LA SPIAGGIA FREQUENTATA DA CHIARA FERRAGNI A FORTE DEI MARMI PAGA ALLO STATO 1.500 EURO D’AFFITTO E INCASSA 12 MILIONI
ECCO COME IL GOVERNO PERDE MIGLIAIA DI EURO AL GIORNO REGALANDOLI ALLA LOBBY DEI BALNEARI
Prendete l’Augustus Beach Club, la celebre spiaggia di Forte dei Marmi in Toscana. Chiara Ferragni, 36 anni, come sempre ci è andata a giugno. Accompagnata dalla mamma, la scrittrice Marina Di Guardo, 61 anni. Giornate felici con le immancabili foto social della famiglia al completo: la nonna, l’influencer, Fedez e i bambini.
Non tutti i proprietari di stabilimenti balneari possono però permettersi tanta popolarità: quanto dareste del vostro regno per avere i Ferragnez o Matteo Salvini come clienti e il loro inevitabile indotto pubblicitario?
A questa domanda, comunque, ne segue un’altra: quanto pagate allo Stato per poter occupare da anni, per discendenza acquisita, il nostro appezzamento di sabbia in riva al mare?
Nostro perché, essendo un bene demaniale, dovrebbe appartenere a tutti ed eventualmente essere concesso a canoni di mercato. Ce lo chiede da anni l’Unione Europea.
La risposta ve la diamo qui, grazie al confronto tra i dati pubblicati dal ministero delle Infrastrutture nel suo Portale del mare e i bilanci custoditi dalle camere di commercio.
Scopriamo così la differenza tra quanto pagano allo Stato e quanto fatturano i gestori delle spiagge simbolo dell’estate italiana: ecco cosa abbiamo visto nel nostro viaggio-inchiesta da nord a sud. Ora che è arrivato Ferragosto, si può già trarre un bilancio delle abbondanti risorse che, ancora una volta, il governo ha rinunciato a incassare.
Che cosa fanno le lobby del mare
Va detto che tutto quanto raccontiamo è assolutamente legale. Le società di gestione degli stabilimenti balneari si limitano ad applicare norme e canoni stabiliti dalla legge. Una questione che ha visto sempre allineate maggioranze di destra e di sinistra molto attente, lungo i 7.500 chilometri di coste italiane, a non inimicarsi le lobby del mare.
Partiamo proprio dalla siepe che protegge da sguardi indiscreti l’Augustus Beach Club, in viale della Repubblica a Forte dei Marmi. Prima della guerra in Ucraina capitava di vedere, qui davanti, scintillanti Rolls-Royce targate Mosca. I magnati le facevano recapitare via camion, per trovarle già pronte nei garage delle loro ville sotto la pineta. Oggi, per schivare le sanzioni internazionali, dalla ricca località di vacanza sono scomparse le auto russe. E i loro proprietari preferiscono rimanere nascosti nella riservatezza delle dimore prese in affitto. Così sulle pagine social dello stabilimento balneare che dà ulteriore lustro all’omonimo hotel Augustus, quest’anno si leggono soltanto nomi italiani. Chiara Ferragni e parenti appaiono ben tre volte: il 5, poi il 14 e il 19 giugno. Un lancio importante per la stagione appena cominciata.
La società che gestisce la spiaggia e l’albergo di lusso, di proprietà della famiglia Maschietto, ha dichiarato lo scorso anno un fatturato di 12 milioni, con utili di oltre un milione. Ovviamente il valore si basa anche sui servizi garantiti e l’eleganza esclusiva delle ville-hotel immerse nel parco, tra le quali la residenza estiva appartenuta ad Edoardo Agnelli.
Ma in un resort a cinque stelle è ovviamente fondamentale lo sbocco alla spiaggia privata. E questa offre una piscina, aperitivi in riva al mare, musica dal vivo, le cabine anni Sessanta, il beach lounge bar e il ristorante Bambaissa, ispirato all’oasi descritta da Walt Disney nella storia “Paperino e la clessidra magica”.
