DUE MOSSE PER SALVARE CONTE: UN SEGNALE SULLA PRESCRIZIONE E UN DECRETO LEGGE SULLA GIUSTIZIA CIVILE
GOVERNO AL LAVORO PER EVITARE DI ANDARE SOTTO GIOVEDI’ SULLA RELAZIONE GIUSTIZIA DI BONAFEDE
Un “segnale politico” sulla prescrizione e un decreto sulla giustizia civile: ecco il sentiero, ancora da costruire, per sminare l’ultimo scoglio sulla navigazione di Giuseppe Conte. L’appuntamento con il voto parlamentare sulla relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede è lo spauracchio dei giallorossi mentre l’operazione “responsabili” non decolla. Mercoledì pomeriggio alla Camera, mentre al Senato potrebbe slittare a giovedì – deciderà la capigruppo – ma non oltre.
Un margine molto ristretto per trasformare la prospettiva di una sfida all’Ok Corral in “occasione di dialogo trovando una soluzione politica”, come spiega uno dei “pontieri” in prima linea.
Il tema della giustizia è dirimente per allargare (o far saltare) la maggioranza, Bonafede è l’uomo simbolo di un irrigidimento della prescrizione indigesto a renziani, centristi e forzisti. Cioè proprio quelli che servono per tenere in sella il premier.
L’allarme è alto e parte dal Nazareno: “Serve un segnale politico forte, un’iniziativa del governo e del ministro sennò si va a sbattere”.
Walter Verini avvisa: “Si apra una fase nuova, investimenti e riforme per tempi ragionevoli dei processi, sei anni per quelli civili. Spero in segnali dalle forze politiche responsabili”. Una mediazione in grado di “convincere” ad astenersi se non Renzi almeno una parte dei suoi parlamentari.
Conquistando Sandra Lonardo e qualche altro garantista incerto. Ore frenetiche di telefonate e di ipotesi sul tavolo. A via Arenula lavorano su un testo farcito di numeri e tutto proiettato sul 2021: con il Recovery Fund ci saranno 2,7 miliardi per oltre 20mila assunzioni.
Poi c’è il versante riforme: la prospettiva di un decreto per accelerare sulla giustizia civile (che va piano alla Camera, il primo febbraio scade il termine per gli emendamenti in Commissione) con dentro giudici onorari e modifiche della disciplina concursuale per le imprese, temi cari a Iv e Forza Italia. “Sarebbe assurdo buttare le riforme con l’acqua sporca” argomentano i grillini.
Il Pd chiede di più: vuole un segnale proprio sulla prescrizione. Non basterà omettere qualsiasi riferimento al tema, dato che l’amministrazione della giustizia nel 2020 non ha avuto profili relativi ad essa. Servirà un “ammorbidimento”. L
e modalità sono ancora al vaglio. Magari quella commissione di verifica ad hoc sugli effetti della riforma chiesta dagli uomini di Renzi.
O addirittura un “congelamento” delle nuove regole fino alla riforma complessiva del procedimento penale, che abbreviando radicalmente i tempi cambierebbe il sistema spuntando le accuse di giustizialismo. Sullo sfondo, il doppio binario tra assolti e condannati in primo grado, che però non piace a tutti.
Trattative complesse. Mentre lo scenario tutto intorno resta bloccato. L’operazione “responsabili” è in stallo, ed è difficile che da Forza Italia qualcuno possa staccarsi per “promuovere” l’operato di un ministro della giustizia considerato “ultra-giustizialista”.
Già la centrista Binetti ha avvisato: “Voteremo no, a maggior ragione dopo la vicenda Cesa, poi la storia cambia”.
Mentre il Nazareno continua a stoppare le pulsioni di un’ala Dem che vorrebbe “evitare di morire contiana”. Ma da Zingaretti a Orlando fino a Franceschini si ripete che l’attuale premier è “un punto di equilibrio” e dopo di lui ci sono solo le elezioni.
Mantra, quello delle urne, ribadito oggi anche dai Cinquestelle e da Silvio Berlusconi. Una drammatizzazione per stanare i “dormienti”, certo, ma anche un’opzione non escludibile: “Il centrodestra unito è appena salito al Quirinale per chiedere le elezioni. Mattarella ha preso nota. Se Conte salta, non potrà non tenerne conto” ragiona un deputato.
Ecco perchè l’obiettivo minimo, ora, è superare il passaggio di Bonafede a Palazzo Madama per poi ricominciare ad allargare la maggioranza.
Si punta a un via libera grazie all’incrocio di assenze e astensioni, purchè si eviti di urtare suscettibilità . Al “cantiere” partecipano, oltre a Bonafede in prima persona, il sottesegretario Dem Andrea Giorgis, Federico Conte di Leu, il presidente grillino della commissione Giustizia Mario Perantoni, il Dem Verini, che da tesoriere continua a dare una mano su questi temi.
Il ministro in aula snocciolerà quello che l’Italia rischia di perdere: 2,7 miliardi di euro dall’Europa, 2,3 dei quali da usare per oltre 20mila assunzioni (16mila addetti all’ufficio per il processo, 2mila magistrati aggregati per abbattere l’arretrato, 100 magistrati onorari ausiliari per il contenzioso tributario, 4mila personale tecnico tra informatici, architetti, ingegneri statistici) più 450 milioni per l’edilizia giudiziaria.
Ma il problema, si sa, è politico. “Se anche dicesse solo: buonasera, vi consegno la relazione scritta, le relative risoluzioni andrebbero comunque al voto” ragiona un Dem. Ecco allora il doppio possibile affondo: la spinta ad accorciare (finalmente) i processi civili, cioè la principale richiesta fatta da Bruxelles per avere accesso ai soldi del Recovery. E il “segnale politico” sulla prescrizione. La riforma del processo penale si muove, in parallelo, al Senato. Ma qui intervenire per decreto provocherebbe obiezioni di costituzionalità e — probabilmente — i i rilievi del Colle.
(da “Huffingtonpost”)
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