COSA BOLLE IN PENTOLA NEL PD: DIECIMILA PIAZZE E OFFENSIVA TV L’ULTIMO VENERDI
OBIETTIVO SULLA LOMBARDIA, MA NON SOLO
È l’ultima cosa che potrebbe mai ammettere pubblicamente ora, a quindici giorni dal voto e con tutto il partito mobilitato in centinaia, se non migliaia (diecimila solo il prossimo week end), di iniziative dai nomi più astrusi, «merende democratiche», «aperitivo col candidato», «porta a porta tra le vie di… ».
Ma in cuor suo, Pierluigi Bersani vive questa maratona di passione collettiva (la Bindi batte palmo a palmo la Calabria, Letta le Marche e la Campania, D’Alema fa comizi pure nei paesini e tutti gli altri non sono da meno) sentendosi già la vittoria in tasca.
Convinto che il voto ad ogni tornata segnali una tendenza, una fase insomma, così è stato nel 2008, così fu nel 2006 e a ritroso.
E dunque «se il Pd vince, vuol dire che vince il centrosinistra».
Certo le ultime uscite di Monti qualche punto interrogativo lo sollevano, e lo stato maggiore del Pd si sta chiedendo se il professore abbia cambiato idea o se intenda confermare la propria disponibilità a collaborare per il «dopo».
Perchè, è questo uno dei ragionamenti venati di irritazione che risuonano tra Bersani e i suoi consiglieri, «davanti a questo spartiacque storico, davanti a questi rischi di derive populiste, con l’aria che tira tra Berlusconi e Grillo, Monti se la prende con Fassina e mette un veto su Vendola? Non sta in piedi».
E dunque se qualcosa non torna in queste continue bordate contro il Pd del professore, «a maggior ragione è necessaria una vittoria netta».
E anche se il vertice Pd è confortato dai sondaggisti che danno il buon vantaggio alla Camera di 6-7 punti destinato a reggere, provare a strappare una maggioranza sia pur risicata al Senato è importante: per questo Bersani insieme a Renzi si spenderà nelle regioni più ballerine, chiudendo la sua campagna giovedì 21 a piazza Plebiscito a Napoli, andando il giorno prima a Palermo insieme al «rottamatore» e il 17 a Milano sul palco in piazza Duomo con Vendola e Ambrosoli. Per la chiusura a Roma ancora non ha deciso, sembra accantonata l’idea troppo rischiosa di sfidare Grillo in una piazza non lontana da San Giovanni: forse farà un saluto al comizio di chiusura della campagna di Zingaretti; di sicuro il venerdì della vigilia sarà impegnato in un vortice di comparsate televisive, da Uno Mattina alla Gruber, fino all’appello finale sulla Rai in prima serata.
Il leader Pd poi si è premurato di far arrivare in questi giorni a undici milioni di capifamiglia in Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania, Sicilia, una sua lettera – con il suo faccione e lo slogan L’Italia Giusta, che comincia così: «Cara elettrice, caro elettore, il nostro Paese sta vivendo il suo momento più difficile e incerto. Ad ogni angolo si vedono sofferenza, disagio, sfiducia. Ma tutto questo non riesce a nascondere le grandi energie e la straordinaria capacità di riscossa che l’Italia ha sempre mostrato e che bisogna oggi risvegliare… Mi rivolgo a Lei senza raccontare favole o promettere miracoli, ma con la certezza che, assieme, sapremo darci tempi migliori».
Ma al di là di tutto – della rimonta di Berlusconi, della concorrenza a sinistra di Ingroia, dell’incognita Grillo – per Bersani e i suoi l’esito sarà questo: «A meno che non succeda chissà cosa, alla Camera dovremmo finire sopra e al Senato, o con la maggioranza o leggermente al di sotto».
Un sentimento di tranquillità dunque che accomuna sia Bersani che Renzi: convinti entrambi che il bacino di indecisi sia ormai sceso al livello più o meno fisiologico, che Berlusconi abbia già drenato quel che poteva, e che non siano da attendersi ulteriori smottamenti.
E che sia possibile vincere in Sicilia e magari con un po’ di fortuna strappare anche la Lombardia, per l’effetto combinato dei due fattori Grillo e Giannino.
Ma a dare una sferzata di ottimismo al leader Pd hanno contribuito gli ultimi incontri avuti in questi giorni con esponenti del mondo economico, industriale, delle organizzazioni sociali, che a detta degli uomini di Bersani, lo hanno trattato già come premier in pectore.
«Tutti a chiedergli dei prossimi provvedimenti sulla cultura, sul lavoro, sugli investimenti, sull’efficienza energetica. Nessuno chiede di Vendola e perciò quello che dice Monti sembra ancora più lontano dalla posta in gioco tra populismo e governabilità . Certo sono interessati al futuro di Monti, ma per capire cosa farà in chiave di collaborazione con Bersani… »
Il quale si gioca il rush finale dando in ogni sede lo stesso messaggio racchiuso nella lettera agli italiani, ripetuto pure nel milione di mail inviate al popolo delle primarie per mobilitarlo: «Siamo oggi la forza fondamentale che porta sulle spalle l’alternativa alla destra e che può prendersi la responsabilità di portare il cambiamento nel governo del Paese».
Un messaggio che si sposa con quello che verrà lanciato nell’ultima tornata di manifesti elettorali per un appello in forma garbata al voto utile: «Il tuo voto sarà importante e decisivo per far vincere l’Italia giusta».
Carlo Bertini
(da “La Stampa“)
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