L’ombra dei gazebo e i comodi letti allineati sulla sabbia sono compresi nel costo: “Bagno particolare e raffinato, frequentato anche da qualche nome noto. Le tende sono attrezzate perfino di cassaforte, manca solo il punto luce per la ricarica del cellulare. Naturalmente i prezzi sono alti tendenti al caro, ma i servizi offerti sono notevoli”, scrive su Tripadvisor un cliente soddisfatto.
Se volete sdraiarvi sulla sabbia calpestata da Jimi Hendrix, Charlton Heston e Vittorio Gassman, non chiedete sdraio e ombrelloni, perché sono arnesi da vacanze popolari. Eppure alla società titolare dell’Augustus Beach Club, lo Stato quest’anno ha concesso la superficie di spiaggia, da viale della Repubblica giù fino al mare, a un canone annuale da appartamento di periferia: 18 mila euro, l’equivalente di millecinquecento euro al mese. E gli stabilimenti accanto hanno pagato anche di meno. Così un concorrente che volesse oggi aprire un ristorante sulla spiaggia di Forte dei Marmi, con costi altrettanto vantaggiosi e servizi annessi, non potrebbe. Le concessioni vengono rinnovate in tutta Italia direttamente a chi già le possiede. Senza alcuna gara pubblica: sulle spiagge italiane la libera concorrenza è infatti impedita dallo Stato.
Per aprire un nuovo ristorante bisogna quindi cercare all’interno del paese e affidarsi al mercato.
Seguiteci e vedrete quanto costa. Una posizione prestigiosa come il lungomare potrebbe essere piazza Garibaldi. E proprio in questi giorni a Forte dei Marmi circola l’annuncio di un locale commerciale per uso ristorante in questa zona centrale. Sono duecento metri quadri da ristrutturare. Richiesta per l’affitto: 12 mila 500 euro al mese. Ma senza spiaggia intorno, né aperitivi in riva al mare, vista sul sole che affonda al tramonto. Nemmeno lo champagne da bere sdraiati sotto la tenda, tra la cassaforte e il punto luce per ricaricare lo smartphone. E chissà se Chiara Ferragni verrebbe mai a farsi un selfie davanti a un drink in piazza Garibaldi.
Se all’affitto a prezzi di mercato sottraiamo il canone mensile della concessione, otteniamo grossomodo quanto lo Stato rinuncia a incassare per ogni stabilimento balneare di Forte dei Marmi: undicimila euro al mese. È vero che la stagione in spiaggia dura poco. Ma questo vale anche per gli operatori che hanno attività all’interno del paese. E devono pagare cifre otto volte più care: 12 mila 500 euro contro millecinquecento. È la disparità di trattamento tra un imprenditore che può soltanto rivolgersi al mercato degli affitti e un suo collega benedetto dalle concessioni statali.
Flavio Briatore si autoaccusa al Twiga
Secondo gli ultimi dati della Corte dei conti, nel 2020 lo Stato ha incassato appena 92,5 milioni da 12.166 concessioni a “uso turistico”: una media annuale di 7.603 euro a canone, 633 euro al mese, valori da appartamento popolare. Non tutte le concessioni riguardano ovviamente spiagge in posizioni esclusive o frequentate da ricchi clienti. Ma ovunque ci sarebbero motivi per mettere, secondo l’Unione Europea, quasi tutti gli ultimi governi italiani sul banco degli imputati. La Commissione di Bruxelles aveva infatti avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato recepimento della direttiva Bolkenstein sulla gestione dei beni pubblici. Secondo la legge comunitaria, le spiagge andrebbero assegnate attraverso una gara “aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori”, ma trasparenti e oggettivi, nel caso in cui “il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità di risorse naturali”.
Appena trecento metri dopo la spiaggia frequentata da Chiara Ferragni, si entra nel regno di Flavio Briatore, 73 anni, proprietario del 56 per cento delle quote del Twiga Beach Club di Marina di Pietrasanta. Tra i soci c’era anche la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, 62 anni. Ma per la nomina nel governo ha ceduto il suo 11 per cento circa a Briatore e al presidente del consiglio di amministrazione, Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena, 54 anni, cittadino della Repubblica di San Marino e compagno di Daniela Santanchè. In questo modo la ministra, il governo e lo Stato ritengono risolto ogni possibile conflitto d’interesse tra il ministero del Turismo e l’attività turistica che tuttora beneficia di concessioni ministeriali. Scusate il conflitto di parole.
