LA RIVOLTA CONTRO DI MAIO E IL SUO CERCHIO MAGICO SI ESTENDE NEL M5S: “RESTINO FUORI DAL NUOVO GOVERNO”
GLI OPPOSITORI INTERNI ORA VOGLIONO SCALARE IL PARTITO ED ENTRARE AL GOVERNO
«Luigi Di Maio e i suoi amici devono scomparire dal nuovo governo». Il tono si indurisce in un disprezzo freddo e sincero alla parola “amici”, quando un colonnello di peso del Movimento 5 stelle, seduto su un divanetto a Montecitorio, mostra il putiferio scoppiato nelle chat interne. Il nodo della nomina di vicepremier e ministri è il terreno di battaglia più aspro perchè è lì, nella trattativa sui nomi, che le sempre più folte truppe di oppositori di Di Maio vedono il tentativo del loro capo di salvare se stesso.
Mentre il desiderio è quello di vederlo in un ruolo minore, se vorrà rimanere nel governo. E una volta chiuso l’accordo, depotenziarlo all’interno del partito.
Da una parte mettendo in soffitta gli uomini a lui più vicini, tra cui Pietro Dettori, Alessio Festa e Cristina Belotti; dall’altra, affiancandogli un direttorio allargato, costruito sulla falsariga dei vertici di questi giorni, quando insieme ai capigruppo di Camera e Senato si sono seduti al tavolo i capigruppo delle commissioni parlamentari.
La corrente interna che spinge per cancellare il nome di Di Maio dalla rosa degli aspiranti vicepremier si sta ingrossando e ha abbandonato quell’inedia coltivata nei 14 mesi di convivenza con la Lega.
Adesso c’è spirito di iniziativa. Tanto da avviare, in questi giorni, vere e proprie trattative parallele con gli uomini del Pd. Con alcune telefonate intercorse nelle ultime ore è stato avviato un lavoro silenzioso per portare l’ex capo della Polizia Franco Gabrielli al ministero dell’Interno, la poltrona sulla quale si diceva avesse posato gli occhi il capo politico del Movimento.
E si cercano convergenze con i nuovi alleati per evitare che il ruolo di vicepremier, qualora Pd e M5S ne chiedessero uno per parte, venga ricoperto proprio da Di Maio o da uno dei suoi due uomini di fiducia, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
Nel Pd circola il nome del senatore M5S Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, visto come uomo di garanzia nei rapporti tra i due partiti, mentre dai Cinque stelle è stato chiesto di indicare un nome di emanazione non renziana.
Resta in campo, però, la possibilità che si vada verso un premier senza vice. Renderebbe meno forte l’impronta politica dei partiti sul governo, ma si eviterebbe a Di Maio la trappola dei suoi e al Pd la necessità di contrattare per non averlo in quel ruolo.
Ma le trattative segrete infastidiscono il leader grillino, ancor di più quando si capisce che stanno dando i loro frutti, e in serata i due capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli sono costretti a diramare un messaggio preciso: «Il nostro capo politico è Di Maio e si parla con lui». Un’ovvietà , se non ci fossero trame segrete in fase di tessitura.
Le pressioni non hanno però solo natura vendicativa. C’è una riscossa delle anime del Movimento più in sintonia con i valori della sinistra in cui figura anche chi non osteggia il capo, e che ora spinge per avere una rappresentanza di rilievo al governo.
Nei corridoi del Palazzo si vocifera di un peso maggiore per Morra (se non sarà vicepremier), così come ai deputati fichiani Luigi Gallo e Giuseppe Brescia e al senatore Pierpaolo Sileri in ruoli di sottogoverno, all’attuale ministro delle Pari opportunità Vincenzo Spadafora e a Patuanelli, che potrebbe sedere al posto di Danilo Toninelli al ministero dei Trasporti.
(da “La Stampa”)
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