Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile
I RENZIANI VOGLIONO L’ABOLIZIONE TOTALE DI QUOTA 100… DI MAIO IL SALARIO MINIMO E LA CANCELLAZIONE DEL SUPERTICKET
La scena è questa. Ore 18.45: mancano poco più di tre ore al vertice sulla manovra convocato da Giuseppe Conte a palazzo Chigi con i rappresentanti di Pd, 5 stelle, Italia Viva e Leu.
È la riunione decisiva. I giochi vanno chiusi entro martedì. Bisogna ancora trovare la quadra sulle coperture, ma è anche l’ora delle decisioni politiche su temi che non hanno ancora un’interpretazione univoca dentro al governo.
Al Tesoro è in corso da oltre due ore e mezza una riunione per preparare i dossier da portare al tavolo politico notturno. È in quel momento che Luigi Marattin, vicecapogruppo dei renziani alla Camera e uno degli invitati al tavolo, accende la miccia: “Italia Viva chiede l’abolizione totale e immediata di quota 100”.
Nella delicata fase di saldatura della legge di bilancio arriva una richiesta pesante perchè tocca il nervo delicato di una riforma che i grillini non possono permettersi di cestinare. E non è la sola.
La richiesta dei renziani, motivata tra l’altro da un giudizio politico severissimo (“la politica più ingiusta degli ultimi 25 anni”), scarica fibrillazione sul vertice a casa Conte.
Il premier si ritrova ancora nei panni del mediatore, accerchiato da richieste che non collidono. Tra l’altro l’unico precedente di riunione allargata della maggioranza sulla legge di bilancio è finita male. Gli stessi renziani, insieme ai pentastellati, alzarono le barricate contro l’ipotesi di un ritocco all’Iva. Ma, come si diceva, quella di Italia Viva non è la sola richiesta di peso che arriva a ridosso della riunione a palazzo Chigi.
Nel primo pomeriggio, infatti, arriva la lunga lista dei desiderata che Luigi Di Maio ha messo a punto a Napoli, a margine di Italia 5 stelle.
Un vero e proprio vertice, simile a quelli convocati nella scorsa settimana alla Farnesina, diventato luogo di discussione anche di legge di bilancio.
Oltre un’ora con i ministri e sottosegretari, tra cui la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo e la viceministra dell’Economia Laura Castelli, le più vicine al dossier della manovra.
Al termine un lungo resoconto, affidato a fonti del Movimento. Si parla di riduzione del cuneo fiscale per le imprese, quando la cornice della manovra parla di un taglio indirizzato esclusivamente ai lavoratori. Si torna a parlare di salario minimo, legandolo proprio all’intervento sulle tasse sul lavoro in favore delle aziende. Si parla – e questo lo dice Di Maio in chiaro – della volontà di abolire il superticket nel 2020. Sono tutte che richieste che hanno un costo.
Sono tutte richieste che creano frizione, e non poca, se poggiate sull’impianto della manovra che deve ottemperare alla necessità di trovare le coperture sulle misure già programmate.
E poi ci sono le decisione politiche da prendere su queste stesse misure. Come si farà il taglio delle tasse che gravano sulle buste paga? Rimodulando gli 80 euro, che diventerebbero così detrazioni fiscali, in modo da estendere il beneficio ai lavoratori con un reddito annuno fino a 35mila euro oppure fermarsi a quota 26mila euro, tirando dentro gli incapienti, cioè chi dichiara un reddito sotto gli 8mila euro e non riceve oggi gli 80 euro?
C’è poi da definire il funzionamento del cashback, cioè il bonus fiscale che riceverà chi pagherà con la carta di credito o il bancomat invece che con il contante.
L’ipotesi di riordino delle aliquote Iva, che tanto ha fatto infuriare i renziani e i grillini, sarà ineludibile per finanziare la restituzione fiscale? E poi c’è il tema dell’assegno unico per i figli, caro soprattutto a Italia Viva ma anche al Pd. I 5 stelle insistono sull’inasprimento del carcere per i grandi evasori. Al vertice notturno di palazzo Chigi è affidato l’arduo compito di dare le risposte.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 11th, 2019 Riccardo Fucile
I NODI DA SCIOGLIERE: DETASSAZIONE AUMENTI SALARIALI, CUNEO FISCALE E ASSEGNO UNICO PER I FIGLI
È l’ultima ora della manovra e l’ultima ora è quella in cui bisogna trovare le coperture che ancora mancano, ma anche assumere le decisioni politiche rimaste appese alle divergenze interne.
