IL SISTEMA DEI CENTRI PER MIGRANTI IN ALBANIA E’ DESTINATO A FALLIRE E SI CONFIGURA IL REATO DI SEQUESTRO DI PERSONA SE NON LI RIPORTANO IN ITALIA
LUCA MASERA, DOCENTE DI DIRITTO PENALE: “I MAGISTRATI ITALIANI DOVRANNO CONFORMARSI ALLA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA DEL 4 OTTOBRE, ANDRANNO RIPORTATI IN ITALIA PER LA PROCEDURA NORMALE E NON ACCELERATA, ESAMINANDO CASO PER CASO. SE LI FANNO RESTARE IN ALBANIA SCATTA IL REATO DI SEQUESTRO DI PERSONA”
Rischia di rivelarsi un castello di carte il progetto dei centri per migranti in Albania, a Shengjin e Gjader, nati nell’ambito del protocollo che la premier Giorgia Meloni ha firmato a novembre scorso con l’omologo albanese Edi Rama.
In teoria, secondo quanto specificato dal Viminale con decreto ministeriale, Bangladesh ed Egitto sarebbero considerati Paesi ‘sicuri’. Ma non lo sono in base alla sentenza della Corte di Giustizia europea, la quale ha stabilito che la designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio, cioè non deve esserci da nessuna pare il rischio di persecuzioni o violazioni dei diritti fondamentali.
La sentenza aggiunge che “Il giudice nazionale che esamina la legittimità di una decisione amministrativa con cui si nega la concessione della protezione internazionale deve rilevare la violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro”.
In pratica si riconosce il diritto-dovere del giudice nazionale di applicare i criteri di valutazione imposti dalla normativa europea, anche in contrasto con provvedimenti o decreti di natura amministrativa emanati a livello nazionale.
Sulla base di questo, anche alcune procedure di rimpatrio nei confronti di cittadini stranieri che a breve arriveranno nei centri di detenzione in Albania potrebbero essere annullate dall’autorità giudiziaria competente, in questo caso dal giudice del tribunale di Roma.
Secondo Luca Masera (Asgi), professore di diritto penale presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Brescia, la sentenza della Corte di Giustizia europea inciderà sulle procedure previste dal protocollo Italia-Albania, perché nella definizione di un Paese terzo come sicuro “non è più possibile distinguere le diverse parti di un territorio, come avveniva in passato. Significa che molti Paesi che sono inseriti dal governo nella lista dei Paesi terzi sicuri, non potranno più essere ritenuti tali, se ci sono al loro interno porzioni di territorio non sicure”, ha detto a Fanpage.it.
“La Corte Ue ribadisce inoltre che il giudice non è vincolato all’elenco fornito dal governo, ma è chiamato a fare una valutazione caso per caso, aggiornata sulla situazione del Paese. È evidente che in questo modo verrà meno il sistema Albania, perché se un Paese non è più considerato sicuro non si può andare avanti con la procedura accelerata di frontiera, e viene meno tutto il presupposto del trattenimento in Albania. Se i giudici italiani, come sono tenuti a fare, adottano l’interpretazione della Corte della Corte di Giustizia Ue, i migranti che potranno rientrare nella procedura accelerata di frontiera saranno pochissimi. E lo si è visto già in Sicilia, dove i giudici di Palermo e Catania stanno già dando applicazione alla sentenza rispetto ai trattenimenti nelle zone di frontiera in Italia. I giudici hanno sostanzialmente detto che la procedura accelerata non è applicabile, per esempio nei confronti di migranti provenienti dalla Tunisia”.
Nel caso dei 16 migranti in arrivo nelle prossime ore in Albania, i Paesi di origine come dicevamo sono Egitto e Bangladesh, considerati ‘sicuri’, secondo la lista del governo. “Ora saranno i giudici di Roma a decidere se convalidare o meno il provvedimento di trattenimento. Per farlo i giudici del tribunale di Roma hanno 48 ore di tempo”, ha ricordato Masera. “Credo che non potranno fare altro che dare una risposta negativa, perché dire che tutto l’Egitto o tutto il Bangladesh sono Paesi terzi sicuri è sostanzialmente impossibile. Significa che quei migranti provenienti da quei Paesi dovranno tornare immediatamente in Italia, perché se dovessero rimanere detenuti in Albania, nonostante la decisione del giudice che non convalida il provvedimento di trattenimento, sarebbe considerato sequestro di persona”, ha spiegato Masera a Fanpage.it.
Quando poi le persone dovranno essere riportate in Italia, il governo dovrà spendere altri soldi per il viaggio. Con la conseguenza che i 160 milioni l’anno stimati dal Viminale potrebbero aumentare: “Il governo sembra non essersi posto questo problema dei ritorni in Italia, e invece il problema si porrà urgentemente”, ha sottolineato Masera.
(da Fanpage)
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