Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
CI SONO ALMENO DUE RAGIONI CHE RALLENTANO I NEGOZIATI IN VATICANO: DA UN LATO, IMPLICHEREBBE IL RICONOSCIMENTO DEL RUOLO POLITICO DELL’OCCIDENTE NEL PROCESSO DI PACE. DALL’ALTRO, POTREBBE OSCURARE LA CHIESA ORTODOSSA RUSSA, CENTRALE NEL DISEGNO IDEOLOGICO DI PUTIN SI POTREBBE PREVEDERE UNA “FASE UNO” CON UN OBIETTIVO UMANITARIO
A Roma come a Washington, e nelle principali capitali europee, l’attesa è snervante. Il pallino della pace è tornato saldamente nelle mani di Vladimir Putin. E il leader del Cremlino fa del tempo un’arma.
Non è ancora chiaro quando le condizioni per avviare un negoziato finiranno sul tavolo di Volodymyr Zelensky o in quello di un «collegio arbitrale», come auspicato da Giorgia Meloni per evitare reazioni imprevedibili di Donald Trump. Ma a Palazzo Chigi e Oltretevere il lavoro attorno all’ipotesi vaticana è incessante. Si studia, ad esempio, la fattibilità di una visita di Putin a Roma, rispolverando vecchi accordi che permetterebbero l’istituzione di un corridoio diplomatico.
Un salvacondotto che eviterebbe all’Italia di dover eseguire il mandato d’arresto della Corte penale internazionale
L’opzione, però, solleva qualche perplessità, soprattutto tra i diplomatici di lungo corso. Prende corpo infatti l’idea che Putin difficilmente possa accettare un accordo che rechi il “sigillo papale”. Per due ragioni: da un lato, ciò implicherebbe il riconoscimento del ruolo politico dell’Occidente nel processo; dall’altro, potrebbe oscurare la Chiesa ortodossa russa, centrale nel suo disegno ideologico.
Dopo l’accelerazione imposta dagli annunci di Trump – a cui l’Italia si è dovuta adeguare – ora, quindi, si torna a invocare cautela. L’ipotesi in campo è quella di un primo incontro a Roma, con un obiettivo umanitario: ottenere un cessate il fuoco, più che definire subito i contorni geopolitici della pace. Una “fase uno” su cui sono al lavoro tanto il segretario di Stato Pietro Parolin quanto il cardinale Matteo Zuppi, già inviato di Papa Francesco a Kiev per lo scambi
dei prigionieri di guerra e il rimpatrio dei bambini ucraini dalla Russia.
Il suo incarico, secondo quanto risulta a La Stampa prorogato anche da Leone XIV, rappresenta un tassello strategico della diplomazia vaticana. L’idea è chiara: avviare a Roma una prima fase umanitaria, per poi spostare i colloqui di pace veri e propri altrove, in un luogo considerato più neutrale da Mosca. Si valutano Istanbul, nel solco del tentativo già avviato da Erdogan, o Ginevra, appoggiata da Emmanuel Macron.
Ieri il portavoce Dmitry Peskov non ha escluso del tutto la pista vaticana, ma ha precisato che «non è arrivata alcuna proposta concreta». Uscita con cui il Vaticano non concorda, perché convinto «non tocchi a noi fare inviti» ma stia ai leader mediatori incassare il via libera di Putin.
Al momento si è ancora in fase preparatoria. Ma la roadmap che circola in queste ore indica l’inizio di giugno come possibile snodo per il primo passo vaticano. Un’accelerazione che Meloni vorrebbe imprimere anche per rendere storico il summit per la ricostruzione dell’Ucraina previsto a Roma all’inizio di luglio. Riuscire a presentare un’intesa di massima proprio in quell’occasione le offrirebbe una vetrina senza precedenti. L’ambizione è quella di portare nella Capitale tutti i leader occidentali. Le possibilità? Poche, ma non nulle. La determinazione, per la premier, è altissima. Anche solo per poter dire di aver lavorato per «tenere unito l’Occidente», prendendosi una rivincita su Macron e sul formato dei Volenterosi.