Quando i soldi sono pochi – come è il caso della prima legge di bilancio del governo giallorosso – i due piani si intrecciano e il tratto è quello della rincorsa. La traduzione in numeri del lavoro continuo che stanno facendo in queste ore i tecnici del Tesoro è la caccia a 3,5 miliardi. Quella politica è rappresentata dai nodi che devono essere ancora sciolti.
Sono ancora tanti: se rimodulare le aliquote Iva, a gettito zero, chi saranno i destinatari del taglio delle tasse sul lavoro, definire il percorso dell’assegno unico per i figli e la web tax, capire se c’è spazio per una detassazione degli aumenti salariali.
I due piani, come si diceva, si intersecano. Perchè i numeri non possono arrivare a una quadra se prima non vengono sciolti i nodi politici.
Proprio per questo il premier Conte, tra sabato e domenica, chiamerà a palazzo Chigi i rappresentanti di Pd e 5 stelle, ma anche dei renziani di Italia Viva e di Leu. Tavolo a quattro perchè tra i nodi ancora ingarbugliati alcuni toccano anche le appendici del governo e le fibrillazioni delle scorse settimane sull’Iva, innescate dal gruppo di Matteo Renzi e dai grillini, hanno dato prova della necessità di provare a trovare una sintesi la più ampia possibile.
Fonti di governo di primo livello spiegano a Huffpost come sono articolati questi nodi. Il più spinoso, perchè tocca il tema caldo dell’Iva, è se rimodulare le aliquote. Il meccanismo, viene specificato, è a gettito zero, ma i renziani e i pentastellati negli scorsi giorni hanno sempre alzato le barricate anche solo a sentire nominare un minimo movimento sull’Iva.
L’ipotesi è però ancora sul tavolo e viene spinta da chi vuole ampliare la portata del cashback, il rimborso che sarà destinato a chi pagherà con la carta di credito o con il bancomat invece che con il contante. Nel governo, però, c’è chi non vuole la rimodulazione, ma in questo caso i prodotti che saranno oggetto del cashback saranno molti di meno, con un vantaggio quindi più ristretto per i cittadini.
Sul tavolo del vertice di palazzo Chigi bisognerà anche capire chi saranno i beneficiari del taglio del cuneo fiscale, cioè chi beneficerà di buste paga più pesanti.
La platea è ancora in via di definizione a fronte di soldi che sono pochi (2,7 miliardi) e che anche oggi hanno fatto storcere il naso ai sindacati.
Definire la soglia da cui far scattare il bonus si tira dietro la questione politica di quali lavoratori coinvolgere e fino a che livello di reddito. Tema politico che nessuno dei partiti al governo può permettersi di eludere anche perchè il segnale nelle buste paga è uno dei pochi che la manovra, prosciugata da impegni obbligati, riuscirà a dare.
Un rafforzamento che il governo sta studiando in queste ore è l’alleggerimento delle tasse sulla prossima tornata di rinnovi contrattuali, che riguarderà milioni di lavoratori, a partire dai metalmeccanici e dai dipendenti pubblici.
C’è poi il tema dell’assegno unico per i figli, misura cara particolarmente ai renziani e al Pd. Destinare subito 240 euro per ciascun figlio è un costo che non si riesce a sostenere, ma per dare un segnale nella legge di bilancio sarà istituito un Fondo ad hoc per riordinare tutte le agevolazioni e i bonus familiari che esistono oggi.
Ci sarà uno stanziamento economico, anche se contenuto, mentre sarà poi il Parlamento, attraverso una legge delega, a dare seguito a questa misura. Appuntamento nel fine settimana. Al tavolo di palazzo Chigi si capirà quale forma definitiva assumerà la manovra.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 8th, 2019 Riccardo Fucile
LA RIMODULAZIONE DEGLI 80 EURO DI RENZI MA SENZA DANNEGGIARE I SINGLE
Un assegno unico per le famiglie con figli minori. La riforma in cantiere del governo Conte Bis promette 240 euro al mese per ogni figlio minore con una rimodulazione degli 80 euro di Renzi che però non toccherà la platea dei percettori.
