BERLUSCONI PROVA A RIALZARE LA TESTA, MA GLI SFUGGE LA PAROLA “AGIBILITA'”
RASSICURA SUL NAZARENO MA TIRA DUE ZAMPATE A RENZI… POI LA GAFFE SU UNA FUTURA GRAZIA CHE GLI SAREBBE STATA GARANTITA
L’obiettivo è il Quirinale: “Il patto del Nazareno — scandisce Silvio Berlusconi – deve andare avanti perchè ci dà una serie di garanzie, tra cui quella di partecipare alla scelta di un capo dello Stato a noi non ostile”.
È nel corso dell’ufficio di presidenza di Forza Italia che l’ex premier, tra le garanzie, inserisce la parola magica: “agibilità ” politica.
Tanto che viene gelato con uno sguardo da tutto il “cerchio attorno al Magico” (copyright Maria Rosaria Rossi), perchè, si sa, certe cose si pensano ma non si dicono di fronte a chi poi spiffera informazioni ai giornalisti.
Per questo, nel corso della presentazione del libro di Bruno Vespa qualche ora dopo, si limiterà solo a dire che è “naturale” eleggere assieme il successore di Napolitano dopo che si sono fatte le riforme assieme, senza minimamente accennare a quei provvedimenti di clemenza che vorrebbe dal nuovo inquilino del Colle, per ottenere l’agibilità .
Per questo obiettivo a cui l’ex premier non ha mai rinunciato — obiettivo che è al tempo stesso politico ma anche sinonimo di riscatto e di risarcimento dell’onore perduto nelle condanne – che il Nazareno resta il campo del gioco.
Anzi del Gioco con G maiuscola. Del Great game del Quirinale.
Anzi, l’ex premier usa la sua prima uscita pubblica per dichiarare l’obiettivo e rassicurare Renzi che il patto non è in discussione.
Nè è in discussione, pensando al Colle più alto, una legge elettorale che le truppe azzurre considerano praticamente un suicidio.
Per la prima volta, a microfoni aperti e non nelle stanze di palazzo Chigi, l’ex premier accetta che “il premio” venga dato alla “lista e non alla coalizione”, definendo il sì un sacrificio di “chi a cuore il bene del paese e delle istituzioni”.
Ma all’interno del campo di gioco del Nazareno, il vecchio leone inizia a scalciare un po’. Non per rompere, ma tenere viva la trattativa, dopo che Renzi, pure lui, un po’ di calci li ha tirati cambiando idea rispetto ai patti iniziali.
Lo sgarro si materializza alla fine dell’ufficio di presidenza, quando Berlusconi dà il via libera all’uscita dall’Aula dei parlamentari al momento del voto sul jobs act. Mossa per appagare il bisogno di opposizione delle sue truppe inquiete, ma anche per “pesarsi” nel rapporto con Renzi.
La seconda zampata si chiama Salvini: “A me — dice Berlusconi – andrebbe bene fare il regista dietro Salvini, che è un goleador. Un attaccante, un marcatore che fa i gol, ma ha bisogna di una squadra dietro”.
Usa una metafora calcistica il leader di Forza Italia per invitare il Matteo leghista a stare nella stessa squadra, ovvero — fuor di metafora — nella stessa lista unica, resa indispensabile dalla nuova legge elettorale, alternativa alla sinistra.
Incalzato da Vespa si spinge a dire che, insomma, il brillante Matteo potrebbe anche diventare “il leader del centrodestra”.
Nel favoloso mondo berlusconiano le parole sono sempre funzionali a un gioco di specchi, di simulazioni e dissimulazioni.
Per cui talvolta ciò che conta è la suggestione. Berlusconi, da situazionista quale è, ha lanciato un amo al vincente al momento, in modo da sondare le reazioni nei prossimi giorni e valutare.
Ma il progetto di un partito unico ancora non c’è.
Anche perchè se ci fosse arriverebbero Confalonieri e Doris a ricordare che fare un partito lepenista equivarrebbe a chiudere le aziende.
Quel che conta del segnale è che non solo la fase di innamoramento con l’altro Matteo (il premier) è finita, ma nel nuovo quadro post voto il Cavaliere vede aumentare la debolezza di Renzi (“È lui — spiega ai suoi — che è stato maggiormente colpito dall’astensionismo”) e i propri margini di manovra.
Insomma, ora Renzi rischia di impaludarsi, perchè, spiega Berlusconi col sorriso di chi la sa lunga: “Io credo gli convenga aspettare, diversamente si andrebbe ad elezioni con il sistema proporzionale e sarebbe costretto alle larghe intese con noi”.
Ecco, la nuova palude consente a un partito come Forza Italia, più forte nel Parlamento che nel paese, di stare nel Great Game in posizione se non di forza, quantomeno negoziale.
A patto s’intende che non scatti il liberi tutti tra i parlamentari. Già , il liberi tutti.
Le parole del Cavaliere sul Nazareno — e pure quelle su Salvini – hanno avuto l’effetto della benzina sul fuoco della rivolta interna dei cosiddetti ribelli di Fitto.
La sensazione è che non sia bastato il gesto di concedere un secondo round dell’ufficio di presidenza mercoledì, in modo da consentire all’europarlamentare di esserci, a rasserenare il clima.
(da “Huffingtonpost”)
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