IL REPORT: “ABUSI SESSUALI E SCARICHE ELETTRICHE, A GAZA USO SISTEMATICO DI TORTURA DA PARTE DELL’ESERCITO ISRAELIANO”
CENTINAIA DI CASI DOCUMENTATI… LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE HA I NOMI DEI RESPONDABILI… IL GOVERNO DI ISRAELE GODE DELL’IMMUNITA’ DI DELINQUERE, NEL SILENZIO OMERTOSO DELL’OCCIDENTE “CIVILE”
Arresti di massa di civili in ospedali, scuole, strade. Detenuti sottoposti a pressioni psicologiche e fisiche fra cui percosse, scariche elettriche, mutilazioni, privazioni del sonno. Abusi sessuali. Trattamenti disumani e degradanti. Dal 7 ottobre 2023 a oggi, migliaia di detenuti palestinesi di Gaza, molti dei quali ancora imprigionati, sarebberi stati sottoposti dai soldati dell’Idf e dai militari attivi nei centri di detenzione israeliani a pratiche giuridicamente qualificabili come torture.
“Contro i palestinesi uso indiscriminato e sistematico della tortura”
Mentre Hamas bussa alla corte di Donald Trump, sperando di dare nuovo slancio alle trattative con la liberazione dell’ostaggio statunitense- israeliano Edan Alexander, e il premier israeliano Benjamin Netanyahu annuncia “entreremo a Gaza con tutte le nostre forze”, nuove pesanti accuse vengono portate all’attenzione della Corte penale internazionale. Le mette insieme il Palestinian Center for Human Rights (Pchr), una delle più antiche e internazionalmente riconosciute ong palestinesi, in un rapporto di 129 pagine basato sulle testimonianze di oltre cento persone, incluse donne, bambini e anziani arrestate a Gaza dal 7 ottobre 2023 e sulle ispezioni dei legali del team.“Da questo rapporto – si legge nella premessa – emerge che il trattamento riservato ai palestinesi di Gaza equivale a tortura e che tale tortura è parte integrante del genocidio in corso contro il popolo palestinese”.
Nuovo materiale per i procedimenti in corso alla Cpi e alla Cig
Per il giurista Triestino Mariniello, ordinario di diritto internazionale all’Università di Liverpool e insieme al fondatore del Pchr Raji Sourani rappresentante legale delle vittime di Gaza e dei loro familiari nella causa che ha portato all’emanazione dei mandati di arresto contro Netanyahu e Gallant da parte della Corte penale internazionale, si tratta di “documento devastante che raccoglie e analizza decine di testimonianze dirette che non solo raccontano abusi gravissimi, ma costituiscono anche prove fondamentali per i procedimenti in corso presso la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale”. Ma soprattutto, spiega, “è un atto di coraggio civile. In mezzo
bombardamenti, assedi e repressione, la società civile palestinese continua a documentare, denunciare e rivendicare giustizia. Crede ancora nella forza del diritto internazionale come strumento per fermare le atrocità”.
“Procedura standardizzata di disumanizzazione”
Le testimonianze raccolte sono dettagliate, precise, circostanziate, spesso confermate da mutilazioni e invalidità permanenti riportate dagli ex detenuti. “Ho perso tutto – dice un uomo di 43 anni, sopravvissuto alla detenzione – la mia casa, mio fratello, i miei amici, le memorie di mio padre e me stesso, il mio vecchio me. Cosa rimane a un uomo se perde se stesso?”. Le pratiche di disumanizzazione – si afferma nel report – sono parte di un processo sistematico e sistematizzato di gestione dei detenuti che segue quasi sempre un identico copione: arresti indiscriminati, detenzione in centri militari, impossibilità di comunicare con l’esterno, mancata formalizzazione delle accuse dunque nessuna possibilità di assistenza legale o di rivolgersi a un giudice, abusi fisici e psicologici ripetuti. Standard anche le condizioni di detenzione: celle sovraffollate e in pessime condizioni igieniche, cibo e acqua scarsi e spesso deteriorati, zero assistenza medica.
