IL GRANDE FREDDO TRA CAMUSSO E LANDINI
“MAURIZIO DOBBIANO FARE UNA NOTA CONGIUNTA”… “NO SUSANNA, IO NON LA FIRMO”
“Maurizio, dobbiamo scrivere una nota insieme, chiarire che la manifestazione del 28 marzo non è una iniziativa politica”.
“No Susanna, io quella nota non la firmo, ti ricordo che è Renzi che ci accusa di voler fare un nuovo partito, non può farlo la Cgil…”.
Il vertice Camusso-Landini dura solo mezz’ora, e non certo perchè ci sia poca carne al fuoco. Anzi, la carne è troppa, e le posizioni restano sideralmente distanti.
E i due leader sindacali si lasciano con un nulla di fatto.
Mezz’ora a discutere di una nota congiunta, un po’ come nei fumosi vertici della prima Repubblica.
Una nota chiesta a gran voce da Susanna Camusso, per sgombrare il campo da quello che in Cgil molti temono: e cioè che la piazza Fiom del 28 marzo a Roma, al di là del piattaforma sindacale, si trasformi nel battesimo della nuova “cosa di sinistra”, che forse non sarà un partito, ma certamente ha già un leader: Maurizio Landini.
Un leader che negli ultimi mesi, al di là delle storiche divergenze tra Fiom e Cgil, sta diventando un po’ troppo ingombrante, e ormai non fa più mistero di voler rottamare liturgie e nomenclature di Corso d’Italia.
Camusso e Landini si vedono alle 10 di mattina.
Pochi convenevoli, del resto la nota della segreteria Cgil della sera precedente non lasciava spazio a dubbi interpretativi: una bocciatura netta della coalizione sociale lanciata dalla Fiom, “non è il nostro mestiere”, e un brusco richiamo a ricordare che il mestiere del sindacato è “diverso dalla costruzione di soggetti politici”.
Landini, nel breve faccia a faccia, non arretra.
Anzi, invita la Cgil e la sua leader a mettersi a capo della coalizione sociale, convinto com’è della “crisi delle organizzazioni sindacali”, che ora “devono cambiare attraverso una riforma democratica”.
L’unica strada, spiega, per ritrovare un ruolo, un protagonismo sociale.
Camusso insiste. Vuole che sulla piazza del 28 sia fatta piena chiarezza, vuole poterci andare senza imbarazzi, senza la sensazione di trovarsi dentro l’incubatrice di un nuovo soggetto politico, per di più chiaramente antagonista del Pd.
Ma non ottiene nessuna delle condizioni chieste. Neppure le minime rassicurazioni sulla scaletta del palco che, a detta della leader Cgil, dovrebbe essere rigorosamente sindacale: delegati, iscritti.
Landini, al fondo, non scioglie l’ambiguità sulla sua coalizione, che resta un ircocervo tra sindacato e politica, come del resto è nel dna della Fiom da anni.
E così all’uscita Camusso è molto dura: “Landini dicesse quello che pensa tutta la Cgil e cioè che non vuole diventare nè il sostituto nè il costruttore di nuovi movimenti politici, perchè il bisogno politico di Landini non può stravolgere la natura della Cgil”.
Secondo Camusso dunque, “bisogna chiudere la discussione in modo trasparente, dobbiamo lavorare sulla contrattazione, abbiamo tanto da fare senza inventarci dell’altro”. Landini respinge con sdegno l’accusa di voler costruire una forza politica.
La Fiom, spiega “è per un’autonomia e indipendenza del sindacato dalle forze politiche. Queste strumentalizzazioni, il tentativo di descrivere cose che non sono, sottolinea ancora, è un tentativo che capisco da parte del governo, delle forze politiche perchè non vogliono affrontare i problemi che noi stiamo proponendo. Le obiezioni sollevate dalla segreteria Cgil non hanno ragione di essere”.
Il leader Fiom non lo dice esplictamente, ma l’accusa è di fare il gioco di Renzi.
I due restano dunque molto distanti.
Come se l’autunno della pacificazione nel segno del no al Jobs Act fosse svanito.
E il clima dentro la Cgil tornato indietro di un anno, alla vigilia dell’ultimo congresso.
I due leader si lasciano in modo interlocutorio, ognuno convinto che la palla ora sia nelle mani dell’altro.
“Aspettiamo una risposta da Landini”, insiste la leader Cgil.
Ma il capo delle tute blu è fermo sulla sua posizione e si prepara alla manifestazione del 28. Con o senza Susanna.
Convinto di essere perfettamente dentro ai paletti fissati dallo statuto Cgil. Sul sito Fiom compare anche una lettera del segretario organizzativo Nino Baseotto (che fa parte della squadra di Camusso), datata 16 marzo, in cui si invitano “compagni e compagne” delle varie categorie a “favorire la partecipazione alla manifestazione, prevedendo una loro presenza”.
Un endorsment pieno alla piazza di Landini, che scatena un piccolo giallo, anche perchè ad alcune categoria la missiva non sarebbe arrivata.
Intanto, i segretari generali della Flai e della Funzione pubblica, Stefania Crogi e Rossana Dettori, vergano una nota di sostegno alle tesi di Camusso in cui ricordano che “il sindacato non ha mai abdicato alla propria funzione ed al proprio ruolo fatto di mobilitazione, negoziazione e contrattazione”.
“Tutto questo non può portare ad un sindacato che si sostituisce alla politica o che promuove dal suo interno formazioni politiche, poichè di questo si tratta, al di là delle alchimie delle parole, con la proposta della coalizione sociale avanzata in questi giorni”. L’accusa a Landini è chiara: giocare con le parole per nascondere le sue ambizioni politiche.
E del resto i nuovi giorni del gelo in casa Cgil si spiegano anche con un pensiero che da alcune settimane circola dentro il sindacato rosso, e non solo nelle categoria storicamente più a “destra” come chimici, edili e agroalimentare: e cioè che dall’autunno in poi Camusso abbia seguito eccessivamente la strada barricadera di Landini, anche sul referendum anti Jobs Act che molti temono possa essere un boomerang.
Di qui la richiesta di mettere un punto, che si è fatta sentire molto forte alla riunione della segreteria del 16 marzo, in cui più interventi da parte di varie anime (da Fabrizio Solari a Danilo Barbi) hanno chiesto una bocciatura netta delle iniziative di Landini.
Sullo sfondo, la conferenza organizzativa prevista per l’autunno, dove il leader Fiom intende proporre un drastico cambio nelle regole e nelle modalità del sindacato, come ad esempio l’elezione del segretario generale da parte degli iscritti.
Una sfida che in nuce vede già quella per la successione a Camusso, prevista per il 2018. Per ora la sfida è sulla piazza del 28 marzo.
Difficile, a questo punto, salvo una clamorosa retromarcia di Landini, che la leader Cgil possa essere presente di persona.
Ma anche uno strappo netto, come sarebbe l’assenza di un rappresentante della segreteria confederale, appare improbabile.
Lo step successivo è previsto per metà aprile, con la prima uscita pubblica in forma di seminario della coalizione sociale. La coabitazione dentro la Cgil sembra destinata a restare molto ruvida.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply