INTERVISTA A BERTINOTTI: “FIDUCIA A TSIPRAS ANCHE SULLE ALLEANZE”
“IL DIBATTITO ITALIANO E’ RIDICOLO, CON RENZI ALEXIS HA IN COMUNE SOLO L’ETA'”
“È tutto nuovo, è un nuovo capitolo della politica europea, non lo si può rinchiudere nei canoni tradizionali”.
Non importa quante possibilità abbia Alexis Tsipras di sovvertire l’ordine continentale. Non importa nemmeno che si allei con una destra con tendenze xenofobe.
“Non è realpolitik”, perchè si sta parlando di “uno sconvolgimento degli schemi originari”, davanti ai quali questo tipo di obiezioni non tiene. Così come non tengono i paragoni con lo scenario italiano, con i Vendola e con i Renzi che tirano per la giacchetta il recente vincitore delle elezioni in Grecia: “Non vedo proprio come abbiano ragion d’essere, in cosa risieda il parallelo. Una questione generazionale? La prestanza fisica? Stiamo parlando di due cose radicalmente diverse”.
Fausto Bertinotti vede in Tsipras quella sinistra 2.0 che invano per decenni i movimenti di tutt’Europa, Italia compresa, hanno provato a costruire con esiti tutt’altro che trionfali.
Entriamo nel cuore del problema. Il primo atto del vincitore è stato quello di allearsi con il leader di un partito che molti osservatori descrivono come reazionario e xenofobo.
La fermo subito. Siamo davanti a un caso rispetto al quale le letture tradizionali devono essere dismesse. Quello che è accaduto ieri rappresenta un nuovo capitolo della politica europea, e i canoni tradizionali non servono ad altro che a portare fuori strada. Syriza è una vicenda del tutto inedita per la sinistra.
Perchè nuova?
Perchè i nuovi partiti di sinistra sono sempre nati su canoni conservativi. È sempre funzionato che una costola di un partito già esistente rompesse per difendere diritti acquisiti, per tutelare l’esistente. Anche la storia di Rifondazione comunista è stata questa, così come un po’ tutta la storia del Movimento Operaio. Syriza, come anche Podemos, sono frutto di una nuova stagione, sono movimenti nuovi e non costole, perchè là dove sono nati le sinistre storiche sono morte.
Le dimensioni del Pasok sono effettivamente ridottissime. Ma insisto: pur con tutti gli elementi di novità da lei evidenziati, Syriza si è comunque alleata con una destra che c’entra poco con la sua sia pur brevissima storia politica.
Sì, ma senza quel punto di partenza non se ne può discutere. Vede, è la prima volta che il populismo ha avuto uno sbocco a sinistra. Finora si è incanalato o in movimenti di destra, si veda Marine Le Pen, o in soggetti difficilmente inquadrabili, come quello di Beppe Grillo. Ma Tsipras è riuscito a incanalare a sinistra lo scontro sociale prevalente in questi anni, quello tra l’alto e il basso della collettività . Esclusi Nd e Pasok, forze tradizionalmente di governo, tutti gli altri competitor hanno battuto su questo tasto. Oggi Syriza, tra questi, è in posizione dominante, e sulla base di quello stabilisce le alleanze. Io mi fido di Tsipras, alla luce di quel che ha fatto finora, bisogna aspettare. E dargli credito.
Diciamo allora che è una strizzata d’occhio alla realpolitik, il tentativo di creare una coalizione che condivida alcuni punti fermi contro l’austerity europea.
Ma no, non c’entra la realpolitik. È una prosecuzione dello sconvolgimento degli schemi originari. Non si ragiona su un modello di vicinanze politiche. Sparigliano per rinnovare tutti i giochi, è tutto tranne che una dinamica inquadrabile nell’ordine conosciuto. Per la prima volta i greci non hanno votato per un governo, ma per un certo tipo di politiche. Si sceglie la politica, e la politica sceglie le alleanze. È la mossa del cavallo.
In Italia tutti tirano per la giacca Tsipras, dal Pd a Vendola, passando per Salvini. Ma cosa insegna il caso greco alla sinistra italiana?
Insegna solo a chi vuole imparare. Detto questo il dibattito italiano è ridicolo. Quel che si può dire è che Syriza ha dimostrato che se si vuol ricostruire la sinistra bisogna ricominciare daccapo. Serve una messa a disposizione di chi ci ha provato, che sia disposto a sacrificare tutto quel che è stato fatto in favore di un nuovo paradigma. La cosa straordinaria di Syriza è il suo essere insieme nuovo e antico. Si pensi a quanto ci sia nel suo programma di mutualismo di stampo ottocentesco. Lo stato sociale autogestito, la tutela delle famiglie, la preoccupazione per gli indigenti: tutti temi simili a quelli delle società di mutuo soccorso di fine ‘800. Contemporaneamente c’è il massimo dell’innovazione politica, comunicazionale, relazionale. Il tutto tenendo ferma la scelta di inquadrare il rapporto alto-basso come il rapporto cruciale nelle proprie scelte
I paragoni con Renzi si sprecano.
Francamente non capisco in cosa risieda il parallelo. Una questione generazionale? La prestanza fisica? Stiamo parlando di due cose radicalmente diverse. È vero però che dal risultato greco molti governi europei sperano di ottenere rendite di posizione.
Si spieghi.
Se Syriza riesce a rinegoziare il debito in patria apre la strada alla realizzazione del proprio programma, e in Europa la spiana a coloro che si sono mossi nel cercare di temperare le politiche di austerity, magari, da ultimo, sostenendo il tentativo di Mario Draghi. Insomma, i partiti socialisti in Europa potrebbero approfittarne.
Per ora sembra che la grancassa la suonino i populisti di destra, come la Le Pen e Salvini.
Come i socialisti sperano di acquistare margini nei confronti delle politiche della Germania, i populisti hanno in comune con Syriza questa centralità dello scontro sociale tra alto e basso. Certo, a dividerli ci sono i temi dell’immigrazione, più in generale della discriminazione sociale. Ma Syriza non si farà cooptare.
Lei si aspetta un tangibile cambiamento degli equilibri continentali? O è solo una suggestione mediatica?
Questa è un’Europa oligarchica, una costruzione antidemocratica che costruisce un modello economico e sociale funzionale al capitalismo finanziario. Gli unici spunti di politiche redistributive che si sono visti negli ultimi anni arrivano dal di là dell’oceano, da Obama. Per questo la partita è molto dura. Non basta quel che riuscirà a fare Syriza in Grecia, ma si dovrà vedere quello che faranno i movimenti di tutta l’Europa, se riusciranno a riaprire il conflitto sociale nel continente.
E in Italia?
In Italia le controriforme che stanno andando avanti chiudono il cerchio su un modello che spinge verso la governabilità . In Grecia ripartono dalla partecipazione. Ecco la differenza.
(da “Huffingtonpost“)
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