“Fai a farti curare da Sinwar”
“Ho chiesto aiuto a un dottore perché dopo essere stato pestato avevo dolori ovunque. Ma il medico mi ha detto ‘Vai a farti curare da Sinwar’”, è la testimonianza di un trentenne palestinese. “Una volta – spiega invece un 43enne – ho chiesto di vedere un medico e me ne sono pentito. L’unica ragione per cui [il soldato] mi ha portato in clinica sono state le mie urla per il dolore agli occhi causato dalle percosse continue. Ogni volta che menzionavo il dolore, mi picchiavano sempre di più”. I pochi ricoverati in spartane infermerie, sono stati obbligati a rimanere bendati e legati ai letti anche per dieci giorni, senza neanche il permesso di andare in bagno o lavarsi. Fascette e bende sugli occhi – emerge dal report – sono usate regolarmente anche durante gli interrogatori, che “possono durare da 15 minuti fino a quattro giorni con pause” con i detenuti spesso denudati o costretti a stare “in posizioni stressanti: in piedi, in ginocchio, seduti sul pavimento mentre venivano calpestati, costretti a sedersi su una sedia molto piccola o con mani e/o piedi legati a una sedia”. E giù botte
Pestaggi, botte e scariche elettriche
“Durante l’interrogatorio, sono stato preso a calci e picchiato con violenza e con una spranga di ferro e il calcio del fucile sulla testa, sui piedi, sulle mani e su tutto il corpo – racconta un uomo di 57 anni, detenuto prima in una casa privata, poi in un centro vicino Khan Younis – I soldati mi hanno anche inserito le dita nelle orecchie. È estremamente doloroso. Mi hanno legato le mani dietro la schiena, le hanno sollevate e mi hanno preso a calci molto forte su entrambi i lati della vita finché non ho sentito più il respiro”. Alcuni ex detenuti spiegano di essere stati chiusi per ore in stanze con musica a volumi insopportabili, altri di essere stati drogati e poi sottoposti a elettroshock. “L’investigatore ripeteva parole specifiche come ‘arma-Hamas-ostaggi-gallerie-7 ottobre’, e quando non rispondeva o non gradiva la mia risposta, mi dava la scossa”.
“Eravamo appesi al soffitto come animali macellati”
Sono tecniche di tortura note, negli anni hanno portato alla condanna di diversi esponenti di dittature militari che ne hanno fatto largamente uso, come ‘l’Angelo biondo’ Alfredo Astiz sotto Videla in Argentina per questo condannato anche in Italia, espressamente vietate da leggi e convenzioni internazionali. Come lo è quella che tra i gazawi è nota come “Shab”, con la persona che viene lasciata per giorni appesa per le braccia a metri da terra con le mani legate. “Mi hanno appeso per le mani, legate a una recinzione di filo spinato, e i miei piedi non toccavano terra. Il dolore era insopportabile, soprattutto perché peso 136 chilogrammi e tutto il peso gravava sui polsi”, riporta uno dei testimoni. Altri raccontano invece che per ore o giorni sono rimasti appesi con le mai legate dietro la schiena “eravamo legati a ganci, come si fa con le mucche o gli animali dopo che sono stati macellati”.
Nudità forzata, palpeggiamenti, insulti: il catalogo “sottodimensionato” degli abusi sessuali
Innumerevoli, ma “sottodimensionati a causa della normale riluttanza delle vittime nel fornire informazioni tanto sensibili” sono i casi abusi sessuali: dalla nudità forzata di fronte a militari di entrambi i sessi o altri detenuti, palpeggiamenti, perquisizioni personali invasive. Per il team dei legali del Pchr, “dolore e questa sofferenza sono stati intenzionalmente inflitti da funzionari
pubblici, in particolare membri delle Forze di Difesa Israeliane (Idf, dei servizi segreti israeliani e del Servizio di Protezione Civile (IPS), mentre le vittime erano sotto la loro custodia”. E quasi certamente succede ancora.
Centinaia di palestinesi arrestati e spariti nel nulla
Dal 9 agosto 2024, l’ong ha lanciato una piattaforma online che consente ai palestinesi di Gaza di segnalare i casi di scomparsa e detenzione dei loro familiari dal 7 ottobre 2023. Ad aprile 2025, ne erano arrivate circa mille, di cui centinaia rimangono al momento senza riscontro. Carceri, centri di detenzione formali e informali rimangono spesso inaccessibili anche ai legali, spesso oggetto di pressioni e intimidazioni, tanto che negli ultimi mesi, spiegano dal Pchr, due avvocati hanno deciso di interrompere la loro collaborazione per timore di ritorsioni. E dall’unico difensore riuscito a “bucare” il muro dei centri di detenzione è arrivata solo una conferma: “le condizioni di detenzione e i maltrattamenti rimangono invariati, in linea con i resoconti forniti dai 100 ex detenuti”.
La Cpi intervenga
Per il Palestinian Center of Humans Right, si tratta giuridicamente di atti di tortura in tutto e per tutto, commessi “deliberatamente e metodicamente” contro i palestinesi “solo sulla base della loro identità”. E per questo – si sottolinea nel report – costituiscono “atti di genocidio, vale a dire ‘causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo’ e ‘infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, totale o parziale’”. Alla Cpi, cui è stata trasmessa anche una lista di nominativi di ufficiali e soldati responsabili, si chiede di “assumere determinazioni urgenti nei confronti degli ufficiali israeliani” e “aggiungere la contestazione di genocidio a quelle già contenute nei mandati d’arresto spiccati contro Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant”. E agli Stati tutti di procedere contro questi crimini in nome della giurisdizione universale, che – al meno sulla carta – permette di perseguire i responsabili anche in Paesi diversi da quelli in cui i reati contestati sono stati commessi. Sempre che ci sia la volontà.
(da La Repubblica)
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