbraio all’aeroporto di West Palm Beach in Florida. Ma dovrà essere sottoposto a modifiche tecniche per essere adeguato agli standard di sicurezza e comunicazione richiesti a ogni aereo presidenziale. Si tratta di un dono che attenua, almeno per il momento, la frustrazione di Trump per la mancata sostituzione dell’attuale Air Force One, considerato ormai obsoleto, ma che espone l’amministrazione a forti critiche.
La questione etica e l’incubo per la sicurezza
I democratici hanno chiesto un’indagine sull’aereo che Trump intende usare come Air Force One e poi, una volta lasciata la Casa Bianca, come suo aereo personale. «Con un valore stimato di 400 milioni, l’aereo è il regalo di maggior valore mai conferito a un presidente da un governo straniero», ha scritto il deputato democratico Ritchie Torres all’ufficio dell’etica del governo chiedendo l’apertura di un’indagine, secondo quanto riporta Axios. Anche il
leader della minoranza al Senato, Chuck Schumer, ha commentato con sarcasmo: «Altro che America First: Air Force One offerto dal Qatar. Non è solo corruzione, è influenza straniera di prima classe, con extra spazio per le gambe».
Dal canto suo, Trump ha risposto alle polemiche con un post su Truth Social, bollando i democratici come «corrotti» e accusandoli di voler far pagare agli americani «a peso d’oro» un aereo che, invece, sarebbe stato ottenuto gratuitamente: «Si tratta di una transazione pubblica e trasparente. Dov’è il problema?», ha scritto. Secondo il Dipartimento di giustizia e i legali della Casa Bianca, l’operazione sarebbe formalmente legittima, a patto che la proprietà dell’aereo venga trasferita alla futura biblioteca presidenziale di Trump prima della fine del suo mandato.
Nel frattempo, emergono anche preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Come riportato dalla Cnn, per i servizi segreti americani il potenziale utilizzo di un jet donato da un governo straniero rappresenta «un incubo». Secondo diverse fonti, il velivolo dovrà infatti essere smontato e controllato attentamente per individuare eventuali dispositivi di sorveglianza.
Il regalo sfida la Costituzione?
Sul piano costituzionale, la vicenda potrebbe chiamare in causa la cosiddetta «Clausola sugli emolumenti esteri», scrive il Washington Post, che vieta a un presidente in carica di ricevere regali o pagamenti da governi stranieri senza l’approvazione del Congresso. Jordan Libowitz, portavoce del gruppo Citizens for Responsibility and Ethics in Washington, ha dichiarato: «Non abbiamo mai visto niente di simile. È un precedente pericoloso». Gli fa eco Kathleen Clark, docente di diritto alla Washington University: «Il governo federale fa solo da
tramite. È un regalo a Trump. E senza il via libera del Congresso, è incostituzionale». Clark ricorda inoltre che già durante il primo mandato di Trump si erano sollevate accuse di violazione della clausola, poi archiviate dalla Corte Suprema nel 2021 con la fine del suo incarico. «Trump è convinto di potersela cavare anche stavolta», ha concluso. Nel frattempo, l’aereo sarebbe già stato trasferito a San Antonio, in Texas, dove resterà in attesa di una decisione ufficiale.
Il viaggio di Trump in Medio Oriente
La notizia arriva alla vigilia della partenza di Trump verso i Paesi del Golfo. Domani – martedì 13 maggio – sarà a Riad, poi Abu Dhabi e infine Doha. La visita si concluderà il 16 maggio, e il presidente Usa non farà tappa in Israele. Durante il suo viaggio, Trump intende annunciare il nuovo cessate il fuoco a Gaza, la liberazione degli ostaggi e la consegna di cibo e medicine alla Striscia mentre si trova nella regione. Con il forte pressing delle nazioni arabe che hanno chiesto esplicitamente al presidente di annunciare la sua iniziativa di pace durante la visita. Intanto, l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff, che domenica ha guidato per la parte Usa l’incontro con l’Iran sul nucleare, sta tenendo intense consultazioni nella regione con Israele, Egitto, Qatar e Hamas per raggiungere un accordo. Un alto funzionario di Gaza ha sottolineato a Reuters che il partito-milizia ha in corso colloqui diretti con il governo statunitense sulla tregua e la ripresa degli aiuti umanitari. Nel frattempo, il principe saudita bin Salman (MbS) ha ottenuto dagli Usa che al summit di martedì a Riad prendano parte anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, il presidente libanese Joseph Aoun e quello siriano Ahmed al-Shara’a. A dimostrazione del fatto che oltre a Gaza, i colloqui riguarderanno i nuovi assetti di Libano e Siria.
(da agenzie)

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