COSA CI VOLEVA PER SPINGERE I LAVORATORI A MOLLARE LO SMART WORKING? LE BOLLETTE SALATE
NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SONO 700MILA COLORO CHE POTREBBERO LAVORARE DA REMOTO MA ORA 4 SU 5 SONO INDECISI: SENZA UN RIMBORSO PER L’ENERGIA, A COPRIRE PARTE DI COSTI DELLE BOLLETTE, CONVIENE TORNARE IN UFFICIO
Frena il lavoro agile per il caro energia. Gli statali come i dipendenti delle aziende private non vogliono rimetterci economicamente per colpa delle bollette a casa. Nella Pubblica amministrazione i lavoratori ora dicono no allo smart working in assenza di rimborsi per l’energia, segnalano dai ministeri. Allarme pure nelle aziende private, dove gli accordi non sono ancora obbligatori, ma dove spesso non sono previste compensazioni economiche per i rincari dell’energia.
L’adesione al lavoro agile nella sua forma ibrida avviene nelle Pa su base volontaria e passa attraverso un accordo tra dirigente e dipendente. Il problema è che gli statali adesso chiedono (senza ottenerlo) una sorta di bonus per coprire parte delle spese legate alle forniture di luce e gas, a fronte del maggior numero di ore che devono trascorrere a casa per effetto dello smart working.
La questione dei mancati rimborsi spese per luce e gas impatterebbe su circa 700mila statali: tanti sarebbero i remotizzabili nella Pa, secondo alcune stime. Più nel complesso, su 18 milioni di dipendenti potrebbero lavorare in modalità agile tra i 6 e gli 8 milioni di italiani, ha stimato il Politecnico di Milano. L’asticella al momento però si fermerebbe a 4 milioni.
Nelle amministrazioni pubbliche però il cassetto delle risorse è vuoto o quasi e non ci sono tesoretti a cui attingere per venire incontro alle richieste dei dipendenti, chiamati ad una scelta senza sconti. Insomma, lo smart working ai lavoratori non conviene più come un tempo. […] con il caro energia il lavoro agile sta diventando un lusso che in tanti non possono più permettersi se vogliono arrivare a fine mese.
(da il Messaggero)
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