(da La Stampa)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“DEL ‘PIANO MELONI’ SEMBRA DEL TUTTO IRREALE L’IDEA DI FARE DA ‘FILTRO’, DA SOLA O CON ALTRI ALLEATI, TRA LE PROPOSTE DI PUTIN E LE RISPOSTE DI ZELENSKY. PURTROPPO, PUTIN VUOLE FARSI RESPINGERE IL ‘MEMORANDUM’ PER CONTINUARE LA GUERRA”
Del “piano Meloni” un aspetto sembra del tutto irreale, un altro invece più razionale. Il
primo è l’idea di fare da “filtro”, da sola o con altri alleati, tra le proposte di Putin e le risposte di Zelensky. Mettersi in condizione, in sostanza, di chiedere all’autocrate russo di modificare alcune parti del suo “memorandum” chiaramente quelle più irricevibili per il leader ucraino, nella speranza di rendere più digeribile il resto.
Se Putin il “memorandum” lo volesse inviare per avviare una seria trattativa di pace, si potrebbe capire. Purtroppo, com’è evidente, Putin vuole farselo respingere per continuare la guerra.
Invece il secondo aspetto, affiancare il Vaticano, è più realistico. A condizione di non aspettarsi risultati dall’oggi al domani
Diversamente il tentativo del Papa si va caratterizzando improntato a una straordinaria prudenza e giocato naturalmente sui tempi lunghi. La conferma del cardinale Zuppi, che aveva già gestito la prima trattativa, rivelatasi più difficile del previsto, sulla liberazione dei bambini ucraini, come incaricato da Leone XIV, dopo esserlo stato di Francesco, conferma questa impressione
Zuppi infatti si muoverà sul piano umanitario, per cercare di riprendere il lavoro dove aveva dovuto lasciarlo per insensibilità alle sue richieste. Distinguere l’aspetto umanitario da quello politico e diplomatico, in una fase come questa, punterebbe a verificare se, con la guerra che inevitabilmente prosegue, in mancanza di disponibilità del Cremlino a una tregua, esiste da parte di Putin almeno la volontà di aprire uno spiraglio, una parentesi, un corridoio che consenta di salvare le vittime più innocenti della guerra
Va da sé che su questa base vengono meno tutte le altre indiscrezioni diffuse in questi giorni, compresa quella anticipata da Trump, sull’eventualità di far svolgere in Vaticano le trattative di pace. La solidarietà di Meloni all’impegno umanitario del Papa era in qualche modo obbligata. Senza impazienza, né attese per altri colpi di scena, che non sono nello stile della Casa
Marcello Sorgi
per “la Stampa”
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
ANCORA POCHI GIORNI E GENOVA VERRA’ DEPURATA DALLA FOGNA SOVRANISTA-AFFARISTICA : LA BISBOCCIA E’ FINITA, MA GLI INFAMI RESTERANNO TALI PER CHI NON DIMENTICA
In queste ore su diverse chat sta girando una grafica che utilizza i loghi della Lista Salis per annunciare “lo smantellamento di Villa Rossi”. Una bravata che potrebbe costare agli autori una denuncia
E’ il 22 maggio e mancano pochi giorni alla conclusione della campagna elettorale per le Comunali. Ma sembra il 1 aprile. Perché in queste ore, su diverse chat genovesi, sta circolando una grafica che annuncia, come se fosse un progetto della candidata del centrosinistra Silvia Salis, la realizzazione di un campo rom da 4000 persone.
Sfondo blu, scritte bianche e rosse, logo del comitato Silvia Salis Sindaca, un’immagine esplicativa. A sbugiardare la fake, oltre il contenuto, è qualche imperfezione nella riproduzione della grafica, difficilmente percepibile a un
occhio poco attento o poco allenato.
Il titolo è “Sestri accogliente” – un termine effettivamente utilizzato nei programmi del centrosinistra – seguito da “Nuovo progetto per un moderno campo rom”.
Nei paragrafi, si parla di uno spazio che potrà ospitare “4000 rom ricollocati nel campo direttamente da paesi come Romania e Bulgaria” ricavato dall’attuale parco di Villa Rossi, “che sarà smantellato“, e sulle zone limitrofe “che dovranno essere evacuate”.
Addirittura si fa cenno a fondi Ue già stanziati per il progetto e della necessità “in attesa della fine dei lavori nel 2027” che i cittadini di Sestri ospitino i rom in arrivo. Non solo. Il comunicato conclude con l’annuncio di una “tassa straordinaria di solidarietà” e con il claim “Facciamo arrivare il futuro a Sestri”.
