LA ZAMPATA DEL VECCHIO LEONE SCUOTE IL PD, MINORANZA IN SUBBUGLIO
LO STRAPPO DI COFFERATI E’ UNA MINA IN PIU’ PER RENZI IN VISTA DEL VOTO PER IL QUIRINALE
Tra tanti giovani colonnelli Pd insofferenti al renzismo, alla fine la zampata al premier-segretario l’ha tirata un vecchio leone come Sergio Cofferati che, dopo la parentesi da sindaco di Bologna, sembrava avviato verso una tranquilla pensione a Strasburgo.
E invece no, dalla periferia della Liguria (terra che nei palazzi romani conta da sempre pochino) l’ex leader Cgil ha scatenato una perturbazione che rischia di alluvionare questa vigilia di votazioni per il Quirinale.
Il Pd, a dire il vero, era già parecchio terremotato di suo, ma Renzi alla direzione di venerdì 16 gennaio ha usato l’arma del sorriso, del tono bonario, per cancellare le nuvole che già si profilavano all’orizzonte: le divisioni sulla legge elettorale e il caso Liguria, su cui il premier è stato tranchant: “Discussione chiusa”.
E invece la discussione era appena cominciata, perchè Cofferati già da venerdì sera, dopo il responso dei garanti che avevano annullato il voto in 13 seggi su 300, ha maturato lo strappo.
Giocando su due fondamentali della sinistra: la questione morale e l’antifascismo, e cioè la presenza ai seggi di “arnesi della destra ligure”, “fascisti mai pentiti”, che hanno sostenuto la vincitrice Raffaella Paita.
“A Napoli le primarie sono state annullate per problemi in 3 seggi, da noi erano 13, senza contare quelli su cui indaga la procura. Io ho segnalato questi problemi ai vertici nazionali del Pd”, ha spiegato Cofferati in conferenza stampa a Genova, “ma nessuno ha detto niente”. Anzi, “Renzi si è affrettato a proclamare subito la vittoria di Paita”.
In Liguria il centrosinistra vive ore di tensione durissima.
L’auspicio di Renzi di avere un Pd unito nel sostegno a Paita non si realizzerà .
I civatiani, guidati dal deputato Luca Pastorino, sono tentati dal costruire una lista di sinistra con Sel, sponsorizzata dallo stesso Cofferati (e magari con un nome forte della società civile come candidato a governatore).
Gli altri pezzi della sinistra Pd, a partire dal segretario regionale Giovanni Lunardon, non hanno intenzione di strappare, ma è chiaro che il clima dentro il Pd è più che compromesso.
Ma il punto vero sono i riflessi nazionali del caso Cofferati.
Non tanto per i numeri, perchè nessun parlamentare sembra pronto a seguirlo nell’immediato, neppure Civati, che pure veniva dato da tempo come il primo big in uscita dal partito.
Per capire l’impatto della vicenda genovese, basta scorrere le dichiarazioni del pomeriggio. Due partiti in uno.
I renziani fanno muro contro Cofferati, con Ernesto Carbone che gli twitta il brano dei Rokes “Bisogna saper perdere”, il senatore Andrea Marcucci che lo accusa di volersi portare via il pallone e la deputata Alessia Morani che gli intima di dimettersi anche da eurodeputato. “Sei stato eletto con i voti del Pd”.
Lorenzo Guerini, al solito, è il più morbido e parla di una “scelta che mi addolora, che rispetto ma ritengo inspiegabile”.
L’altra vice, Debora Serracchiani, ricorda invece al Cinese che “è grazie ai voti Pd che ora siede all’Europarlamento”, concetto su cui torna anche l’europarlamentare Simona Bonafè, che evoca le dimissioni del Cinese dal seggio europeo.
Le reazioni delle minoranze Pd sono di segno completamente diverso.
Tutti, da Civati a Cuperlo a Fassina puntano il dito contro il nuovo Pd che, dice il bersaniano Davide Zoggia, “non è più capace di essere una comunità ”.
Pippo Civati parla di “metamorfosi quasi completa del Pd, dentro la destra e fuori la sinistra. C’è una sofferenza molto forte in un’area vasta del partito, ma Renzi dice che non c’è nessun problema. Buon per lui”.