Secondo il piano famiglia chi riceve gli ottanta euro e non ha figli continuerà a riceverli, mentre chi li ha riceverà l’assegno unico di 240 euro per ogni figlio minore che assorbe gli 80 euro. L’ipotesi è di far partire tutto nel 2020, ovvero a gennaio se possibile o a luglio. Spiega oggi Repubblica:
Il piano del governo giallo-rosso, accelerato nelle ultime ore, corre su due binari. §
Uno normativo affidato a una legge delega — la Delrio-Lepri, dai primi firmatari pd — già in discussione in commissione Welfare della Camera e attesa il 28 ottobre in Aula.
E uno finanziario, con il riparto delle risorse da inserire nella manovra di bilancio. È questo il punto più delicato.
Il piano da 30 miliardi necessita di 10 miliardi di coperture extra. Il resto viene recuperato eliminando assegni familiari (6 miliardi) e detrazioni (12 miliardi). Oltre a bonus vari: premio alla nascita, bonus bebè, bonus rette asilo nido, fondo di sostegno alla natalità (2). Dieci miliardi non si trovano in un giorno.
E neanche in 15, come il tempo che ci separa dall’invio della legge di Bilancio alle Camere.
Ecco allora l’ipotesi.
Rimodulare tre importanti centri di spesa: gli 80 euro, il reddito di cittadinanza e quota 100. Il bonus Renzi non verrebbe cancellato, come ha precisato anche Gualtieri. Resterebbe agli esclusi dall’assegno unico: chi è senza figli o non ha figli minori (per il primo anno) o non ha figli a carico (il secondo anno l’assegno unico verrebbe esteso anche agli under 26 che vivono ancora in famiglia).
Gli 80 euro erogati alle famiglie con figli minori verrebbero invece riassorbiti nell’assegno unico da 240 euro al mese per ogni figlio.
Così facendo, si recuperano 3,2 miliardi, visto che i due terzi di chi prende oggi il bonus Renzi non ha figli minori, secondo i calcoli di Massimo Baldini, docente di Scienza delle finanze all’Università di Modena.
Poi ci sono i risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100. Il beneficio andrebbe anche gli esclusi dagli 80 euro: disoccupati, lavoratori atipici, partite Iva, incapienti (sotto gli 8 mila euro), ceto medio. Ci sarebbe un tetto di reddito da 100 mila euro lordi. Non reddito familiare, però.
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile
“SVOLTA POSSIBILE SOLO CON UN TAGLIO SIGNIFICATIVO AL CUNEO FISCALE, AMPLIAMENTO DELLA PLATEA DEGLI 80 EURO E INTERVENTO SULL’IRPEF”
Altro non si poteva fare perchè l’eredità lasciata dal governo gialloverde era “un’ipoteca” sui conti pubblici, ma tutti gli impegni obbligati hanno un prezzo da pagare e quello del Conte 2 è l’aver tirato su la manovra più restrittiva dai tempi del governo guidato da Enrico Letta.
È il Centro studi di Confindustria a delimitare il perimetro della prima legge di bilancio dell’esecutivo M5s-Pd: l’espansione di cui parlano il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri non c’è.
C’è invece un intervento di natura sanitaria, con coperture che non sono “esaustive” e un assetto che potrebbe addirittura non bastare a rispettare il Patto di stabilità . E questo significa che Bruxelles potrebbe chiedere una nuova correzione già a novembre.
L’analisi dei tecnici di viale dell’Astronomia misura l’efficacia dell’intervento del governo, che si cala in un clima difficile.
L’economia è in bilico tra ripresa e recessione. Il Pil è inchiodato allo zero (+0,4% il prossimo anno solo senza gli aumenti di Iva e accise), come i consumi. Ogni passo è delicato, a maggior ragione che gli impegni obbligati ci saranno anche nel 2020: bisognerà ancora destreggiarsi tra la flessibilità da chiedere all’Europa e la possibilità di mettere solo pochi spiccioli sulla crescita. Per quest’anno, come per il prossimo, la vera questione è questa: l’equilibrismo tra il recente passato e uno sforzo verso il futuro che non può concretizzarsi se non in un segnale appena accennato.
Numeri alla mano, la legge di bilancio del governo giallorosso è restrittiva per circa 8 miliardi.
Era dal 2013 che un esecutivo non era costretto a un intervento simile. “Il giudizio non è negativo”, precisa il capo economista di Confindustria Andrea Montanino, perchè il deficit si sta avvicinando alla soglia critica del 3%: una strada alternativa alla correzione, insomma, non era possibile, ma questo dato deve contemplare anche una considerazione di realtà e cioè che questa manovra ha uno spazio di crescita ridotto al lumicino.
