ALTRO CHE PNRR DEI RECORD, IL PNRR VIAGGIA A RILENTO: SONO STATI MESSI A TERRA APPENA 49,5 DEI 102,5 MILIARDI INCASSATI. NEPPURE LA METÀ
A SCONFESSARE LA NARRAZIONE DELLA “PRIMA NAZIONE D’EUROPA” È LA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO… SE LA REALIZZAZIONE DEI PROGETTI NON AVANZA, BRUXELLES TAGLIERÀ I FONDI
Un affanno da 650 milioni in media al mese. Meno di 4 miliardi spesi, tra gennaio e giugno. Altro che Pnrr dei record, come ama definirlo Giorgia Meloni: il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha le ganasce ai piedi.
A sconfessare la narrazione della «prima nazione d’Europa» sono i numeri della Ragioneria generale dello Stato. L’ultimo monitoraggio di giugno rivela che sono stati messi a terra appena 49,5 dei 102,5 miliardi incassati fino ad oggi. Neppure la metà.
Ecco il pantano. Nonostante la revisione festeggiata come lo sprint salvifico, dopo il passo lento imputato al governo Draghi. Nonostante l’accentramento di poteri a Palazzo Chigi che, ripete il ritornello della destra, «ottimizza e velocizza». Nonostante i post sui social per festeggiare l’incasso delle rate. Nonostante le cabine di regia del «facciamoci un applauso perché siamo stati bravi».
A due anni dalla scadenza, la questione che sta precipitando sulle scrivanie della premier e del fedelissimo ministro-regista del Piano Raffaele Fitto non è più come recuperare i ritardi accumulati. Il rischio va addirittura oltre la necessità di capire come mantenere il ritmo, sempre più incessante, per incassare le rate semestrali.
Non che sia un problema da poco: per portare a casa la decima e ultima tranche bisognerà centrare 120 target, quattro volte di più rispetto a quelli che sono serviti per richiedere la sesta. Il pericolo, adesso, è ritrovarsi a fine corsa con le opere a metà e senza soldi per completarle. Perché questo recita il patto economico e politico stretto con Bruxelles: l’impegno va portato a termine nei tempi concordati, con una sequela di passaggi intermedi da rispettare.
E se il Piano non avanza, i soldi non arrivano. Fin qui tutto bene o quasi. Ma se le risorse portate a casa non vengono via via spese, allora i cantieri non avanzano come dovrebbero. Alla scadenza Bruxelles tirerà una linea: se il numero dei posti negli asili nido piuttosto che quello delle ferrovie da realizzare sarà inferiore a quello stabilito, allora l’Italia riceverà un saldo più basso. Tagli.
Uno scenario avverso che la spesa lenta sta già iniziando a prefigurare. E che impatterebbe anche sul Pil, ridimensionando la promessa, messa nero su bianco nell’ultimo Def, di una crescita aggiuntiva del 3,4% al 2026. Sull’onda dell’entusiasmo per il via libera della Commissione europea alla revisione del Piano, l’azzardo si è fatto addirittura più consistente rispetto al 3,1% stimato qualche mese prima.
Ma l’ultimo report della Ragioneria ha spento l’euforia. Non quella di Meloni, che si fa forte delle richieste di pagamento e degli incassi messi in fila. Anche Fitto non mostra segnali di cedimento. Invita tutti alla stanga. Si dice sicuro che i Comuni e i ministeri hanno fatto molto di più di quello che emerge dall’analisi dei tecnici del Mef.
Chi è preoccupato e insofferente è invece Giancarlo Giorgetti. Nelle scorse ore ha letto il report della Ragioneria. E ha preso atto che il burrone è a vista. Così allarmato, il ministro dell’Economia, da decidere di uscire allo scoperto. Lancia avvisi ai colleghi: «Spendete tanto e subito», altrimenti i conti non tornano. All’Europa deve garantire il rispetto della traiettoria di spesa indicata all’Italia per i prossimi anni come prova di fedeltà al nuovo Patto di stabilità.
In casa, invece, i conti li deve fare per la prossima manovra: il Pnrr a rilento significa meno Pil. All’ultima riunione della cabina di regia ha presentato il conto: «Se non spendete quest’anno i soldi del Pnrr che dovete spendere come previsto, allora dovrò rivedere al ribasso la stima per la crescita».
Ma il titolare del Tesoro sa che non basta. Per questo è ritornato a insistere sulla necessità di allungare la scadenza del Pnrr, portandola oltre il 2026. «Sarebbe stato più razionale prevedere tempi più normali, non ho paura ad affermarlo nelle sedi europee», le parole dell’arrembaggio. Sa, Giorgetti, che le soluzioni sono due: avere più tempo per spendere oppure ridurre gli impegni. La seconda via è di fatto vietata
Resta la prima opzione, ma la premier non è d’accordo. Non ora, almeno, che si è scoperta debole in Europa. E quindi ciak, si gira: nuova rata, nuovo video. Anche se intanto il «Pnrr dei record» si è trasformato in un film horror.
(da la Repubblica)
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