ASSE BERSANI ED EX POPOLARI: “ABBIANO VINTO NOI, RENZI NON ESAGERI”
DOCUMENTO DEI BERSANIANI: IL SEGRETARIO VA ELETTO TRA GLI ISCRITTI
Frenare Renzi. O meglio, stoppare la sua corsa verso la segreteria del Partito democratico. Dopo le elezioni amministrative, una parte del Pd fa la prima mossa.
E per farla deve rompere l’asse Bersani-Letta-Franceschini che oggi regge il Pd.
La corrente dell’ex segretario marcia (per il momento) da sola presentando un documento anti-Renzi.
Lo firmano solo i fedelissimi di Bersani: Maurizio Martina in rappresentanza del Nord, Stefano Fassina (Centro) e Alfredo D’Attorre (Sud).
I lettiani stanno a guardare mantenendo una totale neutralità .
Gli ex Ppi, i franceschiniani, non si schierano ma non si sottraggono ad alcune manovre che puntano a rallentare il sindaco. Enrico Letta osserva. Da lontano.
Amico di tutti, schierato con nessuno.
E se il congresso del Partito democratico avrà candidature contrapposte, cioè se Renzi avrà uno o più sfidanti, tanto meglio.
Non perchè il premier voglia parteggiare per qualcuno, ma perchè lui avrà così la possibilità di ritagliarsi, da Palazzo Chigi, il ruolo di baricentro del Pd.
«Non mi faccio coinvolgere nel congresso», ripete a tutti il Letta.
In nessun modo il presidente del Consiglio ha favorito l’iniziativa del suo amico “Pierluigi”.
Ma l’ipotesi di un candidato alternativo a Renzi (oltre a Gianni Cuperlo, già in campo da tempo) gli permette nuovi margini di manovra.
L’obiettivo vero resta quello di un patto con il sindaco.
Ma anche questo traguardo è più facile di fronte a una sfida interna al Pd combattuta sul serio. Soprattutto dopo le elezioni ammini-strative.
Che secondo lui hanno rafforzato l’esecutivo delle larghe intese e il suo presidente del Consiglio. In un modo o nell’altro, il futuro segretario del Pd dovrà fare i conti con Enrico Letta. E viceversa.
Anche i bersaniani sfruttano l’onda del voto per i sindaci.
La scelta di tempo per la presentazione del documento (che verrà pubblicato oggi online) non è casuale. «Abbiamo vinto noi la sfida dei sindaci. Adesso Matteo non può esagerare».
Non lo è nemmeno il sorriso di Bersani, il suo ritorno alla battaglia politica contro «il personalismo, contro i partiti proprietari ».
In parole povere, contro Renzi.
E contro il nuovo alleato di Renzi: Massimo D’Alema, nemico giurato dell’ex leader del Pd.
I bersaniani non possono rimanere a guardare, non vogliono rimanere stretti nella morsa del dalemiano Cuperlo e dell’avversario delle primarie Renzi. Perciò il documento non basta. Serve un candidato.
Che sarebbe stato individuato in Nicola Zingaretti. Corteggiato a lungo in queste settimane, il governatore del Lazio ha detto no. Per ora.
A Zingaretti guardano in molti.
Un gruppo di deputati giovani e trasversali, da Massimiliano Manfredi a Dario Ginefra, hanno apprezzato le parole del governatore contro le correnti, per un Pd che si ricostruisce sui parlamentati eletti con le primarie.
I Giovani Turchi vogliono giocare fuori dai rigidi schemi delle componenti.
«Siamo liberi di pensare con la nostra testa», dice Matteo Orfini.
La militarizzazione dei bersaniani apre ai “turchi” nuovi orizzonti. Ma la corsa del presidente del Lazio è una chimera.
E allora si ritorna al punto di partenza: c’è Renzi in pista, praticamente senza avversari. Ma i pericoli possono anche non essere in carne e ossa.
Possono nascondersi nelle regole del congresso, come ha denunciato il sindaco. Ieri i renziani sembravano impazziti a Montecitorio.
Vedono grandi manovre sui meccanismi di elezione del segretario.
Sospettano che dietro ci sia Dario Franceschini perchè una regola di cui si vocifera è mutuata dalla Margherita: pesare in maniera diversa il voto degli iscritti e il voto dei cittadini e degli amministratori locali. Insomma, non “una testa un voto”, non primarie aperte.
La prima riunione della commissione per le regole è lunedì.
Con una grana che rischia di spaccarla prima ancora di cominciare.
Il vertice ha deciso di chiamare a presiederla Davide Zoggia, ex braccio destro di Bersani. Una soluzione che piace anche ai franceschiniani.
Ma si ribellano in molti: renziani e giovani turchi, minacciando clamorose dimissioni. La richiesta è semplice: eleggere il presidente.
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
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