Un contenuto ingannevole. E’ risaputo, infatti, come spesso sui social l’occhio si fermi al titolo o all’immagine complessiva di un contenuto.
Da qualunque parte arrivi questa grafica fake – difficile scoprirlo anche provando a risalire da messaggio inoltrato a messaggio inoltrato – gli autori della bravata, potenzialmente, potrebbero ritrovarsi con una denuncia per diffamazione o sostituzione di persona.
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
DOPO AVER SOSTENUTO PER MESI IL NO AL TERZO MANDATO, TEMENDO LE REAZIONI DEI LEGHISTI, IL GOVERNO PREPARA LA RETROMARCIA… RESTA SOLO DA SUPERARE IL NO DI FORZA ITALIA
Il terzo mandato non è più un tabu. Dopo lo strappo dell’altro giorno in consiglio dei
ministri, coi ministri leghisti arrabbiati e quelli di Fratelli d’Italia decisi sulla necessità di impugnare davanti alla Consulta la legge del Trentino che consentirebbe a Fugatti di fare un terzo mandato (argomento che toccherebbe anche il Friuli qualora la scelta dei giudici delle leggi fosse per il no), qualcosa è cambiato.
I segnali informali di queste ore sono state tanti, ma nelle ultime ore si è aggiunto un elemento: il governo sta valutando di sbloccare l’argomento e di fare una legge, o un decreto, che consenta ai governatori uscenti di candidarsi ad un terzo mandato.
Per ora, l’intervento riguarderebbe le Regioni prossime al voto, cioè Veneto e Campania (con governatori uscenti per due mandati, che nel caso di Zaia sono in realtà tre), in futuro ci rientrerebbero anche le Regioni a statuto speciale.
L’ipotesi di intervento del governo
Il ragionamento all’interno del governo coinvolge ovviamente i ministri leghisti, come risulta ad Open, ma non solo. Anche Fratelli d’Italia ha aperto alla discussione. Oggi, 21 maggio, ne hanno parlato il presidente del Senato, Ignazio La Russa – «Io non sono contrario in assoluto e anche nel caso specifico, penso che una riflessione sia solo positiva», ha detto – e il ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Ieri l’apertura era arrivata da Piantedosi. C’è la contrarietà di Forza Italia, espressa ieri direttamente dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani e oggi ripetuta da Raffaele Nevi, in una intervista ad Affaritaliani.it – «Siamo convinti del fatto che sia necessario il limite dei due
mandati per tutte le regioni, anche a statuto speciale. Un principio politico che deve valere per tutti» – ma la disponibilità di Fratelli d’Italia conferma che la discussione è concreta. Anche perché se è vero che a queste elezioni se ne avvantaggerebbe soprattutto la Lega, che potrebbe lasciare Luca Zaia in Veneto, Massimiliano Fedriga in Friuli, e provare a battersi per tenere Attilio Fontana in Lombardia, in futuro il principio varrà anche per gli altri governatori. E De Luca in Campania? Secondo questa ipotesi ne beneficerebbe anche lui, ma poco male. I rapporti del governatore campano con il Pd di Elly Schlein o con i Cinque stelle sono talmente tesi che è difficile considerarlo un favore al centrosinistra. Anzi, se i pentastellati non ottenessero la candidatura, le tensioni nell’alleanza potrebbero accendersi invece di calmarsi.
(da Open)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
NEL 2023 21.000 GIOVANI TRA 25 E 34 ANNI SI SONO TRASFERITI ALL’ESTERO, DI QUESTI NE SONO TORNATI SOLO 6.000
Molti giovani italiani scelgono di andare all’estero e di non tornare. È un tema che negli ultimi anni abbiamo sentito e risentito. Dunque non una novità ma un problema che affonda le sue radici nei decenni precedenti. Come conferma il nuovo rapporto annuale dell’Istat, che ci presenta una situazione di cui siamo a conoscenza, ma i cui numeri continuano a crescere. Uno su tutti: quello degli espatri di giovani laureati italiani, numero che nel 2023 ha raggiunto le 21 mila unità. Vale a dire che oltre 21 mila ragazzi tra 25 e 34 anni si sono trasferiti all’estero, registrando un +21,2% rispetto al 2022. E se di per sé questo non rappresenta un problema, ciò che effettivamente lo costituisce è che di questi 21 mila ragazzi, ne ritornano solo 6 mila. Dato peraltro in calo: -4,1% rispetto al
2022. Sintomo che in Italia evidentemente non ci sono le condizioni affinché ritornino. Questi numeri si traducono in una perdita netta di 16 mila giovani risorse qualificate: in tutto 97 mila in 10 anni.
