LA MELONI VUOLE BLANDIRE NONNO SILVIO OFFRENDOGLI 3 MINISTERI MA IL CAV PENSA DI FAR MASSA DOPO IL VOTO CON LA LEGA
UN GOVERNO A TRAZIONE MELONI AVRÀ UN BISOGNO DISPERATO DEI MODERATI DEL CENTRODESTRA, NONOSTANTE I SONDAGGI INCHIODINO FORZA ITALIA AL 7%
In Forza Italia ha girato per qualche giorno un foglietto, nelle mani di pochi ma sulla bocca di molti, con la composizione del futuro governo Meloni e la quota riservata ai ministri azzurri: Esteri ad Antonio Tajani, Istruzione a Licia Ronzulli e Affari europei ad Anna Maria Bernini. Raccontano che giri già un altro prospetto dei ministri in cui cambiano le caselle ma non i nomi: sempre quei tre, fotografia della nuova linea di comando in Forza Italia dopo che Silvio Berlusconi ha dato via libera alla caduta del governo Draghi e dei tre ministri forzisti che la diarchia Ronzulli-Tajani, citata non in ordine alfabetico, considerava poco meno che abusivi come rappresentanti del partito.
Di foglietti e giri virtuali di poltrone, d’altra parte, è probabile che se ne accumulino molti da qui al 25 settembre.
Ma se non possono cambiare i rapporti di forza dentro a ciò che resta del partito berlusconiano, può cambiare eccome il peso che Forza Italia avrà nel probabile nuovo governo delle destre. Gli ultimi sondaggi, infatti, sono deprimenti e non autorizzano certezze sul numero e il peso dei ministeri che gli azzurri potranno rivendicare.
I numeri della sondaggista Alessandra Ghisleri, che negli anni d’oro di Forza Italia aveva spesso visto prima dei suoi colleghi le onde elettorali buone per il Cavaliere, sono impietosi: 7 per cento e sorpasso del polo Calenda-Renzi, quotato al 7,5.
Ma anche le rilevazioni di Antonio Noto, appena più generose, 8 per cento per FI, confermano la momentanea retrocessione dietro il cartello di Azione e Italia viva.
Se il voto confermasse questa previsione, Forza Italia diventerebbe il sesto partito a livello nazionale. È vero che i voti di Berlusconi resterebbero decisivi in Parlamento per la formazione del governo, come il Cavaliere ha voluto sottolineare nella sua ultima intervista, ma il ridimensionamento sarebbe netto
Non tale, comunque, da impedire al Cavaliere di perseguire il sogno di accaparrarsi la presidenza del Senato: difficile che gli alleati gli neghino la carica se davvero Berlusconi la chiederà a dispetto degli anni e dell’impegno necessario a ricoprirla.
Non è chiaro quanto Berlusconi sia consapevole del possibile tracollo del partito. L’ex presidente del Consiglio conta di fare una campagna elettorale vera, anche in presenza nelle piazze nelle ultime due settimane, almeno per quanto sarà possibile. Per ora ci sono i programmi e i tg di Mediaset a trainare, in attesa dello sbarco su Tik tok.
Si vocifera molto in Forza Italia della volontà di fare massa insieme alla Lega dopo il voto, per arginare lo strapotere di Meloni.
Tuttavia, se le stime elettorali non sono sballate, il rischio che Forza Italia e Carroccio restino nettamente dietro a Fratelli d’Italia anche sommando i rispettivi consensi, e magari facendo gruppi comuni in Parlamento, appare una ragionevole certezza.
Con Matteo Salvini, al momento, Berlusconi è federato solo nel rischio comune di uscire da sconfitto in una tornata elettorale trionfale per la coalizione. L’ipotesi, invece, che Forza Italia possa smarcarsi dal centrodestra dopo le elezioni per convergere su un nuovo esecutivo di ispirazione centrista sembra pura fantapolitica, tanto più se il vantaggio del centrodestra in Parlamento sarà quello previsto da sondaggi.
Lo smottamento di FI sul territorio è in corso da anni, una transumanza continua, prima verso la Lega, quando Salvini pareva destinato a essere il nuovo padrone della coalizione, negli ultimi mesi anche in direzione di FdI e ovviamente di Azione, dove sono approdate le ministre Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna con il loro pacchetto di consensi personali. I risultati di questa emorragia saranno visibili soprattutto in alcune regioni, Lombardia e Campania su tutte.
Senza le filiere di consenso sul territorio, FI rischia di rimanere appesa al voto d’opinione, quello sul quale ha più perso terreno negli ultimi anni, basta dare un’occhiata ai dati delle grandi città.
Le liste compilate da Ronzulli e Tajani hanno lasciato tanti scontenti, due figure di grande peso in passato come Valentino Valentini e Sestino Giacomoni sono state candidate in posizioni defilate, a molti esclusi è stato promesso un posto da sottosegretario, in qualche caso da Gianni Letta in persona, sebbene pure il potere dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio si sia molto ridotto nella nuova stagione.
Ai tanti scontenti è rimasta nell’orecchio la battuta con cui si è congedato dal partito il senatore Andrea Cangini, che a luglio votò la fiducia a Draghi ed è ora candidato con Calenda: «La famiglia – diceva Cangini – ha dato a Ronzulli due mandati, liquidare la Pascale e liquidare Forza Italia. Mi sembrano realizzati entrambi ».
(da Dagoreport)
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