IL DILEMMA DEI CENTRISTI
PROPORZIONALE E ALLEANZE DI GOVERNO
Con l’annunciato ritorno alla proporzionale, ridiventerà lecito ciò che non lo era dopo il 1994: correre da soli alle elezioni e fare le alleanze di governo in Parlamento dopo il voto.
Era il sistema della Prima Repubblica.
Grazie a esso l’Italia riuscì a collezionare ben 45 governi in 44 anni (dal 1948 al 1992): un record negativo eccezionale.
Allora però ce lo potevamo permettere: la democrazia italiana viveva di puntelli esterni. C’erano la guerra fredda, la Nato, la minaccia comunista, la conventio ad excludendum.
C’è da dubitare che una democrazia così mal funzionante possa reggere a lungo nel burrascoso mondo in cui viviamo.
Ma la politica è interessata solo al breve termine. E nel breve termine una legge elettorale proporzionale serve a tanti.
Serve ai probabili sconfitti (il centrodestra) perchè, a differenza delle leggi maggioritarie, consente di limitare le perdite, di rimanere in gioco.
E serve a chi si è posizionato «al centro» (Pier Ferdinando Casini).
Perchè gli assicura una rendita di posizione, lo rende indispensabile in qualunque combinazione parlamentare.
Può svolgere il ruolo del king maker quale che sia lo schieramento, di sinistra o di destra, con cui, dopo le elezioni, si troverà a trattare la formazione del governo.
Facciamo un esercizio di fantasia, immaginiamo lo scenario del dopo elezioni (la storia poi, si sa, va per suo conto, ma disegnare scenari è un modo per dotarsi di una bussola artigianale).
È probabile che l’alleanza Bersani-Vendola prevalga sul centrodestra nelle prossime elezioni.
Non avrà però, verosimilmente, i numeri per governare.
Dovrà fare i conti con Casini. Quanto potrà reggere il governo che si formerà ?
Nello «schema di gioco» di Bersani, a Casini spetterà la difesa della continuità con il governo Monti, a Vendola (ma anche a una parte del Partito democratico) spetterà rivendicarne la discontinuità .
Con Bersani al centro che media fra le due componenti.
Ma potrà mai reggere quello schema di gioco?
Sicuramente no, se dovremo fare ricorso allo scudo anti- spread e accettare le rigide condizioni che ciò comporta: l’ala sinistra, vincolata a un programma di rigore e di tagli alla spesa che non è il suo, non potrebbe reggere a lungo il gioco.
Ma anche senza scudo, e connesso commissariamento, lo schema di Bersani incontrerebbe grossi problemi.
Non sarebbe facile per il governo, data la sua composizione, guadagnarsi la fiducia dei mercati.
Le probabilità di fallimento nel giro di un anno sarebbero piuttosto alte. Figurarsi poi se all’assedio dei mercati dovesse sommarsi, poniamo, una improvvisa pressione politico-diplomatica dovuta al precipitare di una crisi militare (fra Israele e Iran) in Medio Oriente.
Esaurito l’esperimento, Casini cercherebbe di smarcarsi, di cambiare cavallo, di aprire una trattativa con la destra (grazie anche al ridimensionamento politico di Berlusconi dovuto alla sconfitta elettorale).
Potrebbe farlo, però, solo se esistessero in Parlamento i numeri necessari per rovesciare le alleanze.
Ma se quei numeri non ci fossero? La benedizione rappresentata dal posizionamento al centro si trasformerebbe in una maledizione. Perchè i centristi non potrebbero allora schivare le macerie del fallito esperimento di governo.
La verità è che a Casini conviene solo una grande coalizione.
La distribuzione delle forze in Parlamento che risulterà quando, a urne chiuse, si saranno contati i voti e proclamati i risultati, ci dirà se i centristi avranno ragioni per brindare o per essere spaventati.
Angelo Panebianco
(da “il Corriere della Sera“)
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