Crescono i dati sull’istruzione
Dati molto positivi, invece, riguardano il livello di istruzione superiore, che è cresciuto molto, soprattutto tra le donne: tra il 1992 e il 2023, la quota di laureati tra i 25-34enni è salita dal 7,2 al 30,6% (al 37,1 % tra le donne). Questo cambiamento ha influito in modo notevole sulle possibilità di accesso e permanenza nel mercato del lavoro, anche qui specialmente per le donne: tra le 25-34enni laureate il tasso di occupazione è del 74,1%, solo 1,1 punti percentuali inferiore rispetto ai coetanei maschi.
La mobilità intergenerazionale
Ma per leggere questi dati in modo corretto è fondamentale tenere presente i profondi cambiamenti nel contesto demografico, sociale ed economico del Paese. Guardando sempre al tema dell’istruzione, la mobilità intergenerazionale è ridotta, ma non assente: tra i nati nel 1992 provenienti da famiglie con basso titolo di studio la quota di laureati è del 17,6%, contro quasi il 75% tra quelli provenienti da famiglie con entrambi i genitori laureati. Tra i primi il 36,3% non acquisisce il diploma secondario superiore (e se lo consegue, è prevalentemente di tipo tecnico o professionale), tra i secondi, non lo acquisisce solo il 2,3% (e in larga maggioranza frequenta i licei).
Le disparità geografiche
Inoltre, l’eterogeneità territoriale peggiora la situazione: mentre alcune regioni guidano il gruppo di testa dell’innovazione europea, altre scivolano inesorabilmente in basso. Disparità geografiche che pesano anche sui risultati occupazionali e reddituali dei giovani, come per le generazioni che li hanno preceduti: tra i nati nel 1992, 19enni nel 2011 e 30enni nel 2022, quelli residenti nel Mezzogiorno nel 2022 presentavano uno svantaggio molto contenuto nell’istruzione terziaria, ma la quota con redditi da lavoro era superiore del 10% al Centro e del 14,4% al Nord, e i relativi redditi del 15,2% più elevati al Centro e del 34% al Nord.
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IL 10% RINUNCIA A VISITE E ACCERTAMENTI A CAUSA DEI COSTI E DELLE ATTESE
Nell’Italia che non si cura più c’è chi scopre un tumore grazie ai medici pensionati. Il
10% degli abitanti del Belpaese rinuncia a una visita o a un accertamento specialistico per le liste d’attesa e per i costi troppo alti nelle strutture private.
Lo dice il Rapporto Annuale Istat, che intanto sposta in avanti l’inizio della vecchiaia: 74 anni per gli uomini, 75 per le donne. Ma sei milioni di persone non vanno dal medico. E per questo gli anni attesi di vita in buone condizioni di salute diminuiscono. Per le donne sono 56,6 (nel 2022 erano 59) e per gli uomini 59,8 (erano 62 nel 2022). E i tassi di mortalità sono più alti per chi vive nel Mezzogiorno, e per chi ha solo la licenza elementare sono doppi rispetto a chi ha conseguito una laurea.