Il Twiga nel 2023, secondo i dati catastali estratti dal portale del ministero delle Infrastrutture, ha pagato allo Stato 23.984 euro di canone di concessione demaniale: fanno poco meno di duemila euro al mese. Ma al 31 dicembre 2022 ha dichiarato un fatturato annuale di 8,2 milioni, con 636 mila euro di utile. Che sia un canone regalato lo ha detto lo stesso Briatore: “Parlo anche per me: per il Twiga, di concessione, dovrei pagare circa centomila euro”. Almeno quattro volte di più: l’ex socio della ministra Santanchè lo ha affermato durante un’intervista al Corriere della sera il 15 marzo 2019. Nel frattempo, sono passati più di quattro anni e una pandemia.
Matteo Salvini, ministro del Papeete
Scavalcato l’Appennino, si scende sull’Adriatico. A duecentocinquanta chilometri dal Twiga di Briatore ecco il Papeete Beach di Milano Marittima, nel cuore della Riviera romagnola. Lo conoscevano soprattutto i tiratardi della zona. Fino a quando, nell’agosto 2019, ha raggiunto la popolarità grazie all’inno nazionale ballato da cubiste molto scosciate davanti al ministro dell’Interno a torso nudo, che allora era Matteo Salvini.
Il Papeete, oltre a spiaggia, ristorante, bar e varie attività, ospita anche una discoteca. Il proprietario è il parlamentare europeo della Lega, Massimo Casanova, 53 anni, che a Strasburgo è membro della commissione Trasporti e turismo.
Dai dati catastali raccolti dal ministero delle Infrastrutture, affidato oggi proprio a Salvini, scopriamo che il Papeete Beach ha pagato poco più di diecimila euro di canone, come risulta da due diverse concessioni: una da 6.684 euro e l’altra, per lo specchio d’acqua di fronte alla spiaggia, da 3.377 euro, il minimo per una concessione demaniale, secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato dalla Gazzetta ufficiale.
Stando ai bilanci del 2022, l’attività dell’eurodeputato Massimo Casanova rende ancora bene: tre milioni di fatturato con utili di circa 43 mila euro. Spalmati su tutto l’anno, sono 250 mila euro al mese. Contro un costo mensile di concessione di 838 euro: l’equivalente di quanto si paga in città per un loculo di venti metri quadri per studenti.
Giusto per un confronto, la scorsa primavera a Milano Marittima è stata messa in affitto una discoteca coperta, senza vista sul mare e nemmeno la pubblicità indiretta dell’inno nazionale con le cubiste e il ministro Salvini. Prezzo annuale richiesto: 350 mila euro, quasi 30 mila euro al mese.
A Capalbio il canone è di sinistra
Anche la sinistra nazionale ha i suoi feudi in costume da bagno, che però non hanno raggiunto la popolarità edonista di Augustus, Twiga e Papeete. Capalbio, centotrenta chilometri dal Parlamento, è il borgo della provincia di Grosseto più famoso. I canoni per l’occupazione esclusiva della spiaggia oscillano tra i 6 mila e i 15 mila euro l’anno. Insomma, si parte da 500 euro al mese. Con fatturati, però, che variano da mezzo milione a
un milione e mezzo. Ma utili dichiarati che non superano i 40 mila euro.Risalendo la penisola per altre due ore e mezzo di strada, ci si può sdraiare al sole sulla spiaggia frequentata dalla famiglia di Matteo Renzi, 48 anni. Lo stabilimento Bagni Genova è a Viareggio. Anche se l’ex premier oggi si fa vedere molto di meno. La società di gestione paga 16.588 euro all’anno per la concessione demaniale, equivalente a 1.382 euro al mese. Ci sono la piscina illuminata con vista sul tramonto, il ristorante, le serate musicali, i gazebo bianchi, qualche ombrellone. E ovviamente il mare della Versilia. Tutto questo nel 2022 ha garantito un fatturato di 469 mila euro, con 25 mila euro di utili.