E poi c’è l’impegno a trovare le risorse per coprire i costi della manovra da 29 miliardi. Chi pensa di toccare le aliquote Iva – tema che ha fatto deflagrare lo scontro tra il Pd e i renziani – è avvisato: riordinarle può fare pagare alle famiglie un salasso da 169 euro all’anno. Al massimo, se proprio sarà necessario, allora il consiglio delle imprese è di aumentare le aliquote sui beni di lusso.
Come provare allora a dare un segno diverso all’economia e soprattutto come può il governo provare a smarcarsi dal peso del passato?
Per le imprese il 2020 può essere un anno di svolta solo a patto di sfruttare i tassi bassi per ricreare fiducia, rilanciare gli investimenti privati e avviare il taglio del cuneo fiscale “in modo significativo”. Qualcosa di molto diverso rispetto a quanto scritto nella cornice della manovra, dove all’intervento sulle tasse che gravano sulle buste paga sono stati destinati appena 2,7 miliardi, con un alleggerimento previsto di 500 euro.
L’agenda di Confindustria per la svolta punta principalmente su lavoro e fisco. Oltre all’intervento sul cuneo, la direzione di marcia ingloba l’ampliamento della platea dei beneficiari degli 80 euro ai lavoratori incapienti. E poi si suggerisce un intervento sull’Irpef, con l’allineamento dell’aliquota del secondo scaglione a quella prevista oggi per il primo. Per farlo, però, servono 8 miliardi. A trovarli.
(da agenzie)
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Ottobre 1st, 2019 Riccardo Fucile
“DIREZIONI GIUSTA MA CONTENUTI TROPPO TIMIDI”… DUBBI SUL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE, DELUSIONE PER MANCATI INTERVENTI SU AUMENTI CONTRATTUALI E APPALTI
La velocità di marcia è l’elemento che più caratterizza e dà senso all’azione di un governo. Quella della manovra dell’esecutivo M5s-Pd, per la Cgil, è “infinitesimale”.
A poche ore dal via libera del Consiglio dei ministri alla cornice della legge di bilancio, gli umori del sindacato di corso d’Italia, raccolti in anteprima da Huffpost, delineano un giudizio chiaro.
Il ragionamento è il seguente: la direzione del governo è giusta, ma i contenuti sono davvero troppo timidi. A iniziare dall’intervento sul cuneo fiscale, dimezzato rispetto agli annunci. E soprattutto, che forma prenderà nel 2021? Ci si aspettava di più.
In attesa di una valutazione più articolata, che sarà affidata in giornata alle parole del segretario generale Maurizio Landini, quello che emerge a caldo in casa Cgil sono due fattori: la velocità di azione, come si diceva sopra, e la ristrettezza degli interventi che guardano al mondo del lavoro.
Il segnale di accelerazione, viene spiegato, “doveva essere più consistente, bisognava avere più coraggio”.
Scendendo nella pancia dei contenuti, emergono dubbi sul disegno delineato per il taglio delle tasse sul lavoro: partirà solo a giugno quest’anno, con appena 2,7 miliardi, il che significa che le buste paga dei lavoratori saranno incrementate solo della metà rispetto a quanto annunciato dallo stesso governo.
Preoccupa, e non poco, la mancata definizione dell’intervento nel 2021: per la Cgil tutte le risorse che saranno recuperate dovranno andare a finanziare l’intervento sul cuneo.
E poi c’è tutta una lista di interventi che erano attesi dal sindacato: la revisione del Codice degli appalti, quella dello sblocca-cantieri, la defiscalizzazione degli aumenti contrattuali, la messa in piedi di un tavolo per la riforma delle pensioni.
La conclusione di tutto ciò è che se la velocità indicata nella Nota di aggiornamento al Def resterà la stessa anche nella manovra, allora l’approccio rischia di essere deludente.
E si ricorda che il 9 ottobre, a Milano, è previsto un grande attivo dei delegati di Cgil, Cisl e Uil: in quella data si deciderà che atteggiamento tenere e mantenere. “C’è un ampio raggio di possibilità ” è la formula usata per dire che a priori nulla può essere escluso, neppure la piazza.
La Cgil aspetterà quindi la definizione delle misure che saranno indicate nella legge di bilancio prima di posizionarsi definitivamente in quella che è la prima partita dei rapporti con il nuovo governo.