Civati si dice sicuro che la sua area in Liguria “non sosterrà Raffaella Paita”, ma sulle sue mosse future resta cauto.
Stefano Fassina parla di un “malessere profondo in larga parte del nostro popolo per un Pd che non rappresenta più gli interessi che dovrebbe rappresentare”.
“In Liguria non è solo questione di brogli, ma di un patto con la destra fatto fuori da ogni decisione presa dagli organismi del partito”.
Per Fassina dunque l’addio al Pd “non è un capriccio dello sconfitto Cofferati, ma la reazione a un cambio di linea politica assecondato dai vertici nazionali. Dopo la delega lavoro e un decreto fiscale che premia i grandi evasori, è la conferma di un spostamento del Pd dal suo mondo di riferimento”.
Non è dunque ”un caso locale”, ma lo stesso fenomeno che “già ci ha fatto perdere 700mila voti in Emilia Romagna. Renzi ha sbagliato a liquidare questo problema in direzione, spero che ora parli con Cofferati”.
Gianni Cuperlo parla di una “ferita” e di una “mutazione di identità del Pd”.
“È sbagliato e offensivo liquidare la decisione di Sergio come una reazione stizzita all’esito delle primarie in Liguria. E farebbero bene i vertici del mio partito a tacitare reazioni improntate a questo tenore”.
Sul tavolo anche il tema di come affrontare le prossime primarie. “Noi abbiamo sempre detto che bisognava fare un albo degli elettori”, dice Zoggia.
“È inammissibile che si teorizzi che gli elettori di destra devono scegliere i nostri candidati, le primarie vanno normate per salvaguardarle, non cancellate con un tratto di penna come qualcuno sta pensando di fare in Campania”.
Lo scontro nel Pd dunque si è riacceso. E ora, alla vigilia del voto greco atteso per il 25 gennaio, sembra prendere corpo un fronte Tsipras italiano che vede insieme Sel e pezzi del Pd.
Non a caso Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera, saluta lo strappo di Cofferati: “È un fatto politico enorme, perchè richiama i fondamentali della sinistra: antifascismo e questione morale. Ora la campana suona per tutti”.
Per tutti si intendono in primo luogo Fassina e Civati, che faranno parte della delegazione italiana che andrà ad Atene da Tsipras e saranno ospiti il 23 gennaio a Milano di Human Factor, la convention programmatica di Sel.
La settimana prossima è atteso un nuovo round in Senato sulla legge elettorale.
Dopo che Renzi in direzione venerdì ha lodato il nuovo Italicum ed escluso ulteriori modifiche, i ribelli Pd comunicano che loro non hanno intenzione di fare retromarcia. “Quella dei capilista bloccati» nell’Italicum “è una questione dirimente per la democrazia”, spiega il bersaniano Miguel Gotor.
Per questa ragione “noi 30 senatori Pd firmatari degli emendamenti per ridurre la quota di nominati, non arretriamo di un millimetro e voteremo le nostre proposte di modifica”.
Cofferati, dal canto suo, per il momento si prepara a dar vita ad una associazione, e a sostenere l’ipotesi di una lista civica per le regionali in Liguria.
“Io resto qui per cambiare, non me ne vado, non lascerò solo i cittadini che mi hanno votato”, ha assicurato il Cinese. “Non fondo un partito e non entro in un altro partito”. Ancora non è deciso se sarà lui il candidato del fronte gauchista.
Ma lo sguardo dell’ex leader Cgil va ben oltre la Liguria. Si spinge verso l’ipotesi di costruire qualcosa a sinistra del Pd. “Un’altra storia si può e si deve scrivere”.
Per Renzi, sulla strada del Colle, è una mina in più. Anche se su nomi di alto profilo come Mattarella e Amato (e certamente anche Prodi), i bersaniani sono pronti a dare una mano al leader.
“Dipende da Renzi, noi vogliamo una personalità autonoma che non sia figlia del patto del Nazareno”, spiega un bersaniano doc. “Se Matteo punta su un nome del genere non saremo certamente noi a fare i monelli…”.
(da “Huffingtonpost“)
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