Una delle regioni italiane con la percentuale più alta di costa occupata da stabilimenti balneari, come segnala il “Rapporto spiagge 2023” di Legambiente, è invece la Liguria. Nella piccola Zoagli, scelta anni fa dalla futura premier Giorgia Meloni per le sue vacanze, le concessioni annue pagate nel 2023 si fermano al minimo di 3.377 euro, 281 euro al mese. Ma il confronto con le altre località di vacanza è impossibile, per i pochi metri di scogliera disponibili tra il mare e la montagna.
La battaglia in Liguria del Baba Beach
Due ore di autostrada verso Ventimiglia ed ecco il Baba Beach di Alassio, in provincia di Savona. Lo stabilimento balneare tra i più eleganti della zona ha fatto della trasparenza lo strumento per difendersi dal rischio di perdere la concessione. “La Bolkenstein non mi spaventa – dichiara Andrea Della Valle, il titolare, alla rivista Mondobalneare –. Il mio stabilimento fattura un milione di euro all’anno e ha tre milioni di investimenti non ammortizzati: se arriverà un nuovo concessionario, dovrà riconoscermi tutto quanto”.
Nel 2023 il Baba Beach ha pagato poco meno di 5 mila euro di concessione, rispetto a un fatturato nel 2022 di 868 mila euro e utili per 67 mila. Ma molti bagni sul lungomare di Alassio pagano soltanto il canone minimo: 3.377 euro. Così come vicino a Portofino, nella Baia di Paraggi, dove gli stabilimenti sono griffati dai marchi della moda e del design: anche lì tre locali su quattro pagano il canone minimo.
Stesso valore versato allo Stato per la spiaggia “Le cinque vele beach club”, sul tratto di costa tra Torre Pali e Torre Vado. Siamo a sud, nel Salento, tra gli stabilimenti di alta fascia: l’hotel è circondato dal verde, con ristorante, Spa e spiaggia. Secondo i dati confrontati da Today.it i 3.377 euro di concessione, 281 euro e 40 centesimi al mese per essere precisi, hanno contribuito nel 2021 a un fatturato di 1,2 milioni con 53 mila euro di utili.
Mostra del cinema: solo a Venezia si paga di più
L’Hotel Ramazzino è l’equivalente dello stabilimento salentino in Costa Smeralda. Siamo ad Arzachena, provincia di Sassari, e per una sdraio e un ombrellone nella spiaggia della struttura a cinque stelle bisogna spendere 200 euro a persona. La società che gestisce tutto questo dichiara nel bilancio 2022 oltre 10 milioni di fatturato e 5 milioni di utile. La concessione demaniale versata allo Stato si è comunque fermata al minimo previsto: sempre 3.377 euro, i soliti 281 euro e 40 centesimi al mese. E in vista dell’imminente Mostra del cinema, non bisogna dimenticare Venezia.
Al Lido si pagano i canoni più cari d’Italia. Come nel caso dell’Hotel Excelsior: 105 mila euro nel 2023, ma per un’area parecchio estesa. La società titolare, la Hlu gestioni srl, nell’ultimo bilancio disponibile del 2021 dichiara un fatturato di 14,7 milioni e utili per 192 mila euro. A Venezia Lido i canoni sono comunque costosi per tutti. Variano da 50 mila e 240 mila euro l’anno. Di conseguenza anche i prezzi per i turisti non scherzano: una “capanna”, cioè una cabina con la tenda e una piccola veranda, può superare i 500 euro al giorno.
Gli stabilimenti balneari mantengono pulite le spiagge, offrono servizi per l’ospitalità dei turisti, garantiscono i bagnini per il salvataggio. Ma sulle concessioni, il braccio di ferro tra Europa e Italia entra nel vivo. Secondo il governo i permessi scadranno il 31 dicembre 2024. Secondo i giudici del Consiglio di Stato scadono il 31 dicembre 2023. Bruxelles intanto ci osserva: in caso di infrazione la multa non la pagheranno i gestori, ma tutti noi attraverso le tasse. Anche se in vacanza preferiamo la quiete della montagna.
(da today.it)
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