Capire e vedere, ma intanto c’è un primo giudizio eloquente. Soprattutto è un giudizio che misura e aggiorna lo stato dei rapporti con il governo, avviati con un’apertura di credito da parte della Cgil nei confronti di Conte, apertura però condizionata e legata ai contenuti. Ora i contenuti sono arrivati così come il giudizio.
È arrivato anche quello di Confindustria. A poche ore dal Cdm di lunedì sera, il presidente Vincenzo Boccia ha giudicato positivamente lo stop all’Iva, sottolineando che su una manovra gravata da impegni obbligati “non ci sono grandi aspettative”. La Cgil, invece, si aspettava qualcosa di diverso.
(da agenzie)
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Ottobre 1st, 2019 Riccardo Fucile
LA MISURA SLITTERA’ A LUGLIO, PER RISPARMIARE META’ DELLA CIFRA INIZIALMENTE PREVENTIVATA
Il taglio del cuneo fiscale sui lavoratori dovrà portare in busta paga circa 500 euro. Lo ha indicato, all’indomani dell’approvazione della Nota di aggiornamento al Def, il vice ministro all’Economia, Antonio Misiani, intervenendo su Rai 3.
“Ridurre le tasse sul lavoro è l’obiettivo del governo. Il taglio del cuneo fiscale porterà più soldi al lavoratore dipendente. Se lo estendiamo alla platea dell’80 euro questi avranno 500 euro in più all’anno”, ha garantito l’esponente Dem.
Per verificare la realizzabilità di quel che ha affermato Misiani si può spulciare la relazione del Mef sulle dichiarazioni dei redditi.
Nel 2017 risultava una platea di 11,7 milioni di italiani ai quali spettava il bonus da 80 euro. Ipotizzando di mettere in busta paga 500 euro all’anno in più a tutte queste persone, servirebbero 5,85 miliardi di euro: poco più dei 5,45 miliardi ai quali fa per il momento riferimento la Nadef, come stanziamento previsto per la riduzione del cuneo nel 2021.
Per il 2020, invece, la dote è di solo 2,7 miliardi ed è per questo che l’operazione dovrà esser dimezzata: con quelle risorse si potrebbero mettere in busta paga “solo” 230 euro all’anno, ma si raggiungerà grossomodo la soglia indicata da Misiani facendo partire l’operazione da luglio.
Una eventualità data per certa dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, a Circo Massimo, su Radio Capital: “Tutti sappiamo che ci vogliono almeno 5 miliardi per iniziare ad avere un effetto dal cuneo fiscale. Ma nel 2020 partirà a metà anno perchè bisognerà definire alcune cose prima, riguarderà il periodo luglio-dicembre”.
Resta da definire, e sarà materia di uno dei disegni di legge collegati alla Manovra di bilancio, il tecnicismo del taglio. Tra le opzioni sul tavolo, c’è un credito fiscale da ricevere insieme alla busta paga di luglio.
Resta anche da vedere se ci sarà una progressività dell’intervento a seconda delle fasce di reddito, che potrebbe portare a differenziare il peso del taglio con benefici per specifiche fasce di stipendio, insieme al tema degli incapienti (già esclusi dagli 80 euro) da coinvolgere nella misura di sostegno.
Tornando a Misiani, il vice ministro ha specificato che con la riforma del Catasto (altro testo indicato tra i 23 collegati) “il gettito non aumenterà : sarà a saldi invariati, faremo una riforma di giustizia, intervenendo sulle rendite di case accatastate come popolari e che invece ora non lo sono più”. Alla domanda diretta della conduttrice di Agorà : “Abbasserete la soglia del contante?”, Misiani ha risposto “No”.
(da agenzie)
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Ottobre 1st, 2019 Riccardo Fucile
UN GRANDE CONTO DA PAGARE PER GLI 80 EURO DI RENZI, QUOTA 100 DI SALVINI E REDDITO CITTADINANZA DI DI MAIO… POCHI SPICCIOLI PER RIDURRE IL CUNEO FISCALE E IL DISSESTO IDROGEOLOGICO… E IL PROSSIMO ANNO SARA’ ANCORA PEGGIO
Vi piace il caffè? Bene: è questo quel che ci toccherà sorseggiare con la legge di bilancio del 2019. Un bel caffè, e dopo il conto da pagare, perchè a mangiare ci hanno pensato i governi precedenti.
