I CONTI NON TORNANO: LA MANOVRA DEL GOVERNO MELONI VIENE BOCCIATA SENZA APPELLO. BANKITALIA GELA GIORGETTI: GLI OBIETTIVI DI UNA CRESCITA DELL’1% NEL 2024 E DELL’1,2% NEL 2025 SONO MIRAGGI
E BACCHETTA IL GOVERNO PER LA SFORBICIATA SULLE DETRAZIONI FISCALI: “METTE A RISCHIO L’EQUITÀ FISCALE” ,,, LA CORTE DEI CONTI CRITICA I TAGLI LINEARI A MINISTERI E ENTI LOCALI: “SAREBBE NECESSARIA UNA SELEZIONE DEGLI INTERVENTI…”… LA MANCANZA DI RISORSE PER AUMENTARE IL PERSONALE DELLA SANITÀ
Un’economia senza slancio mette a rischio i conti pubblici. È quanto emerge dalla seconda giornata di audizioni parlamentari sulla manovra. Gli obiettivi del governo di una crescita dell’1% quest’anno e dell’1,2% il prossimo sembrano ormai archiviati. Lo notano Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio. Anche Istat parla di «battuta d’arresto» del Pil nel terzo trimestre. E di mancanza di segnali positivi dal «clima di fiducia» misurato in ottobre.
E poiché la terza manovra del governo Meloni contiene «misure restrittive», come ammette il presidente del Cnel Renato Brunetta, proprio perché «figlia del Psb», il Piano di riduzione di deficit e debito, «servono scelte importanti» sulla spesa, insiste la Corte dei Conti. Per i giudici contabili «il quadro resta difficile». I tagli di spesa incidono sulla carne viva di famiglie, lavoratori, pensionati, imprese.
Bocciati dunque i tagli lineari, la spending review miliardaria del governo che non sceglie, ma fa solo cassa su ministeri ed enti locali tirando una riga. «Sarebbe necessaria una selezione degli interventi», prosegue la Corte. E invece «mancano indicazioni di come si traduca in una revisione dei servizi offerti ai cittadini».
La situazione appare grave in particolare per la sanità, unico settore tra l’altro a registrare un aumento di spesa. Alla fine del triennio, nel 2027, risalirà al livello del pre-Covid, il 6,4% del Pil, pari a 152 miliardi. Insufficiente perché non tiene conto delle assunzioni indispensabili ad evitare un crollo del sistema.
Bankitalia sostiene che nei prossimi dieci anni servono il 30% di medici in più e il 14% di infermieri extra rispetto al 2022. In pratica, oltre 50 mila medici e 24 mila infermieri per rimpiazzare i pensionati. Altri 20 mila infermieri e 6.300 operatori sanitari solo per far fronte alla medicina del territorio, prevista dal Pnrr.
Il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli dà i contorni dell’emergenza: l’anno scorso le famiglie hanno speso 40,6 miliardi per curarsi e quanti rinunciano alle cure sono il 7,6% dal 6,3% del 2019. Ecco che gli aumenti sulla sanità previsti dal governo Meloni sono «solo una risposta parziale», insiste la Corte dei Conti.
L’altro elemento critico risiede nel comparto fiscale, il cuore della manovra. La conferma in modo strutturale del taglio del cuneo e dell’Irpef – insieme valgono quasi 18 miliardi su 30 di legge di bilancio – è apprezzata da tutti. «Viene eliminata una fonte di incertezza», commenta Bankitalia.
Tuttavia i due interventi si sommano ai nuovi creando non solo «un sistema di tassazione né più semplice né più trasparente », nota Bankitalia. Ma oltre alla complessità, cresce la disparità, per il tetto alle detrazioni sopra i 75 mila euro: «Equità a rischio». Per Upb «le misure fiscali sono poco intellegibili».
Soprattutto si «ampliano le differenze»: a parità di reddito, fino a 50 mila euro, un lavoratore dipendente prende di più del pensionato e dell’autonomo. Avviene perché il governo ha trasformato il vecchio taglio del cuneo in un bonus fino a 20 mila euro e in una detrazione tra 20 mila e 40 mila euro.
L’operazione poi di trasformazione del taglio al cuneo da contributivo a fiscale non pare essere neutrale. L’Istat calcola in 2,4 milioni i beneficiari aggiuntivi: lavoratori dipendenti dai 35 ai 40 mila euro di reddito (prenderanno 576 euro annui in media). Il totale della platea sale così a 17,4 milioni. Ma in 500 mila perderanno tutto perché il governo è passato dal considerare il reddito Irpef al reddito complessivo.
Secondo Upb questa fascia di “perdenti” totali è più ristretta: 310 mila (rinunciano in media a 771 euro annui). A questi vanno aggiunti i “perdenti” parziali che nel riconteggio rinunciano a 380 euro all’anno e sono 805 mila. In totale, per Upb, siamo a un milione e 115 mila persone “svantaggiate” in tutto o in parte sul 2024. La platea è più alta della stima Istat: 18,8 milioni (con 3,7 milioni nuovi).
(da agenzie)
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