IN TRINCEA CON I SOLDATI DI MYKOLAIV, SI SPARA TRA I CAMPI DI MAIS
DIECI MINUTI PER MANGIARE, POI SI TORNA A COMBATTERE… ARRUOLATE INTERE FAMIGLIE
La guerra di Sudest si gioca tutta sulla M14: la lingua d’asfalto tra campi di mais e grano che collega Odessa con Kherson. Mykolaiv è lì, nel mezzo.
Alle sue spalle arriva vento che odora di terra. Di campi coltivati. Ieri in città è arrivato il gasolio da Odessa. Dal cielo, però, sono arrivati i missili russi. Per tutta la notte tra sabato e domenica i Grad:
«Sono caduti come grandine – racconta un soldato -. Spazzano via tutto proprio come i chicchi d’estate distruggono il grano». Basta questo per capire che chi oggi veste una divisa sino a ieri era un contadino. Ora l’orizzonte che scrutano è cambiato. Non temono più nuvole nere che portano tempesta. I loro occhi cercano sabotatori ai checkpoint; scie bianche in cielo dei caccia e pinnacoli di fumo.
La distruzione ha il colore nero del fumo di una bomba. Odora di polvere da sparo e carburante. Qui, dove i Grad cadono a centinai, i crateri non si contano nemmeno più. Mykolaiv cambia giorno dopo giorno. Sabato tranquilla e pacifica. Domenica in fermento con carri armati e camion zeppi di soldati a muoversi in colonna.
La linea del fronte è a Posad, Oblast di Kherson. La città è in mano russa e gli ucraini sono a meno di 2,5 chilometri. I carristi dormono in un’ex officina per trattori. I carri armati son nascosti. «Mettete l’auto qui – indica uno dei meccanici -. I droni volano e cercano bersagli in continuazione». Li trovano. Lungo questa lingua d’asfalto contesa, i lanciamissili ucraini sono stati colpiti. Erano nascosti nella boscaglia a bordo strada, ma gli occhi elettronici della guerra sanno andare oltre legno e foglie. Ieri, alle 12, le postazioni colpite fumavano come cerini appena spenti. Di giorno gli scoppi si fanno più radi. Si ha quasi l’impressione che i russi cerchino di colpire in modo mirato ciò che è sfuggito alla «grandinata» di Grad notturna.
I carristi hanno manutenuto il loro mezzo per tutta la mattinata. Due notti prima un colpo di mortaio ha colpito il tetto dell’officina e le lamiere son volate via come fogli di carta al vento. La soletta in cemento armato ha tenuto, si è piegata. Regge, ma non ne reggerebbe un secondo. È tempo di mangiare per tutti. Per chi ripara i carri e per quei veterani di questa guerra – per loro è iniziata 8 anni fa – che non sono in turno al fronte. Il pane è fresco e soffice. Arriva da Odessa e ancor prima di essere assaggiato va osservato. Annusato. «Profuma di casa» – l’unico commento di un veterano.
Per pranzo si mangia una gallina bollita. Una zuppa calda di carne, che fa anche brodo, con patate. Le esplosioni per l’orecchio di chi vive in terra di pace sono vicine. Per un soldato da prima linea lontane. Così lontane da non far tremare il cucchiaio; da chiudere lo stomaco. Vietato parlar di strategia. I segreti militari, qui, son visti come cose da ufficiali. Qui si parla di battaglie.
Si raccontano i bombardamenti notturni ed i turni di guardia in trincea. «Oggi i russi hanno sparato a un’auto di civili – spiega un soldato -. Non hanno nemmeno chiesto i documenti. Hanno sparato e basta, ma non hanno ucciso nessuno».
Il pranzo si consuma di fretta. Si mangia in una stanza senza finestre dove una vecchia stufa brucia legna di recupero. L’odore di polvere da sparo resta fuori. Qui si sente l’odore di brace, sigarette, caffè e minestra. È la cucina e la camera da letto dei carristi. Come reti: bancali. Come materassi: gommapiuma. Mentre si mangia i fucili si stendono sul letto
I ripetitori dei cellulari son stati riparati. Dove sabato non c’era segnale domenica è tornato il 4G. Arriva un video da casa. Si festeggia il primo compleanno della figlia più piccola. La quarta nata compie un anno; è in braccio alla nonna e sul tavolo c’è una torta. Festeggerà senza mamma e papà. Tutti e due arruolati. Antony ha 28 anni, 4 figli, anni di trincea in Donbass e una moglie appena arruolata.
Lei è nelle retrovie, ai bambini ucraini va garantito almeno un genitore vivo anche se tutti e due sono in divisa. Si mangia in 10 minuti e si beve un caffè solubile. Finito si può ancora lasciare il fucile sul letto un po’. C’è un cimelio di guerra da mostrare: un bazooka russo. Bastano 20 minuti, una minestra condivisa, per potersi lasciar andare. Solo la radio che gracchia rompe la tregua non dichiarata del pranzo. Stanno ricominciando i bombardamenti e questa torna a essere terra per soldati. I civili è bene che fuggano subito se non vogliono morire. C’è da correre. Basta un cenno con la mano da un’auto in corsa per far capire a chi è di guardia che non si è russi. Nel tempo di una zuppa l’M14 è stata bombardata ancora. Le carcasse dei Grad son lì sull’asfalto che fuma. Chi guida spera di non forare uno pneumatico, fermarsi diventa una roulette russa. In serata, i missili non danno tregua: Odessa è colpita, otto volte.
(da La Stampa)
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