Oddio, leggendo la Nota d’Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef, per gli amici) e ascoltando le parole del presidente del consiglio Giuseppe Conte e del suo ministro dell’economia Roberto Gualtieri si direbbe il contrario.
Ci sono due regole, infatti, che l’Italia deve rispettare in quanto membro dell’Unione Europea con un debito che supera il 130% del prodotto interno lordo, nel fare la sua manovra di bilancio: deve ridurre il rapporto tra deficit e Pil e quello tra debito e Pil. Bene, nella Nadef il governo Conte Bis le infrange entrambe. Il deficit/Pil cresce di un decimale rispetto allo scorso anno e il debito vola al 135,7%.
Aspettate a scomodare Keynes e new deal vari, perchè a dispetto dei 29 miliardi di spese aggiuntive, questa è la manovra più povera degli ultimi sette anni almeno.
Già , perchè 23 di quei 29 miliardi andranno a scongiurare l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole che i governi Letta, Renzi, Gentiloni e Conte Uno hanno messo a salvaguardia delle loro manovre, rivelatesi sempre troppo ottimistiche rispetto alle previsioni.
Al governo giallo-rosso tocca pagare salato, quindi. E tocca indebitarsi per farlo, visto che di risorse proprie il governo ne mette poco meno della metà : 14 miliardi su 29, generati dal recupero dall’evasione fiscale e dal taglio dei cosiddetti sussidi all’inquinamento — 2 miliardi di tasse in più sul gasolio, con Salvini già sul piede di guerra.
Tutto il resto, 15 miliardi buoni, sono nuovo debito pubblico, gentilmente concesso dalla Commissione Europea e favorito da tassi d’interesse molto bassi, ora che la Lega No-Euro è all’opposizione e l’Italexit sembra temporaneamente scongiurata.
In estrema sintesi: tanto debito (15 miliardi) per andare a coprire i costi in eccesso dei governi precedenti, dagli 80 euro di Renzi al reddito di cittadinanza di Di Maio, sino a Quota 100 di Salvini.
E il bello è che nemmeno ringraziano, Renzi, Di Maio e Salvini. Al contrario, seppure su barricate opposte intimano Conte e Gualtieri di non azzardarsi ad aumentare l’Iva, come se non fossero stati loro, con le loro manovre costose e inutili ad appesantire l’Italia di questo ingombrante fardello.
Il resto? Briciole. Due miliardi e mezzo per il taglio del cuneo fiscale, 1,25 euro ogni 100 di stipendio che escono dalle casse dello Stato e finiscono in tasca al lavoratore, tre miliardi circa per il dissesto idrogeologico (ne servirebbero 30), il rifinanziamento di industria 4.0 e la promessa di cashback a chi paga con le carte di credito, misura che il governo spera si paghi da sola con il recupero di parte dell’enorme economia sommersa italiana.
E infine — cannoni di coriandoli per tutti — i 50 miliardi di investimenti, che altro non sono che soldi già stanziati e fermi da chissà quanto che il governo sposta da una parte all’altra, facendo finta che siano nuovi.
La cosa buffa e drammatica assieme è che tutto questo affannarsi ad addolcire la situazione, a dire che andrà tutto bene, a ergersi a salvatori di un Paese che finalmente riparte, non servirà a nulla, e già oggi si vede il trucco, spulciando le carte della Nadef. Se va bene — se va tutto bene — l’economia crescerà del 1% fra tre anni, spingendo sempre più in là la stagnazione ormai ventennale che si è impossessata della nostra economia, l’unica economia europea che non è mai cresciuta più del 2% su base annua nel corso del Terzo Millennio.
§Nel frattempo gli interessi sul debito, che già sono pari a 73,3 miliardi, più di quanto spendiamo ogni anno per l’istruzione, continueranno a crescere e dovremo emettere sempre più debito pubblico per ripagarli.
E il resto del programma di Pd e Cinque Stelle? La riduzione delle tasse ai ceti medio bassi, l’aumento di stipendio agli insegnanti, le assunzioni di nuovi medici, l’azzeramento dei costi degli asili nido? Tutto rimandato al prossimo anno.
Quando ci saranno 29 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare -forse qualcosa in meno, se il governo riuscirà a ridurle come promette, forse pure di più, se qualcosa andrà storto. Dopo il caffè, del resto rimane solo il conto da pagare.
