INTERVISTA A CARLO OSSOLA: “COSI’ IL M5S HA SEDOTTO E TRADITO LE PERIFERIE D’ITALIA”
IL LETTERATO: “NIENTE PANEM, SOLO CIRCENSES”… “HANNO ACCESO I FARI SULLE PERIFERIE, MA NON HANNO MANTENUTO LE PROMESSE VERSO I PIU’ POVERI”
«Perchè il Movimento 5 Stelle è in testa ai sondaggi? Perchè il 4 marzo otterrà probabilmente il maggior numero di voti? L’enfasi intorno ai grillini ha una prima spiegazione: la sinistra che ha tradito se stessa. Che non ha meditato e assimilato la lezione di Mitterrand: “Prima riunirci, poi spartire se si vince”».
Così Carlo Ossola, tra l’osservatorio parigino (cattedra di Letterature moderne dell’Europa neolatina al Collège de France) e Torino, la sua città , dove è nato nel 1946 e dove si è laureato con Giovanni Getto, mutuandone la divisa: stile e umanità .
Nel 2016, non passò inosservata l’attenzione che riservò alla candidatura di Chiara Appendino. «Ma – precisa – era di natura metodologica. In nome di un valore, l’alternanza, il salutare ricambio indispensabile per non perpetuare ossidate burocrazie».
L’Europa come patria culturale, fresco di stampa per i tipi di Marsilio
Nel vivaio delle comete, un’autobiografia del Vecchio Continente attraverso i suoi «maggiori», da Plutarco a Cervantes, da Boccaccio a Shakespeare, da Ungaretti a Montale. È la cornice in cui Carlo Ossola riflette sulla recente Italia. Fra la Mole a 5 Stelle («Una città che ansima, terziaria, indecisa se scommettere sul turismo o sulla cultura») e Palermo, dove invece «il sindaco Orlando è riuscito a valorizzare le migliori energie, a suscitare solidarietà capillari».
Deluso, quindi, dalla nuova amministrazione di Torino?
«Si sono imposti, i 5 Stelle, accendendo i fari sulle periferie, ma ad esse poi portando – spesso – non panem, ma circenses. A cominciare dalle Luci d’Artista, che magari sarebbe stato il caso di spegnere nel medesimo centro cittadino, destinando al “vivente” le risorse risparmiate».
Le luci che vogliono essere i 5stelle. Che cosa rappresentano le stelle nel panorama italico?
«Un simbolo ambiguo. Da Vaghe stelle dell’Orsa alla cinematografica Notte di San Lorenzo, una sequela di stelle cadenti».
C’è, nella carta d’identità dei 5 Stelle, un’ascendenza culturale, Jean-Jacques Rousseau, il nome del loro sistema operativo…
«Come affermava De Sanctis, e, prima di lui, Machiavelli, la politica si occupi di cose effettuali e non di nomi. Non si dimentichi come l’Italia appare all’Europa: instabile, ondivaga, al timone una classe dirigente inadeguata, ostaggio di orizzonti angusti. Occorre risalire a Moro, scomparso quarant’anni fa, e ad Andreatta, per riscoprire l’orgoglio».
Nel suo Vivaio delle comete non rifulge Rousseau…
“Rousseau, il filosofo della libertà , certo. Lo evoco nel medaglione dedicato a Carlo Goldoni. Il drammaturgo veneziano meglio impersona, interpreta, i Lumi e la “sociabilità ” che è base della convivenza. La Rivoluzione riconobbe in lui un generoso interprete del popolo e gli restituì (troppo tardi) la pensione che il Re di Francia gli aveva concesso».
Le periferie come cavallo di battaglia dei 5 Stelle…
«Soffermiamoci sulla geografia del voto. I 5 Stelle trovano il loro elettorato, soprattutto, là dove si sfiora o si patisce la povertà . A Torino, nella mia Torino, per esempio, da vent’anni un operaio – tranne Antonio Boccuzzi e forse qualche altro – non viene eletto in Parlamento dal Pd. È indicativo, no?».
Le nuove povertà , tra Italia e Francia…
«In Francia la povertà ha subito una confisca pericolosa, calamitata da Marine Le Pen. In Italia, i 5 Stelle fungono da stanza di compensazione».
Che cosa, secondo Lei, caratterizza i 5 Stelle?
«L’utopia della connessione permanente, attraverso la rete. E un ecologismo regressivo, permeato di ignoranza: il pensiero corre alle incertezze intorno ai miti “no vax”».
La rete e i 5 Stelle…
«La rete – priva di filtri e di autorevolezza – sostituisce l’intermediazione. La “disintermediazione” (definita da Pierre Rosanvallon, Valeria Termini e altri: dalla finanza che nelle bloch chain inventa transazioni dirette sul web e le sostituisce agli intermediari finanziari, alla politica in rete che disintermedia i partiti, alla scuola disancorata dalla famiglia) sollecita l’egoismo del soggetto primattore. Di qui, la sopraffazione, la via breve delle parole d’ordine: perigliosa avventura».
L’artefice dei 5 Stelle, Grillo, è un comico. Altro, pirandellianamente. è l’umorismo. La dimensione spettacolare, istrionica, che si impone sul ragionamento (la compassione). Un carattere italiano?
«Ma l’attore che scende in campo è una specialità universale. Da Reagan al Berlusconi degli esordi, che si accompagnava ad Apicella, a, risalendo indietro nei secoli, Nerone che suona la cetra…».
L’atto costitutivo dei 5 Stelle è un «vaffa». È inarrestabile il degrado del linguaggio, politico e non.
«Il “vaffa” dei 5 Stelle, le urla spesso razziste della Lega, e via elencando. Una volta, da De Gasperi a Adenauer, dal generale De Gaulle a Obama (appena ieri, ma sembra un tempo remotissimo), il leader era un modello. Il cittadino guardava fiducioso di vedere in essi la parte migliore di sè e del proprio Paese. Oggi il leader è scaduto a ”suscitatore di pulsioni”, che legittima le bassezze incarnandole. Dal cervello alla trippa. Ma poi è anche vero che chi di rottamazione ferisce, di rottamazione perisce».
Il problema è la formazione della classe dirigente…
«Va da sè. Ma i segnali che giungono non sono affatto incoraggianti. Penso alle “cattedre Natta”, nate per consentire il rientro in Italia dei migliori giovani studiosi, finiti all’estero, formando le future levi dirigenti. I fondi sono stati svuotati, nella Finanziaria 2018, per una regalia una tantum a chi è già in università . Che dire?».
Il disorientamento dilaga. Tra le «comete» della sua «Europa a venire» quale avverte come bussola per non tornare ogni volta daccapo?
«Mi sembrano – tutti gli autori convocati – appartenere ai Minima moralia di una vera Europa. Ma se proprio dovessi scegliere, proporrei Blaise Pascal, uno dei pochi che ha osato attraversare gli abissi del cuore umano, la vanità e i divertissements della società , cercando senza posa l’essenziale».
(da “La Stampa”)
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