CASA PD: LA “DITTA” ARRESA E AVVELENATA
LA MAGGIORANZA CON VERDINI, LE PRESSIONI DELLE COOP E IL MALUMORE DEI QUARANTENNI BERSANIANI
La raffinatezza è quella di chi i libri non solo li ha letti, ma li ha scritti.
Sentite questa dichiarazione al Fatto di Miguel Gotor, ideologo del bersanismo: “La politica è come un iceberg, c’è la parte che si vede e quella che non si vede. Ci sono vari livelli di conoscenza. E noi siamo soddisfatti, questa è una battaglia che si capirà col tempo”.
Tra due settimane, la riforma passerà coi voti di Verdini e con quelli di Bersani. E si capirà .
Due Ditte nella stessa maggioranza. Perchè ormai non è un mistero che nell’operazione c’è stata anche la trattativa che porterà all’ingresso di Errani al governo, come anticipato dall’HuffPost.
Ora la storia è senso comune. Giacomo Portas, che oltre a essere il capo del movimento “I Moderati” è uno che con Bersani è “amico”, ha raccontato a Libero: “Bersani aveva bisogno di uscire dal tunnel in cui si stava infilando, e risolvere i problemi della Ditta – quella emiliana – che non voleva la spaccatura e chiedeva una marcia indietro. Quindi piuttosto che niente ha detto piuttosto”.
Però guai a dire che è una resa. Eppure il punto di partenza non era nè un comma nè un rimpasto, ma – udite, udite – la difesa della democrazia.
“Torsione autoritaria” diceva Bersani, “deriva plebiscitaria” dichiarava Gotor, che bollava Corradino Mineo, in fondo è rimasto giornalista nell’anima, più che politico.
Congiunge le mani a ‘mo di preghiera: “Dai, non farmi parlare. Il bello poi è che ti si avvicinano per spiegarti la politica”.
Perchè, nell’habitus di ciò che resta della Ditta c’è quell’atteggiamento di chi sentiva la “storia dalla propria parte”.
Augusto Minzolini è un altro che non ha perso il gusto di parlare da giornalista: “Ma sai, se dici che è una questione di democrazia e poi fai un accordo incomprensibile, così ti sputtani. Questi si atteggiano da sacerdoti, ma hanno solo fatto una roba da congresso del Pd. Invece di giocare con la Costituzione, potevano scrivere una mozione al congresso”.
Dell’atteggiamento di chi la sa lunga rientra anche una certa sindrome dell’assedio: “Qui – dice Gotor – si sottovaluta la funzione che stiamo svolgendo in questa fase, a partire dalla scelta di stare nel Pd. Una funzione che dà fastidio perchè ci danno addosso tutti, da sinistra come da destra. Se fossimo irrilevanti questo non accadrebbe”.
In verità il cronista non può che registrare, più del fastidio, l’ironia.
In un capannello un senatore azzurro fulmina gli interlocutori con una battuta fulminante: “Diciamoci la verità . Se Gotor facesse di cognome D’Anna, anche i giornalisti sarebbero meno indulgenti, e descriverebbero questa operazione per quello che è: si calano le braghe e si accontentano di strapuntini”.
Ora i resistenti Gotor&Co sono passati dalla torsione plebiscitaria alla torsione con Verdini, D’Anna e quelli che Bersani chiama “gli amici di Cosentino e Lombardo”. Federico Fornaro è quasi stizzito: “Sono aggiuntivi, non sostitutivi, la verità è che prima di elezione non si parlava, ora il Senato è eletto”. Potere dei commi.
Il problema però è enorme. E trapela dal nervosismo dei 40enni della Ditta. Uno di loro, dice: “Speranza si dimise e non accettò le infrastrutture. Qua invece prima alziamo troppo l’asticella parlando di torsione autoritaria poi ci facciamo frenare dal partito emiliano. Ora come diavolo facciamo a dire che siamo alternativi a Renzi? Che alternativa incarniamo?”.
Loredana De Petris, capogruppo di Sel, è alla bouvette con una collega: “Me li ricordo questi quando dicevano ‘andiamo fino in fondo’. Poi hanno ceduto. Ora hanno un problema di credibilità all’esterno”.
E Maurizio Crozza è già un tormentone. Nell’ultima puntata di “Di Martedì” così ha rappresentato quelli della minoranza Pd: “O Giova, sembrano chihuahua doppiati da orsi. Tu li senti ringhiare nel bosco e ti spaventi. Poi li vedi spuntare e dici: Ma vaffanculo”.
(da “Hufffingtonpost“)
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