(da Fanpage)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
POCHI MILIARDI PER IL CUNEO FISCALE, IL TUTTO RINVIATO ALL’ANNO PROSSIMO… ALTRO CHE DISCONTINUITA’, MANCA IL CORAGGIO DI AUTOCRITICA DEL M5S, CERTE MISURE ANDAVANO RIDOTTE, ALTRE RIMODULATE, QUALCUNA AZZERATA… FINO A CHE SI CERCHERA’ SOLO IL CONSENSO SAREMO SEMPRE NELLA BRATTA
Sono passati appena tre minuti dall’inizio della conferenza stampa a palazzo Chigi per presentare la manovra quando Giuseppe Conte ne fissa i limiti: “Tutto non possiamo fare nel primo anno”.
E infatti nel 2020 ci sarà solo un timidissimo taglio delle tasse sul lavoro, appena un miliardo per il green, qualche spicciolo per finanziare asili nido, il pacchetto industria 4.0 e altre micromisure.
Su una manovra di 29 miliardi, ben 23 vengono fagocitati dalla necessità di evitare l’aumento dell’Iva. Numeri e misure della prima legge di bilancio 5 stelle-Pd dicono una cosa chiara: altro che discontinuità .
La scelta va nella direzione opposta: pagare l’eredità del governo gialloverde. E tenere in piedi gran parte della manovra dello scorso anno: restano il reddito di cittadinanza, quota 100, la mini flat tax per le partite Iva. Per la discontinuità l’appuntamento è già rinviato.
La manovra è il primo banco di prova del governo giallorosso, ma i titoli approvati dal Consiglio dei ministri con l’aggiornamento al Def sono striminziti, identificano una legge di bilancio di pura transizione, con il piombo ai piedi degli impegni che arrivano dal passato e l’impossibilità di dare un segnale di slancio, qualcosa che possa dare un’identità fresca al nuovo esecutivo.
D’altronde in questo governo, come nello scorso, ci sono i 5 stelle e il Pd deve fare conto con l’arrembaggio dei renziani. Anche il contesto politico non aiuta.
Eppure la flessibilità che l’Europa si appresta a concedere è imponente come non mai, qualcosa come oltre 14 miliardi.
Qualcuno – leggere Matteo Renzi – ha finanziato una misura come il bonus 80 euro, qualcun altro – i 5 stelle – ha usato la benevolenza di Bruxelles per portare a casa il reddito di cittadinanza. Non il nuovo governo.
Per il taglio del cuneo fiscale – la misura su cui si punta – ci sono appena 2,7 miliardi: partirà da giugno, non da gennaio. Soprattutto si tradurrà in un impatto debole sulle buste paga degli italiani: la famosa mensilità aggiuntiva, 1.500 in più all’anno, lascerà il posto a un bonus dimezzato.
I titoli della manovra si fermano qui, il resto sono briciole.
Questa è la portata limitatissima e a rendere ancora più vulnerabile un disegno castrato da impegni obbligati sono le coperture. In sintesi: non è solo una manovra timida nei contenuti, è anche una manovra che si regge su una gamba zoppicante.
Dei 29 miliardi necessari per coprire lo stop all’aumento dell’Iva (23,1 miliardi), le spese indifferibili (2 miliardi), il taglio del cuneo (2,7 miliardi) e altre poche micromisure ci sono i circa 14,5 miliardi che arriveranno dall’Europa.
E questa è una gamba stabile perchè si inserisce nei nuovi e fluidi rapporti politici tra Roma e Bruxelles. L’altra gamba, però, è costituita dalla lotta all’evasione fiscale. Qui l’ambizione del governo è imponente: incassare 7 miliardi attraverso operazioni che incentivano l’utilizzo del bancomat e della carta di credito al posto del contante.
Questa gamba è precaria non solo perchè le operazioni di recupero dell’evasione dei recenti governi sono sempre state inferiori alle attese. Lo è anche perchè ancora non si è deciso come intervenire per recuperare questi 7 miliardi.
È vero che la sede opportuna è la manovra e che ci sono ancora quindici giorni di tempo, ma la prima ipotesi in campo – la rimodulazione dell’Iva – ha provocato appena ieri tensioni dentro al governo e nelle sue appendici.
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha escluso che ci sarà un aumento dell’Iva, ma non la sua rimodulazione. Il problema è superato per ora, ma non cancellato.
