FUGA DAL M5S: IN TRE ANNI HANNO CAMBIATO CASACCA CENTO PARLAMENTARI
IL TRAVAGLIO DI UN MOVIMENTO CHE HA CAMBIATO PELLE CON UN RECORD DI PERDITE
Uno, due, tre, cento: ma com’è successo? I 5 Stelle che domani festeggiano i tre anni dallo storico trionfo con il 33 per cento alle Politiche del 2018, dei consensi, salutano pure il centesimo parlamentare perso nello stesso arco di tempo. Accade con l’ormai certa defezione del deputato palermitano Giorgio Trizzino, che ieri ha accostato l’immagine del movimento, con nonchalance, a quella di un circo equestre.
In principio fu il velista Mura
È in corso un esodo biblico, di transfughi volontari o semplicemente cacciati: uno su tre è via, se si tiene conto anche di quel drappello di deputati o senatori espulsi già in campagna elettorale. Ricordate? Catello Vitiello, messo al bando perchè iscritto a una loggia massonica, Salvatore Caiata allontanato perchè coinvolto in un’inchiesta per riciclaggio poi archiviata, o quelli rinnegati per i mancati rimborsi – da Andrea Cecconi a Carlo Martelli – fino al caso di Salvatore Tasso, reo di aver nascosto una vecchia condanna per la vendita di cd contraffatti: conquistato il seggio grazie al simbolo dei 5S, si sono guardati bene dall’accogliere l’invito a dimettersi e oggi qualcuno di loro – come Cecconi e Tasso – figura fra i “responsabili” che avrebbero dovuto salvare Conte. Nessuno, all’alba della legislatura, pensava che un partito in overbooking – elesse più parlamentari dei seggi a disposizione – potesse squagliarsi in questo modo. E sembrava un caso naà¯f anche quello di Andrea Mura, il primo a salutare la compagnia, il deputato-velista che dichiarò che poteva svolgere il suo mandato anche stando fra le onde del mare. E invece no, lentamente il Movimento è andato perdendo pezzi, pur stando pervicacemente al governo, con la Lega o con il Pd e adesso con tutt’e due.
Un ex in ogni gruppo
Fuori gli estremisti, come la no-vax Sara Cunial, fuori i pionieri con la rabbia in corpo come l’avvocato Mario Giarrusso, ma fuori anche i simboli dell’apertura all’esterno, alla società civile, voluta da Di Maio nel 2018: basti pensare al comandante Gregorio De Falco – che ha detto no ai decreti sicurezza di Salvini – ai giornalisti Emilio Carelli e Gianluigi Paragone, allo scrittore Gianni Marilotto, alla collaboratrice di giustizia Piera Aiello che per la sua discesa in campo politica ha svelato il suo volto. Tutti, altrove, oggi. Non c’è gruppo parlamentare che non accolga un ex grillino: se i senatori Stefano Lucidi, Ugo Grassi e Francesco Urraro sono finiti nella Lega, le colleghe Paola Nugnes ed Elena Fattori sono transitate in Leu. Se il deputato Davide Galantino ha scelto Fratelli d’Italia e Matteo Dell’Osso è entrato alla corte di Berlusconi, il catanese Santi Cappellani è l’unico ad avere lasciato M5S per abbracciare il Pd.
Il big bang
Il big bang, si sa, è stato la nascita del governo Draghi, con l’espulsione di 36 parlamentari colpevoli di non aver votato la fiducia, che ieri sono diventati 39 con ulteriori provvedimenti notificati ai deputati Cristian Romaniello, Yana Ehm e Simona Suriano. E l’ultima spaccatura ha visto uscire anche un big come Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia. Il tentativo di 13 arditi di creare un gruppo di ribelli alla Camera (“L’alternativa c’è”) è accompagnato da una messe di ricorsi, tutto sotto l’occhio vigile di Alessandro Di Battista, che deputato non è più dal 2018 ma che è il più celebre dei fuoriusciti. È una frana che non ha precedenti nella storia recente delle istituzioni repubblicane, che in queste dimensioni non si è verificata neppure in occasione delle scissioni che hanno visto nel 2010 la nascita di Futuro e Libertà di Gianfranco Fini, nel 2013 dell’Ncd di Alfano e nel 2019 di Italia Viva di Renzi. M5S, malgrado lo smottamento, rimane il primo gruppo sia alla Camera che al Senato, ma il pallottoliere si appresta a segnare le 100 defezioni è molto più di un campanello d’allarme per Beppe Grillo che medita il perdono di alcuni dissidenti e spera nell’effetto catartico di una leadership affidata a Giuseppe Conte. Servirà molto più di un traghettatore, per riportare indietro le anime perse della transumanza a 5 Stelle.
(da “La Repubblica”)
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