GRASSO INIZIA LE QUIRINARIE
IL PRESIDENTE DEL SENATO SORVOLA SULLE PRECEDENTI CRITICHE (“COSTRUTTIVE”) AL DDL BOSCHI E ADOTTA LE RIFORME RENZIANE: “LE ASPETTIAMO DA VENT’ANNI E SONO LARGAMENTE CONDIVISE”
Roberto Calderoli, nonostante il busto e il braccio ingessato, ride entrando in Aula. L’uomo, d’altronde, è sempre stato in grado di trovare elementi di divertimento anche laddove sembrano non esserci: per esempio, nel consiglio di presidenza del Senato di ieri mattina, ha di nuovo intortato la maggioranza e ora si diverte perchè, scandisce, “entro l’8 agosto non ce la faranno mai”.
È l’allegria dei naufragi. Com’è dolce morire a Palazzo Madama.
All’indomani del corteo delle opposizioni verso il Quirinale per denunciare la deriva autoritaria di Matteo Renzi uno s’aspetterebbe di trovare un’atmosfera elettrica. Niente. Il Senato muore dolcemente, sussurrando nella penombra disegnata dalla sua splendida boiserie, dal suo parquet eternamente scricchiolante, appoggiato al suo mobilio antico: perfino chi ci vive ha ormai introiettato la propria dipartita e aspetta il colpo di grazia in quello stato sospeso che Heine definiva droit de moribondage.
Prima di andarsi a prendere un caffè, Aldo Di Biagio, ex An, senatore eletto all’estero con Scelta civica e oggi assiso coi democristiani Mauro e Casini, la mette giù dura: “Non ho nessuna difficoltà a votare questo impianto costituzionale. Più sto qua dentro e più sono convinto che il Senato vada eliminato del tutto”.
Intanto, in Aula, sta parlando il leghista Sergio Divina: “Come fa questo Parlamento ad affidare i pieni poteri a una sola persona e pensare di essere ancora in un sistema democratico?”.
Sarà uno dei pochi interventi che accennano al cosiddetto ddl Boschi, mentre nella sala Garibaldi (il Transatlantico di palazzo Madama) si parla quasi solo delle ferie e del week end: treni prenotati che rischiano di saltare, spiagge agognate che si teme restino solo un feroce desiderio.
Nel naufragio collettivo, d’altronde, ognuno cerca la sua scialuppa di salvataggio. Persino il capitano.
La cerimonia del ventaglio e i conti senza l’oste
Mentre nell’aula di palazzo Madama il governo poneva la sua 12esima fiducia sul decreto Competitività (lunedì probabilmente seguirà la 13esima su quello Cultura), il presidente Piero Grasso salutava la stampa parlamentare prima delle ferie con la tradizionale “Cerimonia del Ventaglio”.
Niente domande all’uomo che ha accettato di far discutere una profonda riforma costituzionale in due settimane, l’ex capo dell’Antimafia ha portato un tema a piacere. Titolo: Renzi, ricordati degli amici.
Parte, Grasso, spiegando che “lo spettacolo offerto dal duro scontro politico di questi giorni mi ha molto addolorato e, in alcuni momenti, indignato”,poi passa a rivendicare il suo ruolo di “garante” super partes (“respingo con forza qualsiasi illazione o sospetto sulla mia decisione”), e poi adotta senz’altro l’intera agenda del governo.
Le riforme costituzionali? “Sono attese da decenni e largamente condivise nelle loro linee essenziali: superamento del bicameralismo paritario, nuovo equilibrio tra i due rami del Parlamento,snellimento del processo legislativo e riduzione del numero dei parlamentari”.
Certo, a suo tempo, ebbe modo di criticare Renzi proprio su queste riforme, ma fu “un contributo costruttivo” e del resto il testo è molto migliorato.
Ma alla seconda carica dello Stato mica piace solo il ddl Boschi: pure la riforma della giustizia e gli interventi economici incontrano il suo favore: “Liberalizzazioni, privatizzazioni, riforma del mercato del lavoro, revisione della spesa pubblica, modernizzazione della P.A.”, l’agenda non proprio fantasiosa.
Tanto per non dimenticarsi del passato Grasso parla pure del “freno alla crescita” determinato dall’economia criminale e rivela di aver chiesto all’ufficio di presidenza di non pagare più il vitalizio ai senatori condannati “per mafia,corruzione e altri gravi reati”. Fatto? Non proprio: “Si è deciso di coordinarsi con la Camera”. ”.
Conclude un senatore del Pd: “Oggi Grasso ha iniziato la sua campagna per il Quirinale, ma Renzi non fa prigionieri: il prossimo capo dello Stato sarà una donna. Alta”.
Intanto Roberta Pinotti, ministro della Difesa, corre in aula per votare.
Guerre finte e ferie vere: come far slittare tutto
Resta il problema delle ferie, ma quello — dice Calderoli — è risolto: “Dobbiamo fare 5mila voti, ci sono i decreti e stamattina gli ho fatto pure approvare il bilancio del Senato: non si ricordano che ora, da Regolamento, lo devono portare in aula”, spiega ridacchiando.
Quindi? “Tra qualche giorno trionferà il buon senso e ci sarà un accordo per far slittare i tempi. L’8 agosto chiudiamo e ci rivediamo lunedì 25 per continuare con le riforme costituzionali”, prevede una fonte di maggioranza.
D’altronde i grandi ardori, i petti offerti al fuoco sono solo una finta.
Raccontano che Stefano Esposito, pasdaran piddino delle riforme, subito dopo aver dettato una vibrante agenzia in cui chiedeva che si lavorasse anche a Ferragosto, sia corso da uno degli oppositori del progetto Renzi: “Mica mi farete perdere il treno, no?”.
Anche ieri sul decreto Competitività , un omnibus pasticciatissimo approvato a tappe forzate in commissione, c’è stata una di queste guerre finte.
L’opposizione non ha partecipato al voto tentando di far mancare il numero legale: quelli di Forza Italia e della Lega se ne sono subito andati in stazione o in aeroporto, i grillini aspettavano col trolley pronto.
Sospiro di sollievo finale quanto Grasso legge che i votanti sono stati 160 e successiva corsa al portone.
Il dissidente Corradino Mineo, ultimo rimasto in Transatlantico, si volta verso i suoi. Sorride: “Posso dire di aver salvato la fiducia al governo? 160 votanti significa che il mio voto è stato decisivo”.
Veramente, gli spiegano, tra congedi e missioni il quorum oggi era 149: “Dai, sarà per la prossima volta”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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