Per ora il governo ha tirato in ballo il bonus della Befana e Luigi Di Maio ha lanciato un software antievasione, tutte misure che però non bastano a garantire gli incassi programmati, nè a ricompensare i cittadini del cambiamento culturale (dal cash alla carta) che si è assunto a paradigma di questa manovra.
Una manovra che porta una firma nuova, ma che dentro ha contenuti vecchi.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
COPERTURE: 14 MILIARDI DALLA FLESSIBILITA’ E 7 MILIARDI DALLA LOTTA ALL’EVASIONE
Stop all’aumento dell’Iva e avvio del taglio delle tasse sul lavoro, grazie a 14 miliardi di flessibilità e 7 miliardi di proventi dalla lotta alla evasione.
A meno di un mese dalla sua nascita, il governo Conte approva la nota di aggiornamento al Def, il documento che disegna la cornice di una manovra da circa 29 miliardi. Il deficit viene fissato al 2,2% del Pil, come auspicato dal ministro Roberto Gualtieri che assicura il rispetto delle regole Ue.
Il debito però non è nei parametri di Bruxelles, dal momento che il calo è ridotto (dal 135,7% al 135,1% del Pil).
La crescita viene stimata nel 2020 allo 0,6%, anche se Gualtieri afferma che ora “c’è l’opportunità di un vero rilancio economico”, dopo la frenata dell’anno “gialloverde”. Per il governo resta però il nodo, assai spinoso, di indicare come in concreto si ricaveranno i sette miliardi di lotta all’evasione.
E’ il premier Giuseppe Conte, in mattinata, ad annunciare che il Consiglio dei ministri serale avrebbe fermato ogni aumento dell’Iva.
Le sue parole arrivano dopo ore di grande tensione nella maggioranza e dopo un vertice notturno burrascoso, segnato dal “niet” di Luigi Di Maio e Matteo Renzi a ogni aumento selettivo dell’Iva.
La scelta, sul tavolo del governo, di aumentare alcune aliquote, magari con un meccanismo di restituzione per chi paghi con carta di credito, viene stoppata da M5s e Iv. E apre ora il problema di trovare, in due settimane, le risorse necessarie. Tanto che fino all’ultimo i partiti provano a far salire il deficit, vincendo le resistenze del ministero dell’Economia.
Conte prova a rasserenare gli animi: calerà , promette il premier, l’Iva su bollette, pane e latte, ci sarà un “superbonus della Befana” e si avvierà il taglio delle tasse sul lavoro da 2,7 miliardi nel 2020 e 5,4 miliardi nel 2021.
E le coperture? Conte chiede ai leader dei partiti di non limitarsi a criticare e fare “giochini” attribuendo a Palazzo Chigi la volontà di aumentare l’Iva: se volete evitare misure impopolari – dice alle due di notte, dopo un lungo vertice con i capi delegazione di M5s, Pd, Leu e Iv – indicate dove trovare i soldi.
Il clima nella maggioranza è infuocato. Franceschini parla a Di Maio e Renzi quando avverte che la “smania” di visibilità “logora i governi”. Ma al tavolo di governo Teresa Bellanova e Luigi Marattin sono intransigenti: piuttosto che aumentare l’Iva si riveda quota 100 o si rinvii di un anno l’avvio del taglio delle tasse sul lavoro, magari si usino fondi non spesi dei Comuni.
“Franceschini voleva far salire l’Iva per 5 o 7 miliardi”, accusa Marattin. E il ministro della Cultura cita Dante: “Non ti curar di loro…”.
Bloccare il taglio delle tasse sul lavoro è escluso: ribattono i Dem che con Roberto Speranza di Leu hanno posto il tema in cima all’agenda. I toni si alzano, si litiga via social. “Aumentare l’Iva sarebbe uno schiaffo ai più poveri”, tuona Renzi. “Nessuno vuole alzarla. Bisogna tagliare le tasse in busta paga a chi non arriva a fine mese”, ribatte Nicola Zingaretti.
Il clima è pessimo e la discussione su come reperire le risorse per una manovra che si annuncia ad alto tasso “green” (sono previsti due fondi da 50 miliardi per le città e l’ambiente), promette di essere animata. Ci sono 23 disegni di legge collegati alla legge di bilancio, dal cuneo fiscale, al green new deal, alla revisione del superticket, fino a un nuovo disegno di legge sull’Autonomia differenziata. Nella lista è indicata anche la riforma del catasto.
(da “Huffingtonpost”)
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