GIORGIA MELONI HA FATTO TRAPELARE CHE FARÀ SALIRE IL DEFICIT DAL 3,9 EREDITATO DA DRAGHI AL 4,5
LA LEGGE DI BILANCIO VARRÀ PIÙ DI 20 MILIARDI DI EURO, MA IL GROSSO SERVIRÀ PER COMBATTERE L’INFLAZIONE, LA MINA DELLE PENSIONI DA DISINNESCARE
Un po’ più di spesa. Un po’ di tagli, soprattutto ai bonus edilizi. Molta prudenza sulle pensioni, una nuova tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche. C’è una donna che Giorgia Meloni a Palazzo Chigi non intende imitare: Liz Truss. La premier italiana non vuole far la fine della collega inglese, travolta dai mercati 44 giorni dopo aver varcato il portone di Downing Street.
Così, per evitare di alimentare le aspettative dei partiti e le fughe di notizie, ieri ha fatto trapelare quel che intende fare coi conti pubblici del terzo Paese più indebitato del mondo sviluppato. Il deficit l’anno prossimo salirà, ma di poco: dal 3,9 per cento ereditato dal governo Draghi al 4,5.
«Il limite massimo prima di entrare nella zona di rischio», commenta un grosso investitore internazionale. Nemmeno dieci miliardi di spesa aggiuntiva rispetto ai numeri del governo precedente, il minimo necessario a evitare la recessione. Il calendario lo ha deciso due giorni fa in una riunione con il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti e quello degli Affari europei Raffaele Fitto: entro una settimana presenterà la relazione al Parlamento su come intende spendere l’extradeficit di quest’ anno, a metà novembre il governo approverà un decreto per confermare gli sconti a famiglie e imprese, subito dopo ci sarà la bozza della legge Finanziaria, da approvare a tempo di record entro la fine dell’anno.
Per definire numeri più precisi la Meloni attenderà i dati Istat di fine mese, il 31. Lunedì ci sarà un consiglio dei ministri, ma avrà all’ordine del giorno una sola decisione: la nomina dei sottosegretari. Giovedì sarà a Bruxelles per incontrare chi comanda in Europa: le presidenti della Commissione e del Parlamento Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, subito dopo quello del Consiglio Charles Michel.
La gran parte delle risorse a disposizione – circa i due terzi – servirà a combattere l’inflazione. «Troveremo le risorse anche con una nuova e più efficace norma sugli extraprofitti e utilizzando l’extragettito» ereditato da Draghi, spiega a La Stampa il ministro dello Sviluppo Adolfo Urso. E’ un segnale della continuità con il governo Draghi: fu lui, ormai dimissionario, a lasciare a Meloni il compito di riscrivere una norma aggirata da molti colossi dell’energia.
«Una linea di comunicazione che abbiamo sempre voluto e non si è mai interrotta», ammette Urso. Meloni sarà costretta a prendere altre decisioni che Draghi non ha potuto o voluto prendere. La prima: tagliare la spesa per i bonus edilizi cari e al reddito di cittadinanza cari ai Cinque Stelle. La seconda: trovare un accordo con Matteo Salvini sulle pensioni
Senza una nuova norma, il primo gennaio tornerebbe in vigore la legge Fornero, che innalzerebbe immediatamente l’età pensionabile a 67 anni. Salvini è pronto alle barricate perché non accada, e così nei palazzi si sta studiando la soluzione meno costosa possibile. Una delle ipotesi è la conferma delle attuali regole (64 anni e 38 di contributi) ma con un correttivo: uno sconto contributivo per favorire la permanenza al lavoro dei sessantatreenni.
La manovra varrà certamente più di venti miliardi di euro, «il minimo necessario ad affrontare le conseguenze della guerra», ammette una fonte di governo.
Per Meloni il tema delle pensioni è il più scivoloso di tutti, perché su quello si gioca il giudizio degli investitori e la tranquillità dell’alleato leghista.
La decisione di due giorni fa della Banca centrale europea di innalzare i tassi di 75 punti base non lascia molto scampo: di qui in poi piazzare i titoli pubblici sui mercati sarà costoso come non avveniva da anni. Allo stesso tempo non può nemmeno dare agli italiani l’impressione di restare ferma a guardare l’arrivo della tempesta.
E così i tecnici stanno valutando altre spese anticicliche: la ripetizione del bonus da 150 euro concesso a novembre, un taglio dell’Iva su alcuni beni primari, una norma per evitare le conseguenze del mancato pagamento delle bollette a chi dimostrerà di non poter sostenere i maggiori costi, spesso triplicati da un anno all’altro. A Palazzo Chigi garantiscono anche che ci saranno le risorse per ritoccare ancora i contributi in busta paga delle imprese.
La decisione di non sbracare sul deficit costringerà in ogni caso alla Meloni di imporre qualche nuova tassa. La nuova imposta sugli extraprofitti è ancora ferma alle ipotesi di un mese fa: la trasformazione in un’addizionale Irap, oppure l’innalzamento dell’attuale modello di prelievo al 25 per cento.
Ci sarà anche una tassa verde per le grandi società di distribuzione (leggasi Amazon) che utilizzano mezzi inquinanti per la consegna della merce acquistata. Della proposta di legge per aumentare a diecimila euro il tetto all’uso dei contanti è rimasto già poco: nella migliore delle ipotesi salirà dagli attuali duemila a cinquemila.
(da La Stampa)
Leave a Reply