CASALEGGIO A ROMA: PIU’ PARTITO E MENO MOVIMENTO, I DISSIDENTI DISERTANO L’ASSEMBLEA
IL DIRETTORIO NON CONVINCE, ORA MOLTO DIPENDE DA PIZZAROTTI: QUARANTA PARLAMENTARI PRONTI A STACCARE LA SPINA E SEGUIRLO
“Se vogliono andarsene, facessero pure”. Chiuso da due ore al primo piano di Montecitorio nell’ufficio di Luigi Di Maio, Gianroberto Casaleggio risolve il problema del dissenso interno con una scrollata di spalle.
Arrivato in aereo da Milano, il co-fondatore del Movimento ha intorno Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia, oltre ovviamente al vicepresidente della Camera.
Sullo sfondo Pietro Dettori, l’uomo ombra delle trasferte dei due leader del Movimento, e i capi della comunicazione di Camera e Senato, Ilaria Loquenzi e Rocco Casalino.
Il problema delle tante frizioni che hanno scosso la pattuglia parlamentare negli ultimi giorni rimane sullo sfondo, nulla più di un’ombra che aleggia sulla riunione.
“Non una parola su Federico Pizzarotti e su Parma”, assicurano i cinque. Difficile che non se ne sia parlato, ma nel bilancio della giornata romana di Casaleggio “le zavorre”, come tanti dei fedelissimi le definiscono, all’azione del Movimento rimangono ai margini del quadro.
Il guru ha chiuso la questione, guarda già oltre, è proiettato su quel che verrà .
C’è il rodaggio della nuova cabina di regia da mettere a punto, c’è un’architettura complessiva della sua creatura da ripensare. Così è sul piatto la questione deleghe. Una questione ancora non del tutto risolta.
Ma Casaleggio vorrebbe definire singole macroaree di competenza per gli uomini che con Beppe Grillo ha chiamato a guidare il Movimento. Un’ipotesi che non convince ancora tutti, ma sulla quale si sta lavorando.
Anche perchè il co-fondatore ha in mente di rivoluzionare i meccanismi di funzionamento della sua creatura.
Creando un’unica struttura che coinvolga gli eletti a tutti i livelli, dal Parlamento al più piccolo dei consigli comunali. Una struttura che lavori fianco a fianco sui temi e che renda più inclusivo il lavoro degli eletti nazionali sul territorio, che spesso girano su e giù l’Italia per partecipare alle agorà organizzate localmente senza alcun tipo di organizzazione o coordinamento
Una struttura che, ovviamente, avrebbe una sua ricaduta sul web.
Una rivoluzione degli strumenti informatici del Movimento, oggi interamente basati sul blog di Grillo e sulle sue sottosezioni, e che dovrebbero prevedere una piattaforma che riunisca e metta in comunicazione tra di loro tutte le istanze tematiche e le iniziative concrete che il Movimento mette in piedi a tutti i livelli.
Una sorta di meetup 2.0 per un Movimento 2.0, meno movimento e un po’ più partito, che abbandona la purezza delle origini e riconosce che, a certi livelli, una struttura sia pur leggera occorre per non procedere in ordine sparso.
Uno schema nel quale la “variabile Pizzarotti” non esiste.
Il guru non parla con i giornalisti, si fa scortare dai commessi fin nel garage di Montecitorio dove si infila in un mini van, direzione aeroporto.
Ma i suoi spiegano che “non succederà nulla a chi andrà a Parma, anche se è ovvio, è nelle cose, che noi non ci saremo”.
Non è un caso che, uscito il Direttorio, si infilino nella porta di Di Maio i coordinatori del testo sul reddito di cittadinanza: Nunzia Catalfo, Daniele Pesco, Sergio Puglia e Sara Paglini. Quello potrebbe essere il banco di prova su cui testare il nuovo corso.
Non solo. Con il reddito di cittadinanza in Commissione si è già fatta sentire qualche sirena degli altri partiti. Abboccamenti che puntano a mettere sul piatto una più morbida opposizione all’iter della madre di tutte le leggi grilline in cambio di un dialogo vero sul Quirinale. Per cui c’è da capire il da farsi.
Per il momento la linea non sembra cambiare. Ci saranno le quirinarie, il voto della rete, e il più votato sarà il candidato 5 stelle. Punto.
Per spiegare, per comunicare meglio, molti hanno chiesto al guru che si possa ritornare in tv, in momenti e con modalità selezionate. E, dopo una resistenza iniziale, Casaleggio avrebbe dato un sostanziale via libera.
All’assemblea serale partecipano più di cento parlamentari, numeri che non si raggiungevano ormai da mesi.
Anche alcuni tra i più critici vanno ad ascoltare quel che hanno da dire i cinque moschettieri del grillismo. Marta Grande, Roberto Cotti, Gessica Rostellato e Tatiana Basilio (che qualche ora prima aveva avuto un momento di commozione quando l’amico Massimo Artini prendeva per la prima volta la parola in commissione Difesa non da 5 stelle) arrivano alla spicciolata.
Imboccano le scale che portano all’auletta della riunione anche Federica Daga e Patrizia Terzoni, tra le più critiche nei confronti delle ultime decisioni dell’asse Milano-Genova.
Infine arriva Francesco Molinari, sulla cui testa pende la spada di Damocle di una sfiducia da parte dei meetup.
Tancredi Turco, Walter Rizzetto, Tommaso Currò, Aris Prodani, insieme ad un’altra ventina di colleghi, disertano. Nessun coordinamento, nessuna azione politica concordata. Ognuno ha deciso in autonomia di non presentarsi.
Tutti, però, condividono una sostanziale opposizione al Direttorio e al nuovo corso. “C’è una grande insofferenza – spiega un parlamentare – Che si manifesta in questo modo. Non serve più nemmeno mettersi d’accordo”.
Sullo sfondo rimane l’evergreen di una possibile scissione.
Qualcuno, pallottoliere alla mano, conta più di quaranta con le valige in mano. A frenare la slavina la mancanza di coordinamento, ma anche l’attesa di quel che farà Pizzarotti domenica.
Per il momento il sindaco sembra frenare, ma se decidesse di consumare lo strappo e assumersi la leadership politica della minoranza interna (che interna sarebbe per poco) qualcosa potrebbe muoversi.
Dovrebbero essere presenti Rizzetto, Sarti, Elisa Bulgarelli, Turco, Paolo Bernini, forse Prodani. “Ma qualunque decisione non va presa adesso, a caldo, ma a mente fredda”.
Intanto si diserta l’incoronazione del Direttorio. Il sillogismo è il seguente: “All’inizio eravamo 160 portavoce con un megafono, Beppe Grillo. Oggi bastano 5 portamegafono”.
(da “Huffingtonpost“)
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