I medici privati
Poi ci sono le storie. Come quella che racconta Mambrino Ceolin a Massimo Bocci di Repubblica. Pensionato dell’Istituto Geografico De Agostini, 72 anni, vedovo, si è rivolto all’ambulatorio Auser di Borgomanero, in provincia di Novara, dove vive. Lì si viene curati gratuitamente grazie ai medici pensionati. Ha avuto bisogno del servizio pubblico «l’anno scorso, per problemi alla prostata. Avevo necessità di fare visita, ecografia, magari anche una risonanza magnetica. Ho tentato di prenotare nel sistema pubblico ma i tempi erano lunghissimi, con attese di addirittura un anno. Non era possibile riuscire a fissare un appuntamento». Un privato non poteva pagarlo perché «ho 1.400 euro di pensione. Non sto male, ma insomma, volevo fare le cose nella sanità pubblica»
Il tumore
Per questo è andato all’Auser: «Mi ha visitato l’urologo Sergio Cavallaro. Ho trovato competenza e disponibilità. Sono stato visto velocemente. Il dottore mi ha detto che avevo bisogno di una risonanza magnetica, ma loro non avevano l’attrezzatura necessaria». E ha scoperto di avere «un tumore alla prostata. A quel punto ho aspettato un paio di mesi per la biopsia e infine sono entrato nel percorso chirurgico dell’ospedale di Borgomanero. Mi hanno operato abbastanza velocemente. Ho aspettato meno tempo tra la risonanza e l’intervento che tra la richiesta di quell’esame e il suo svolgimento. È un po’ questo l’andazzo: gli esami richiedono tempi molto lunghi, per chi non può pagarsi gli accertamenti dal privato, poi se si capisce che l’operazione è necessaria accelerano. Io per fortuna mi sono subito rivolto all’Auser».
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA PARATA E’ IN PROGRAMMA SABATO 14 GIUGNO… IL GRAN FINALE CON ROSE VULLAIN E BIGMAMA, ATTESE ANCHE PERSONALITA’ POLITICHE
Quest’anno al Pride di Roma potrebbe esserci anche Vivian Jenna Wilson, una dei figli di Musk. Nel chiaro tentativo di fare lo sgambetto alle destre globali, gli organizzatori della grande parata «fuorilegge» (così è stata definita la parata lgbtq+ visti gli attacchi alla comunità, anche a livello giudiziario), che sfilerà per le strade della Captale sabato 14 giugno, hanno contattato Wilson, ormai punto di riferimento della comunità transgender: «Abbiamo preso contatti con la figlia di Elon Musk per cercare di farla partecipare in qualche modo alla Croisette. Se non riusciamo a portarla per il Pride, sicuramente la
coinvolgeremo per altre cose in futuro», ha detto il portavoce e presidente del circolo Mario Mieli, Mario Colamarino, durante la presentazione del manifesto politico e del percorso del Roma Pride.
Chi parteciperà al Pride
Oltre alle migliaia di persone che ogni che ogni anno riempiono il Pride, rendendolo la manifestazione più grande in città, l’invito a partecipare è rivolto anche a tutte le personalità politiche. Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, ha già confermato la sua presenza. Gualtieri che è stato invitato anche in Ungheria, dove il Pride è vietato e dove andrà una delegazione romana. «Ci denunceranno, non ci importa», ha detto Colamarino. Poi sono da coinvolgere gli esponenti di centrosinistra, con cui bisognerà stringere una collaborazione da qui alle prossime elezioni. E naturalmente Francesco Rocca, governatore del Lazio, di centrodestra, che (almeno) quest’anno non ha fatto polemica. E chissà che non possa addirittura partecipare. Il manifesto politico del Roma Pride, d’altra parte, non poteva che scagliarsi contro il governo Meloni, che è considerato il più reazionario di sempre e «continua a riscrivere i confini della libertà».
