IL BOSS IOVINE PARLA E LA POLITICA TREMA
I MAGISTRATI E LA GRANDE ATTESA PER LA CONFESSIONE
“Se Antonio Iovine parla dei rapporti tra la camorra e la politica potrebbe arrivare fino a Roma. Potrebbe non fermarsi ai politici del Casertano. Aveva appoggi forti nella capitale e interessi personali negli affari del gioco d’azzardo, attraverso il cugino Mario, nelle società che hanno bisogno di concessioni dai monopoli di Stato”
La notizia che il boss dei Casalesi ha iniziato a collaborare con la giustizia è ancora fresca di stampa mentre Rosaria Capacchione ce ne offre una prima analisi.
La Capacchione, giornalista de Il Mattino in aspettativa da quando è stata eletta senatore nel Pd, vive sotto scorta da sei anni per le minacce del clan.
Ma già nel 1996 il pentito Dario De Simone raccontò ai magistrati di un progetto per ucciderla.
Fu incaricato il cugino di Iovine, Michele, capozona di Casagiove. Doveva procurarsi la foto e fare gli appostamenti. Il piano fu accantonato.
Michele Iovine è stato poi assassinato nel 2008, due mesi prima del proclama in aula dell’avvocato del boss, Michele Santonastaso, in seguito al quale furono decise le misure di protezione per la giornalista.
O Ninno (il Bimbo) canta, i pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro e Cesare Sirignano lo ascoltano, l’indiscrezione finisce su Il Mattino e Repubblica, ed ora in molti tremano.
A cominciare da quel grumo oscuro di intrecci tra politica, camorra e imprenditoria intorno al business dell’emergenza rifiuti in Campania.
In atti all’inchiesta su Cipriano Chianese, l’imprenditore leader del traffico illecito della spazzatura in Campania, si trovano le dichiarazioni sulla nascita di Ecologia89, la prima società che tratta l’affare della monnezza: Antonio Iovine ne era di fatto uno dei tre proprietari.
Fu l’atto di nascita dell’ecomafia come ‘sistema’. Un modus operandi creato da Iovine e Francesco Bidognetti, il ‘ministro dei rifiuti’ della camorra, insieme alla parte bidognettiana del clan che aveva i contatti con Licio Gelli tramite Gaetano Cerci, un cugino di Bidognetti, che entrava e usciva da Villa Wanda.
Iovine è nato a San Cipriano d’Aversa 50 anni fa. Insieme a Michele Zagaria si è trovato a reggere le sorti del clan dei Casalesi dopo gli arresti di Francesco Bidognetti e Francesco Schiavone, avvenuti tra il 1993 e il 1998.
Legatissimo alla famiglia Schiavone, ha finito per acquisirne il controllo delle truppe. Condannato all’ergastolo al termine del processo Spartacus, O Ninno è stato catturato il 17 novembre 2010 dopo 14 anni di latitanza.
Durante i quali ha curato affari e strategie della cosca, il traffico di droga, il racket, le infiltrazioni negli appalti pubblici, il modo di riciclare i proventi nel centronord. Trovando però il tempo di viaggiare, conoscere il mondo, fare un po’ di bella vita. Esistono sue foto a Parigi e in Costa Azzurra.
“E’ l’unico dei grandi boss che non è stato catturato in un bunker sottoterra — ricorda la Capacchione — e quindi era l’unico che verosimilmente poteva pentirsi, non avendo legami viscerali col territorio”.
“I pentimenti sinceri — sottolinea il ministro degli Interni Angelino Alfano — giovano al contrasto alle mafie, lo abbiamo scoperto grazie alle intuizioni di grandi magistrati come Giovanni Falcone e abbiamo inferto colpi durissimi alla mafia ed alla ‘ndrangheta. Se la stessa cosa avverrà per la camorra si potrebbero aprire scenari investigativi interessanti e potremmo arrivare alla sconfitta della camorra”.
Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ritiene la collaborazione di Iovine “di grande aiuto per le inchieste contro la camorra”.
L’inizio della collaborazione sarebbe avvenuta una decina di giorni fa. Preceduta da un paio di segnali: il cambio degli avvocati e il trasferimento di tutti i parenti a rischio in località segrete: la moglie, Enrichetta Avallone, 45 anni, finita in carcere nel 2008 per una vicenda di estorsione e tornata in libertà nel luglio del 2011; e il figlio, Oreste, 25 anni, che invece è tuttora detenuto: fu fermato il 19 ottobre del 2013, insieme ad altre quattro persone vicine alla fazione del clan guidata dal padre, con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione e traffico di droga.
Vincenzo Iurillo
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