BERLUSCONI BATTE IN RITIRATA SUL VOTO ANTICIPATO E SULLA RICHIESTA DI DIMISSIONI DI FINI (CHE SE LA RIDE)
SOTTO TRACCIA, IL PREMIER TRATTA COI FINIANI E PENSA ALLA CAMPAGNA ACQUISTI PER RACCATTARE DIECI VOTI, TRA CUI QUELLI DI CUFFARO E GRASSANO… BOSSI VUOLE FARE IL “MARCIO SU ROMA” CON BALLAMAN… RICHIAMATO SCAJOLA, SOTTO CONTROLLO TREMONTI, NEL MIRINO L’ODIATA BONGIORNO
“Molla tutto e vieni subito al vertice”: il buon Scajola era appena tornato da Roma e stava per presenziare alla inaugurazione delle “Vele d’Epoca” nella sua Imperia, quando la telefonata del premier lo ha fatto ritornare nella capitale.
Non per vedere il Colosseo da casa sua, ma per partecipare all’ufficio di presidenza del Pdl.
Berlusconi non sa più come uscire dal pasticcio che si è creato con le sue mani e la presenza dell’esperto Scajola può essergli di aiuto.
Intanto a sciogliere l’enigma su a chi affidare il ministero dello Sviluppo economico che sta mettendo in serio imbarazzo il premier, in secondo luogo a districarsi nel labirinto delle correnti pidielline e a resistere alle pressioni dei falchi che lo stressano.
Dopo che Letta ha chiamato Fini per chiedergli se davvero voterebbe a favore di una sospensione dei processi per Silvio, nel periodo in cui ricopre un incarico isitituzionale, e aver avuto conferma della sua risposta positiva, se limitata solo a quello, ora Berlusconi si accorge di essersi fidato troppo di Bossi e Tremonti che fanno a gara per metterlo in difficoltà .
In un pomeriggio è costretto a tante retromarce, con relative figuracce: prima dice che non è più il caso di andare da Napolitano a chiedere che “sposti Fini”, poi che non si deve andare più a votare perchè compito del premier è “governare il Paese”, poi fa affossare definitivamente la legge sulle intercettazioni.
Così mentre Fini parte beffardo per la visita istituzionale in Canada, Silvio dà appuntamento per il suo intervento alla Camera solo per fine settembre, termine che esclude così matematicamente ogni possibilità di votare entro dicembre, qualunque cosa succeda.
Non sarà più una mozione in 5 punti e relativo voto di fiducia, ma solo una risoluzione che, se anche non fosse votata, non comportebbe alcun problema per il governo.
E’ l’ennesima vittoria di Fini (e di Letta, con il gruppo Frattini-Gelmini), una sonora sconfitta dei falchi ex An e berluscones d’assalto.
E’ soprattutto una sconfitta di Bossi che, per 30 deputati in più, avrebbe costretto gli italiani al voto, anche minacciando di votare contro il governo. Per poi sperare in una mezza vittoria del centrodestra (senza maggioranza al Senato) e quindi sulla necessità di un governo tecnico a guida Tremonti, caso strano.
Il premier è preoccupato di una crisi al buio, di un eventuale governo tecnico con modifica della legge elettorale, dei sondaggi non favorevoli, della contrarietà degli italiani a un voto anticipato che gli imputerebbero certamente, della possibilità di rimanere senza scudo di fronte ai processi.
Il vecchi e saggio amico Confalonieri ieri lo ha riportato alla realtà : “Finchè al governo ci siamo noi stiamo tranquilli, le elezioni sono un rischio troppo grande. Se poi arriva un governo ostile? Già parlano di conflitto di interessi…pensa alle aziende”.
E allora ecco il camnbiamento di rotta, il “gruppo di respnsabilità “: l’idea di craere un gruppo parlamentare “cuscinetto” che dovrebbe essere di appoggio al governo e convogliare una decina di transfughi dai partiti minori. Capogruppo il repubblicano Nucera, già reclutati Villari, l’inquisito Grassano e due altri diniani, corteggiato Cuffaro, a un passo quelli di “Noi Sud” della Poli Bortone.
Una bella campagna acquisti e si arriverebbe a filo.
Come a filo appare il tentativo di fare fuori la Bongiono dalla presidenza della Commissione Giustizia, dove i finiani ora sono 3 contro i 22 di Pdl e Lega, i 20 del centrosinistra, 1 di Dini e 1 dell’Mpa.
Ma anche qua ora i berluscones sono prudenti, non hanno interesse a scatenare l’inferno.
Tanto è vero che ora anche i ministri finiani pare possano restare.
Alla fine la figura del pirla rischia di farla Bossi che è l’unico che vorrebbe rompere per bassi interessi di bottega.
E la sua sparata del “marcio su Roma” di 10 milioni di italiani pare eccesiva: in fondo se vuole marciare col “marcio di casa sua”, basta che vada a Roma con il suo amico leghista Ballaman, costretto a dimettersi da presidente del Friuli per aver usato l’auto blu per scorazzare la fidanzata.
Forse per dieci milioni di italiani intendeva riferirsi a quelli che lo aspetterebbero volentieri per spernacchiarlo.
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