L’INFLUENTE POLITOLOGO AMERICANO LARRY SABATO : “ORA LE CHANCE DI VITTORIA SONO CINQUANTA/CINQUANTA”:
“NELL’ULTIMO MESE LE PROSPETTIVE SI SONO COMPLETAMENTE RIBALTATE. IN STATI DOVE LA VITTORIA REPUBBLICANA ERA CERTA, ORA È POSSIBILE GIOCARSELA” – “CON BIDEN FUORI DALLA SCENA ORA È LUI L’ANZIANO, E IL SUO MESSAGGIO È VECCHIO, TRITO E ANCHE TRISTE”
«Beyoncé alla fine non è apparsa sul palco della convention dem. E sa cosa le dico? Meglio. La voce ha fatto bene ai Democratici, allargando immensamente l’audience. Di sicuro, molte più persone hanno ascoltato il suo intervento. Un ottimo discorso: non ha sbagliato un passaggio».
Larry Sabato è a capo del Center for Politics dell’Università della Virginia, autore di numerosi saggi e acuto osservatore della politica americana, che racconta in una newsletter ricca di informazioni, intitolata “Sabato’s Crystal Ball”.
La Convention è finita. Il suo bilancio?
«Una Convention superba, ha davvero posto Harris nel cuore di una difficile campagna. Nomi importanti, messaggi forti e positivi, clima gioioso. Davvero un’atmosfera che dà nuove speranze al Paese e rimanda al mittente la visione fosca di Donald Trump: basta con la rabbia e le lamentele, è il tempo dell’azione. Il tutto, messo in piedi in un solo mese.
Già solo questo mostra quello che questa nuova squadra è in grado di fare».
La parte difficile inizia ora…
«Certo, le elezioni non sono vinte, sarà comunque un testa a testa. Però nell’ultimo mese le prospettive politiche dei Democratici si sono completamente ribaltate. Passando da una sconfitta annunciata alla possibilità concreta di vincere conquistando alcuni Stati incerti. E c’è altro: in Stati dove la vittoria Repubblicana era certa, ora è possibile giocarsela fino all’ultimo voto».
Cosa deve fare Harris per vincere?
«Essere solida nei suoi messaggi, continuando a viaggiare in lungo e in largo: i suoi comizi sono coinvolgenti, la gente ne esce energizzata, ne parla agli amici, ai vicini di casa. In un’elezione dove ogni voto conta, è importante. E poi deve concentrarsi sul dibattito del 10 settembre: non le sarà difficile controbattere le bugie di Trump, ma non deve sottovalutarlo. Lui lotta per la sopravvivenza, potrebbe assestarle qualche colpo basso».
Nel frattempo Trump cosa farà?
«La frustrazione della sua campagna è stata resa evidente dalla quantità di mail e messaggi che hanno mandato in questi giorni di Convention. Trump ha ancora armi per colpire l’avversaria. Ma la verità è che non è in grado di usarle. Con Biden fuori dalla scena ora è lui l’anziano, e il suo messaggio è vecchio, trito e anche triste».
Ora però, e lo ha detto anche la candidata democratica, si tratta di trasformare la gioia e l’entusiasmo in voti il 5 novembre. E per questo serve mobilitarsi. Ci riuscirà?
«E’ la vera questione e la risposta la sapremo solo nel finale di gara. Ma per trovare un evento come la convention democratica di quest’anno così gonfio di entusiasmo bisogna risalire, forse, a quando venne nominato Barack Obama nel 2008».
Gli elettori non sono così interessati a conoscere cosa un probabile presidente farebbe una volta alla Casa Bianca in economia, sull’immigrazione o in politica estera?
«I repubblicani vogliono saperlo. Ma votano Trump. E i media sono interessati per l’aspetto notizia, novità. Ma a tutti gli altri elettori i dettagli interessano assai poco. Hillary Clinton aveva il più lungo ed esaustivo piano di qualsiasi candidato io ricordi. E sappiamo tutti come è andata a finire».
Quindi meglio l’emozione che la concretezza politica per vincere?
«Gli elettori hanno già il senso, l’emozione Kamala. Però certo un’agenda serve. Semplicemente mi sembra che sulla questione ci siano aspettative create dagli oppositori non certo dal suo mondo».
L’approdo sulla sponda trumpiana di Robert Kennedy jr con il suo endorsement cambia un po’ la dinamica della corsa?
«Sorprendentemente poco».
Anche negli Stati in bilico incide poco?
«Sorprendentemente sì. Un sondaggio CBS/You Gov recentemente ha stimato Robert F. Kennedy al 2%. Sottolineo 2%».
(da La Stampa)
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