L’IMPRESA DI RESISTERE ALLA CRISI IN UN PAESE STANCO SENZA PIU’ PASSIONI
LA NOSTRA SOCIETA’ SEMBRA AVER PERSO MORDENTE, SLANCIO, CAPACITA’ DI PROGETTO E DI PROTESTA
Nel Tramonto dell’Occidente – libro che negli anni Venti ebbe un enorme successo peril suo pathos epocale e il suo miscuglio di intuizioni geniali ed enfasi apocalittica zeppa di strafalcioni logici – Spengler annunciava che la civiltà occidentale – per lui sostanzialmente germanica – esaurito il suo slancio faustiano di espansione e di conquista sarebbe presto morta.
Il suo ultimo stadio sarebbe stata una sua pallida ed esangue copia collocata vagamente in Oriente, fra la Vistola e l’Amur, presto destinata a spegnersi.
Non è il caso di lasciarsi affascinare dai bagliori della decadenza – già la musica e il suono della parola «Occidente» hanno una seduzione di declino – nè dai profeti quasi sempre soddisfatti di proclamare sventure e impermaliti, come Giona, quando tali sventure non si avverano.
Se la nostra civiltà occidentale ha certo le sue gravi difficoltà , nelle altre parti del mondo e nelle altre culture non si sta molto bene.
È innegabile tuttavia che la descrizione di quella civiltà spenta e opaca, priva di passioni, che Spengler situa in un’Europa orientale semiasiatica, assomiglia all’atmosfera che, da non molto tempo ma sempre più diffusamente, si è creata nel nostro Paese.
La crisi economica sembra provocare non tanto una lotta per la sopravvivenza, quanto una fiacca rassegnazione.
Certamente vi sono molti individui che lottano, con le unghie e con i denti, per la loro esistenza e per la dignità della loro esistenza.
Sono essi i protagonisti, i combattenti di questa difficile battaglia. Quello che resiste è il più autentico capitalismo legato ancora all’iniziativa individuale, al rapporto diretto tra il lavoro e il profitto, alla piccola attività ed impresa, mentre il grande capitalismo dei tronfi ed inetti signori del mondo, sempre più anonimi e scissi dalla dura realtà del lavoro, è spesso largamente, talvolta criminosamente colpevole della crisi.
Ma la nostra società sembra aver perso, in generale, mordente, slancio, capacità di progetto e di protesta, passione.
Ciò che manca, da qualche tempo, è soprattutto la passione politica, che ha contrassegnato – con le sue lotte, i suoi furori, le sue faziosità , i suoi ideali – la vita del Paese dal Dopoguerra (i diversi antifascismi, lo scontro tra comunismo e democrazia liberale, la tumultuosa crescita economica che portava con sè tensioni, entusiasmi e progressi sociali) agli anni dei governi Berlusconi, che scatenavano ancora amori e odi.
L’ultima fiammata di irruente accensione degli animi è stato il Movimento 5 Stelle, che tuttavia non solo sembra affievolirsi, ma che non pare essere stato, a differenza di altre formazioni pur tendenti all’estremismo, una componente organica del Paese
L’Italia sembra vivere stanca, depressa ma senza drammi, indifferente alla politica ovvero al proprio destino, giacchè la politica è la vita della Polis, della comunità .
Un Paese senza.
Fra i negozi vuoti spiccano le trattorie e i ristoranti, decisamente più frequentati; la gola è l’ultimo appetito a morire, resiste alla depressione e alla mancanza di senso più del sesso.
Speriamo di non essere alle soglie di un abisso, come negli anni Venti; in ogni caso, manca quella frenesia trasgressiva e disperata di vita che c’era in quegli anni sciagurati ma vivi e che risuona nelle canzoni di Brecht o nelle musiche di Cabaret.
La nostra esistenza assomiglia piuttosto a quella di un personaggio di Gozzano, Totò Merùmeni: «E vive. Un giorno è nato, un giorno morirà ».
Claudio Magris
(da “il Corriere della Sera”)
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