INTERVISTA A PAOLA NUGNES (M5S): “SIAMO DIVENTATI COME IL PD DI RENZI”
“IO SONO SEMPRE LA STESSA, SONO LORO A ESSERE CAMBIATI”
Quando all’interno dello stesso movimento politico il lessico scoperchia la linea di demarcazione tra il “noi” e il “loro” è sintomo che si è andati ben oltre la semplice soglia della critica.
La senatrice Paola Nugnes arriva quasi correndo alla buvette del Senato. Agita le mani “non voglio parlare, non voglio parlare”.
Ordina un caffè americano, come incurante del nervosismo che pervade gli austeri corridoi di Palazzo Madama, sguardo fiero e sereno che fa lo slalom tra le voci di sanzioni ed espulsioni che la rincorrono per il suo dissenso sul decreto sicurezza.
Il suo ragionamento ha una logica. “Per anni abbiamo criticato il Pd. Li vedevamo in Aula che si piegavano ai diktat di Matteo Renzi, che annullava il senso del Parlamento. E noi oggi stiamo facendo come loro”.
Ieri le è piovutoa tra capo e collo la lettera di Luigi Di Maio, che ha richiamato all’unità del Movimento, quasi mettendo all’indice i quattro (oltre la Nugnes, Elena Fattori, Gregorio De Falco e Matteo Mantero) che hanno presentato emendamenti pesanti sul testo tanto caro a Matteo Salvini e che, con varie sfumature, minacciano di non votare il testo e l’eventuale fiducia.
Una lettera che la senatrice respinge: “Noi siamo entrati criticando il ventennio berlusconiano e la mortificazione del Parlamento, e poi gli anni di Renzi. E poi fanno diventare un caso nazionale una normalissima dinamica parlamentare”.
Quando gli si chiede se non sono più quelli che erano entrati a Palazzo per cambiare tutto ecco che il distinguo si fa pesante: “Noi chi? Io sono rimasta la stessa, e tanti di noi lo sono rimasti. Sono loro semmai ad essere cambiati”.
Il riferimento a Di Maio e alla leadership M5s non è nemmeno velato. Al punto da definire il caos che si è venuto a creare intorno alle sue scelte come frutto di “scelte verticistiche”.
“Io non ho votato lo statuto (quello che attribuisce pieni poteri al capo politico del Movimento, ndr). Molti miei colleghi lo hanno fatto perchè era un momento concitato, e ci venne data l’assicurazione che entro giugno lo avremmo ridiscusso. Non è mai stato fatto”.
La senatrice Nugnes mescola il caffè. Fuori passa un altro dissidente, vocabolo che era diventato desueto nel vocabolario pentastellato è che è tornato prorompentemente di moda.
È quasi stupito: “Non mi contestano per quello che ho detto o ho fatto, ma per il fatto stesso che ho parlato”. Lo raggiunge la battuta sul non aver letto le cronache dell’ultima legislatura. Sorride e si infila in ascensore.
La Nugnes continua a sorseggiare il suo americano. Ha gli occhi fieri e sereni di chi ha “dedicato gli ultimi quindici anni a questa storia”.
E non ha nessuna paura di espulsioni nè intenzione di andarsene, “perchè questa è casa mia”. Ma non fa sconti a nessuno: “Il Parlamento se lo tratti così non ha senso. Io non partecipo a scambi della serie tu mi dai questo io ti dò quello. Il Parlamento è un lavoro di sintesi, come la cerchiamo su tanti altri temi con i colleghi della Lega”.
Di Maio per la serata ha convocato un’assemblea congiunta. Tap, Tav, decreto fiscale e ovviamente sicurezza, ribadirà de visu ai suoi il discorso della testuggine.
La Nugnes non ci sarà : “Non vado da tempo alle assemblee. Le assemblee sono discussione e confronto, non comunicazioni e basta”. Altra mazzata.
In cortile c’è il collega Mantero. Spiega che nemmeno lui ci sarà , “perchè è stata anticipata da mercoledì a martedì, e avevo altri impegni”. È laconico, non ha molta voglia di parlare. Se gli si chiede il perchè della drammatizzazione delle ultime ore risponde che “bisogna chiederlo a loro”.
La Nugnes finisce il caffè: “Non posso votare la fiducia se il testo rimane questo”. Se sarà espulsa si opporrà ? Farà ricorso? “No, perchè io sono una donna di pace”. Immobile in mezzo alla tempesta, saluta e se ne va.
(da “Huffingtonpost”)
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