IL DECALOGO DEGLI ERRORI NELLE CHAT DEI RIBELLI
IL CAPITONE E’ SOTTO ASSEDIO: NELLA LEGA GIRANO DOSSIER CON TUTTI I SUOI ERRORI E C’E’ CHI PROGETTA DI DEFENESTRARLO
«Basta, non parlo più con i giornalisti». Montecitorio, interno giorno. Persino Andrea Crippa, il comunicatore per eccellenza della Lega, l’uomo cui Matteo Salvini consegna i messaggi forti, adesso si chiude. Segnale di un momento difficile: non è andata giù, negli ambienti del segretario, l’interpretazione del risultato del voto in Abruzzo, un 7,5 per cento che Salvini ha definito «buono» ma che in realtà è sotto la soglia della doppia cifra pronosticata dallo stesso leader della Lega. Esito che, peraltro, relega il Carroccio al terzo posto nella coalizione.
Salvini mette il bavaglio ai suoi in piena sindrome da assedio che riguarda anche l’atteggiamento dei compagni di viaggio: il numero uno di via Bellerio guarda con sempre maggiore insofferenza un asse Meloni- Tajani e crede che alcune letture del voto siano appunto veicolate dagli alleati.
E intanto da Verona spedisce un messaggio in bottiglia a FdI: «Il Veneto rimarrà orgogliosamente leghista», per smontare le mire del partito della premier sulla candidatura alla Regione.
Come se non bastasse l’insofferenza che monta dentro il partito, soprattutto al Nord e che vede il moltiplicarsi di ipotesi di avvicendamento alla guida del partito dopo le Europee. L’idea di una gestione collegiale non è più un tabù. «È innegabile che sul partito ci sia un dibattito», dice il governatore Luca Zaia, uno che è presente in qualsiasi “triumvirato” disegnato in questi giorni. E che ha già dichiarato la sua nostalgia per la vecchia Lega Nord.
Per capire il clima che si respira nella Lega, basti pensare che negli ambienti dell’opposizione interna c’è chi sta preparando un dossier con le “capovolte” del segretario in questi anni.
Un decalogo con i video smentiti dai fatti o dallo stesso leader. Si parte dal Ponte sullo Stretto, l’ultimo pallino di Salvini che però dichiarava nel 2016: «Non vorrei spendere miliardi di euro per una cosa che gli ingegneri dicono non stare in piedi».
Ripescati anche gli interventi sull’eliminazione delle accise, mai fatta, e sul canone Rai: «Verrà tagliato dalla bolletta». Frase subito corretta da Giancarlo Giorgetti che ha precisato che il governo ha solo fatto una riduzione di circa venti euro l’anno. Poi un video memorabile del 2014, in cui Salvini strappava platealmente un ticket del pedaggio autostradale: negli ultimi anni, quelli del governo Meloni, nessuno ha impedito un doppio aumento.
Nell’atto di accusa anche un certo garantismo interessato del segretario. Che non si fida tanto della giustizia italiana quando di parla di Vannacci (l’indagine su di lui letta come un complotto) ma molto di più di quella di Putin: «La morte di Navalny? Bisogna attendere la magistratura russa », l’ormai celebre commento alla morte del dissidente russo in un carcere siberiano. Una revenge in chiave grillina che anima la silenziosa contestazione al segretario.
(da agenzie)
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