LE PROMESSE IMPOSSIBILI DI LUIGI DI MAIO
NEL PROGRAMMA DEL M5S VI SONO MISURE CHE RICHIEDEREBBERO DECINE DI MILIARDI… E PENSARE DI TROVARE I FONDI RISPARMIANDO SUGLI SPRECHI E ‘ PURA FOLLIA (O EVIDENTE MALAFEDE)
La metamorfosi del Signor L., al secolo Luigi Di Maio, non è avvenuta in una sola notte, ma lentamente, giorno dopo giorno, fino alla pirotecnica kermesse pescarese di domenica 21 gennaio.
Nel corso della quale il giovane candidato premier 5Stelle si è impadronito del Movimento – o forse lo ha ereditato da Beppe Grillo, ridotto per l’occasione
a «megafono» – e ha sciorinato un programma di governo che avrebbe fatto la sua figura come relazione al congresso di uno di quei partitoni che non ci sono più.
In quel documento, come avrete capito, c’è tutto e il contrario di tutto, comprese le balle che sono il sale delle campagne elettorali.
Ma per molti aspetti è assai interessante sfogliarlo visto che, per la prima volta da che esiste, il movimento prova a mettere insieme qualcosa di più delle cinque vaghe stelle programmatiche degli esordi. A quel tempo per fare proseliti contavano di più i vaffa, diciamo.
Intanto, quello che non c’è, o non c’è più.
Cassato, per esempio, il referendum sull’euro: con l’Europa matrigna si tratta, ma guarda un po’. Bene, un sano bagno di realismo.
Ma stupisce la disinvoltura con la quale
si vorrebbe far dimenticare una parola d’ordine che ha agitato le piazze per anni.
Non c’è più l’appoggio alle battaglie No Tav, e nemmeno il vangelo ambientalista legato al sogno della decrescita felice.
Ignorato il tema dell’immigrazione e pure quello, altrettanto sensibile, della lotta all’evasione fiscale che in verità non ha mai fatto breccia nel cuore grillino: al contrario, si propone di abolire Equitalia e gli studi di settore, e certo gioiranno i piccoli imprenditori perbene, ma più ancora gli evasori incalliti con partita Iva.
Alle imprese Di Maio regala pure la chimera di 400 leggi da abolire, idea che ricorda l’allegro falò appiccato qualche anno fa dal ministro Calderoli davanti ai suoi uffici.
Foto memorabile, effetti zero.
In quanto al resto, si annuncia una generosa pioggia di denaro (pubblico).
Spicca il reddito di cittadinanza, ma senza l’enfasi del passato, un po’ ridotto, e non si sa se assorbirà i bonus Renzi-Gentiloni. Ora fa da pendant, lato disoccupati, alla proposta delle pensioni minime a 780 euro netti.
Costo totale, una ventina di miliardi.
Ancora più corposa la sostituzione dell’odiata legge Fornero con i pilastri 41 – gli anni minimi di contribuzione per andare in pensione – e 100, somma tra età e anni di contributi.
Che è come dire addio a buona parte dei 140 miliardi che la Fornero fa risparmiare da qui al 2020, 35 ogni anno.
Ora, è lecito sognare, ma se vuoi tenere in piedi il sistema previdenziale, il costo dei contributi devi pur scaricarlo da qualche parte.
E no, perchè lo stesso programma promette anche sgravi alle imprese (giù il cuneo fiscale) e meno tasse ai cittadini.
Doppio salto mortale.
Agli imprenditori, che sembrano i veri destinatari del nuovo grillismo versione Di Maio, si promette l’abolizione o la riduzione dell’Irap, dalla quale lo Stato incassa una ventina di miliardi l’anno; e ai cittadini, la rimodulazione delle aliquote Irpef per i ceti medi, un’altra quindicina di miliardi di minor gettito.
E visto che
ci siamo, il programma prevede pure più poliziotti, più magistrati, più professori…
A fare i conti della massaia, qui già ci sono promesse per un centinaio di miliardi di euro. L’anno. E infatti, si dirà , è per questo che Di Maio chiede di sfondare il parametro del tre
per cento deficit-Pil concordato con l’Europa: per avere più margini di spesa.
Ma è come chiedere la luna, quel vincolo è scolpito nei trattati di Maastricht, impervio trovare un nuovo accordo, specie se il Paese è aggravato da 2400 miliardi di debito. Matteo Renzi, più accorto, si limitò a invocare il 2,9 ma il fuoco di sbarramento fu tale che da allora non ne ha parlato più.
Certo, tutto è possibile. Perfino che i 5S riescano ad ammorbidire Bruxelles. Ma non a forzare la logica. Infatti, mentre si chiede di sforare il deficit, si promette un taglio del debito del 40 per cento in dieci anni, che tradotto in euro significa abbattere una settantina di miliardi l’anno.
Che sommati a quelli che si vogliono spendere…
Se vi dicono che tutti questi soldi si trovano risparmiando sulle spese superflue, non ci credete, sono chiacchiere: non c’è riuscito nessuno, nemmeno Bondi Mani
di forbice nè Cottarelli lo sbianchettatore, e neppure i sindaci grillini che, nel piccolo delle loro amministrazioni, non sono riusciti finora a risparmiare un euro.
Per quanto spregiudicato, deve saperlo lo stesso Di Maio. Che forse più che scrivere un serio programma di governo vuole lanciare un messaggio a imprese e famiglie – siamo dalla parte vostra – e un amo a tutti gli altri partiti perchè siano loro a bocciare le sue proposte. Premessa a un’opposizione lunga e proficua.
Ma finora l’unico che gli ha risposto è stato Matteo Salvini: quando ha saputo che non darà il reddito di cittadinanza agli immigrati, anche se regolari, ha invitato Di Maio
a scendere in piazza con lui. Luigi come Donald: Italia first.
(da “L’Espresso”)
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