Il percorso del Roma Pride
Quest’anno la parata partirà in Piazza Repubblica. Si procederà poi lungo via Cavour, via dei Fori Imperiali e via di San Gregorio, con arrivo a viale delle Terme di Caracalla. La festa si svolgerà poi a partire dalle 22.30 al Rock in Roma, all’Ippodromo delle Capannelle. Madrina dell’evento, Rose Villan: «Non sarò sul carro ma su un’autentica astronave, perché nel 2025 c’è ancora qualcuno che considera diverso come un alieno», ha detto la cantante. A inaugurare la Croisette sarà Leo Gassmann, seguito da una line-up che include BigMama, Karma B, Ippolita Baldini, Giuseppe Nino Mandraghe, Pino Strabioli, Bianca Berlinguer, Francesca Pascale, Vladimir Luxuria, Daniel Greco, Le Sorelle Marinetti, Antonino e molti altri. La mascotte di questa edizione sarà Genderella, una ragazza senza sesso né età che
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LO SCONTRINO DEL PARCHEGGIO A VIGEVANO SAREBBE DELLA MADRE DI SEMPIO… I VIDEO SUL PC A CUI AVEVANO ACCESSO ALTRI
Il quarto elemento che collega Andrea Sempio all’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco è
il biglietto di un parcheggio. Quello di Vigevano. Ovvero proprio l’alibi che avrebbe dovuto scagionarlo. Dopo il Dna, l’impronta e gli appunti sulle «cose brutte» che avrebbe fatto gli inquirenti pensano che quella storia sia falsa. Perché nel frattempo è comparso il pompiere Antonio B. Intanto, mentre si discute sulla presenza o meno di sangue sulla «traccia di interesse dattiloscopico» numero 33, si capisce perché Marco Poggi sia stato interrogato. Il 17 ottobre 2007 il fratello di Chiara parlò ai carabinieri di un video intimo della sorella con il fidanzato. Era nel computer di lei. Ma, si legge nel verbale, a
quel pc avevano accesso anche due suoi amici: «Andrea Sempio e Alessandro Biasibetti»
L’alibi di Andrea Sempio
Con ordine. L’alibi di Sempio si fonda sullo scontrino di un parcheggio a Vigevano. Secondo la storia raccontata all’epoca e confermata dalla madre, la mattina del 13 agosto 2007 in cui Chiara moriva Andrea avrebbe preso l’automobile di famiglia per andare in una libreria, trovandola chiusa. Poi sarebbe tornato a casa. Per gli inquirenti in teoria i tempi per uccidere Poggi e arrivare a Vigevano ci sono. Ma c’è dell’altro. E si fonda sul famigerato «malore» di Daniela Ferrari durante l’interrogatorio.
La donna, pur avvalendosi della facoltà di non rispondere, ha avuto un mancamento quando gli hanno parlato di un vigile che si chiama Antonio B. Il motivo? Con questa persona Ferrari si è scambiata molti messaggi via sms dal 12 al 13 agosto 2007. E quel giorno il pompiere era in servizio a Vigevano. Ovvero nello stesso luogo in cui il cellulare della donna ha agganciato una cella quella mattina.
Daniela Ferrari e il pompiere
L’ipotesi degli inquirenti è quindi che quello scontrino sia stato materialmente fatto dalla madre. Che quella mattina si trovava a Vigevano per incontrare il pompiere. Lui, interrogato dagli inquirenti, non ha confermato la circostanza. Ma gli scambi tra le utenze parlano. Anche se non è possibile risalire al contenuto dei messaggi. Ecco quindi il ragionamento della procura di Pavia in base agli elementi al vaglio dell’aggiunto Stefano Civardi e delle pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza: l’alibi è falso. E quindi Sempio non ha un alibi per quella mattina. Ma soprattutto, secondo questa tesi sarebbe stato aiutato dai genitori per scagionarsi. E in questa prospettiva si comprende anche il secondo malore, quello avuto proprio da Sempio il giorno della consegna dello scontrino. Mai annotato dai carabinieri durante il verbale.
I video intimi di Chiara e Alberto
Durante l’ultimo interrogatorio ad Alberto Stasi sono state poste una serie di domande che riguardavano i video intimi che si scambiava con la fidanzata. Il «biondino dagli occhi di ghiaccio» ha risposto confermando quanto detto dal fratello di Chiara ai carabinieri. Marco ha raccontato che un anno prima
dell’omicidio usando il computer della sorella si è imbattuto in una chat tra i due fidanzati. «Dal contenuto intuii che il file che Chiara stava scaricando doveva contenere immagini relative alla loro intimità», è il testo della testimonianza riportato oggi da La Stampa. Dopo il funerale di Chiara, Marco ha parlato dei filmati con Stasi: «Alberto mi confermava dell’esistenza di questo video». E a quel pc avrebbero avuto accesso anche Biasibetti e Sempio.
