IL SINDACO NEW AGE DI MESSINA: “HO DETTO NO A GRILLO E HO VINTO, NON VOGLIO LO STIPENDIO, MI BASTA QUELLO DA PROFESSORE”
L’IMPRESA DI RENATO ACCORINTI: AL PRIMO TURNO IL CANDIDATO PD AVEVA AVUTO IL 49,9% DEI VOTI, LUI L’8%… LA GRANDE RIMONTA AL BALLOTTAGGIO: 52,6% CONTRO 47,33%
Ha indossato la fascia tricolore sopra la t-shirt con la scritta «No ponte», una delle tante con cui ha girato negli ultimi dieci anni per opporsi alla mega-opera costata seicento milioni di sola progettazione.
«Il colosso non si farà mai, ma c’è gente che sta andando in pensione dopo una vita passata a lavorare nel consorzio Ponte sullo Stretto», spiega Renato Accorinti dal telefono della sua casa dove risponde, come da accordi, alle tre e mezza del pomeriggio, «perchè il cellulare non ce l’ho, non l’ho mai avuto, anche se adesso mi sa che dovrò soccombere. Anzi, mi scusi un attimo chè suonano al citofono».
Incredibile che quest’uomo di 59 anni arrivato dall’obiezione di coscienza, dalle battaglie nonviolente, dalle marce antimilitariste, dall’ambientalismo, sia il nuovo sindaco di Messina, 245 mila abitanti, la città che un tempo era la «babba», la sciocca, risparmiata dalle pallottole di Catania e Palermo, e che poi si è scoperta soltanto più capace di una crudele, apparente, rispettabilità .
Pentola a pressione di mafia, ‘ndrangheta e massoneria che non è mai esplosa.
«Dal dopoguerra in poi nessuno ha scalfito il potere, mai. Adesso abbiamo vinto a mani nude contro una portaerei con missili nucleari», dice con un sorriso sul volto scavato da santone.
Una vittoria partita dal basso, da una raccolta di 5.000 firme, e poi approdata al ballottaggio con Felice Calabrò, lo strafavorito esponente del Pd che al primo turno ha mancato la vittoria per soli 59 voti.
Calabrò «figlio politico» di Francantonio Genovese, il reuccio di Messina, Accorinti outsider con la bicicletta e il barbone bianco.
Il Movimento Cinque Stelle, che alle politiche aveva raggiunto il 30 per cento, non è arrivato neanche al 3 nonostante la candidata Maria Cristina Saija avesse aggiunto «detta Grillo» sulla sua scheda elettorale.
Proprio Accorinti era stato vicino a correre per la lista dell’ex comico genovese, «ma non ero iscritto, io non prendo tessere, sono anarchico dentro, allora non se n’è fatto niente. Ma del Movimento non mi è piaciuta la linea politica dopo le elezioni. Se hai vinto, hai la responsabilità di governare».
Lui ha sempre fatto l’insegnante di Educazione fisica alle scuole medie.
«Adesso ho rinunciato allo stipendio di sindaco, mi tengo quello da professore che basta alle mie necessità . Non amo il superfluo, la vera ricchezza è lo spirito», racconta. Già .
Se Beppe Grillo con le sue invettive è la post-politica, Accorinti è la new age dell’amministrazione, uno che a scuola ha realizzato «una cosa forse unica in Occidente, la stanza del silenzio, del respiro consapevole e della meditazione, e i miei alunni quando escono da lì scrivono pensieri di profondità incredibile. Li faccio leggere ai miei amici intellettuali dicendo che sono versi di monaci tibetani del 1200 e loro ci credono».
Ebbene, quest’uomo che dieci anni fa salì per un giorno e una notte sul pinnacolo principale del traliccio Enel alto 220 metri per dire no al ponte sullo Stretto, adesso è al timone di Messina, impegnato nella missione impossibile di salvare dal dissesto una città con un buco da 392 milioni di euro dove tutto è commissariato, dalla Fiera alla Asl, dall’Ente porto all’Istituto case popolari.
Un disastro.
«Ma a me, più del default economico, preoccupa quello culturale e spirituale. Nella mia vita ho incontrato tre volte il Dalai Lama, l’ultima volta sono rimasto con lui per mezz’ora nella stessa stanza, ed è stata un’esperienza pazzesca. Sono pieno di energie grazie agli esercizi di respirazione yoga, credo che la politica debba ripartire dalla partecipazione, basta con la delega. Come diceva Giorgio Gaber, voglio essere concreto come un sognatore».
Laura Anello
(da la Stampa“)
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