A BERLINO NIENTE DUBBI SULL’ACCOGLIENZA, SI PARLA DI COSE CONCRETE
MENTRE A ROMA SI LITIGA, I TEDESCHI AGISCONO
Entrando in un campo rifugiati tedesco la situazione non è molto diversa da quella italiana: c’è caos, ci sono rifiuti che si ammucchiano, il cibo non è un granchè, capita che i bagni si intasino.
In questi ultimi giorni, tra l’altro, l’ondata emotiva e il ritrovato orgoglio nazionale hanno fatto sì che fuori dai campi tedeschi si affollassero masse di volontari, creando più confusione che altro.
Le contromisure sono già scattate: in tutti i siti di informazione si invitano i cittadini a evitare di raccattare i peluches di casa o le cassette di cibo in scatola e si è avviata una migliore organizzazione delle donazioni.
Ad Amburgo servono ricariche di cellulari, a Erlangen pannolini, a Lipsia insegnanti di tedesco: ogni amministrazione locale si preoccupa di inserire nel suo sito le informazioni relative alle esigenze di questo o quel campo di migranti, e c’è da scommettere che in meno di una settimana quell’onda scomposta si sarà trasformata in una serie di canali di irrigazione capaci di portare acqua lì dove serve, senza sprechi, e senza chiasso
Il dibattito politico
Ma la straordinaria mobilitazione dal basso che in queste ore fa della Germania uno dei motivi di maggiore orgoglio dell’essere europei, non ha nulla a che fare con lo spontaneismo che in altre e più cupe epoche storiche faceva dire, a proposito del nostro Paese, «italiani brava gente».
Perchè non è una questione di cuore, ma di cervello e di politica.
E la grande differenza tra noi e loro, questa volta, è proprio nel dibattito politico: mentre da noi si sta ancora a discutere se i migranti vadano accolti o respinti, in Germania si parla soltanto di come accogliere, di come strutturare gli aiuti, di come ripartire le difficoltà .
Non c’è stato un solo politico con responsabilità federali che si sia discostato da questa linea.
Angela Merkel lo ripete spesso: «Cambiare le cose non dipende dalla volontà , ma dall’interesse». E non è nell’interesse dei politici tedeschi perdere voti mettendosi a sparare a zero sui migranti, così come non è nell’interesse dell’economia tedesca lasciarsi sfuggire l’opportunità di una gigantesca forza lavoro da formare e gestire (lo hanno già fatto nel dopoguerra, con gli italiani e i turchi, e ha funzionato)
Il super stanziamento
Dopo l’annuncio del super stanziamento di sei miliardi, talk show, siti e gruppi di discussione hanno sezionato il piano in ogni paragrafo: era meglio aumentare o diminuire il numero di poliziotti da assumere?
Era meglio stanziare di più o di meno per questo o quel Land?
Si entrerà nel merito – con la fatica e la capacità di concentrazione che la cosa esige – ma non ci si sfinirà a dibattere se i migranti debbano essere rimandati a casa o no. Questo è il motivo per cui essere migrante in un campo tedesco significa avere speranza, e esserlo in uno italiano significa avere paura.
Francesca Sforza
(da “La Stampa”)
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