L’essenziale è invisibile agli occhi
Sempre a proposito di Sempio, La Repubblica parla di un post pubblicato il 17 dicembre 2014, giorno della condanna in appello bis di Stasi. Con un disegno e una frase: «L’essenziale è invisibile per gli occhi… non dimenticare il mio segreto» che sembra una citazione (imprecisa) de Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. È la frase che la volpe rivolge al protagonista. E si tratta del libro preferito di Stasi. Poi c’è la storia del pc di Stasi. Il computer è stato usato dai carabinieri più volte, anche collegando hard disk, prima che venisse eseguita l’analisi informatica. Le immagini pedopornografiche di cui si parlò all’epoca in realtà non vennero mai visualizzate sul pc. Questo dice la perizia del processo di primo grado.
L’impronta 33 e il sangue
Sull’impronta numero 33 il procuratore capo di Pavia Fabio Napoleone ieri ha chiarito che si utilizzeranno «nuove potenzialità tecniche a disposizione» per capire se è macchiata di sangue (quello di Chiara). Di certo c’è che la difesa di Sempio, basandosi proprio sulla testimonianza di Marco Poggi che ha detto che con i suoi amici andavano anche nel seminterrato, ha sdetto che non è significativa. Secondo gli investigatori invece è impressa molto in alto nella parete. Come se fosse stata lasciata da qualcuno che volesse sporgersi dai gradini. E non usare la parete come corrimano improvvisato. Ci sono 15 minuzie dattiloscopiche che la collegano a Sempio. Il colore è dovuto dalla reazione alla «ninidrina spray» spruzzata dai Ris per «esaltarla».
L’altra impronta
Ma di impronta considerata importante dagli investigatori ce n’è anche un’altra. È la numero 10 e l’hanno repertata sulla parte interna della porta d’ingresso della villetta. L’ipotesi è che appartenesse a una mano in quel momento sporca di sangue. Quella traccia oggi è ritenuta comparabile. E non è di Stasi né di
Sempio. E nemmeno dei familiari della vittima. I Ris hanno conservato il Dna su un para-adesivo. Ed è uno degli elementi che hanno fatto ipotizzare alla procura di Pavia la presenza di un secondo uomo oltre a Sempio nella villetta di via Pascoli.
L’avvocato dei Poggi
Intanto Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, parla con Repubblica delle accuse nei suoi confronti provenienti dal “supertestimone” delle Iene. Che lo accusa di avergli raccontato le novità su Stefania Cappa vista «nel panico con in mano un borsone vicino alla casa della nonna», senza che l’altro le segnalasse agli inquirenti. Tizzoni spiega che l’accusa di aver voluto proteggere le gemelle Cappa perché amico del padre avvocato Ermanno sono «balle spaziali. Non ho mai lavorato nello studio di Ermanno Cappa, non sono un suo allievo, io ho aperto il mio studio nel 1997, lui, pur essendo più vecchio di me, anni dopo. Lo conosco come conosco le figlie, ma non li sento da almeno dieci anni». Anche se i rispettivi padri erano vicini di casa.
(da Open)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA CONSULTA DA’ RAGIONE ALLE COPPIE DI DONNE CHE HANNO AVUTO FIGLI IN ITALIA CON LA FECONDAZONE ASSISTITA FATTA ALL’ESTERO
La Corte Costituzionale ha di fatto legalizzato il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie lesbiche. Con una sentenza, storica, la numero 68 della Consulta i bambini nati grazie alla fecondazione eterologa, fatta nei Paesi in cui è legale, potranno avere due madri. I giudici costituzionali superano i divieti imposti dal governo e inflitti tramite una circolare del ministero dell’Interno, come nel caso di Padova, in cui solo una delle due madri era stata riconosciuta come genitore del bambino. Le relative questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal Tribunale di Lucca.
Non permettere due madri «lede gli interessi del minore»
La Corte – dopo aver precisato che la questione non riguarda le condizioni che legittimano l’accesso alla PMA in Italia – ha ritenuto che impedire al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha prestato il suo consenso alla pratica fecondativa all’estero insieme alla madre biologica non è nel miglior interesse del minore ed è una violazione: precisamente quella dell’articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell’articolo 3 della Costituzione, per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale; dell’articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.
Se si accede alla pma ci sono degli impegni presi da entrambi i genitori
L’incostituzionalità si fonda su due principi. Il primo è la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi. Il secondo tocca la centralità dell’interesse del minore e che vanta dei diritti non solo davanti alla madre biologica, ma anche a quella intenzionale. Il bambino ha «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni» e ha il «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale».
(da agenzie)
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